Stop alla violenza sulle donne

Oggi, 25 novembre, è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

In Italia ne viene uccisa in media, una ogni tre giorni. In genere dal compagno, marito o fidanzato.

Per i motivi più vari, ma, quasi sempre, perché la donna ha deciso di vivere la propria vita in maniera indipendente e di scegliere se continuare o mettere fine ad una relazione. Da molti anni in Italia c’è il divorzio, una conquista di civiltà. Non ci sono dubbi su questo. Ma sembra avere dei risvolti inaspettati.

Paradossalmente, per quante conquiste si siano fatte nell’emancipazione femminile in questi ultimi decenni, sembra che in molti uomini permanga una sorta di desiderio di sopraffazione frustrato che li spinge a compiere atti estremi. E non accennano a diminuire nonostante si sia cercato, in questi ultimi anni, anche con nuove leggi, di porre maggiore attenzione ad alcuni segnali che provengono da situazioni di disagio delle donne di fronte a certi comportamenti violenti da parte di tanti uomini.

Non possiamo certo restare indifferenti davanti a brutali omicidi e violenze in genere compiuti sulle donne e questa giornata dovrebbe aiutare tutti a riflettere sul fatto che una società, per progredire, ha bisogno dell’aiuto di tutti i suoi componenti: uomini e donne insieme, tutti dobbiamo dire un forte e sonoro stop alle violenze.

Aggiungo questa mia poesia composta qualche anno fa per l’occasione come piccolo contributo.

Silenzio.

Ne hanno lasciate a mazzi sul luogo del delitto,
davanti a quel portone quella scia rossa ha scritto
la tua mortale angoscia per quelle enormi mani,
per quel muto terrore, per quel freddo sudore.

Quel rosso delle rose somiglia a quel tramonto
che anticipa la sera che ti nasconde al mondo.

La pietà della notte, che vela col silenzio
quell’urlo trattenuto da quel terrore muto,
su quel viso impietrito che grida alle coscienze:
non rimanga impunito!

Venerdi nero? No grazie.

Non mi piace per nulla questa faccenda del black friday che poi, in italiano, significa: venerdì nero. Vorrei vedere se questa scellerata corsa agli acquisti, qui da noi, venissse chiamata cosi, cosa succederebbe. Se ne starebbero tutti a casa in preda al terrore di incappare in qualche brutto incidente, Mentre con nome inglese, invece, è una cosa da urlo, da sballo, insomma non si può mancare.

Ad affollare i negozi, a prelevare dagli scaffali gli articoli che più attirano la nostra attenzione. Un paio di scarpe, di stivaletti, un nuovo Ipad, un nuovo Pc.  Quel vestito particolare, quella borsa cosi raffinata.

Li paghiamo con uno sconto considerevole nella giornata dedicata allo shopping, cioè il black friday. Copiamo tutto. Abbiamo copiato la festa di Halloween dagli anglossassoni, copiamo anche questa corsa a comprare cose di cui non abbiamo bisogno ma che se ci danno ad un prezzo più conveniente degli altri giorni, non riusciamo a trattenerci da metterci in coda per riempirci il bagagliaio.

E spediamo e spandiamo. Ma oggi lavoratori della multinazionale degli acquisti on line Amazon, che aderisce all’iniziativa, sono in sciopero. Cioè, una parte di quei lavoratori, quelli che non temono di venire licenziati seduta stante, come i precari. E ce ne sono molti, per cui saranno in molti a non aderire.

Rivendicano il diritto di faticare con rispetto delle loro colonne vertebrali che sono messe a dura prova da turni massacranti a compiere gli stessi gesti, come in una catena di montaggio.Ma non si era detto che i robots avrebbero sostituito i lavori più ripetitivi? Come mai questi signori, che hanno introiti da favola, soprattutto in occasioni come questa, si servono di umani e li trattano alla stregua di schiavi che lavoravano nei campi di cotone, nell’800 in Brasile?

Molti di loro dicono di non sapere più che faccia hanno i figli e le moglie, di essere sempre in turno, di sentire le membra indolenzite scricchiolare e di avere continui problemi alle mani, agli arti superiori, alla schiena etc.

Per una paga di circa 1500 euro lorde al mese. A chi va bene. Ai precari forse ancora di meno. E si tratta di lavoratori in media giovani, anche perché, essendo un lavoro, a quanto sembra molto usurante, dopo due anni appena, dicono di non riuscire più a tenere i ritmi massacranti.

E allora scioperano.Scioperano per il diritto alla vita e alla salute nel posto di lavoro. Non protestano perché il lavoro è troppo, protestano perché vengono pagati una  miseria e tutte le loro richieste di maggiore attenzione alle esigenze di tutela della loro salute, vengono disattese. Nonostante le abbiano esposte tramite i sindacati, un numero considerevole di volte ed abbiano sempre ricevuto rassicurazioni, non hanno ancora visto risultati concreti e si sentono presi per i fondelli. E hanno piena ragione.

