Punto senza capo

Davanti ad un punto esclamativo resto di sasso e

non  capisco il punto.

Perché, se il sasso lo lancia il braccio che nasconde

la mano, il punto è la mano che lo traccia.

E perché mi chiedo  se il punto esclama e

lancia un ponte da una sponda all’altra,

quante volte sono disposta ad attraversarlo

e quante volte tu?

Lancia il sasso il braccio e nasconde col punto la

mano, poi si fa ponte e nasconde le sponde che da

una riva all’altra riva portano il sasso al suo destino.

E se il destino del sasso è di attraversare il mare

allora  quanti punti, quante mani e quante

esclamazioni serviranno prima che le due sponde

trovino  un punto dove si incontrano senza ponti ?

Arduo rispondere se non si afferra il punto ma ancor

più arduo se il sasso lanciato finisce in fondo

al mare e il braccio non si fa ponte

e si rischia di annegare.

 

Chi ha capito quale sia il punto? Per la verità nemmeno io lo capisco.

 

Un the al gelsomino

Prendo un the al gelsomino e ci metto un tocchetto di zenzero. The verde, naturalmente. Sono quei piccoli piaceri della vita. Si, piccoli piaceri, poi ci sono quelli grandi, ma quelli arrivano se arrivano e quando arrivano sei quasi sempre troppo occupato per accorgertene. E spesso ti sfuggono.

Dunque, dicevo, che il the verde al gelsomino mi piace e ne prendo tre tazze al giorno.

Ma quel giorno, un giorno di tanti anni fa, mi trovavo seduta al bar del centro. Nella piazza del paese, una bella piazza, circolare, come deve essere una piazza e con al centro il monumento ai Martiri della Resistenza.

E’ un bel monumento, raffigura un partigiano con le mani alzate unite e legate da una corda, le mani si allungano al cielo e l’espressione dell’uomo è molto sofferente, sembra un Cristo in croce.

Una lapide, accanto, con alcuni versi di una poesia che parla del sacrificio dei partigiani e dell’importanza della loro lotta. Una scritta dorata, in rilievo che molti leggono distrattamente senza neppure capirne il senso.

Lo si intuisce dalle loro facce che qualche volta mi fermo ad osservare. E, spesso, ci fanno giocare i bambini su una specie di scivolo di marmo che trattiene la lapide. Incuranti del valore, profondo, di quella statua. Di cui, forse, neppure capiscono il significato.

La poesia è una grande cosa. Per chi l’ama. Dice tante cose, piccole o grandi o enormi, con poche parole. Lo so, i poeti in genere sono antipatici ai più. Pretendono che tutti li stiano ad ascoltare, oppure si tengono i loro versi chiusi in un cassetto e ci rimuginano su senza avere il coraggio di farli leggere a nessuno. Ci sono gli spudorati e i timidi. Ma la poesia deve essere un po’ spudorata altrimenti non passa, non si fa strada, viene risucchiata indietro, finisce in angoli bui. Oppure se è timida devono passare secoli prima che qualcuno la prenda sul serio e magari, con qualche sforzo, l’apprezzi. Vale anche per le persone, a volte. Ma è la forma d’espressione che più ci fa consapevoli di appartenere a qualche cosa di grande, di indefinito, assieme alla pittura che, però, a volte, è prepotente e persino arrogante. Mentre la poesia si affaccia dal foglio, la pittura trasborda dalle tele e a volte è quasi uno schiaffo. Ma altre volte, invece è quel miracolo di bellezza che si fa perdonare.

 

Mi trovavo li seduta e stavo sorseggiando il mio the.

Passa uno. Si ferma, mi guarda,sembra riconoscermi.

“Scusa, ma tu…non sei…?. E mi dice il mio nome per esteso. ” Scusi, non ricordo, …” ribatto stupita.

E penso: chi sarà questo sconosciuto cosi bene informato? Poi lo guardo meglio: alto, capelli neri appena spolverati di fili argentati, buttati all’indietro, una fossetta sul mento, naso aquilino, occhi verdi, magro  ma non troppo, atletico, ben vestito. Quasi, quasi mi faccio tornare la memoria. Mi dispiace, possibile che sia cosi smemorata?

