Sarò cattiva

Sono una NOFB. Cosa vuole dire? Ma è chiaro: no Facebook.

Ma perché, scusate, è forse obbligatorio? Ho notato che se qualcuno ti fa la domanda:”sei su FB?” e tu rispondi “No”,ti guardano strano.

Si, atteggiano la faccia a: ma tu guarda questa snob! Questa a-social.

Si, questo pensano. Mi capita di leggere nel pensiero, non so a voi, ma me capita e lo leggo chiaro e forte il pensiero che passa per la testa a quelli a cui dici di non essere iscritta al più grande, al più frequentato, alla chance delle chance: Il libro della facce di Zuckerberg (monte di zucchero?). Ma si può?

E’ facile, un giochino da ragazzini. Ti iscrivi, mandi una foto ( spesso taroccata), ti inventi un sacco di palle, pardon, verità edulcurate (ecco lo zucchero) insomma fade news (verità evanescenti) e ti piazzi. E aspetti. E che aspetti?
Mi dicono che si aspettano le richieste di amicizia. Amicizia? Amicizia chi? Pare brutto rifiutare l’amicizia, parola sacra: amicizia. Poco distante dall’amore. Insomma da quelle parti. Ma scusate, ma che razza di amicizia posso fare con gente che vedo su uno schermo di un PC? Insomma, non mi fido. Eh no, non mi fido. E se poi sono le classiche amicizie di bottega? Si, quelle per convenienza, quelle perché” soli si muore”, quelle che ti mandano i like, i moticons, gli auguri alle feste, al  compleanno e non compleanno. Quelle che lo fanno perché tu ricambi e magari perché li trovi a tua volta, carini, interessanti, favolosi, eccitanti…insomma che ti piacciono una cifra.

Federica Pellegrini, la grande campionessa, in questi giorni, in un’ intervista, ha consigliato alle ragazze di non postare su FB foto oseè, che tanto, il marito, il fidanzato, lo trovano lo stesso; quando è il momento arriva.

Giusto, sono con lei. Però chissà in quante hanno pensato: parla proprio lei che è sempre sotto tiro dei fotografi, che non aspetta certo i like di Fb, che ne incontra di quelli che levati….che basta che giri lo sguardo e ne trova sei o sette pronti ad offrirle amicizia e quant’altro. Ma per la maggior parte delle persone umane, non è cosi. I rapporti sono sempre più dificili, sempre meno occasioni di incontro perché i luoghi comuni, intendo quelli dove si potrebbero incontrare “amici” sono sempre più affollati e frequentati o da gruppi ristretti di persone chiusi a doppia mandata o da coppie già saldate con la fiamma ossidrica. O almeno cosi sembra.

E allora meglio mettersi in vetrina, pensano, loro, le ragazze che non sono un metro e ottanta e non hanno le spalle da lottatore. Intendiamoci, tutto quello che ha Federica se lo guadagna con grande impegno e sforzo, ma poi, nella vita c’è anche chi si impegna e si sforza ma non arriva a prendere neppure uno straccio di medaglietta.

Poi mi dicono che nell’web gira l’odio.

E sai che bella novità. Come se l’odio girasse solo sull’web. Ma gira ovunque, come l’amore. I sentimenti girano dove gli pare, nessuno gli mette le briglie. Ma, pare, che giri più odio che amore. E va beh, girerà di più, si darà più da fare, l’odio. Magari ha la sua pagina FB pure lui e avrà pure una caterva di like e un sacco di amici. Tipo, Cattiveria, Invidia, Gelosia. E si serve di loro. Perché Odio non è un tipo che guarda tanto per il sottile.

Gira di più nei social, nella rete perchè nel mondo, diciamo, vero, ha meno occasione di estrinsecarsi, ma c’è, eccome se c’è. Diciamo che sulla rete ha più occasione di mettersi in luce, di farsi notare, di mostrare le sue tante facce. Infatti è molto cliccato, soprattutto dai più deboli, dai più giovani ma non solo, ha una platea vastissima, insomma da tutte quelle persone che cercano di sfogare frustrazioni represse, sugli altri. Gli ipocriti, gli adulatori, i persecutori, quelli che si chiamano con un termine moderno: stalkers o haters, sembrano avere mano libera sui social. Si sfogano prendendo di mira chi gli sembra essere più  fragile, chi gli sembra un obiettivo sensibile, facile da sottomettere.