Dovrebbero essere le Istituzioni a prendersi cura della loro vertenza, assieme ai sindacati. Dovrebbero muoversi dal ministero delle Sviluppo economico. O a loro interessa solo lo sviluppo dell’imprenditoria quando è relativa al benessere degli imprenditori? I lavoratori possono pure schiattare sotto il peso di un lavoro faticoso e ripetivo, l’importante è che si vendano l’anima al magazzino della fabbrica?

Io non comprerò neppure un pacchetto di fazzoletti, oggi. Né nei supermarket, nè tantomeno on- line, dove mai ho acquistato e mai acquisterò.  E’per i pigri che non alzano le terga dalle poltrone e ordinano a catalogo, o per coloro i quali non si possono muovere per motivi di salute, i quali, naturalmente sono più che giustificati e ben venga la possibilità di acquistare on-line. Ma gli altri, per conto mio, potrebbero muoversi.

Ma questa corsa all’ultimo acquisto per la gioia degli speculatori che sfruttano esseri umani per farsi sempre più ricchi, non l’apprezzo, anzi, mi fa schifo.

Venerdi nero? No, grazie.

cultura contro molestia

La calunnia, il pettegolezzo, il gettare fango su una persona che non ci è simpatica o che non corrisponde alle nostre aspettative, sia che si tratti di tentativi di approccio (in genere maschili ), o di rapporti di lavoro fra colleghi che non si stimano e si fanno le scarpe l’un l’altro per avanzare nella carriera è ancora uno dei mezzi più usati per mettere in cattiva luce o addirittura diffamare chi si vuole colpire. C’è addirittura chi si coalizza con altri amici o pseudo tali i quali meditano azioni combinate verso il malcapitato/a.

Succede fra i ragazzi nelle scuole, è molto diffuso nell’ambiente delle spettacolo, ma accade in tanti ambiti diversi.

Ora, coi social media è ancora più facile accanirsi contro le persone, soprattutto le più deboli, come i noti casi di ragazzi e soprattutto ragazze che si sono visti messi in berlina sull’web e questo ha provocato reazioni molto gravi con conseguenze inaspettate.

Fare del male ad una persona che non ci ha accolto nel modo in cui ci saremmo aspettati, ferirla, farle perdere il lavoro, la reputazione, tanto da provocarle seri danni, è un modo subdolo e meschino di affermare se stessi a spese di altri.

La malvagità di alcuni individui arriva al punto di creare intorno alla vittima un velo di menzogne e infamie che portano la stessa a sentirsi attaccata da tutte le parti e perciò vulnerabile. Questo atteggiamento, che a volte si può qualificare come stalking, può arrivare ad un punto tale da costringere la persona che ne è fatta segno a rinchiudersi in se stessa e ad aver quasi paura persino ad uscire di casa.

Generalmente sono in maggior parte le donne che ne sono vittime. Ex fidanzate o mogli che vengono perseguitate dall’ex marito o fidanzato o compagno o comunque da qualcuno che pensa di poter disporre a piacimento della donna che “sceglie” come sua “preda” prediletta

Il reato di stalking comincia ad essere perseguito seriamente ma molto tempo drovrà passare ancora prima che le denunce da parte delle donne arrivino ad ottenere dei risultati soddisfacenti. Spesso accade che le denunce, non solo non servano a scoraggiare il molestatore, ma addirittura lo spronino ad essere ancora più insistente. E questo è anche uno dei motivi per cui molte donne preferiscono non denunciare.

La nuova legge detta dello “whistleblower”, che prevede che si possa denunciare un collega quando lo si scopre a non fare il proprio dovere, secondo me, non farà fare molti progressi nella lotta contro chi fa il furbo sul luogo di lavoro.

Saranno in pochi quelli che si prenderanno la briga di denunciare un collega a meno che questo non gli stia veramente antipatico e voglia fargli del male. Anche se occorrerà portare delle prove di quanto si afferma, può succedere che qualcuno ci provi comunque e ottenga di mettere quella persona sotto controllo, magari senza motivo.

Non esiste da noi la cultura della denuncia fine a fare giustizia in senso generale. Anche perché è probabile che chi ha denunciato un comportamento scorretto si senta dare dello spione. Perché, anche se la legge prevede che il denunciato non arrivi a conoscere chi lo chiama in causa, nei luoghi di lavoro le notizie corrono e non si può escludere che chi ha creduto di fare il proprio dovere si ritrovi a subirne conseguenze sgradevoli.

Mi sembra un modo come un altro per gettare la croce addosso ai lavoratori che si troveranno impegnati a guardarsi con sospetto l’un l’altro, come se non bastasse il clima di sempre maggiore competizione favorito dalla crisi economica.

Ma può darsi che mi sbagli e serva davvero a stanare i furbi, me lo auguro, ma la vedo dura.

