Il modulo

Fitto, Tosi, Costa, Romano, Zanetti, Lupi…

Una squadra di soli sei componenti, però, ragazzi, valgono per dodici. Sono i “centristi” che  hanno fondato una nuova formazione: “Noi con l’Italia”.

Bisogna vedere però se l’Italia ci sta. Tutti vogliono stare con lei, ma il permesso glielo hanno chiesto?

Mi pare di vederla, ha già storto il naso. E non avrebbe tutti i torti. Facce note o arcinote, che andrebbero a sostenere il centrodestra che con i tre partiti: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia potrebbero, col loro “valido” apporto, arrivare al 40%, questo, almeno, sembra essere l’obiettivo.

L’Italia e gli italiani non aspettavano altro che di  vedere un simile gruppetto di “panchinari” di lungo o medio corso, mettersi i calzettoni e i pantaloncini corti e correre per Lei.

Devono essere uno spettacolo: dritti, sull’attenti, con la scritta sul petto:” Italia”. Le gambette pelose in mostra, lo sguardo da “giovani leoni”, da centravanti frementi di andare in gol. La “porta” è li, a qualche metro e la vittoria, (sembra) quasi assicurata.

“L’allenatore” è l’ineffabile avvocato Ghedini, detto anche “la pantera azzurra”, un veneto coi piedi sul terreno (proprietari terrieri i Ghedini da lunga data) che sa come perseguire gli obiettivi. Uno a cui non sfugge il minimo particolare. Sguardo indagatore, sorriso beffardo…anche troppo, direi quasi un ghigno. Anzi un ghedigno beffardo.

Ma dove va questa squadretta raffazzonata di 6 gentiluomini con già parecchia esperienza sulle spalle (fatta sulle nostre di spalle)? Loro sembrano saperlo: vanno al posto di Alfano che ha dichiarato forfait, a muso duro. Tanto ormai dal suo ex capo non sarebbe potuto ritornare, tanto valeva gettare la spugna nell’angolo. E l’hanno raccolta loro: I sei dell’Ave Silvio.

Il 3 + 1 (e vari ed eventuali) potrebbe essere il modulo giusto per vincere i campionati della politica.

Ai mondiali non ci andiamo, peccato, ma avremo di che “divertirci” lo stesso. I pre-supposti ci sono tutti.

 

Catalogna dreaming

Sognando la Catalogna, la Lega passa dalla secessione alla successione.

Via il Nord, pesante fardello di un passato recente, rimane Lega, slegata dal vecchio impegno, disatteso dai vecchi dirigenti, ma in aggiunta c’è: Salvini premier. Sembra una minaccia che potrebbe diventare realtà.

E ci crede, lui Salvini, non ancora premier. Ha messo Berlusconi davanti al fatto compiuto. Eccolo il candidato premier del centrodestra, ha detto, alla lontana, ma neppure poi tanto. Cosi impara il cavaliere (l’ex) a fare il furbo. A dire che il governo Gentiloni potrebbe continuare per altri tre mesi, dopo il voto, perché tanto lui, il sensitivo Silvio, sente che le prossime elezioni non eleggeranno nessuno e si dovranno rifare. Perché Salvini ha fretta. E quando gli ricapita? Ha l’età giusta, è carico, ha fatto esperienza sul campo (da parlamentare europeo è stato poco a Bruxelles ma quel poco gli è bastato), ormai è sufficientemente edotto su come si deve governare un paese.

E lo farebbe, naturalmente a modo suo, anzi a modo della Lega. Quella senza nord. E dai, ‘sto nord impicciava. Vuole la Lega a tutto tondo anzi a tutto lungo, vista la forma allungata della patria.

Vuole dare una bella ripulita al paese da capo a fondo, altro che nord, lo vuole fare da tutti i punti cardinali.

Via l’euro, via i clandestini, fuori dalla Unione Europea,( anche se a tratti pare abbozzare), e poi si potrebbe anche ragionare. Ah, dimenticavo, via le felpe verdi e tutti gli ammenicoli, tipo ampolle e similari, ora si fa sul serio.

Per il resto non si sa, ma si sta organizzando. Via i campi Rom e soprattutto fuori dalle scatole tutti quelli che gli stanno antipatici. Poi, lui è un tipo che ragiona, democratico fino a un certo punto e quel punto però non è affatto certo.