Poi, d’un tratto, sapete come succede nei film? Ho una sorta di flash-back e mi torna in mente tutto. Ma proprio tutto.

Quell’estate a Misurina. Ecco dove l’ho conosciuto. Ma come è cambiato! Me lo ricordavo più grasso e con qualche brufoletto. Ma quanti anni aveva? Forse 17 o 18…mah. E anch’io, 16 o 15. Adolescenti, insomma.  Quello che mi ricordo più di tutto sono le nuotate nel lago. Freddo, gelato. I tuffi dal pontile e le gite in barca. Si, credo di essere stata proprio felice in quei momenti, me ne ricordavo come se li avessi più sognati che vissuti.

Ma non è mai successo niente tra di noi. Solo che lui mi ha tampinato da subito. Ma aveva già la ragazza e faceva parte della compagnia. Lo spudorato. Ma un giorno me lo disse che se lo avessi voluto era disposto a lasciarla anche subito. Si, magari non proprio subito.

Non ricordo bene  come andò, ma a me non piaceva troppo e neppure mi piaceva troppo l’dea di essere una “sfascia famiglie”. Si fa per dire, naturalmente. Ma era simpatico, come altri della compagnia.Ma niente di più. E poi ricordo che mi divertivo molto  a nuotare e anche a ballare e non mi andava di legarmi a nessuno.Ero una ragazzina mentre lui mi sembrava già un uomo.

Guardavo dentro la tazza, ora. Il mio the stava diventando freddo.

“Ma tu che cosa fai da queste parti”?

“Sono un finanziere, mi hanno trasferito qui da qualche giorno”.

“Ah, si? E ti piace qui”? Domanda sciocca, giusto per riempire quel momento per me cosi imbarazzante.

“Bellissimo, si, mi piace molto”. Mostrando persino troppo entusiasmo.

Mi chiede se abito vicino, rispondo che no, cioè, si, no, sono di passaggio. Mamma mia, questa è pazza, deve aver pensato.

Mi sentivo a disagio, improvvisamente, la vita, tanta, era passata, cosa c’entrava, ora, questo con me? Nulla. E da dove era sbucato? Era durata anche troppo quella strana conversazione. Forse era meglio se mi alzavo e me ne andavo subito, anzi, di corsa. E lo feci lasciandolo con un’espressione un po’ perplessa a guardarmi attraverso il vetro mentre attraversavo a passo svelto la piazza.

Perché il the era ormai freddo e a me piace caldo. Anche d’estate. E’ un piacere piccolo ma intenso e delicato e a lasciarlo raffreddare perde un poco o tutta della sua piccola, grande magia.

 

 

Meraviglia

Grillo si è fatto un suo blog.

Echissene…dirà qualcuno. Anchio sono tra quelli perché sarà molto difficile che mi sogni di guardarlo ma Grillo è un influente personaggio politico. Grillo da dieci anni ci martella con le sue teorie sul parlamento da aprire come una scatoletta, su politici corrotti, sulla politica che ha la colpa di tutti i mali dell’Italia. E ora che il suo movimento di uomini “contro” è diventato, a tutti gli effetti, un partito di uomini” per”, in giacca cravatta e annessi e connessi,comprese tutte le magagne che lui mandava a vaffa, ora ci ripensa, si toglie, missione compiuta, i suoi sono entrati finalmente nella scatoletta, potete chiudere il coperchio e amen.

Lui, però, si chiama fuori. Non ne vuole più sapere, li disconosce, da padre nobile li desereda tutti, dal primo all’ultimo.

Saranno stati “ragazzi meravigliosi” ma ora la “meraviglia” è finita. Ha scoperto di avere messo un piedi un partito politico nella migliore tradizione e che  i ragazzi sono diventati uomini.

E non gli garba. Vuole ritornare nella sua follia creativa dimentico di tutti i problemi, soprattutto identitari che la sua “creatura”, gli sta creando.

Se ne allontana ormai sa camminare da sola, vada pure per la sua strada senza di lui.

E non credo voglia neppure più tanto essere né portavoce, né garante: si arrangino. Hanno voluto la bicicletta?
Vadano in mezzo al traffico senza casco. E poi vedremo se sono capaci di cavarsela da soli.