Le donne ora hanno un mezzo in più per difendersi dai molestari, ciò non toglie che sarebbe più utile che si intervenisse in modo che ci fosse un vero cambio culturale epocale che preveda il rispetto della persona e della donna in particolare, il superamento di visioni maschiliste ancora troppo radicate nella nostra società soprattutto insegnando alle donne a difendersi tramite un maggior rispetto di se stesse che deriva sia da un maggiore coinvolgimento delle donne in molti ambiti lavorativi diversi ,sia nell’incremento della cultura in senso generale.

 

Estranei

Noto solo facce tristi, in giro, incavolate, rabbuiate. Sembriamo tutti chiusi ermeticamente in noi stessi. Alziamo barriere col prossimo nostro, anche il più prossimo. Abbiamo muri di fronte, più che persone.

Perché? E cosa si può fare per cambiare? Già. Non saprei rispondere né alla prima, né alla seconda domanda. Ma questa realtà mi piace poco. La società sta cambiando a ritmi vertiginosi. Ce ne accorgiamo quando abbiamo a che fare con qualcuno che non conosciamo, per un motivo qualsiasi, anche futile.

Ci troviamo di fronte un estraneo che ci guarda con occhi diffidenti. I più giovani sembrano i più restii ad avere qualsiasi tipo di contatto con chiunque non appartenga alla loro stretta cerchia. Sembrano terrorizzati anche solo a guardare in faccia un adulto che non sia parente stretto. C’è una compartimentalità stagna ormai cosi conclamata che è inutile persino provare a rivolgere anche solo una frase banale a qualcuno incontrato casualmente.

Per fare un esempio pratico:mi capita spesso di imbattermi in gruppetti di ragazzi in bici che attraversano le vie del centro, tornando da scuola, senza la minima cura nei confronti dei passanti. Sui marciapiedi, nelle piazze chiuse al traffico, sulle strisce pedonali, insomma ovunque, per loro è zona franca. Libera da qualsiasi tipo di regola e se capita che mi trovi a passare da quelle parti in corrispondenza col loro passaggio, c’è solo da sperare di portare a casa la pelle.

Ho provato qualche volta a dire a qualcuno di loro di non pensare di avere tutta la strada a disposizione, marciapiedi compresi ma mi è sembrato di parlare all’aria. Non solo non ascoltano ma neppure ti guardano. Ti schivano ( o schifano) e procedono per la loro strada come se nulla fosse.

Vale il principio di estraneità anche per gran parte degli adulti.

Chi sei? Ci conosciamo? Appartieni al mio giro? Questo sembrano dire certe facce imbronciate se appena si osa chiedere un’informazione o, se, per esempio, davanti ad una vetrina si osa rivolgere la parola a chi ci sta accanto, guardando lo stesso abito. “Carino, quasi, quasi entro a provarlo”. Chiunque sia, a meno di un miracolo, ti guarda con aria interrogativa e con un’ espressione che rivela una sorta di fastidio mista a timore.

Come se avesse paura che tu fossi una appena scappata da qualche centro di igiene mentale.

Stiamo sviluppando una diffidenza totale verso il prossimo che si riflette nella vita sociale in maniera evidente.

E di conseguenza, una solitudine sempre più diffusa che può essere percepita anche se in realtà non si è soli.

Si può vivere in compagnia di qualcuno col quale da anni ci si scambia solo qualche frase di circostanza quando ci si incontra in qualche stanza per pura coincidenza e, magari, non ci si saluta neppure più quando ci si incontra, perché è talmente l’abitudine di vedersi bazzicare da quelle parti che il saluto sembra essere  del tutto superfluo. Una delle forme più tragiche di solitudine: quella che si prova quando si è in compagnia.

Lo stesso vale per i vicini di casa o condomini, parola orrenda che sta a significare che si spartisce lo stesso “dominio”, ma ci si guarda preferibilmente in cagnesco. Salutarsi , poi, è una sofferenza che in molti decidono di non voler provare. Il nonsaluto è quasi la regola nei condomini. Gente con la quale dividi le stesse pareti da anni, ma con la quale hai poco  o nulla a cui spartire e, anzi, trovi più spesso motivo di contrasto che di vicinanza.

Ci sono anche le eccezioni, è vero ma la regola è questa. Almeno in base alla mia esperienza.

Estraneità diffusa e tenacemente perseguita.

Ma si potrebbe cambiare se solo ci impegnassimo di più a mostrare una faccia più gentile, a dimostrare maggiore disponibilità e apertura verso le persone che incrociamo sulla nostra strada, siano esse effettivamente degli estranei o, incidentalmente (e non), familiari. Ovviamente a maggior ragione, ma non troppo.

In quest’epoca di massima visibilità sui social network, paradossalmente, nella vita reale si sta diffondendo un invisibilità e un’indifferenza che si percepisce chiaramente in molte occasioni e la trovo una cosa sconfortante.

Forse che l’Italia da paese del sole e del mare, della socialità e del buonumore,  si sta trasformando in paese dai muri sempre più alti di diffidenza ed indifferenza?Mah, forse sto solo passando un momento di estraneità passeggera.