Sogni, chimere? Mah, vedremo. Se ancora non c’è un candidato della destra lui potrebbe fiaccare le resistenze di chi non lo vorrebbe, cioè tutti. Sarebbe scomodo per Berlusconi in quanto lo ha già detto: “mai con Renzi”.

Ma il nostro Gengis Khan è molto determinato. Dicono di lui che ha portato la Lega dal coma profondo in cui era inabissata dopo gli scandali, non ultimo quello delle famose green underwear di Cota, ad un consenso di tutto rispetto. Deve essere stato in quel momento che Salvini ha deciso che il verde non era più consono al partito:dal pratone doveva puntare ad un luogo più elevato. Cambiare tutto per uscire dalla logica bossiana del famoso slogan. Un ammorbidente profumato era quello che serviva per rianimare dei panni sporchi lavati in pubblico e rimasti troppo a lungo ad asciugare.

Ritirati tutti, il filo è vuoto, rimangono solo delle mollette che stanno arrugginendo. L’ultimo baluardo della vecchia e imbolsita guardia era quella parolina che pesava enormemente sul groppone del leader nuovo di zecca.

Ed ora che l’ha levata dal simbolo e assieme al caro vecchio Alberto da Giussano ci sta il suo nome a chiare lettere, in giallo semaforo con sotto l’altra parolina: premier (magica), si sente sollevato, quasi levita.

Salve Salvini, se la destra andrà al governo è nelle tue intenzioni guidarlo, tu sei pronto. Io no. Per niente. Ma se sarà mi rassegnerò. La democrazia lo vuole e se lei ti vuole, farò un passo indietro. Ma, occhio, ti curo ed ho pronte mille filastrocche nel caso tocchi a te. Lo so che te ne farai il classico baffo ma non ti allargare troppo, già mi pare di vedere un filo, ma solo un filo di pappagorgia. Quando si arriva a palazzo si ingrassa anche solo di aria.  Padano/italiano, avvisato…

Lasciamoli vivere

Fa pena quell’albero morto con tutte quelle luci e gli addobbi inutili. Lo hanno chiamato Spelacchio,ma, prima che venisse tagliato per andare a morire a Roma dalla Val di Fiemme, era un meraviglioso esemplare di pino rosso con i rami stracarichi di aghi il verde brillante e un’aria maestosa.

Lo hanno tagliato, legato, ricoperto (forse male) e fatto viaggiare fino alla destinazione, buttato li come un vecchio rottame. Gli hanno tagliato le radici perché non sarebbero entrate nel vasetto pronto ad accoglierlo e a sostenerlo malamente. Lui le aveva sparse nel terreno negli anni in cui era vissuto felice tra gli altri pini in quel luogo incantato a cui lo hanno strappato per sempre.

Ed ora é a Roma, in quel luogo bellissimo ma arido, col traffico che gli gira intorno e lo soffoca con tutta quella mercazia addosso che lo fa sembrare ancora più spoglio. Di solito, dicono, un albero di quelle dimensioni, si mantiene in vita per due o tre mesi, prima di finire nel caminetto o nella discarica. Ma questo non ce l’ha fatta a superare quel trauma, quello scempio ed è già morto. Ed ora è un cadavere, esposto al pubblico ludibrio e fa solo pena. Non rallegra il Natale dei romani ma neppure quello degli italiani che lo vedono in foto o in video. E’ uno strazio, meglio sarebbe toglierlo e dargli “sepoltura”.

Potremmo smetterla una volta per tutte di sacrificare alberi sani e bellissimi a questo rito barbaro di esporli nelle piazze dei paesi e delle città? Potremmo trovare delle valide alternative e lasciare gli alberi vivi dove stanno?
Sono belle le luci natalizie, fanno allegria, attirano i clienti nei negozi o nei centri commerciali, ma vedere alberi di oltre 20 mt, sapendo che non hanno futuro e che sono li, moribondi ad allietare la festa mentre per loro è già finita, mi mette, ogni anno una tristezza profonda. Mi illudo ogni volta che poi, a festa finita, li ripiantino li dove sono stati strappati, ma so bene che non è cosi e finiscono in cenere.

Il caso degli alberi natalizi negli ultimi due anni a Roma poi ha del grottesco. Si spendono un sacco di soldi pubblici per avere quel risultato. Sembra sia stato fatto tutto all’ultimo momento e che la fretta abbia prodotto quel risultato,ma c’era tutto il tempo per pensare ad una alternativa valida. Capisco che forse i romani si sarebbero lamentati di un albero sintetico ma forse farebbe più bella figura di quel povero tronco ormai del tutto spoglio a significare la studipità dell’uomo e la sua crudeltà.