Lui, ha già dato, ora deve pensare al proprio futuro. magari all’estero, da cervello in fuga.

E chi gli corre dietro?

Disumanità

Quando mi capita di avere a che fare con uffici pubbici, sportelli di qualsiasi genere, casse dei supermercati, medici di base, banche etc., mi succede spesso di sentire questa frase: “Si deve armare di pazienza”.
Ma la pazienza, in Italia, è un’arma spuntatissima. Un’arma che non fa paura a nessuno, al contrario, più la mostri e meno si spaventano.
Faccio un esempio. Sono alla cassa del supermercato, prossima alla chiusura, sono stanca, dopo venti minuti di coda arriva il mio turno. Prendo una busta ecologica di carta dall’espositore (50 cent l’una) e mi appresto a imbustare la spesa. Si rompe subito: uno squarcio. Strano, penso, di solito sono solidissime.
Bene, la cassiera mi dice di prenderne un’ altra, la prendo e procedo ad imbustare la spesa. Pago. Prendo la busta per i manici e…si stacca il fondo e la spesa se ne va sul pavimento rotolando di qua e di la con mi grande sorpresa ( le buste  sono previste per 10 kg.di peso e non saranno stati neppure la metà).
Nel frattempo la cassiera era occupata con altro cliente e, alla mia richiesta di un’altra busta, ma non più di quel tipo, mi guarda seccata e mi dice di aspettare.
Ancora? A questo punto la mia pazienza, solitamente scarsa, si riduce al lumicino.
Mi faccio porgere una borsa più robusta (70 cent.) da una signora, raccolgo la mia roba e faccio per andarmente mandando tutti al diavolo: nessuna solidarietà o minimo cenno di aiuto da parte di nessuno, meno che mai la cassiera, addirittura un signore mi fa cenno di togliermi al più presto dai piedi con un gesto volgare.
La mia pazienza è ormai finita, più spuntata che mai. Mi avvio verso l’uscita mandando tutti a quel paese.
La cassiera mi urla che devo pagare la borsa e devo aspettare lo scontrino altrimenti mi deve far rincorrere dalla sicurezza.
Torno indietro seccatissima. Attendo che arrivino rinforzi per farmi dare lo scrontrino dei 70 cent perché la cassa è ancora occupata, attendo il il resto di cinque euro, mando al diavolo il mondo intero ed esco.
Ma non ci sto. Ho pagato un euro e 20 centesimi per due buste una delle quali inservibile, probabilmente tutta la partita era difettosa, ho dovuto raccogliere la spesa dal pavimento, mi sono presa della deficiente da chi aspettava il suo turno alla cassa e sono furiosa.
Bene, decido che non possono passarla liscia.
Metto la spesa in macchina e ritorno dentro il supermercato. Vado alla cassa centrale e chiedo del direttore. Arriva, gli spiego l’accaduto e gli do questo ultimatum: “sono cliente da dieci anni, se non mi da soddisfazione da domani non mi vedete neppure col binocolo”.
Si scusa e mi chiede cosa chiedo. Gli rispondo che rivoglio i 50 centesimi che ho pagato in più e le scuse ufficiali, come risarcimento simbolico.
Mi dice che va bene e mi fa attendere perché nella cassa centrale non hanno spiccioli…
Al che, la mia pazienza  diventa innocua come  un palloncino per feste di compleanno.
Mi metto a ridere piuttosto nervosamente.
Il direttore mi prende per un braccio e mi fa: “Signora, cosa dice, ce lo prendiamo un caffè nell’attesa”?

Sembra un episodio insignficante ma capitano tante cose cosi che sembrano insignificanti ma che messe tutte assieme ci fanno capire di vivere in un paese complicato da una mancanza totale di elasticità mentale quasi congenita.

Eppure gli itaiani sono intelligenti, almeno nella stragrande maggioranza, sono solidali, sono duttili, eclettici ma in quanto ad elasticità mentale, comincio a nutrire molti dubbi.

Cosa costava al supermercato capire che in certi casi non si può essere cosi fiscali e pretendere che i meccanicismi precostituiti impediscano di vedere persino le realtà più evidenti?