Il balletto degli ippopotami

Credo che la sinistra, tutta la sinistra, stia offrendo uno spettacolo penoso.

Mi vorrei rivolgere a Bersani per dirgli: Pierluigi, sta tutto nelle tue mani. Goldoni scriveva: “chi ha più giudizio el dopara”, e, secondo me, tu ne hai, in questo momento più di chiunque altro. Mi scuso per il tono confidenziale, ma ti considero, ormai, come una persona di famiglia.

Tocca a te salvare la sinistra dal naufragio. Devi prendere in mano il timone e portarla in un porto sicuro.

Hai tutte le ragioni; perché ora dovresti tendere la mano a chi ti ha finora teso solo imboscate? lo hai detto tante volte: “ se va avanti cosi, andiamo a sbattere”. E ora la tua profezia si sta avverando. Sono certa, però, che non ne gioisci per nulla.

E allora, se posso darti un consiglio, da ex elettrice del Pd, delusa dal Pd renziano, prendi la mano che Renzi ti offre, ma poi, detta tu le condizioni. Pretendi che ci sia uno streaming dell’incontro, perché rimanga per i posteri il tuo ennesimo sforzo.

Tu dici che uniti si perde. Qui sbagli, secondo me. La sinistra perde se continua questo balletto da ippopotami sulle punte, state diventando un po’,scusa tanto, ridicoli. E non c’è nulla di peggio del ridicolo per affossare qualsiasi iniziativa seria.

Ora siete separati, ognuno ha la sua sigletta, forse vi fonderete in una “cosa” che ancora non ha dei connotati precisi, né un nome. Avete le idee troppo confuse.

Lascia perdere gli ambasciatori volenterosi, va dritto alla meta, convoca tu la riunione della vita, chiama tutti, nessuno escluso e mettiti alla testa della delegazione e fate, finalmente, accordi di pace.

Anche solo un armistizio, ma l’importante è che la finiate con questo litigioso pollaio.

Renzi non sta simpatico neppure a me e non mi fido delle sue ambigue profferte fuori tempo massimo, ma tu sei il saggio della “famiglia” e se vuoi puoi farli ragionare tutti.

Renzi può dire quello che vuole ma ora ha bisogno di tutti e almeno per un po’ metterà via la sicumera. Poni le tue condizioni.

Fattele mettere nero su bianco e controfirmare in copia davanti a testimoni.

L’unico che può fare il miracolo di salvare la sinistra sei tu, pensaci, per favore. La posta in gioco è altissima.

 

 

 

Orizzonti

Questa mattina, mentre tornavo a piedi dal centro, mi sono imbattuta in un uomo che accompagnava a mano un bellissimo cavallo grigio scuro, con una coda lievemente più chiara che, ho notato subito, era stata pettinata di fresco.

Lui sembrava più un ragazzo, un hippy fuori tempo e dal tempo. Sulla groppa il cavallo, portava una sella sulla quale erano appoggiati e affastellati degli indumenti e coperte. L’uomo portava in spalla un grosso zaino che probabilmente conteneva una tenda canadese.

Sul momento ho pensato  a qualcuno del maneggio che si trova poco lontano dal centro, ma, guardando meglio quella strana coppia mi sono a ricreduta. No, i cavallerizzi del maneggio sono vestiti alla “cavaliera”, sono dei fighetti vestiti  all’ultima moda, con stivaloni alla coscia.

Quest’uomo non aveva proprio l’aria di uno che frequenta o gestisce maneggi.

Aveva piuttosto l’aria di un giramondo. Uno che prende la strada e va, parte alla ventura e quel che accade, accade.

Che dorme dove capita, mangia altrettanto, si muove a cavallo per strade non battute dal traffico, anche perché i cavalli faticano a correre sull’asfalto. Per cui deve cercare strade alternative attraverso la campagna.

Campagna che dalle nostre parti è sempre più assediata dal cemento e scompare dal paesaggio, nottetempo.

Nel nordest, famosa locomotiva d’Italia, l’industria ha da tempo preso il sopravvento e cancellato un paesaggio cantato dai più grandi poeti.

Non so da dove provenga l’uomo col cavallo, poteva venire da qualsiasi parte, ma se è partito a cavallo significa che proviene da un paese dove gli spazi verdi sono molti, dove ci sono ancora percorsi in terra battuta, dove ci sono boschi e praterie, dove ci si può sentire  liberi, a contatto della natura.

E mi sono tornati in mente i miei ricordi di bambina quando correvo sui prati intorno alla casa dei nonni e dove l’orizzonte mi sembrava sconfinato e le mie aspettative del futuro erano di sentirmi sempre cosi libera, di poter camminare o andare in bicicletta in lungo e in largo.E invece ora mi ritrovo a guardare quella strana coppia, camminare nelle strade della mia città; una presenza quasi surreale e a provare invidia.