Mi vengono in mente gli ulivi centenari che si stanno sacrificando al gasdotto in Puglia.  Tubi che devono passare proprio sotto un paesaggio tra i più belli d’Italia e che la gente del posto non vuole. Che si mette di traverso per impedire che gli alberi vengano espiantati. Ma è tutto inutile: il nostro paese non ha la cultura del rispetto dell’ambiente, non ce l’ha e non ce l’avrà mai. Non capiamo l’importanza che riveste la natura nell’ecosistema, abbiamo ridotto le nostre pianure a lande desolate e ogni filo d’erba sembra una minaccia al nostro “diritto” di avere spianate di cemento ovunque. E gli alberi sono i primi a cedergli il posto.E l’aria diventa sempre più irrespirabile.

Quel pino, in centro a Roma sta li a ricordarci quanto a volte possiamo essere stupidi e crudeli e insensibili oltre che prepotenti. Ci crediamo padroni del mondo e non siamo che formiche davanti alla potenza che la natura può in qualche caso sprigionare. E quando succede ci chiediamo perché sia successo e se non avremmo potuto evitare quella frana, quell’alluvione cosi devastante e magari, tutte quelle vittime.

Quel pino chiamato cosi ridicolmente Spelacchio, ha una sua dignità, una sua forza. E’ un prodotto di quella natura che non rispettiamo e che calpestiamo senza pietà e può essere paragonato a tutti gli esseri umani che vengono trattati allo stesso modo dalla nostra indifferenza e disumanità. E potrebbe ricordarci che maltrattare la natura o gli esseri viventi è un peccato gravissimo che nessuna messa di mezzanotte a Natale, ci potrà mai togliere dalla coscienza.

 

Pressioni

Devo prendere un respiro profondo, prima di mettermi a scrivere perché,altrimenti, le pulsazioni aumentano e rischio. Questa storia di Maria Elena Boschi la trovo sintomatica della perdita di buon senso comune di un paese in continua lotta con le proprie interne pulsioni. Avrebbe bisogno di una buona seduta psicanal-italica almeno una volta alla settimana e anche di recuperare un minimo di serenità e lucidità mentale.

Ma siamo a Natale, ci sono i regali, il parentado e gli amici cui  augurare tutto il bene: serenità, felicità e prosperità. E’ giusto! Ma abbiamo anche il dovere di essere messi al corrente di quanto succede intorno a noi, che ci sfiora e nemmeno troppo di striscio se poi alla fine siamo noi quelli che devono pagare un conto che si fa sempre più salato.

Un debito pubblico tra i più alti al mondo, raggiungiamo l’Everest, ma non sembra che in molti se ne preoccupino.E parlo soprattutto dei  sostenitori, i simpatizzanti e media collegati e amichevoli o amicali, col governo attuale e il precedente, i giornalisti in cerca di visibilità facile per piazzare la loro ultima improba fatica, magari aiutata da qualche ghost writer non retribuito, nemmeno dalla gloria.

La storia della sottosegretaria è emblematica di una certa idea di “paese”, il nostro, che frana, frana verso una deriva sempre più priva di valori, parola quasi obsoleta, da mettere in soffitta o in cantina e lasciare a riempirsi di strati di polvere.

La dottoressa M.E.B. è il simbolo di questa crisi di valori. Alla sua eta è già stata ministro ed ora occupa un posto di grande prestigio. E’ nell’occhio, come si suol dire, di un ciclone (abbiamo sempre qualche cosa nell’occhio del ciclone in Italia)per la faccenda banca Etruria. Ma si, ma va la, va la, direbbe Totò. La ragazza piaciucchia, lasciamola lavorare, non stiamole troppo addosso…non fece né mai intese fare pressioni…

Il presidente della commissione banche, quello che si chiama col nome che si attaglia alla perfezione a questo pasticcio, va in televisone a dire che lei non ha fatto pressioni. Visco,Vegas, Ghizzoni (cosi parlò…alla fine, quasi senza fiato), affermano tutti di non essere stati pressati da lei. E perbacco, ci dobbiamo credere.

