Mi dispiace dirlo, ma Virginia Raggi, non è un mostro di simpatia. D’accordo, non è richiesta la simpatia per governare una città ma ben altri requisiti. Ma qui, mi sembra che già i ben altri siano scarsi, la simpatia, invece, almeno per quanto mi riguarda, è nulla.
Però, dopo averla vista in alcune foto recenti, infagottata in un cappotto nero una taglia più larga, con la fascia tricolore ed una faccia che dire da funerale è usare un eufemismo, un po’ di simpatia me la fa.
Pensare che prima della sua nomina avevo un po’ tifato per lei, ma solo in quanto donna, coi cinquestelle non vado troppo d’accordo. Beninteso con “l’ideologia”, dei cinquestelle. Singolarmente, a parte Lombardo e Crimi che mi stanno sull’anima dai tempi del famoso screaming con Bersani e Grillo, il quale non mi era granché simpatico nemmeno quando pretendeva di farmi ridere (anche se qualche volta c’è riuscito), non mi dicono niente.
Anzi, direi che Di Maio e Di Battista mi sono quasi simpatici, almeno sono due bei ragazzi e di “bellezza” in politica, a parte le eccezioni, se ne vede ben poca. Ma non vorrei che Di Maio puntasse troppo sul suo fascino, non vorrei che mi diventasse il “commissario Manara ” della situazione. Diciamo che con l’attore della famosa serie tv (finita troppo presto, mannaggia, con tutti i Lini Banfi e Don Mattei che ci dobbiamo sorbire, potevano anche prolungarla un po’) non ha molte analogie, ma forse quell’atteggiamento da “guardate donne come sono bello e caracollo gol gilet fantasia”, si. E sull’elettorato femminile i cinquestelle contano molto. Pensano (loro), forse, che l’elettorato femminile sia un tantino più,… diciamo, distratto dalle tematiche politiche in quanto tali e che sia attirato di più dall’involucro, dal “contenitore” del politico più che dal suo “contenuto”. Mah, questa del fascino latino deve essere un’ideona dello stratega Casalino che sinora non ha sbagliato un colpo e infatti, Di Maio non va neppure a prendere un caffè senza che Rocco lo abbia prima notiziato circa il miglior modo di tenere la tazzina in mano.
Ma in fondo tutti i torti non li ha: parlo in generale, le donne a dire il vero la politica spesso, non dico per tutte eh, badate bene, ma spesso, la confinano ai titoli di coda, al massimo dello sbadiglio, quando manca proprio poco per prendere sonno e allora, per fare bei sogni, un Di Maio o Di Battista, sono consigliati tanto quanto una bella tisana di tiglio.
Ma torniamo alla Raggi. Dicevo, l’ho vista in una foto recente: fronte aggrottata, occhio sperduto, forse in crisi ipoglicemica (mangia poco la sindaca, le mancano i panini sul tetto del Campidoglio con Romeo) somiglia, (con tutto il rispetto) un pochino a Spelacchio, l’ormai famoso albero di Natale, il secondo dell’era Raggi, morto ben prima che nascesse il Bambino. E’ una tradizione ormai che gli alberi natalizi dei cinquestelle facciano ridere il mondo per quanto sono brutti, eppure sono costosi, ma niente da fare, l’aria di Roma non gli giova. A dir la verità non giova neppure ai romani con l’olezzo di pattume stabile col quale devono convivere. A questo proposito hanno chiesto collaborazione al Pd (ma nessuna larga intesa) e Bonaccini, governatore dell’Emilia gli ha aperto la porta (dell’inceneritore), ma il cinquestelle Dell’Orco (chi sarà con questo nome evocativo?) gli ha mandato a dire che i rifiuti glieli mandano solo per fargli un favore, ma non c’è bisogno di farsi belli coi rifiuti altrui, bastano i propri (ed ha postato su FB un cassonetto ridondante dalle sue parti).
Insomma, povera Raggi, non le fa proprio un ottimo pro questa sindacatura, credeva meglio. E’ un lavoraccio.
E ora che avrebbe dovuto comparire il 9 gennaio prossimo all’udienza preliminare davanti ai giudici per difendersi dall’accusa di falso ideologico, ha dovuto dire un’altra bugia. Ma la perdoniamo, poca cosa, ogni tanto una piccola bugia si può dire quando dire la verità sarebbe troppo imbarazzante per gli “amici”. Ha chiesto il rito abbreviato e ha ottenuto di spostare al 21 di giugno l’udienza. Cioè a giochi fatti, Cioè, secondo i cinquestelle, quando si saranno presi tutto il cucuzzaro e mangiato il tonno senza lasciare neppure la lisca ammesso che i tonni ce l’abbiano).
E questa piccola bugia che ha dovuto spargere ai quatto social in un tweet, la disturba. Ma si, si vede, che la disturba. E cosi sicura della propria innocenza che può aspettare qualche mese per mandare avanti l’asportazione di questo piccolo ma fastidioso neo sulla sua strada lastricata di (in)successi. Ma le secca, prima se lo toglie e meglio è (se se lo toglie).
Non gliene va bene una, persino gli alberi di Natale si rifiutano di collaborare. Le avevano detto che governare Roma era un impresa titanica ma lei si era prestata con uno slancio generoso e disinteressato, ma questo è troppo.
Una bugia oggi, una falsità domani, non sono certo gradite ai romani. Ma, per ora, fanno con ciò che hanno.
Accontentarsi è una virtù.