E risentimento verso chi mi ha portato via i miei sogni di bambina, verso chi ha distrutto un paesaggio tra i più belli d’Italia e continua a farlo, nonostante tutti i richiami degli ambientalisti e non solo ad uno stop al consumo di suolo, mentre il cemento lo ricopre ancora al ritmo di 8 mq al minuto.

Quella strana coppia, mi ha ricordato un incidente che ebbi all’età di tre anni. Un giorno mentre andavo in bicicletta con la mamma che mi portava sul seggiolino, un cavallo ci ha tagliato la strada improvvisamente e ci è venuto addosso colpendo la mamma ad una gamba e me ad un piede.

Sono rimasta svenuta per qualche minuto. Ricordo il forte dolore alla caviglia e l’odore di aceto. Ricordo anche il contadino, proprietario del cavallo, che mi stava vicino quasi piangente e mi guardava mentre aspettava che rinvenissi.

Da quel giorno i cavalli mi fanno un po’ paura, ma allo stesso tempo mi piacciono moltissimo, li trovo delle creature insuperabili per fascino e bellezza e qualche volta vorrei essere come loro e partire al galoppo verso praterie sconfinate.

E invece,mi ritrovo, ingabbiata nel traffico delle tangenziali, le quali si chiamano cosi per tangono le città e i paesi e se permettono alla gente di spostarsi velocemente, hanno deturpato, però, il panorama per sempre e ci hanno privati della libertà di muoverci per sempre.

E tutti quei “cavalli” meccanici sputano nell’aria sostanze velenose inquinandola e minando la nostra salute.

Come sarebbe bello tornare indietro a qualche decina di  superstrade fa.

 

 

Una vecchia storia

Ogni volta che vedo la faccia di Berlusconi in Tv, penso di stare sognando. O meglio, di essere in preda ad un incubo ricorrente.

E’ tornato. Ed è tornato più in forma che mai. Con quello sguardo assassino e il sorriso abbagliante. Non è passato neppure un minuto da quando è stato fatto fuori da quello che sembrava un nemico agguerritissimo e che stava per metterci  k.o.: lo Spread. Ne parlavano tutti. Abbiamo lo spread alto. Ai più, a quelli che non masticano di economia questa cosa non diceva nulla. Era come dire abbbiamo la bilirubina alta. Sembrava un’analisi del sangue.

Lo spread alto. Embeh? E che fa? Poi abbiamo capito, potevamo finire tutti a gambe all’aria. Un disastro insomma.

Appena lo spread ha visto il lato B di Berlusconi mentre usciva da Palazzo Chigi,  è sceso sensibilmente. Aveva un’allergia a Berlusconi, lo spread.

A dire la verità la stessa allergia che avevo io. Ogni volta che lo vedevo in Tv, che lo sentivo parlare, che leggevo le sue prodezze: mi venivano delle bolle rosse che sembravo Maga Magò in” La spada nella roccia” mentre litiga con Merlino.

Quante ne ha combinate Berlusconi! Troppe. Ma la migliore é stata la” nipote di Mubarack”. Pare gli sia venuta in mente li per li, mentre pensava a come scappare dall’infamia in cui l’allora minorenne Ruby poteva farlo precipitare.

Ma i benpensanti e meglio parlanti, blablarono per mesi di intromissione indebita dei media nella vita privata del premier. Intromissione indebita? Ma siamo stati noi a subire un’intromissione indebita di Berlusconi nelle nostre vite private. Ci ha usato per sistemare i propri guai giudiziari e non, siamo stati per anni la spalla su cui ha pianto “miseria” (sob), ci ha rincretinito letteralmente con la Giustizia ad orologeria, con le” cene eleganti”, le corna dietro al politico illustre nelle foto di gruppo, durante le riunioni internazionali, gli apprezzamenti alle “rotondità” di Anghela Merkel, i baciapiedi al povero (si fa per dire) Gheddafi, i baci mandati all’amico Putin, il lettone del medesimo, le barzellette sconce, l'”abbronzato” rivolto ad Obama ed infine, ciliegina sulla torta: Ruby Rubacuori che ci è stata propinata in tutte le zuppe come una perla di ragazza con la quale il presidente aveva giocato a scacchi nella sua principesca dimora dopo che questa, avendo perso la memoria, vi aveva trovato ricovero per la notte, accompagnata ivi dallo scudiero di corte, un certo Fede del quale, (per fortuna) si sono perse (quasi) le tracce.

Ed ora ce lo ritroviamo ancora in Tv, come se il tempo non fosse passato e se lui non fosse un pregiudicato ex premier decaduto, che ha tenuto l’Italia per due decenni o giù di li in sospeso, sempre in attesa di qualche suo processo, sempre a pendere dalle labbre pendule del suo massimo avvocato, l’onorevole Ghedini, per conoscere il nostro destino.  E cioè se il mondo intero poteva prendersi  qualche pausa dal compatirci o deriderci, alternativamente o contemporaneamente.

E’ proprio vero: il tempo non esiste, ieri sembrava storia vecchia, oggi è una vecchia storia che si ripete.