Lei stessa, oggi, esulta, (ma quanto esultano lei e Renzi in questi giorni),avete visto, dice, anche Ghizzoni afferma che non l’ho premuto? Siete cattivi, infami ce l’avete tutti con me perché sono bella, donna e amica di Renzi e anche di Carrai…

Spunta fuori oggi ‘sto Carrai, quello che Renzi voleva a capo delle cybersecurity , suo grandissimo amico, dunque, ha le referenze giuste. Anche lui non ha premuto ma ha solo mandato una mail a ‘sto Ghizzoni qui , per dirgli: amico vedi se puoi dare un occhio a ‘sta faccenda dell’Etruria, ma non dire poi che ho premuto su di te per….

Dunque De Bortoli aveva detto il vero: la sottosegretaria si era interessata…ma non ha fatto pressioni.

Allora diciamola tutta: le faccio io, da questo punto privilegiato, comodo e caldo, da cittadina che ne ha le…scatole piene e strapiene di vedere la Boschi col telefono all’orecchio sorridere al nulla, in tutti i Tg, ogni santo o santissimo giorno. Premo perchè qualche santo benevolo ci metta una mano in testa e ci dica, a tutti: ma quanto siete fregnoni, (in veneto si direbbe in altro modo ma evito per carità di patria, ma insomma, ci siamo capiti: ingenui, pirlotti e creduloni..).Ma non lo avete ancora capito? Questi vi menano per il naso al guinzaglio e voi vi bevete tutto…

Cin cin…italiani,  dopo la  frutta arriva sempre il dolce. In fondo, ma molto in fondo.

Ci vuole coraggio!

Pare che con la nuova legge elettorale dopo il voto non avremo un vincitore. Cosi ci dicono. bella prospettiva. Già a votare ci vanno sempre di meno, se poi si pensa che andarci non serva a nulla, stiamo freschi. Ci hanno messo davvero impegno per sfornare questo capolavoro di ingegneria macchiavellica per non fare vincere nessuno.

Deve essere stata un’ idea di qualche sadico che vuole lasciare il paese senza governo. Massì ma a che serve un governo? Perché non ci autogoverniamo? Facciamo noi cittadini governo e opposizione, a rotazione, come nei condomini, ci prendiamo tutte le brighe. Lasciamo perdere i politici, li mettiamo in pensione e regione per regione, mandiamo una delegazione scelta tra la gente che passa per strada dai sindaci e chi s’è visto s’è visto.

In pratica ci autorappresentiamo. Ma no,  non funzionerebbe, cominceremmo subito con litigare (litigiosi come noi italiani ce ne sono pochi) e finiremmo per trascinare il paese alla bancarotta. C’è poco da fare, un governo ci vuole, la democrazia ce lo impone.

Ma esiste un governo ideale?Io non credo. Non riescono mai a mantenere le promesse che fanno in campagna elettorale, perché tutti ci vogliono arrivare al governo ma quando ci arrivano, bene che vada, riescono solo a fare danni. Abbiamo  la peggior classe politica d’Europa.

Stasera ho seguito su La7 il dibattito tra Anna Falcone e Luca Ricolfi. La prima è una nuova esponente della cosiddetta società civile che ha abbracciato le idee della sinistra nata dalla scissione del Pd. Una donna molto determinata e preparata la quale sostiene che si può davvero intervenire per migliorare il paese ma ci vuole molto coraggio.

Molto coraggio! E ci voleva tanto? Doveva essere una donna, quasi sconosciuta, appena approdata alla politica per dare questa ricetta, cosi all’apparenza banale? E tutti i soloni che si sono succeduti sinora non ci sono  mai arrivati.

Intraprendenza e coraggio, allora si che qualcosa potrebbe cambiare. Finora hanno tutti dimostrato di averne molto poco di coraggio. Tutto fatto tenendo sempre sott’occhio i sondaggi, percentuali alla mano. Mi si vota di più se approvo le leggi sui diritti o se elargisco qualche mancetta? Tutto calcolato, fino all’ultimo centesimo.

Di coraggio nemmeno l’ombra.

Eppure il coraggio è la chiave. Coraggio di rivoluzionare un sistema statico, arrugginito, dove le lobbies la fanno da padrone e le leggi che si susseguono sono in gran parte inefficaci per mettere fine alle diseguaglianze, riportare il mondo del lavoro a livelli di crescita reale, a livelli di salari competitivi col resto d’Europa. A migliorare la qualità della vita delle persone, sotto molti aspetti, da quelli economici a quelli sociali. A prendersi davvero cura dell’ambiente che è stato distrutto da decenni di speculazioni.

