She is back

Angela Merkel is back. Con un libro di memorie che uscirà la prossima settimana di ben 700 pagine. Immagino ne avesse da dire. Una vita spesa per la politica e sedici anni di governo, le hanno lasciato certamente molti ricordi da condividere e quale mezzo migliore di un libro?

Ecco dove stava! non a spadellare ricette sfiziose (si anche quelle) ma a scrivere per lasciare ai posteri la sua lunghissima esperienza di “leader del mondo”, come è stata definita.

Una donna dal potere immenso che da qualche anno aveva fatto parlare di sé più per l’assenza che altro. Un buon modo di farsi ricordare: non esserci. Ma ora che ha sfornato un bel tomo dove immagino si sia tolta parecchi sassi dalle ballerine numero 35, troverà forse più tempo per impegnarsi, se non in politica stretta, ma certamente a far sentire la propria voce a livelli alti o altissimi. Lei può. E ho l’impressione che non parlerà a vanvera. La situazione globale è molto pericolosa, la Germania è su una brutta china, come poteva una come lei starsene buona e zitta a impiattare i menù casalinghi?

Una delle cose che trapelano fra le tante è il suo giudizio sul neo eletto presidente Usa. Impietoso, ma dopotutto “pietà” non cerca certo, quello. Dice Merkel che la commistione tra politica e affari è pericolosa (ne sa qualche cosa lei quando aveva a che fare con Berlusconi) e che la scelta di mettere dentro la squadra di governo un tipo plurimiliardario con un conflitto di interessi stellare potrebbe essere esiziale e non solo per gli Usa. Ovviamente parla del presidente non eletto ma auto elettosi a fior di milioni, l’uomo Muskerato (e shakerato di brutto).

Insomma l’edizione del Trump 2, la Vendetta, preoccupa la ex cancelliera, sempre bionda, solo un filo ingrassata, sempre vestita di colori sgargianti e (forse) pronta a tornare.

“I am back” sembra dire dalle pagine del suo libro in uscita. E davvero, non sarebbe una cattiva notizia dopotutto e dopo così tante, pessime.

Brava

In questi giorni sono un po’ depressa (solo lievemente a causa di impicci vari e sempre eventuali), poi non parliamo proprio di quanto ormai la situazione internazionale influisca sull’umore ( e per fortuna solo su quello anche se non solo, lo so ) ma mi si è aperto il cuore a leggere questa notizia e a vedere il viso di questa signora, preside del liceo Salvemini di Bari. Mi sono detta: esistono ancora persone che hanno il coraggio di dire cose scomode senza paura delle conseguenze.

Si chiama: Tina Gesmundo e ha detto: «voi genitori che sovrapponete i vostri desiderata alle vite dei vostri figli, educate a coltivare solo il mito del successo e del denaro» durante una riunione dove si parlava degli effetti dei social sui giovani.

In pratica le ha cantate senza orchestra ai genitori li riuniti e gli ha detto che la colpa della crisi dei giovani attuale è colpa loro, del loro egoismo, delle loro ambizioni mai paghe, delle loro disattenzioni o distrazioni e vite rifatte e da rifare.

Brava, non so come sia potuta arrivare a fare una simile dichiarazione ma brava. Finora tutti o quasi a guardare da altre parti, i genitori (non tutti ma tanti) a dare tutte le colpe alla scuola, ai social, alla “società” e mai un’autocritica una.

Finalmente qualcuno ha il coraggio di parlare chiaro: guardatevi allo specchio genitori che vi date tante arie e incolpate tutti tranne voi stessi dei vostri errori. E poi criticatevi un po’ e andate anche un po’ a nascondervi, se vostro figlio è un cialtrone, pigro, disordinato bulletto e infingardo, la colpa è soprattutto di come lo avete diseducato e fate mea culpa se ne siete capaci.

Commemorazioni e polemiche

Pubblico questo post di Alessandro (A59) relativo alle polemiche sulle parole del ministro Valditara alla cerimonia della inaugurazione della Fondazione Giulia Cecchettin. Come nel suo stile, il nostro amico polemizza a tutto tondo ( e le risparmia a pochi) e mi è sembrato giusto porlo in evidenza perché ritengo il tema molto interessante.