Il redidivo ripete il suo vecchio mantra e sembra di non averlo mai sentito prima, una primizia che sicuramente coglierà nel segno un popolo stanco che attende stremato che qualcuno gli ispiri fiducia  e gli dica, finalmente, cullandolo prima che si addormenti del tutto nel sonno senza fine : “meno tasse per tutti”.

Ah, ecco, ora possiamo ritornare a dormire tranquilli. L’incubo continua.

La solo… tudine del portiere

L’ex portiere  della nazionale di calcio statunitense Hope Solo, una calciatrice coi controfiocchi, oltre che una bellissima ragazza, ha denunciato in un’intervista ad un giornale portoghere riportata daThe Guardian, che l’ex capo dell Fifa, Sepp Blatter, le ha messo una mano sul sedere durante la  consegna del pallone d’oro a Zurigo nel 2013.

Lei dice di esserci rimasta choccata. E aggiunge però che le molestie sessuali sulle calciatrici sono all’ordine del giono, da parte di tutto il personale maschile, dai medici agli allenatori. Mano morte o vive a tutto spiano.

Ci provano, insomma.  Ma tanti diranno:  ma come si fa ancora a continuare a dire di queste scemenze? Ma non hanno proprio niente da fare ‘ste donne, che se la prendono con gli uomini di potere? Deve essere una specie di congiura mondiale. E non sono solo gli uomini a parlare cosi, le donne sono in prima fila. Li assolvono. Anzi, guarda, dicono, magari qualcuno mi avesse fatto o mi facesse delle proposte, non starei tanto a guardare per il sottile, ma quante storie per un colpetto di mano sul sedere. Gli sarà sfuggito, pover’uomo, la carne è debole: ha visto questo bel…sedere di calciatrice e non ha resistito a tastarne la consistenza. E’ umano, anzi è uo-mano.

E non si fermano le denunce, ce ne sono più di una al giorno da parte di donne che dicono di avere subito molestie, ricatti, violenze da parte di personaggi famosi insospettabili.

Ora anche Sepp Blatter. Con quell’aria paciosa da signorotto che ha raggiunto la pace dei sensi, che ha passato la vita ad occuparsi di sport ai massimi livelli, uno tosto, sempre in mezzo alle polemiche di ogni genere…dove ti va a cascare, l’asino? Sul lato B di una  muscolosa calciatrice che gli avrebbe volentieri tirato un calcio sul suo di sedere se non fosse che si trattava di una cerimonia dove doveva ritirare un premio molto ambito e rimanere concentrata per fare il discorsetto di prammatica.

Certo, una cosi, si può immaginare che non sia proprio una che le lascia passare, sembra tostissima, motivata, agguerrita, ma…

Una mano che ti arriva del tutto inaspettata su un posto delicato, non un avambaccio, per intenderci, che può essere scambiato per un gesto paterno, ti lascia sconcertata. Quel posto non è certo un posto dove una mano si posa per sbaglio.

E vuole significare molto, pone molte domande senza parlare. Domande  imbarazzanti alle quali le donne non hanno alcuna intezione di dare risposte o iniziare conversazioni sul tema , si rimane senza parole se non per dire un : brutto porco, vai al diavolo. Ma neppure quello, perche il porco può sempre dire che quella mano passava di la per puro caso e che ti sei sbagliata.

Si, va bene, non facciamone un dramma, ci sono cose peggiori. Ma uno come Blatter, il quale nega recisamente (e ti pare?non c’erano certo testimoni e quella parte, si sa, non può parlare) dovrebbe passarla liscia?Con quella faccia?

Vi sembra innocente? A me no. Certo non bisogna neppure esagerare: non gli spetta il carcere (forse) e sarebbe quasi ridicolo dire che le ha fatto violenza per una mano che l’ha sfiorata.

Ma è l’arroganza del potere che fa rabbia. Quella certezza di farla sempre franca, quella faccia da: prova a dirlo in giro se hai coraggio, che da un enorme fastidio. Come se le donne, tutte le donne, non aspettassero sempre altro che qualche maiale si faccia venire idee strane e le metta in atto nei posti e nei momenti più impensati.

Ma come può venire in mente ad un simile personaggio, in un momento cosi solenne, di approfittarsene per mettere in imbarazzo una ragazza che sta vivendo un momento molto importante della propria vita?

Eppure succede continuamente in molti contesti.

Non sono d’accordo con chi paventa una deriva in cui vengano sanzionati o denunciati semplici atti di corteggiamento. Non è questo il caso e mi sembra molto ipocrita pensarlo. Anche perché é come dare delle stupide a tutte le donne che sono state e che vengono tutti i giorni infastidite, o peggio, da attenzioni non richieste, non desiderate, non auspicate e sopratutto non condivise.