Perchè non è possibile alzare la testa dalla prassi ricorrente  per guardare con occhi diversi una cliente che è anche una persona e non solo un fantasma che passa quasi ogni giorno davanti ai tuoi occhi senza che tu riesca neppure a ricordarne i connotati?

Sarebbe tutto più semplice se qualche volta riuscissimo a dare il giusto valore alle situazioni. La cassiera avrebbe potuto permettermi di lasciare il supermercato integrando lei lo scontrino coi 20 cent. di differenza.

Io, forse non mi sarei risentita per la freddezza e l’insensibilità dimostrata da tutti gli astanti e la cosa sarebbe passata come un piccolo incidente senza storia. Mentre l’ottusità dimostrata da tutti non è che la punta di un iceberg che arriva a profondità abissali, segnale inquietante di una società in via di disumanizzazione.

La gara

Già io non ne posso più

di sentirli blaterare

di promesse ne fan troppe

tutti vogliono strafare.

Dire tutto e ancor di più

è una gara disgustosa

a chi le spara più grosse

per raccoglier voti a josa.

Ci son quelli in doppiopetto

con lo sguardo corrugato

vanno in visita nel tempio

e si ferman sul sagrato

per guardar le meraviglie

opre d’arte non quisquilie

e poi affermano compunti:

se ci date il vostro voto

e con noi siete congiunti

ne vedrete di migliori

leggi belle noi faremo

e di fior vi copriremo.

Però noi non siam sicuri

questa volta men che mai

è una scelta inver ben dura

c’han fregato tanto assai.

Sembran tutti molti seri

sembran dir la verità

saran tutti dei cialtroni

o qualcun si salverà?

 

 

 

Obbrobrio

Obbrobrio! Avrebbe esclamato Totò  della dichiarazione di Attilio Fontana e cioè che la razza bianca va difesa dall’invasione.

Era meglio se stava zitto, se si teneva il suo “lapsus” in seno, ma ormai, voce dal sen fuggita…

Il candidato presidente alla regione Lombardia, leghista, non poteva iniziare peggio la sua campagna elettorale. Ma, forse, per i leghisti non poteva esserci inizio migliore.

Questione di punti di svista. Di “lapsus” come questi, ho paura che ne sentiremo parecchi.

La verità è che il centrodestra è in testa ai sondaggi proprio per la sua impostazione sui migranti, sul pericolo che la “razza bianca”, nel nostro paese scompaia per far posto a loro. A ragion veduta, per la mentalità leghista, il miglior argomento. Quello che attrae più consensi in assoluto e i numeri gli danno ragione.

Non credo ai lapsus: il discorso di Fontana ha un’impostazione chiara e netta: “negher foera di ball”. Da veneta non sono sicura che questa sia la traduzione giusta in meneghino di uno slogan razzista, ma credo che sia comunque facilmente comprensibile. Ora si scusa, fa marcia indietro, si è trattato di un lapsus: peso tacon del buso, direbbe mia nonna, lo vedi che era meglio se stavi zitto? Direbbe Totò. La scusa è, se possibile, ancora  peggio della battuta razzista, da l’impressione che Fontana volesse dire: l’ho sparata grossa, ma è proprio quello che penso, solo sono stato uno scemo, dovevo esprimermi politicamente più correttamente.

Ma, credo, faccia gioco ai leghisti, la prima affermazione, come la seconda (che la conferma).

Un ripasso della Costituzione e delle regole fondamentali della nostra democrazia, non farebbe male a Fontana. Salvini, aspirante premier, dovrebbe dissociarsi invece di trovargli scusanti e rincarare la dose.

Ma come fa un leghista della prima o anche della seconda ora, dissociarsi da una mentalità che sarà proprio l’arma vincente per arrivare a Palazzo?

Secondo me dovrebbe farlo e subito. Fontana potrebbe significare una macchiolina d’olio che potrebbe espandersi e sulla quale potrebbe anche scivolare.