Anche per questo, ma non solo, io, da Facebook ,mi tengo lontana,gira troppa ipocrisia. Magari perderò anche delle occasioni di incontro con persone veramente interessanti, ma ne faccio volentieri a meno. E per quanto riguarda gli amici, nuovi o di vecchia data…sapete come dice il vecchio adagio? Si, proprio quello arcifamoso. Meglio pochi o anche pochissimi, rari o rarissimi. Già in tre mi sento in mezzo ad una pazza folla.

Ma non per questo sono un asociale, al contrario, solo forse un tantino selettiva. Ma basta fare un giro su FB e si trova un sacco di gente che non seleziona e accetta (o finge di accettare) tutto quel che arriva.

Ho deciso,  come proponimento per l’anno nuovo,  devo diventare più cattiva. Mi sforzerò, non sarà difficilissimo, ci metterò impegno e lo sarò soprattutto coi politici, con tutti i politici, con loro, anche con i meno peggio, non si sbaglia mai. Italiani o stranieri, senza distinzione. Se ne vedono in politica di facce che meriterebbero molti dislike.

Li sento già tremare da qui.

La testa sulle spalle

“Il dovere di proposte adeguate – proposte realistiche e concrete – è fortemente richiesto dalla dimensione dei problemi del nostro Paese. Non è mio compito formulare indicazioni. Mi limito a sottolineare, ancora una volta, che il lavoro resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro. È necessario che ve ne sia in ogni famiglia. Al tempo stesso va garantita la tutela dei diritti e la sicurezza, per tutti coloro che lavorano”.

 

Questa è una frase che ha pronunciato il presidente Mattarella nel suo discorso di capodanno. Bisognerebbe dire: parole sante. E’ il cuore di tutti i problemi, l’Italia ha bisogno di lavoro, di lavoro vero, serio, che porti benessere e sicurezza e visione del futuro.  Che non pensi solo a sfruttare le persone ma che le consideri dei fini e non dei mezzi per arrivare al massimo profitto, dimenticando tutto quanto sta scritto nella nostra Costituzione.

Giovani e meno giovani, donne, soprattutto donne, alle quali viene  sempre solo tanto  promesso e molto di più negato. Che sono ancora meno pagate dei colleghi maschi e licenziate per prime, tanto, si pensa  ancora abbiano comunque di che campare.

Dunque Mattarella sa quale è la ricetta per riportare il paese sulla careggiata. lo sa ma può solo ammonire i politici che questa è la direzione da prendere, ma la prenderanno? O se ne infischieranno tutti? Come hanno fatto sinora?

Non mi venite a dire che il Job Act ha portato lavoro: ha portato solo una grande confusione e contratti diversi tra lavoratori che ora oltre alle tante difficoltà che devono affrontare, sono anche messi l’uno contro l’altro. E il precariato non è diminuito, anzi. E sono stati spesi una barca di miliardi per gli incentivi fiscali alle imprese che non hanno risolto nulla.

Dunque, a chi lo dice Mattarella che il lavoro è il primo problema? Lo dice a me? No, lo dice ai politici che si apprestano a fare campagna elettorale affinché lo pongano in cima ai loro programmi.

E lo faranno, oh se lo faranno. Prometteranno un milione, due milioni di posti di lavoro, ma di politiche serie per incentivare il lavoro, ne faranno? Finora abbiamo visto cosa ha saputo fare il centrosinistra: dividersi su tutto. Litigare, mostrare il lato peggiore di un partito che era nato per unire ed è finito col far diventare tutti fratelli/coltelli. E non è certo finita. Staremo a vedere in seguito, in base ai sondaggi come si orienterà chi si sente già con un piede fuori dal partito.