Peccato capitale

“L’invidia è ammirazione segreta. Una persona piena di ammirazione che senta di non poter diventare felice abbandonandosi [rinunciando al proprio orgoglio], sceglie di diventare invidiosa di ciò che ammira…L’ammirazione è una felice perdita di sé, l’invidia un’infelice affermazione di sé.”

Ho scelto questa frase di Kierkegaard per parlare del massimo peccato capitale: l’invidia.

Non so che cosa sia perché non l’ho mai provata ma conosco bene gli effetti di quella degli altri nei miei riguardi.

Potrei sembrare presuntuosa. Ci sta. Ma voglio essere sincera, non avrebbe senso nascondersi. L’ho sentita sul collo molte volte. E’ come un venticello leggero, un sussurro, un respiro di fronde, passa leggera ma lascia il segno. Un’impercettibile senso di nausea, una leggera tachicardia e l’impressione di essere improvvisamente in pericolo.

Perché gli invidiosi possono fare male. Molto male. Invidia deriva proprio da vedere, guardare con occhi cattivi, in altre parole col mal occhio. Che sappiamo bene tutti che cosa sia. Anche a quelli che non ci hanno mai creduto è sicuramente passata vicino questa sensazione di disagio, una sorta di insetto fastidioso che non riusciamo a scacciare.

Quello è il segnale che qualcuno ci ha guardato, anche da lontano con l’occhio malo. Io faccio cosi, di solito: mi raccomando a qualcuno lassù. Non si sa mai, non è superstizione, ma semplice constatazione che l’invidia provoca una corrente malefica che passa dall’invidioso all’invidiato e può produrre danni, anche di tutto rispetto.

I miei trenta lettori si faranno una bella risata a leggere queste parole. Mi pare di sentirli. Ma chi sa di che cosa parlo non può non provare un piccolo brivido lungo la schiena a ripensare all’ultima volta in cui ha provato le sensazioni descritte.

Soprattutto le donne, soprattutto loro sanno bene di cosa parlo, sia le invidiose che le invidiate. Le prime sono di sicuro le più infelici, perché si rodono da mattina a sera per quella dote che hanno notato in quella che, a sentire loro, si da tante arie e si crede chissà chi…dote di cui lei sa di essere tragicamente sprovvista, ma che farebbe carte false per possedere. Ma perché la vita è cosi ingiusta? Si chiede l’invidiosa tra eccessi di ira che sfoga in tutti i modi possibili. Prendendosela col cielo, la terra e limitrofi e soprattutto, colpendo la malcapitata con gli strali prodotti dalla rabbia che la rode dall’interno, da mane a sera.

Studia tutte le possibili opportunità per scaricare addosso alla “vittima” le maledizioni che dovrebbero, secondo la sua mente malata (l’invidia può, a volte sfociare in nevrosi, sfido qualsiasi esperto del ramo a dire che non è cosi), almeno  in quel frangente e quando la rabbia si manifesta, colpirla, farle quanto più male possibile, insomma farla soffrire in modo che l’ansia che l’attanaglia di non essere alla sua altezza (anche per motivi banali) si affievolisca e l’invidiosa riesca a riprendere il controllo di sé. Nel constatare la sofferenza della sua vittima, l’invidiosa gode.

Ma è un godimento effimero perché non appena scopre che la sua vittima si è ripresa e sopporta i suoi strali con quasi divina rassegnazione, diventa ancora più invidiosa e allora…apriti cielo, la sua rabbia diventa incontenibile.

Non si è mai abbastanza al riparo dall’invidia del prossimo, soprattuto, ripeto, delle donne verso le altre donne. Alcune possono diventare delle vere aguzzine. Delle megere il cui unico fine è quello di colpire in ogni modo la vittima che hanno mal addocchiato. E spesso ci riescono. Pettegolezzi, offese, ingiurie, diffamazione, punteruoli che graffiano l’auto, bigliettini di scherno o spalmate di materiale nauseabondo sulla portiera dell’auto o sulla porta d’ingresso. Il tutto, ovviamente, senza mai comparire  coinvolte in queste “attività”, dando, anzi, l’impressione di essere delle vittime a loro volta. Delle perseguitate dal comportamento sempre inadeguato, sempre sopra le righe, sempre deplorevole. dell’invidiata. La quale, in genere, oltre che possedere delle doti che l’invidiosa vorrebbe tanto ma non può avere (o non si sforza per ottenere) è sempre circondata da uomini, polarizza l’attenzione maschile, ha una stomachevole facilità di attirare a sé gli sguardi. Insomma una che se la tira alla grande e gli uomini (i meno intelligenti, secondo l’invidiosa) cascano come allocchi nella sua rete.

Parlo, ovviamente con cognizione di causa. Ne ho esperienza (purtroppo) diretta. E più passa il tempo e più mi accorgo di quanto essere invidiati sia faticoso. Quasi altrettanto che invidiare. Quanto amareggi constatare che non vale il tempo che passa, non vale tutta la buona volontà per cercare di rendersi meno “invidiabile” possibile, anzi, ti fa sentire pure  falsa,  una che si nasconde, non è se stessa.