Su molte delle cose contenute in questo post avrei da ridire, ma avrò modo di fare le mie osservazioni in seguito.

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Ieri è nata la “Fondazione Giulia Cecchettin” voluta con pervicacia da un padre che ha subito l’oltraggio più grande per un genitore, accusato pure di protagonismo e di ricerca di facile notorietà da chi evidentemente non aveva capito le finalità di quest’uomo e padre.
All’evento inaugurale erano schierati anche i paladini della cristianità, la Ministra della Santa Inquisizione Eu-genia Roccella, il Vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, ma soprattutto lui l’ineffabile Ministro della Pubblica (d)Istruzione al secolo Peppe Val di tara (la sua).
Intervenendo in video, il legaiolo si esibisce nel numero che di solito riesce meglio a questi disadattati di governi e che dovrebbe far arrossire di vergogna i suoi sostenitori: “la sublimazione delle gaffe”.
Buttando nel cesso decenni di lotta delle donne (femministe non mi piace, troppo settario), afferma incauto ma risoluto che:

“In genere i percorsi ideologici non mirano mai a risolvere i problemi. E la visione ideologica è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato”.

Capito? Non si fa eh,eh, la lotta al patriarcato è strumentale e ideologica.
Ha il coraggio di affermarlo di fronte ai genitori di una ragazza rapita e uccisa con una settantina di coltellate.
Ma non contento il nostro Peppe ha continuato a pestare “escrementi” quà e là:

“Occorre non far finta di non vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”.

Giulia Cecchettin è stata ammazzata da un bianco, figlio di una famiglia cosiddetta perbene, di nome Filippo (non Ahmed o Aziz), qualcuno forse si è dimenticato di spiegarglielo a questo signor politico , ha risposto la sorella di Giulia, Elena Cecchettin, via social:
“Se invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e “per bene”, si ascoltasse, non continuerebbero a morire centinaia donne nel nostro Paese ogni anno”.

Parole inequivocabili, questi non ascoltano, ma pure se lo facessero non hanno gli strumenti neuronali necessari per elaborare i concetti e questa è solo una delle innumerevoli dimostrazioni.
Arriverà una critica seppur velata a questo scempio da parte di chi difende a prescindere questa banda scalcagnata di governanti? Mah.

“Che un rappresentante delle istituzioni assuma un punto di vista negazionista, dando agli immigrati la responsabilità di parte delle violenza che caratterizzano le culture occidentali è grave – notano da D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) – Se conoscesse i numeri si renderebbe conto che il violento ha le chiavi di casa”.

Evidentemente il Ministro Peppe non ha fatto i compiti a casa.
Bocciato. E con lui, chi ce l’ha messo, ogni riferimento “all’underdog” che ce l’ha fatta è puramente voluto.
Politica ghe vol, no monade.

Alessandro (A59)

(N.d.R.) Qui l’intervento completo del ministro:

https://www.rainews.it/articoli/2024/11/fondazione-cecchettin-polemica-su-parole-di-valditara-piu-abusi-per-immigrazione-illegale-ec147439-b5fd-4d37-9f72-2693db2179c6.html

“Zitto e ascolta”!

Dopo quasi tre anni di combattimenti, questa notte e mattina presto, la Russia ha lanciato una potente offensiva contro l’Ucraina, in modo particolare contro le installazioni elettriche. Molti droni e missili sono stati per fortuna intercettati ma ci sono stati lo stesso morti e feriti.

Morti e feriti che sembrano non interessare affatto l’opinione pubblica che assiste quasi annoiata a questo scempio che dura ormai da troppo tempo, quasi senza battere ciglio. Oppure, lanciando anatemi contro gli Usa e contro chi ha fornito armi agli ucraini per difesa.

Li vogliono far morire di freddo se non ci riescono con le bombe ci penserà il generale Inverno, pensano, nelle altre sfere del Cremlino.

La pace appare assai lontana e l’avvento del tycoon plebiscitato e unto dal Signore, pare essere un incentivo a proseguire il conflitto. I buoni propositi degli “alleati” si stanno sfarinando in generiche attestazioni di solidarietà e vicinanza al popolo ucraino ma ho come l’impressione che tutti aspettino il “miracolo” e nel frattempo si girino da un’altra parte.