Mattarella chiede ai giovani nati nel 1999 di prendersi la responsabilità di votare, li esorta a farlo perché sono soprattutto i più giovani a disinteressarsi della politca, a non volerci avere a che fare, a non voler prendersi alcuna responsabilità. L’astensione tra i giovani è altissima. Ma i giovani non ascoltano i discorsi dei presidenti. Più facile che ascoltino i discorsi di Grillo.

Grillo ha tenuto il suo discorso di fine anno, dal suo blog. Ha detto che l’Italia sta perdendo il senso dell’umorismo. Perbacco detto da un ex comico è veramente grave.

Vorrebbe che ridessimo? E di che? L’ho guardato cinque minuti, di più non ho retto: mi è sembrato uno che ha appena litigato col mondo intero e pretende che l’universo gli dia ragione.

E questo signore sarebbe il padre nobile del Movimento che si appresta a governare l’Italia? Almeno nelle intenzioni. Leader di un Movimento che è in testa ai sondaggi?

Dice che è anziano ma che dentro ha un bambino di venti anni. Un bambino di venti anni? Poi parla di Annassagora e della mano come l’arto principale che riveste la massima importanza e che nessun robot potrà mai eguagliare.

Un crescendo di raffinate analisi della contemporaneità vista attraverso i suoi occhi: ci spiega il mondo da una stanza dalle pareti bianche, seduto su una sedia girevole, con dietro una libreria bianca, lo sguardo leggermente allucinato…

E confrontandolo con la sobrietà di Mattarella ho avuto un momento di scoramento.

Ma in che razza di paese sto vivendo? Da una parte ci sono due figure istituzionali composte al limite della surgelazione e dall’altra un capo di un movimento che avanza a rotta di collo che sembra che gli abbiano svitata la testa dalle spalle tanto la scuote da tutte le parti.

E il “nuovo che avanzava” dove si è ritirato? A meditare sulle proprie idiosincrasie?

Buon 2018 a tutti noi, e buona fortuna, ne abbiamo davvero bisogno per riuscire a tenere la testa al solito posto. Sulle spalle, se ci riusciamo.

 

Bei discorsi

Mattarella, come d’uso,

questa sera ci dirà: italiani

anno concluso quest’ altr’anno

si vedrà.

Non siam stati troppo male,

si va ben non tutto fila,

le bollette rincarate?

Beh, compratevi una pila.

Lui, davver non può smentirsi

e da buon capo di Stato, ci farà

il suo sermoncino, che da un po’

s’è preparato.

Ci dirà siate pazienti, non mangiate

troppi dolci, fate i bravi con i botti,

piano andate coi liquori che sennò

sono dolori.

Proprio come un buon papà

farà le sue rimostranze

alle nostre debolezze e persino

intemperanze.

Ci dirà che l’anno nuovo forse alfin

ci porterà un governo con i fiocchi,

meglio assai di quello là.

Meglio assai di tutti quanti i governi

da quel dì…

si va ben lo dicon tutti, non si può

che dir così.

Ma io credo che stavolta la tv non aprirò

non lo starò più a sentire, quel che vuole

lui può dire.

Troppe volte c’ho creduto che davvero

il nuovo anno fosse come nei discorsi,

che fan tutti i presidenti, che ci dicon

tante cose e pretendono che noi

gli siam pur riconoscenti.

Questa volta non ci credo, fanno

tutti bei discorsi ma i problemi sono

nostri coi coltelli in mezzo ai denti.

E se a fine di dicembre ci dobbiam

sorbire pure degli emeriti signori

i discorsi roboanti, questa volta non

ci sto e sapete che vi dico?

Altro io non posso fare

che augurar buona fortuna

a ciascuno e a tutti quanti.

Ha ragione Berluscone

Quando Renzi gli ha comunicato che avrebbe dovuto prendere il suo posto, nel dicembre del 2016, immagino che il conte Paolo Gentiloni Silveri, non abbia mosso un muscolo.

