Sono appena rientrata da una passeggiata al freddo pungente di questi giorni. E’ normale in dicembre dalle mie parti, nord est della penisola.
E c’era un tramonto dipinto. Un tramonto di quelli che gli indifferenti notano appena, gli insensibili disdegnano, gli annoiati manco vedono e gli arrabbiati o rancorosi, mandano al diavolo per quella pretesa che hanno i tramonti di incantare, di rapire, di portare sollievo all’anima.
Dicono che in Italia, l’economia sia in leggera ripresa ma che lo stato d’animo della gente, in generale, più comune, sia il rancore. la rabbia sociale verso la quale non ci sono medicine che tengano, neppure il più potente ansiolitico.
Lo dice il Censis. Ci avvisa: guardate che in giro si sono persone cariche di rancore che potrebbe sfogare nei tempi e nei modi più impensati. Bella scoperta! Me n’ero accorta. Senza bisogno che qualcuno me lo dicesse. Me n’ero accorta da me. Tanti, troppi i segnali. Dal più banale, come per esempio, l’invidia di una vicina per un taglio nuovo di capelli, fino ad arrivare al rancore, vero, diffuso e tangibile di chi ti vede come una persona risolta, giudica l’apparenza e soppesa la “differenza” tra te e lei in termini di “inserimento sociale” e adattamento all’ambiente.
In due parole la rabbia sociale spesso si tramuta in invidia o gelosia per qualcosa che qualcuno dimostra di possedere e altri sono lungi dal poter raggiungere.
La disparità, qualche volta apparente ma troppo spesso reale tra cittadini e la consapevolezza che certe cose che fino a poco tempo fa sembravano scontate, come, ad esempio, un lavoro decente, una pensione dignitosa, una casa accogliente un minimo di agiatezza, ora sono sempre di più e per troppe persone un miraggio.
Ed allora nasce la rabbia ed il rancore per quello che qualcuno possiede (che magari ha ottenuto con tanto impegno e fatica, sgobbando tutta la vita) e che altri non potranno, con tutta probabilità ottenere, neppure se ci mettono il massimo dello sforzo
Ma di questo dobbiamo dare la colpa a chi ci ha governato e a chi ci governa. Le politiche scellerate sul lavoro, sull’economia in generale, i tagli all’welfare, la burocrazia dominante in tutti i settori, hanno permesso, da un certo momento in poi, di sfasciare quello che era stato faticosamente costruito dalle macerie dell’ultimo devastante conflitto mondiale.
La nostra Costituzione stabilisce chiaramente che tutti i cittadini hanno diritto a pari opportunità e dignità a prescindere da tutto, ma questa, nel corso degli anni è stata una delle regole più disattese e inapplicate.
Ed ora siamo al redde rationem. Siamo al tramonto di quella società che si fondava sull’eguaglianza e parità dei diritti. Siamo arrivati ad una tale concentrazione di sperequazioni sociali da fomentare una rabbia diffusa ed un rancore percepibile.
Si nota in tanti settori. Un esempio sono le lettere che arrivano ai quotidiani di giovani laureati che si lamentano di dover lasciare l’Italia per ottenere un lavoro che riconosca minimamente i loro meriti e le loro competenze ottenute in lunghi anni di studio. E gli sfoghi sono quasi sempre anonimi dimostrando che manca il coraggio di denunciare a viso aperto delle storture evidenti (i casi eclatanti dei concorsi manipolati, le baronie universitarie che si tramandano ancora per successione etc.etc.), perchè si temono ritorsioni nonostante il proposito di fuggire lontano, perché si sa che la longa manus del’ “potere” può arrivare a nuocere dovunque.
Sarebbe molto più produttivo che le denunce fossero sottoscritte con nome e cognome ma, purtroppo, come nel caso delle molestie denunciate dalle aspiranti attrici in questi giorni, il “ricatto”, psicologico è cosi forte da impedire di denunciare anche le cose più chiaramente fuori di ogni regola.
Si ha paura, soprattutto se si è giovani e se ci si aspetta di poter iniziare una carriera, mettersi a criticare l’establishment non è una cosa ritenuta producente. Lo capisco benissimo. ma se il sistema è cosi incancrenito da sembrare perpetuarsi all’infinito e se tanti decidono di emigrare a volte anche per sempre, significa che la situazione è lungi dall’essere in fase di miglioramento nonostante tutte le promesse dei vari governi di fare chiarezza e di imporre trasparenza.
Ma se non sono proprio i più giovani a ribellarsi, a denunciare a viso aperto a porsi in serio contrasto, a lottare per il diritto alle proprie aspirazioni, sarà molto difficile che ci possano essere dei cambiamenti, almeno in un futuro prossimo, anche se io, naturalmente, me lo auguro.