Anche Papa Francesco sembra girato dall’ altra parte e neppure oggi si è sentito di chiedere a Putin di smetterla, di piantarla, di lasciare la presa. Per lui non ci sono moniti, ammonimenti, critiche, esplicite o implicite, ma silenzio. Che in questo caso è tutt’altro che d’oro.

Zelensky ha detto che non accetta imposizioni del tipo: “siediti e ascolta”, riferendosi, ovviamente, ad eventuali aut aut provenienti dall’amministrazione (sic) Trump.

Elon Musk che ormai pontifica a getto continuo più del pontefice, ha detto che il presidente ucraino ha molto senso dell’umorismo. Sibillina dichiarazione di uno che è entrato dalla porta principale nel gruppetto che guiderà gli Usa ( e il mondo) nei prossimi quattro anni. Un bel quadretto, paesaggio bucolico, pecorelle e nuvolette sparse in un cielo che minaccia uragani.

Trump è appena arrivato (di nuovo), Putin se n’è accorto e non è il solo.

Sorrisi

Ho camminato, a lungo sulla riva del fiume che gira tutto intorno alla città e che la impreziosisce con i suoi angoli incantati e prospettive magnifiche. L’acqua morbida di un verde di velluto dove si specchia la natura, viva, parlante con occhi e orecchie e non c’era nessuno ma mi sono sentita in compagnia.

Solo una famigliola di anatre che se ne andava in gruppetto affiatato lungo le sponde a cercare del cibo e a godersi il sole del primo pomeriggio novembrino. E il verde lucente dell’erba e il rosso della vite americana che gira intorno alle siepi delle case accostate alle rive, la grande villa patrizia che si staglia in mezzo ad un prato curatissimo e le querce centenarie e le magnolie e gli aceri mi hanno seguito per tutto il percorso con ampi sorrisi. Li scorgevo tra le foglie e sull’erba e sui muri vetusti dove l’edera rosso fuoco si arrampica e si bea del sole che la fa rispendere.

Sorrisi appena accennati di creature la cui anima è serena e placida e vive senza scosse né ansie né desideri , libera e felice di quella felicità sconosciuta a chi non sa godere della bellezza della natura. E mi sono sentita un po’ felice anch’io, poco perché non devo mai credere di esserlo se non per brevi attimi, perché la felicità non può durare più di un attimo ma è così fuggevole che non serve rincorrerla, scapperebbe ancora più velocemente.

E mi basta, mi accontento e aspetto l’indomani quando forse potrò ritrovarla sotto quella foglia rossastra che si è posata qualche istante prima sopra l’erba del prato appena rasato e si è salvata dal sacco del giardiniere.

Politica ghe vol

Il Presidente Sergio Mattarella ha voluto togliersi dei massi dalle scarpe e durante una delle sue uscite pubbliche ha dichiarato, quasi buttandola lì, di aver firmato leggi e decreti che non condivideva. Si, ne avevo avuto il sospetto molte volte, ma che lo avrebbe ammesso, francamente non ci avrei creduto, neppure se me lo avessero detto.

Ha dimostrato onestà intellettuale e anche trasparenza. Certamente non ingenuità perché sa bene che ogni sua parola viene vivisezionata dai media. Ha voluto parlare a suocera? Probabile. Insomma lui, come tutti, ha delle idee, non le professa in pubblico data la sua doverosa imparzialità, ma le ha. E anche lui, uomo di stato tutto d’un pezzo, ha delle debolezze. Delle vulnerabilità. Certamente è una frase che lascia po’ interdetti. La dice ora, durante il governo di una donna, ma è ininfluente, sicuramente, ora durante il governo di destra, ma è sicuramente ininfluente, ma lo dice ora. Ci sarà contiguità tra questa frase del presidente e la sentenza della Consulta di cassare in parte la legge sulla Autonomia differenziata? Può darsi, vai a sapere. Bisognerebbe essere degli indovini, dei lettori del pensiero e anche li, ci sarebbe sempre da chiedersi, ma avrò capito bene?