Sarebbe un’ottima occasione per dimostrare quell’intelligenza, politica e non, di cui,  di sicuro, il leader leghista è ben fornito. Ma se è contento di scivolare, figurarsi io…

 

 

Agenti superiori

Allora, diciamolo chiaramente, la discussione sulle molestie, tra chi denuncia e chi denuncia le denuncianti e le ridicolizza (vedi Deneuve e altre) non va avanti di un millimetro perché agli uomini (in buona parte) non va giù che la donna prenda posizioni contro di loro.
La donna dovrebbe sempre mediare tra le posizioni e farlo a favore degli uomini, mai contro. La supremazia del maschio ha agito per secoli sulla società contribuendo a delimitare il recinto entro il quale le donne erano autorizzate (dall’uomo) a muoversi.
Da questo deriva disparità di trattamento sul lavoro, in famiglia è sempre la donna a prendersi il maggior carico di incombenze. Nella società la donna si inserisce a fatica. Ha le sue nicchie, i suoi posticini privilegiati, ma guai a sconfinare. Basta, per fare un esempio, guardare la partecipazione ai vari blog, sia che si tratti di quelli autogestiti che di quelli supportati dalle testate giornalistiche: sono tutti uomini, a parte qualche eccezione.
Si dirà: la donna ha altro da fare. Già, si la donna ha di tutto da fare e meno si “espone” e meglio è.
Questo lo pensano più uomini di quanto non si pensi.
Vediamo un esempio al limite: Fancesco Bellomo, il consigliere di Stato che è stato cacciato per la faccenda dei contratti che faceva firmare alle studentesse del suo corso per entrare in Magistratura.
Un surrogato di maschilismo ottocentesco che avrebbe fatto rizzare i capelli in testa a Landrù.
Dovevano vestirsi come diceva lui, scegliere i fidanzati che piacevano a lui, truccarsi come diceva lui e si definiva nientemeno che. “Agente superiore”.
Superiore alle donne, naturalmente. Alcune ragazze lo hanno denunciato ed ora la sua vicenda è nota a tutti. Ma quanti Bellomo si celano nelle aule universitarie di cui non si sa nulla?
La stessa pretesa di molte statistiche condotte a livello internazionale di stabilire una presunta parità di violenze subite dai due generi (una palese assurdità), sta prendendo sempre più piede.
In tempi di fake news potrebbe passare anche questo messaggio. Ma per quanto in buona fede (cosa della quale mi permetto di dubitare), i ricercatori non riusciranno mai a stabilire, prove alla mano, una fiaba del genere.
I cimiteri sono a testimoniare di quante donne vengono fatte fuori dai compagni senza possibilità di scampo.
La prova regina si trova li e non in ricerche che “ricercano” tesi che contraddicono persino il buon senso e la logica.

Meno peggio

Sono stanca di sentire parlare i politici a vanvera. Hanno superato tutti i limiti della sopportazione. Mi prendono in giro con una facilità sorprendente.

Ammiccano dalla tv, dai giornali, si definiscono “meno peggio” di altri o salvatori della patria.

Ma cosa sarebbe questo meno peggio? Sarebbe come dire di scegliere un vestito con le toppe cosi nel caso si rompa non serve rammendarlo?

Io non voglio scegliere il meno peggio. Vorrei scegliere quello che mi sembra il meglio. Ma dove sta?

E’ una specie di caccia al tesoro. Ho solo qualche indizio ma trovare il nascondiglio è quasi impossibile.

E non è divertente.

Meno peggio è un modo per prenderci ancora in giro. Forse lo sanno che possono esprimere solo il peggio ed allora ecco il senso: una gara a capire chi esprime meno peggio di altri.

E allora perché non dirlo chiaramente?

Per esempio, se un partito mi dicesse: guarda elettrice, noi facciamo abbastanza schifo, siamo degli incompetenti un tantino paralatobì, tra noi c’è qualche cambia casacca, appendicappello, opportunista, non interventista e forse persino qualche seminarista…ma perbacco siamo Menopeggio di altri. Possiamo fregiarci di menopeggismo, votaci e vai sull’insicuro che è sempre meglio che cadere dalla padella nel pentolone.

Perbacco, con un discorso cosi mi commuoverei, anzi, sento già una lacrimuccia cadermi dall’occhio sinistro.

Se lo trovassi un partito cosi lo voterei subito, non ci penserei un attimo.