Impassibile, deve aver risposto: ” Matteo, sono a disposizione”. Come un soldato. A disposizione ed agli ordini del segretario del Pd. Poi, il giorno in cui è stato eletto premier è andato a dormire come al solito intorno alle 9 e trenta con una tisana al melograno e melissa e ha letto De Tocqueville per un’oretta sana prima di spegnere l’abat-jours.

Il primo consiglio dei ministri me lo immagino cosi.  Ai ministri vecchi e nuovi (pochi), dopo aver stretto la mano ad ognuno, deve aver detto, in romanesco: “Ao’ ce tocca a noi, fomoje vedè che je a’ famo”.

Poi un discorsetto informale ma preciso: fare il meno possibile,  stare quasi immobili, lo stretto necessario, mai parlare coi giornalisti, il meno possibile e negare sempre. Al resto avrebbe pensato lui.

Profilo sottoterra, sguardo sempre perso nel vuoto ma  vigile, nessuna polemica, niente social, meno possibile, poche interviste e se proprio doveva parlare, farlo senza parere di essere a capo di qualcosa, dare l’impressione di essere  di passaggio, come tutti, nella vita. Oggi ci sono…domani chissà.

Non irritare mai Renzi, non mettersi mai in competizione con lui, meno che mai imitarlo, niente pugni di ferro e neppure guanti di velluto ma una via di mezzo: una dignitosa presenza/assenza, intercalata con qualche raro momento di consapevole esistenza in vita.

Ecco, questa è la mia sensazione dell’anno di premiership di Gentiloni. Un buon, solerte ma non troppo, funzionario statale. Senza troppa lode ma neppure, per carità la benchè minima ombra di infamia. Ma quando mai? Non si può proprio dire che abbia brillato in protagonismo ma neppure che sia stato a girarsi i pollici.

Ha fatto il proprio dovere, ha seguito le direttive del partito, ubbidendo agli ordini ma con signorilità.Tutto sommato il giudizio su di lui, da più parti è positivo, se non molto positivo. Ne avevamo avuto fin troppo di leader, lui è stato un buon funzionario, mai un capo.

Da giornalista ha parlato in conferenza stampa ai colleghi con garbo e semplicità;cosa avrebbe potuto dire se non che la legislatura era finita in semigloria (si qualcosina non era andato proprio per il verso giusto), ma la colpa non era certo la sua e nemmeno dei suoi predecessori Letta e Renzi, i quali, anzi, hanno fatto bene.  L’Italia non sta peggio e siamo arrivati alla fine della diciassettesima legislatura senza incidenti, qualcosina abbiamo recuperato e non siamo più fanalino di coda dell’Europa. Lo dice lui ma la Ue non pare d’accordo, ma poco conta. L’importante é che si sia arrivati al traguardo senza intoppi e aggiunge “nun ce se crede”, ma il nostro export è alle stelle.

Un buon discorso, da buon diplomatico, da uno che non vuole grane e lo ha dimostrato.

Mi ha lasciato quasi indifferente, neppure il minimo moto di stizza che mi prende quasi sempre quando parlano i politici che ce la raccontano.Anche lui me la racconta, ma lo fa con uno stile raffinato e cortese che mi lascia interdetta e non posso che dire che si, hai ragione conte Paolo, ce l’hai fatta, lo hai portato a casa…il mappamondo ma, forse non ti toccherà minimamente, ma a me, leggere che Berlusconi ha detto: “la sinistra ha fallito” , mi si sono appannate leggermente le pupille.E lo sai perché? Certo che lo sai, perchè ha ragione.

Perbacco, Berlusconi ha ragione. Mai e poi mai avrei pensato di poterlo mettere nero su bianco. Ma voglio anche aggiungere che la sinistra ha fallito alla grande.