L’era ipertecnologica che stiamo vivendo ci fa dubitare di tutto. L’avrà veramente detto il presidente o è un effetto della intelligenza artificiale? Ci sarà chi lo dirà? Probabile. Resta comunque il fatto che le sue parole potrebbero avere un effetto dirompente proprio sul governo in carica.

Ecco, vedete, il presidente ci avverte che a volte firma leggi che non gli piacciono, lo dice a Meloni ? Si, forse, lo dice proprio a lei se dal governo qualcuno si è affrettato a dire che non ce l’ha col governo. ..qualcuno potrebbe obiettare. Non l’ha detto mai quando firmava tutte le leggi e leggine dei due sgoverni Conte, lo dice ora che governa Meloni. Sarà un caso? Si può darsi, ma lo ha detto ora. Una matterellata non di poco conto anzi, che conta direi. Niente, non la lasciano lavorare…

Occhio Meloni, stai seduta sull’occhio del ciclone e potresti finire turbinosamente risucchiata.

Ma non era questo l’intento di Mattarella, certamente, ma sicuramente ci sarà chi lo cavalcherà per praterie sconfinate. Politica ghe vol…politica.

Il tempo dei Meloni

Un amico del blog, ieri, mi ha chiamata Mariagrazia Meloni. Era un provocazione a seguito di una mia, ho cancellato perché mi ha fatto venire i cinque minuti (sono abbastanza frequenti) ma poi ho riflettuto. Rifletto sempre, poi. Sono quella del senno di poi. Subito mi saltano e mi girano.

Dunque dicevo, col senno di poi, mi sono detta, ci sarà pure un motivo se qualcuno pensa di identificarmi con il presidente del Consiglio (vuole così, sia fatta la sua volontà). Potrei anche inorgoglirmi, ma non era un complimento, bensì un modo per biasimarmi e incitarmi a criticarla. Mi sono chiesta come mai non riesco ad essere critica col governo. E’ strano perché da quando mi interesso di politica “seriamente” (non moltissimo) ho sempre criticato alla grande anche chi avevo votato, anzi, soprattutto chi avevo votato. Mi sono detta: sarà perché al governo c’è finalmente una donna? Si, anche ma solo in minima parte.

E poi, forse ho capito. Perché mi sono sentita presa per i fondelli da tutto l’arco costituzionale. Io che avevo creduto di votare da una parte, in realtà ero sempre stata tradita perché non esiste “una parte” esiste la Parte. E quale? la parte politica che ha il potere, cioè tutta la classe politica, governo e opposizione. Un interscambio di ruoli che serve solo ad alternarsi al potere e a rimanerci il fino a che dura e poi si finge di dare la parola agli elettori ma in realtà, anche senza che facciano patti segreti, sanno che sono sempre tutti insieme appassionatamente a tempi alternati e spesso già pre determinati.

Insomma un balletto dove i ballerini si alternano in figure e figurine per stare a senso alternato, davanti o dietro la scena con la pretesa di fare i nostri interessi ma con il fine, unico, di fare principalmente i loro.

Ora è il tempo dei Meloni, poi sarà di nuovo il tempo delle Mele. Ma sempre noi siamo a cadere dal pero.

Meloni fa o recita la sua parte, se la prende con le “toghe rosse”, Schlein finge di indignarsi e dice che se la deve prendere con se stessa e i suoi fallimenti. L’Albania è li per dare ragione a finti oppositori che ai tempi dei Meloni sbraitano a salve per dare ragione a se stessi. In attesa che venga quel giorno in cui potranno ritornare a scambiarsi il segno di pace che riporta al governo le “Mele” e fin che il gioco chiamato Democrazia dura (e si spera che duri) la giostra andrà sempre in tondo: chi sale e chi scende e noi a guardare quelli che si divertono e a credere che cambiandoli cambi qualche cosa. Magari con un bonus gelato in tasca (un dolce che convince) e l’illusione di essere popolo, nonché sovrano.

Con le differenze dovute ai nomi e alle persone che sono più o meno “tagliate” per governare e con idee e personalità diverse, ma sempre rientranti nel gioco oggi a me domani a te.