Almeno potrei contare sulla coerenza dell’incoerenza. E invece no, tutti a dirmi che sono menopeggio ma poi non mi dicono perché, non si spiegano e non si spezzano. Ma si spezzettano.

E poi, sono tutti inca…volati gli uni con gli altri, sembra uno di quei social dove tutti si azzuffano sempre senza ricordarsi neppure perché. Dove se uno dice nero l’altro dice arancione e poi l’uno dice arancione e l’altro dice bianco e a seguire altri dicono che l’uno aveva detto arancione prima che l’altro avesse detto bianco e che avevano torto l’altro e ragione l’uno e l’altro contemporaneamente ma anche no, dipende…ma da che dipende?

Ma da che parte guardi il mondo, naturalmente. Ma se lo vedi rotondo, naturalmente c’è chi ti dice che sei in malafede perché e leggermente allungato ai poli.

Ma che sono questi poli? Ti chiedono. Ignoranti, non sanno cosa sono i poli.

Ma sono quelle cose che stanno di fronte, contrapposti, che si menano tutto il dì e vanno d’accordo solo se stanno  da parti diverse delle barricate, bene equipaggiati di “bombe” ad alto tasso di promesse elettorali.

Insomma è chiaro. Il significato di meno peggio ora l’ho capito, mi sono illuminata da sola.

Eccolo: un pugile romano a chi gli chiede come mai sia andato al tappeto, risponde: “Meno peggio de lui”…

 

Bobo

“Il centrodestra patisce l’effetto Maroni”. L’ho letta su di un quotidiano.
Io conoscevo l’effetto serra, l’effetto Maroni ancora non mi era noto.
Noto però che la battaglia per la leadership si fa infuocata. Lo “stalinista” Salvini (cosi lo ha definito il “compagno” leghista) non piace al moderato occhialuto avvocato.
Ma Salvini non ci sta a farsi offendere e replica piccato.
Ma in fondo si amano. Sono ragazzi, stanno celiando. Direbbe i redidivo.
Lui ha una ricetta per tutti: pace e bene figlioli, ci pensa papà Silvio a mettervi d’accordo.
Perché papà Silvio conosce i suoi galletti Valbrembana, sa come prenderli (per i fondelli).
Maroni ha Bossi dalla sua. Gli deve aver detto di non lasciare la leadership a quell’ingrato, che lo ha rinnegato. Bobo, no. Anzi. Si vedono in gran segreto e studiano strategie che farebbero invidia a Napoleone.
Hanno studiato un piano: Bobo conquista Arcore con la blandizie e con il look da bravo, competente ex ragazzotto rivoluzionario pentito. Arriva a Chigi, prende il comando e poi si libera, seduta istante di quel manipolo di fascinorosi dei post leghisti lepenisti.
E poi, con calma, mettono apposto anche quella sgallettata della sorellina d’Italia, troppo nazionalista per i suoi gusti, troppo romano centrica, troppo romapadrona e sempre col tricolore in testa.
Lui, Bossi, il tricolore lo aveva in ben altri posti e detesta i fanatici dell’Inno di Mameli.
Una donna che comanda? Troppo flosci ‘sti leghisti moderni per i gusti del senatur. Troppo democratici. Bobo sarà il cavallo di Troia del leghismo duro e puro, quello della prima ora, quello che non si spezza e non si spiegazza. E rimane sulle proprie posizioni a tenere alto il sacro orgoglio padano. Altro che levare il nord dal simbolo.
Un piano diabolico. Che Berlusconi comunque conosce a menadito. ma ha promesso di non rivelarlo nemmeno a Vespa.
I ragazzi si scorneranno tra loro, un po’ di palestra di vita gli farà bene e il migliore vincerà.
Tanto tra un anno Strasburgo gli ridà l’abitabilità del palazzo e Berlusconi rientrerà trionfante a Chigi e regnerà nei secoli dei secoli. Amen.

 

P.S.; scrivo questa nota avendo letto che Maroni ha dichiarato di volersi ritirare dalla politica: bella notizia, quindi?
Manda uno stai sereno a Salvini? Abbiamo dei precedenti ma mai mettere limiti alla provvidenza.(14.1.2018)

Opportunismo made in Italy

“opportunismo s. m. – Comportamento per cui, nella vita privata o pubblica, o nell’azione politica, si ritiene conveniente rinunciare a principî o ideali, e si scende spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o comunque per trarre il massimo vantaggio dalle condizioni e dalle opportunità del momento”.