Per gli uomini è diverso, l’invidia è un fatto più sporadico anche se può scatenare persino pulsioni aggressive.

Basta dare una scorsa alle notizie politiche per rendersene conto. Il successo di quello o quell’altro politico, scatenano nell’avversario il peccato che sto analizzando: l’invidia più feroce. E basta guardare certe foto di alcuni quando vengono ripresi a loro insaputa mentre guardano in cagnesco l’invidiato: faccia livida, lineamenti alterati, ghigno stampato e guance rubizze oppure di un pallore mortale.

Epicuro ammoniva: vivi nascosto. Aveva ragione. Ma non funziona nemmeno cosi, prima o poi, quando decidi di non peterne più di nasconderti ed esci a prendere una salutare boccata d’aria, puoi ritrovarti l’invisioso tra capo e collo e la sera, immancabilmente, non riuscire neppure a girare la testa a causa di un improvviso torcicollo.

Io ho deciso di affrontarli a viso aperto, gli invidiosi, a tu per tu abbassano gli occhi, si sentono depotenziati, smarriti, sentono d’improvviso la loro meschinità e pochezza pesargli come un fardello insopportabile. La vigliaccheria li distingue sempre, è una dote, per nulla invidiabile che diventa il loro tallone d’Achille. E scappano, a gambe levate davanti a chi li guarda senza paura negli occhi.

E qualcuno riesce persino a pentirsi, a farsi schifo da solo. ma non mi faccio illusioni e non fatevene: per uno che si ravvede ce ne sono altri cento pronti a raddoppiare la cattiveria.

Salviamo il salvabile. Mettiamoci al riparo. Scudiamoci con l’ironia. Una risata, al momento giusto, se ci riesce di farla, non li seppellirà ma, almeno, li disorienterà, gli farà perdere per un momento la bussola ed è allora che l’antidoto entra in funzione e ci protegge dalle “intemperie”.

Dopo ogni temporale esce sempre il sole.

Pane e olio

Come si possa decidere di mettere a “pane e olio” dei bambini che hanno i genitori morosi, proprio non lo capisco.

E’ giusto sanzionare chi non paga, in qualche modo, ma mettere a stecchetto dei bambini discriminandoli da quelli che invece possono fruire di un pasto completo alla mensa scolastica, la trovo un’azione indegna di un paese civile.

Ora succede a Montevarchi(Arezzo) che la giunta di centrodestra abbia preso questa decisione. La sindaca dice di esserci stata costretta da un ammanco notevole dalle casse del Comune in seguito a morosità da parte di genitori che non pagavano da mesi la mensa e i trasporti per i figli. Si giustifica dicendo che le famiglie che non pagano sono tutte in condizioni di farlo.

Ma per me non è affatto una giustificazione. E’ una vergogna. Quello che conta è ripianare i conti del Comune affamando e discriminando dei bambini? Si sa come sono i bambini, fanno prestissimo a prendersi gioco l’uno dell’altro, a cogliere anche la più piccola cosa per deridere il compagno, per metterlo in berlina, farlo vergognare e farlo sentire impotente davanti alle critiche . E,  certe situazioni imbarazzanti dove non si capisce bene perché si è presi di mira e anche se si vorrebbe gridare al mondo che non si ha colpa, la voce, rimane strozzata in gola, come negli incubi in cui vorresti gridare e non ci riesci,  formano la precondizione per situazioni di ansia repressa nell’adulto

Ma che razza di mondo sarebbe quello in cui ci si accanisce contro delle creature che non si possono difendere?

Bella trovata: affamo il figlio cosi il genitore paga. E cosi sembra sia successo. Infatti i morosi, quasi tutti, si sono affrettati a pagare tranne pochi che resistono. Ma siamo proprio sicuri che tra quei genitori non ci siano anche quelli in serie difficoltà economiche ma che non vogliono dimostrarlo per pudore?

Non sono rari i casi in cui le famiglie sono ridotte sul lastrico dalla mancanza di lavoro e dove entrambi i genitori lo hanno perso o lo stanno perdendo.

E’ proprio sicura la sindaca che nessuno di loro si trovi in condizioni talmente disagiate che, tra pagare la bolletta del gas o la mensa scolastica, optano per la prima soluzione?

Ci vorrebbe maggiore sensibilità da parte di alcuni sindaci e prima di prendere provvedimenti cosi drastici e contrari persino al buon senso,si  cercassero tutte le strade per capire i veri motivi del mancato pagamento.

E nel caso di bisogno delle famiglie, gli si andasse incontro. Non sono più cosi rari i casi di suicidio di padri o madri che si uccidono e uccidono anche i figli a causa delle difficoltà a tirare avanti senza alcun reddito.

Questo caso dovrebbe interrogare la politica sulle tante situazioni di estrema povertà in cui versano ormai troppi italiani.

E, anche quando la famiglia non è povera ma semplicemente morosa, a mio parere, non devono mai e poi mai farne le spese i bambini.