Gentiloni ha fatto bene, possiamo dargli un bell’otto. Ma era preferibile andare al voto un anno fa. Lo so che c’era la manovra economica e la legge elettorale e un sacco di altre cose in ballo per cui non si poteva ma, perbacco, abbiamo tirato a campare (anche se Gentiloni dice di no) per un anno intero e la rabbia sociale è aumentata, il rancore pure, le diseguaglianze idem ed ora ci ritroveremo con un’altra campagna elettorale al veleno, dove tutti faranno del proprio meglio per prenderci per i fondelli con l’aggravante che veniamo da cinque anni di governo del centrosinistra che di sinistra non ha fatto quasi nulla. E dalla Democrazia passeremo alla Demo…razzia. Alla razzia di voti dove sarà possibile ed anche impossibile raccoglierli, con promesse di improbabili redditi di questo e quell’altro, che non arriveranno mai a compimento con un debito pubblico alle stelle.

E alla razzia di poltrone tra vecchi e nuovi nominati, fedeli, solerti professionisti della politica che una volta arrivati ci spiegheranno che faranno questo e quell’altro, si scorneranno tra loro per avere ragione nei talk-show, daranno da vivere ai vari intrattenitori e conduttori, ci terranno incollati al video per capire dove vogliono andare a parare…

per favore, svegliatemi il 3 marzo del 2018, mi deciderò all’ultimo e andrò a mettere la scheda nell’urna sperando e pregando di non dover rivedere certe facce, e sentire certe bocche fare certi discorsi…

“Dice ch’era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare…”, speriamo, almeno quello, tanto che sia femmina non posso certo sperarlo.

Occasione mancata

Non lo hanno approvato. Parlo dello Ius soli temperato (e ius culturae). Ormai la legislatura è finita (in gloria) e non lo hanno approvato. Troppo compromettente. Volete scherzare? Si prendevano questa responsabilità di firmare una legge che dava la cittadinanza a 800mila ragazzi che sono nati in Italia da genitori stranieri o che ci sono arrivati entro i 12 anni , che hanno studiato, qui, che parlano italiano, che hanno almeno un genitore che vive e lavora in Italia da almeno cinque anni,con regolare permesso di soggiorno?

Troppo compromettente.

Se ne sono usciti quasi tutti, i Cinquestelle, la Lega, Forza Italia e in ben 29 del Pd e quindi? E quindi non c’era il numero legale e festa finita. Ci penserà chi arriva a prendersi questa patata bollente per la quale Calderoli aveva inventato un algoritmo che produceva qualche migliaio di emendamenti e il presidente Grasso avrebbe dovuto inventarsi qualcosa per “saltarli” e l’opposizione sarebbe insorta.

Ma volete che poco prima di Natale, poco prima che Mattarella sciolga le Camere, poco prima che cada il governo in carica, si votasse in tutta fretta di dare la cittadinanza italiana a quasi un milione di bambini/ragazzi? E per quale motivo poi? Con quali vantaggi immediati? Per fare un piacere a chi?

La destra esulta, scampato pericolo. Ci mancava anche questa. Perbacco diventare italiani, non è una cosa per tutti, si può aspettare di avere 18 anni e poi fare la richiesta e aspettare e aspettare…e forse…

E intanto non sapere chi sei, guardare il tuo compagno di banco e invidiarlo perché lui è nato qui da genitori italiani e quindi è di conseguenza italiano e tu che cerchi? Sei nato qui ma da genitori che vengono da un altro mondo, sarebbe bello che tutti quelli che vengono qui, solo perché ci nascono diventassero italiani.

La legge, da quello che capisco non prevedeva questo, ma prevedeva che il bambino nato qui avesse  almeno un genitore residente in Italia da cinque anni e con regolare permesso di soggiorno e un’introito adeguato a mantenerlo.

Questi ragazzi ora  non potranno divenire italiani e godere di tutti i diritti della cittadinza ma dovranno rimanere nel limbo fino al compimento della maggiore età e poi seguire un iter per il quale non sempre si arriva ad ottenerla. Ma che senso ha complicare la vita a dei ragazzi che ce l’hanno già complicata, che non conoscono il paese di orgine dei genitori se non in cartolina o per qualche sporadica visita ai parenti? Che amano il paese in cui vivono, che si sono fatti amici e conoscenti coi quali giocano, ridono, si scambiano i compiti, si aiutano, litigano, fanno pace…quello che fanno tutti i ragazzi in tutte le  latitudini?