Coraggio di guardare oltre gli interessi di questo o quel partito o addirittura personali.

Ma dove la troviamo una classe dirigente degna di questo nome che faccia del coraggio la sua arma vincente?

Sperare che quella che abbiamo ora possa fare proprio questo concetto è chiedere davvero troppo. Eppure dobbiamo sperare e votare per chi rimane più in disparte, per chi non urla i soliti slogan. Può darsi che tra questi ci sia chi sappia interpretare la politica con lo spirito del coraggio.

Però, ci vuole davvero un bel coraggio per crederlo.

Ipocrisia

Si parla spesso di assenza di meritocrazia in Italia. Ma che cos’è la meritocrazia? Dovrebbe essere l’attribuzione dei meriti che qualcuno si guadagna con l’impegno. Per fare un esempio banale: chi lavora sodo per un obiettivo, o studia pe raggiungere ottimi risultati, chi tralascia i divertimenti per impegnarsi in attività che siano in una parola “meritorie”. E perché siano meritorie devono, necessariamente passare attraverso molto sforzo personale.

Da bambini ci dicevano: studia e vedrai che l’impegno ti verrà riconosciuto. Si trattasse di un bel voto o dell’approvazione degli insegnanti o anche solo della sensazione appagante di aver fatto il proprio “dovere”, l’impegno personale, comunque “pagava”.

Ma poi, crescendo, si scopre che l’impegno è solo un aspetto marginale della riuscita in ogni campo. In Italia, da qualche decennio ormai vige una massima cara al sociologo Bourdier: “il faut connaitre”. Ma non nel senso che diamo alla “conoscenza”, ma nel senso più volgare di “conoscenze”. Cioè, amici, familiari o quant’altro, che ci possono eventualmente “raccomandare”. In Italia la raccomandazione è un lasciapassare per molte carriere. Ormai si sa è. persino una banalità. Ma, in genere, si tende a giustificarla con la pretesa che si tratti, semplicemente di “referenza”, di suggerimento dato senza nulla a pretendere e che anzi, la tanto vituperata raccomandazione in fondo sia solo un aiuto per chi si trova nella condizione di valutare tra più candidati.

Si tratta di ipocrisia. Ma l’ipocrisia non è in generale mal vista in Italia. I politici ne fanno quasi una bandiera. Fanno a gara a chi si industria di più a dire “false verità”. Verità inventate manipolate a uso e consumo di una certa tesi.

Questo vale per la raccomandazione che, in fondo, quasi sempre, certifica competenze che non esistono pur di far passare quella data persona in un ruolo che altrimenti non potrebbe ricoprire.

I “meriti personali” sono relativi o addirittura mal visti. E, in molti campi, soprattutto in epoca di internet, si tende a copiare e avvalersi del lavoro e dell’impegno degli altri per ben figurare. Ormai è una prassi. Tutti scopiazzano tutti. E’ quasi una gara. Benché il plagio sia un reato, in molti, non si fanno scrupolo di” rubare” idee, frasi, addirittura intere tesi di laurea, e quando vengono scoperti, come nel caso di qualche politico italiano, tutto viene presto messo a tacere come se la cosa non fosse grave o gravissima, ma un piccolo peccatuccio dal quale si viene assolti subito e subito dimenticato.

In Italia si può scopiazzare gli altri e farla franca. Ci si giustifica col “così fan tutti”.

Ma io lo trovo disdicevole e una negazione del diritto di ognuno di esprimere liberamente la propria creatività e il proprio ingegno ottenuto con fatica, con l’applicazione costante allo studio e “rubare” scientemente l’opera di altri per ottenere dei benefici o anche solo l’approvazione altrui o per passare un esame o qualsiasi altro fine, è, a mio avviso, oltre che un reato, una cosa di una meschinità rivoltante.

E la competizione sana, che si avvale veramente del “merito” viene svilita dalla incapacità di alcuni di produrre idee proprie e dalla capacità di “falsificare” quelle altrui.  Tanti vanno avanti nella vita avvalendosi, naturalmente di nascosto, dell’opera inconsapevole di altri molto più brillanti di loro, ma molto meno furbi.

L’astuzia è purtroppo una qualità che, se in alcuni casi può servire a fini positivi, nella maggior parte dei casi è un mezzo per ingannare e procedere nella vita aggirando gli ostacoli e ottenere vantaggi che altrimenti sarebbero molto più difficili da ottenere e richiederebbero molto più impegno.