In realtà, a conti fatti, per quanto ci agitiamo per sostenere o criticare questo o quel governo, questo o quel politico, (ed è giusto farlo) alla fine della fiera siamo molto più “sudditi” di quello che pensiamo.

PS: Spero che nessuno mi dica che intendo fondare il partito della “Donna qualunque”.

La ciribiri hawaiana

Gli Stati Uniti hanno una donna a direttore dell’intelligence, insomma la capa suprema degli 007 americani sarà donna e che donna.

Vi dico dopo come si chiama (tanto non la conosce quasi nessuno) ma la notizia mi ha fatto quasi sobbalzare lo stomaco. Di prima mattina. Notare. Vi è già nota la mia “simpatia” per Trump e non mi dilungo, che abbia fatto le nomine dei suoi collaboratori col solito buon anzi ottimo senso che lo connota, non avevo dubbi e resto immagata alla scelta di questa signora, ex maggiore dell’esercito ora non interventista, ex democratica ora repubblicana, ex di qualsiasi cosa ed ora direttrice dei sevizi segreti americani. Di tutti eh, mica peanuts. Si chiama Tulsi di nome e Gabbard di cognome. Si lo so, non vi dice nulla, sarebbe quasi come dire che l’onorevole Salis è stata eletta presidente della Repubblica. Una squinternata che ne ha combinate di tutti i colori, che pur di stare in politica ha saltabeccato da un partito all’altro come una gallina padovana, che è andata a stringere la mano del dittatore siriano, che si dichiara contro gli interventi militari dopo essere stata maggiore dell’esercito americano, una che dice a Zelenzky di salutare con un Haloa l’invasione dei russi…russi che lei sostenitrice fervente del putinismo, l’avrebbero, pare, assoldata per fare da terzo incomodo democratico alle elezioni ed aiutare Trump a vincere, che ha prima sostenuto Sanders, poi si è candidata coi dem, poi ha sostenuto Biden…poi.. beh ha solo 43 anni diamole tempo per dichiararsi marziana in esilio.

Ora questa sciroccata (passatemi il temine troppo complimentoso) è quella che dirige i servizi segreti americani (ci deve essere per forza del marcio in Danimarca). Andiamo davvero bene, quella è capace di diffondere i segreti americani con l’altoparlante a reti unificate se niente niente le gira la ciribiricoccola. Quella di Trump gira vorticosamente da quando è stato eletto e anche prima non era da meno.

Una hawaiana a Washington, il titolo di un film? Si, horror.

Altro che Musk.

Missione

Un basso baritono russo dal nome impronunciabile, lo chiamerò Abrakadabra, si esibirà al San Carlo di Napoli a breve. Il cantante russo è un sostenitore di Vladimir Putin , sfegatato sostenitore delle politiche dello zar. Ma, il presidente Mattarella, pare abbia detto che non fa nulla, l’arte va oltre, l’arte è universale e bada di più a unire che a dividere.

Okey, siamo d’accordo, l’arte è unificante, ma il pianista russo morto di fame in galera solo per aver suonato Chopin, picchiato e incarcerato per il suo pacifismo, era un artista ed ha pagato con la vita l’amore per la propria arte e per la pace. Gli artisti hanno una missione che li porta a elevarsi oltre le miserie umane, ma Pavel Kushnir ha subito la miseria umana della repressione delle idee sulla propria pelle. Il baritono russo si è visto cancellare molte date da parte di teatri internazionali proprio a causa del suo supporto a Putin e quindi all’invasione.

L’Italia deve fat cantare e applaudire un artista che ha sposato un’ideologia di morte? I russi in Ucraina da tre anni uccidono e da tre anni tengono il mondo col fiato sospeso per le conseguenze che questa guerra potrebbe avere anche oltre i confini dei due paesi coinvolti.

Le ripercussioni da noi si sono viste già e comunque questa guerra nel cuore dell’Europa è estremamente pericolosa per la stabilità di tutto il continente. Per quello che significa accogliere questo signore e farlo cantare le arie di Verdi, a mio avviso, sarebbe una bestemmia, uno schiaffo in faccia alle idee di libertà, solidarietà e diritti umani negati. Abrakadabra non avrà colpe di quanto succede ma, trovarsi a cantare accanto ad un basso ucraino che sa cosa sta subendo il suo popolo a causa dei russi, dovrebbe farlo desistere dall’intervenire e dare forfait. L’arte va oltre le miserie umane ma la miseria umana non deve essere applaudita. Il sindaco di Napoli dovrebbe opporsi a quello che sarebbe uno sfregio al semplice buon senso oltre che alla dignità di tutti gli artisti che lottano per enfatizzare i valori fondanti della civiltà.