Quale pericolo potevano costituire questi bambini che sarebbero diventati cittadini italiani a tutti gli effetti una volta ottemperati i termini della nuova legge?

Proprio non lo capisco, o meglio, lo capisco se penso ad alcune mentalità, modi di pensare che attribuiscono alla cittadinza italiana una sacralità che non ha ragione di esistere. Come se quei bambini fossero bambini di serie B perché sfortunati e nati o arrivati da piccolissimi dopo peripezie e vicissitudini indicibili dei genitori, ma malvisti e male accolti da molti. Per effetto della paura di essere “invasi”da esseri che potrebbero rivelarsi nemici e che potrebbero asservirci ai loro voleri…Niente di più fuorviante. Da una recente ricerca è emerso che “l’taliano vero”, in realtà non esiste,  l’italiano è in realtà un crogiuolo di razze, una variegata mescolanza delle più diverse etnie.

E quindi insistere sul non voler riconoscere “italiani” dei ragazzi che non possono dire di che nazionalità sono perché nessuno li vuole, mi sembra una inutile crudeltà, indegna di un paese che vuole chiamarsi  civile.

Occasione mancata per questo governo di affermare quello che sta scritto nel logo del partito di maggioranza relativa. Quella”democrazia” incompiuta che ha paura di un bambino che non chiede altro che di non sentirsi un estraneo nella “casa” in cui vive da che ha consapevolezza di esistere.

 

La mucca in salotto

Bersani parla poco e quando parla lo fa per metafore, non tutte comprensibili. Ma quando dice che sono tre anni che vede la mucca in corridoio è chiarissimo. Ed è chiaro cosa intende quando dice che  bisogna andare a riprendersi la gente nel bosco.

Dice che anche lui  lui è un padre nobile, ma perbacco, non si può abbracciarsi nel tango e poi accoltellarsi nel camerino…e anche questo non è così difficile da capire.

Lo vedo Bersani come tanghero. Deve essere stato un buon ballerino e anche ora se ci si mette, sono sicura che non sfigura. E’ sempre stato in ballo ed ora non disdegna di ballare ancora. Ma non con Renzi. E neppure con Berlusconi. Sarà padrone di scegliersi con chi ballare? O no?Meno che mai con Verdini. Ma forse con Grillo si, forse con lui un giro di polka lo farebbe. Basterebbe mettersi d’accordo con quel testone, che non accetta di ballare con nessuno. Ma, perbacco, vuole stare ancora li a fare da tappezzeria? Con Pisapia poi, uh, quello…sembra la Rosetta smorfiosa del Missipipi, non far la preziosa… etc. etc. Non gli va bene nulla, trova mille scuse per fare il ritroso. Avanza di un passo e rincula di tre. Gli piace la mazurka di periferia?Si? E li rimane se non si decide. Lui balla solo con Prodi. Con lui si lancerebbe in danze sfrenate.

Ma Prodi non ci sta, lui balla solo coi lupi, ormai. Troppo è rimasto scottato. Ancora gli bruciano quelle centoeuno rivoltellate alle terga.E lui lo sa chi ha comandato il plotone di esecuzione e lo dirà solo in punto di morte (perciò fra molto, molto tempo).Ma io, che sono maliziosetta qualcosa ho capito. Volete che vi sveli il colpevole?

Ma su, andiamo che lo sapete già…ma è stato Renzi, no?Ha fatto tutto lui. Ha sparso la voce: “questo non ha carisma, ragazzi rottamiamolo che poi arrivo io e vi faccio tutti ministri”. Cosi è andata e lo sa anche Bersani e lui non parla perché, altrimenti, gli danno del matto.

Già gli dicono che parla per metafore, che ha la fissa delle mucche e dei giaguari, che perde tempo a pettinare bambole, che fuma il toscano…intendo il sigaro, beninteso.

Ma, mi sa, che fra un po’ si fuma anche quell’altro. ma si, quello in carne, ossa e pappagorgia, come si chiama? Grasso? Ma no, quello è siciliano.Verdini, ecco, si fuma un Verdini toscano, stagionato. Di quelli che danno soddisfazione.