Fino a che  non sarà veramene dato il giusto valore  al” merito”, ma si  continuerà a far prevalere l’ipocrisia di aiuare gli “amici” o gli amici degli amici o i parenti di…, l’Italia sarà sempre (pur con una solida minoranza silenziosa e positiva) un paese di arraffatori di piccolo cabotaggio, di personaggi meschini e tartufeschi, di “furbetti” e di ipocriti col pedigree e non avanzerà mai a livello di altre nazioni che della raccomandazione, della scopiazzatura, della “buona parola”, in ultima  analisi, dell’ipocrisia diffusa del “chiudere un occhio”, ha orrore e chi viene trovato in castagna viene severamente punito o cacciato senza appello.

 

L’amica del giaguaro

Pare che l’idiozia, in Italia, sia in aumento. Ho sentito che ci sono negozi che vendono il “canettone” e il “candoro”. naturalmente parlo di cibo per cani.

Se ne stanno inventando tutte per un mercato che diventa sempre più florido. Tutto per rimbecillirsi ancora di più davanti ai prodotti per cani, gatti, animali da cortile e da salotto. Non mancheranno le agenzie matrimoniali per animali, per cercare un compagno/a per Dodo, Dada, Fuffù, Puppù…

La prima in testa a sostenere questa ondata di imbecillità é l’on. Michela Brambilla che si fa fotografare mentre bacia sulla bocca agnelli o Dobbermann, indifferentemente. Ha persino fondato un partito degli animali che pare abbia già l’1,5% di voti. Eppure questa signora è madre di ben tre figli ma non perde un minuto per dichiarare il suo amore a ratti,cobra, nutrie, lupi mannari, etc…Forse un destino ?Ricorda un poco la marchesa Luisa Casati Stampa, la nobildonna, amica di Gabriele D’Annunzio, definita da Cocteau: “il più bel serpente del paradiso terrestre” (di chioma rossa anche lei) la quale passava molto tempo a Venezia, nella sua dimora: il palazzo Venier Dei Leoni, ora sede del museo Guggenheim e passeggiava per la città con un puma al guizaglio. Si sa che i veneziani sono abituati a tutto e non si facevano troppi problemi per la “bestiola”. Ecco, Michela Vittoria Brambilla (nome altrettanto altisonante) deve avere preso da lei, per vie imperscrutabili che intrecciano le vite di persone su piani temporali diversi, ma che si assomigliano per alcune peculiari caratteristiche.

Ma per tornare ai giorni nostri. L’on. Brambilla, ex ministro del Turismo durante un governo Berlusconi è una donna molto impegnata nella difesa degli animali, intento nobile senza meno, ma il suo impegno, a mio avviso, rasenta il fanatismo se la vediamo spesso ritratta mentre si scambia affettuosità con animali di ogni specie.

Non sono sicura se possieda anche qualche serpente nella sua fattoria , ma non mi meraviglierebbe che avesse un bell’esemplare di boa constrictor o cobra in qualche teca appoggiata su qualche mobile del salotto.

Questa signora però, non è solo un’ alto borghese un po eccentrica, ma è un “servitore” dello stato e come tale viene largamente retribuita. Per fare che cosa? Mah, sembra che gran parte della sua azione sia destinata a pensare a come far stare meglio i suoi amici animali. Niente di male, se non fosse che in Italia, al momento ci sono quasi 5 milioni di poveri, cioè di persone che per mangiare devono chiedere aiuto alla Caritas o analoghi.

Berlusconi ne ha fatto una partner preziosa per la sua campagna elettorale (e già in campagna ci stanno bene gli animali) e oltre alla promessa di togliere l’Iva ai prodotti per animali, ha in serbo tutta una serie di iniziative che al solo pensarci viene l’orticaria. Non vorrei che se andasse al governo(col suo partito), spinto dalla sua amica, rendesse obbligatorio tenere un cane, un gatto, un criceto, un cavallo, in casa,  con visite periodiche di assistenti sociali all’uopo per controllare se vengono tenuti in debito conto e con tutti gli onori.

Ma se l’on. Brambilla ha questa passione cosi sfrenata, non posso che esserne ammirata ma dovrebbe tenere a bada la sua componente narcisistica e frenare l’egolatria che la spinge a farsi venire in mente cose come la possibilità di cambiare la Costituzione per dichiarare gli animali “esseri senzienti”.Non vorrei mai che arrivassimo a mettere in zampa a Fido una matita e a farlo votare. Ecco che non ci sarebbe più bisogno di andare a pescare voti tra gli astenuti.