Questa è la definizione che il dizionario da di un termine molto usato quando si voglia definire il comportamento suddetto. Lo troviamo in politica al massimo della sua potenzialità. Lo vediamo messo in opera da tutti i politici di qualsiasi formazione e ideologia: chi più, chi meno, tutti, prima o poi ci cascano. Magari esistono delle buone eccezioni, ma la normalità mi dice che l’opportunismo è sempre all’opera quando si tratta di politici.

Messo in atto sia per ottenere favori per se stessi, familiari, amici, o la propria parte politica, sia per favorire potentati, lobbies comunque personaggi che hanno un peso sulla scena pubblica e possono interferire con gli interessi di questo o quel partito. Ne abbiamo avuto e ne abbiamo prova tutti giorni, facciamo fatica a stargli dietro.

Non si salva nessuno. Ma, quasi sempre, si salvano tutti: conflitti d’interesse, insider trading, voto di scambio, abuso d’ufficio…che più ne ha…e ne abbiamo, volendo, ne abbiamo fin troppo. Ci siamo abituati, commentiamo distratti: ah si? Ma davvero? Lo dicono i giornali? La tv? Vespa? Floris? Le opposizioni? I marziani?

E va bene, ma che sarà mai? E’ normale, c’è chi ha la bocca larga, chi la manica, chi non sa tenersi il cecio in bocca e chi è chiaramente un gran para…spifferi.

Siamo indulgenti, increduli e tutto sommato anche un tantino creduloni. Ci crediamo nell’innocenza di questo o quel politico perchè tanto, via lui, ne arriva subito un altro a prenderci per i fondelli e allora? Facciamo due fatiche, la prima nell’indignarci, la seconda nello scegliere chi altro potrebbe rappresentarci, impresa sempre più ardua. E poi, magari, magari, vuoi vedere che se dovesse capitarci di trovarci in qualche situazione, diciamo disagevole e per uscirne dovessimo usare un po’ di savoir vivre  e diventare tanto opportunisti tanto quelli dei quali dovremmmo indignarci…allora è meglio trovare mille giustificazioni e motivi extra validi per assolverli in toto, o in parte.

Il vizietto vale anche per la cosiddetta “società civile”. Che tanto civile, poi a voler guardare non è, almeno non sempre. Di opportunisti ce ne sono a bizzeffe dovunque e in qualsiasi situazione. Trovano di che vantarsi o di che fregiarsi o di che  guadagnare o di che saltare le regole, o non rispondere delle proprie responsabilità o delle loro stesse affermazioni,( magari indignate)… sempre per il proprio tornaconto o quello degli amici o parenti stretti o larghi che siano.

Siamo un popolo di opportunisti? Mah, veramente qualcuno lo toglierei da questa lista lunga, ma poi non proprio tantissimi.  Un opportunista potrebbe essere, per fare un esempio, qualcuno che, magari alla guida di una nave, dice …ma si, vai pure a dritta, quando sa che a dritta potrebbe finire contro gli scogli, perché in quel momento non è troppo lucido o perché ritiene che andare a dritta gli convenga per qualche recondito motivo, anche se cosi facendo potrebbe mettere in pericolo molte vite.

Quando poi finsice sugli scogli, che fa? Opportunista com’è, si toglie dai problemi e scende a terra prima che la nave sia stata evacuata. E quando qualcuno, dalla capitaneria di porto gli dice: “torni a bordo, ca…”, lui si stupisce di questo ordine cosi sgraziato e protesta pure. L’opportunista non ha il senso delle proporzioni. Chi più, chi meno.

In genere fa tela con gli amici. Gli servono , li usa per i propri scopi senza alcuna remora, Si circonda da relazioni familiari strette, se ne fa scudo e le usa, allo stesso modo. Tale quale come in politica.

Quindi, siamo bene rappresentanti. Naturalmente a seconda dei punti di vista, o di svista. Anche in questo caso vale l’opportunità momentanea e del tutto made in Italy.