C’è bisogno d’amore

Durante la presentazione del suo nuovo album, Zucchero Fornaciari ha parlato delle elezioni americane. Ha detto che gli artisti che si sono spesi per Harris, forse, non l’hanno aiutata a vincere perché “sono lontani dalla gente”. Poi, citando una frase tra le più celebri di una sua canzone ha detto che c’è bisogno d’amore in questo mondo che ne è così privo, così lontano dall’amore. “”C’è bisogno d’amore per Dio, per tutto quanto il mondo”, dice la frase. E’ vero, Harris ha perso per poco amore. Amore che non è riuscita a tramettere alla gente, lontana dai palchi e dai lustrini e dalle risate. La gente che soffre per mancanza d’amore ha scelto Trump. Dovrebbe essere l’amore a salvare il mondo? Secondo Zucchero, si. L’amor che move il sole e le altre stelle…e l’amor che a nullo amato amar perdona…e forse Trump è riuscito a trasmettere amore? Lui con le sue frasi di odio nei riguardi degli immigrati che ora vuole espellere in massa, è riuscito a trasmettere amore? L’amore ha molte forme, può essersi calato dentro quest’uomo rude e bislacco, trasformandolo in messaggero d’amore? E colpendo il cuore dei tanti americani che lo hanno votato? La sua apparizione dopo l’attentato, quel pugno fiero e quel “fight, fight, fight”, hanno forse mandato un messaggio d’amore? E ora la sua decisione di ritirarsi dall’accordo sul cima, può essere considerato un gesto d’amore? E telefonare a Putin per dirgli di non insistere nella guerra in Ucraina, forse intendendo dire, don’t worry man, ci sono qua io e ora ottieni quello che vuoi, non serve che ti dai tanto da fare…è un gesto d’amore verso gli ucraini che si aspettano da lui altri aiuti per battere Putin? Lo vogliano o no, gli ucraini dovranno arrendersi, la Crimea è già perduta hanno detto dalle parti del nuovo presidente, qualche suo portavoce. Rinunciare a combattere e piegarsi a Putin, con le buone, un gesto d’amore?

C’è bisogno d’amore, canta Zucchero, di un’ overdose d’amore per questo mondo disperato: guerre, fame, disastri climatici, paura e sentimenti di odio in crescita. Tutto questo ha una sola possibile cura: un’ iniezione d’amore.

Ho visto un video di cinque minuti dove il papà di Giulia Cecchettin parlava da Fazio e sembrava un santone. Dice che lui non prova nessun rancore nei riguardi di chi l’ha uccisa in quel modo. Anzi, cerca di vedere tutto in positivo e l’amore per la figlia morta ammazzata è quello che lo guida e gli fa vedere tutto buono e bello, persino Filippo Turetta perde la sua tragica immagine di assassino e diventa una figura sbiadita e così, dice, il dolore scompare. Forse ha ragione lui o forse no. Non lo so. Ma l’amore che tutto illumina può fare anche questo, ribaltare le situazioni e mostrarle sotto aspetti diversi e aprire prospettive alle quali non si penserebbe mai? Credo che Zucchero intendesse dire che c’è si, bisogno d’amore, ma di amore vero, non di un surrogato e l’amore vero è raro. Sempre di più in un mondo che si dipinge di molti strati di colore per non mostrare la sua vera faccia e che il colore sulla faccia di Donald Trump non basta a mascherare la sua vera faccia. E la sua vera faccia non è certamente la faccia di chi prova amore per il mondo, ma piuttosto amore per se stesso e, temo, lo vedremo in ogni sua prossima azione.

C’è bisogno di amore, si, ha ragione Zucchero, tanto amore e però deve essere genuino e spontaneo e non una maschera che sorride e nasconde un ghigno che fa paura.