Gli animali saprebbero certamente per chi votare visto l’interesse e l’affetto che Brambilla e Berlusconi gli dimostrano.

Ecco che avremmo risolto tutti i problemi: avremo un governo eletto a grande maggioranza che potrebbe governare senza fare alleanze con nessuno. Per la prima volta l’Italia si troverebbe un governo votato da “esseri senzienti” e non dai soliti cani e porci. Nessuna grande coalizione, ma una grande colazione alla villa di Michela con canbrioche e canpuccini a volontà.

 

 

Il miracolo di Natale

Per i dipendenti della Melegatti di San Giovanni Lupatoto – Verona questo sarà un Natale particolare. Da mesi senza stipendio perché l’azienda aveva accumulato un grosso debito a causa, pare, dell’apertura di una filiale a S.Martino Buon Albergo (Vr), un investimento che pare non aver dato i frutti sperati e, sembra, che a causa di questo le banche abbiano chiuso il credito

Ma i dipendenti non si sono dati per vinti,  si sono appellati al Prefetto perché la fabbrica non venisse chiusa, e dopo aver trovato un finanziatore, hanno proceduto a preparare l’impasto per la produzione e in seguito ad una campagna su internet sono riusciti a vendere un milione e mezzo di pezzi. Un miracolo. Il miracolo di Natale, lo chiamano i giornali locali che ne danno la notizia.

Miracolo che è potuto avvenire grazie alla tenacia dei lavoratori  che non volevano lasciar morire un brand famoso in tutto il mondo: la famosa ricetta del pandoro Melegatti che dal 1894 arriva ogni Natale puntualmente nella case degli italiani e non solo.

Un pasticcere veronese che con spirito imprenditoriale e tanta creatività, in poco tempo aveva messo su un’azienda di successo ed ora, questo che era un sogno realizzato stava per sfumare a causa, forse, di beghe familiari , dietro alla causa principale e cioè l’investimento troppo oneroso.

Ma ora, grazie all’impegno dei lavoratori, la chiusura,  sembra scongiurata e si pensa già alla produzione di Pasqua.

Ma nella notte tra l’8 e il 9 dicembre, alcuni ladri sono entrati nello stabilimento di S.Martino Buon Albergo (quello chiuso) ed hanno fatto razzia di rame per circa 300mila euro. Cosa dire? Nevica sul nevicato. Almeno ripaghino un poco il danno acquistando anche loro dei prodotti Melegatti, anche i ladri hanno un cuore…cioè, volevo dire uno stomaco…

Tanta, però,  è stata la solidarietà dimostrata dagli italiani che hanno comprato i prodotti Melegatti in gran quantità. Ieri, mentre ero alla cassa del supermercato ho incontrato mio fratello e mia cognata i quali avevano acquistato ben 4 pandori. Credo che altrettanti ne comprerò anch’io, oggi, se non saranno già esauriti.

Penso che il fondatore, da lassù, ci abbia messo uno sguardo e per qualche via imperscrutabile, abbia fornito il suo aiuto affinchè la sua fabbrica non morisse.

Tanti auguri ai lavoratori dipendenti della Melegatti che possano mantenere in vita un prodotto cosi amato ancora molto, molto a lungo e che la crisi trovi finalmente una soluzione definitiva.

Ma…ora leggo che qualche minuto fa i vertici dell’azienda hanno fatto sapere che non si potrà scongiurare la cassa integrazione. E che la bella notizia si sta tramutando ancora in apprensione per i lavoratori. Quindi la solidarietà non sarebbe servita a niente? No, non ci voglio credere, non può essere, voglio sperare che il miracolo di Natale continui e che si trovi presto una soluzione a questa crisi. Sarebbe davvero un peccato che tanta buona volontà e tanto sacrificio andassero sprecati. Intervenga il governo se è il caso. Non bisogna lasciare nulla di intentato per salvare le eccellenze italiane. E questa ha tutte le carte in regola.  Spero che la soluzione si trovi prima di Natale. A volte i miracoli avvengono. Bisogna crederci.

L’alternativa

Mi sono fatta la famosa domanda da un milione di dollari: chi voterei tra Di Maio e Berlusconi?

Non avrei dubbi: Di Maio. E come potrei scegliere diversamente? L’alternativa è tragica.Berlusconi è un incubo ricorrente, ogni tanto rispunta. Come ora.  E assieme a lui rispuntano tante facce che avevo rimosso o dimenticato e ritornano sul pulpito a parlare di come Silvio sia eccellente in politica e altrove in tutti i campi dell’umano e volendo anche del divino.

Una sorta di riesumazione di volti, frasi e atteggiamenti che sembravano morti e sepolti sotto il peso delle macerie che le politiche berlusconiane hanno lasciato a mucchi qui e la nel paese. E che ora, invece, vengono rimescolate per trovare che, in fondo, ma neppure troppo, quelle macerie nascondono tesori.

Scopriamo che le sue promesse elettrorali ripetute come mantra, sono ancora attuali e scopriamo che circa il 15% degli italiani, gli credono nonostante tutto, ancora,come se il tempo non fosse passato e non testimoniasse che le ha disattese alla grande, più di una volta.

Ma Di Maio sarebbe solo una scelta obbligata proprio se non potessi farne a meno. Ma non sceglierei neppure lui. Solo che dal confronto il giovane vice presidente della Camera, ne esce certamente meglio, se non altro perché ancora non ha dato prova di essere uno spergiuro. Diamogli il tempo necessario e, forse, non mancherà l’obiettivo.

Si sente dire che il fenomeno del “grillismo” abbia impedito che la rabbia sfociasse in qualche “rivoluzione” che avrebbe prodotto danni incalcolabili. Può darsi, ma, finora, il grillismo ha prodotto solo “buone intenzioni” e sembra ancora lunga la strada prima di che le “buone idee” diventino materia tangibile. Quello che finora si vede è che ci sono molte contraddizioni nel Movimento e molte idee non realizzate da chi avrebbe già la possibilità di concretizzarle. Un esempio per tutti: Roma, dove dopo un anno e mezzo di governo dei cinquestelle, nulla è cambiato. Un immobilismo degno della “migliore” politica del “se fai sbagli e se ne accorgono”.

Ma l’incubo del ritorno del centrodestra è aggravato dalla probabile scelta di Matteo Salvini come candidato premier. Non dico che farebbe peggio di Berlusconi, questo sarebbe un’impresa insuperabile, ma che sappia gestire un paese cosi martoriato e cosi alla deriva, ingiusto, imbarbarito e preda facile di rigurgiti autoritari, mi pare troppo persino per le forze di un giovane leader persino troppo entusiasta e pieno di “buona volontà” come il leghista.

E allora? E allora la vedo molto ma molto dura. Sicuramente non mi sento molto ottimista. Dopo la batosta che Renzi ha dato al Pd e la “guerra” fratricida tra i suoi componenti vecchi e nuovi, mi pare che solo la nuova formazione capeggiata del presidente del Senato Pietro Grasso, possa rappresentare un barlume di speranza.

Io mi ci aggrapperò sperando di non rimanere delusa per l’ennesima volta. Altre possibilità non ne vedo.Sperando che gli incubi di un passato recente e remoto se ne stiano il più lontano possibile e che l’Italia non si risvegli all’indomani delle elezioni con una grossa nuvola nera incombente all’orizzonte.

Così van le cose al mondo

Se sia vero che ha tramato, o se invece è casta e pura

lo diranno in commissione, io però la vedo dura.

Ma volete che Ghizzoni, che ha taciuto fino a ieri,

dica, parli senza freni e la metta in guai più seri?

 

Non può esser che il mistero si chiarisca su due piedi,

chi non parla sa perché e non può parlare adesso,

preferisce stare zitto e anche farsi dar del fesso,

pur di non tradir gli amici resta muto come un sasso.

 

E va beh, lasciamo stare, l’amicizia e cosa rara

quando uno dà parola se la manca è proprio un sòla.

Lei, la sottosegretaria è figliola di papà e giammai

dirà che ha fatto ciò che era in suo potere, per salvare

la sua banca, ch’era a un passo dal cadere.

 

Ma se ci pensiamo bene, noi che cosa andiam cercando?

Si, va beh, i risparmiatori hanno perso tutti i soldi

mentre papi e la figliola stanno ancor coi piedi caldi.

 

Ma non è poi tanto strano, cosi van le cose al mondo

sia che lo guardi dal fondo

o lo metti sottosopra, lo vedrai sempre rotondo.