Avevate capito Renzi? Ma no gli sta cosi indigesto che nemmeno incartato nel domopack, piuttosto smette di fumare. Ma tanto, ormai, la mucca sta per sistemarsi in salotto. A meno di un miracolo. E lui lo sa.

Vigilia

La vita è splendida ma pericolosa, se avete il coraggio di viverla è magnifica. (Kringelein).

Questa frase è tratta dal film: Grand Hotel del 1932.

Bene, a Natale mi vengono sempre delle paturnie ed allora ho voluto iniziare con una frase che mi desse almeno un po’ di coraggio nell’esprimere la sensazione che provo sempre il giorno della vigilia. Una sorta di apprensione, come se dovesse succedere qualcosa di importante. Se vogliamo è banale perché lo so bene che cosa sta per succedere. Si, magari sono i condizionamenti che mi derivano dall’infanzia. E’ sempre molto difficile capire fino a a che punto la nostra infanzia ci abbia influenzato nella nostra vita adulta. Non sappiamo bene quale sia il confine preciso tra quello che è veramente il frutto delle nostre scelte e cosa comporta, invece, il peso dei condizionamenti.

Fatto sta che ogni Natale è la stessa storia: non riesco a non provare una certa ansia e anche un certo fastidio e tristezza. Tutti sentimenti che mescolati insieme danno un bel cocktail di emotività. Apprezzo gli auguri e mi piace anche farli, ma ci trovo sempre qualcosa di stanco e di ripetitivo. Ma è solo una sensazione momentanea perché, ne sono certa, mi dispiacerebbe non riceverli e anche non farli.

Non so, trovo che tutta questa pubblicità martellante da oltre un mese, dovunque ci giriamo, renda questa festa così importante quasi una sorta di incombenza alla quale non possiamo sottrarci. Io, almeno, non la vivo più, da molti anni con  quello spirito di aspettativa e di gioia di cui ho solo un vago ricordo.

E trovo che la consuetudine, sempre più generalizzata, di trattare il 24 dicembre come se fosse l’ultimo dell’anno, con schiamazzi notturni, con le chiese che si riempiono all’inverosimile come se fossero quasi un ritrovo alla moda, con brindisi ridanciani, con gente che rientra sbattendo le porte e facendo chiasso come se tutti dovessero per forza fare baldoria e caciara, ci allontani sempre di più dallo spirito originario del Natale.

Non sono sicura che la maggior parte della gente sappia che cosa sia veramente il Natale, che cosa significhi e non sono nemmeno sicura che lo voglia sapere. L’importante è seguire le ricette alla Tv,comprare i cibi giusti, invitare i parenti, addobbare le case, mettere le luci all’esterno dei balconi e abboffarsi di panettone.

Ma ci si può anche raccogliere, in silenzio, ascoltare della musica, per chi crede pregare, leggere un buon libro, oppure scrivere, come sto facendo ora.  Un modo per comunicare le proprie sensazioni e sono sicura che ci sia molta gente che non riesce più da molto tempo a vivere il Natale con lo spirito giusto.

Da troppi anni viviamo un tempo sospeso tra la speranza che le cose cambino e la delusione di scoprire che cambia poco e che il nostro paese fatica ad uscire da una delle crisi più nere dal dopoguerra. Sembra che ora, piano, piano ce la stiamo facendo ma il prezzo che abbiamo pagato è stato altissimo. Non ce ne siamo accorti ma siamo molto cambiati,come paese, intendo. Siamo diventati più sospettosi, rancorosi, sfiduciati, soprattutto le generazioni più giovani. Proprio loro che dovrebbero, al contrario, essere i più entusiasti nel guardare al futuro. Si sono perse per strada molte certezze, tutto sembra più precario, non solo il lavoro. Tutto, anche quello che sembrava certo.

“Se avete il coraggio di viverla è meravigliosa”…si, è vero, lo so, ma cosa significa avere il coraggio di viverla?

Significa forse non vedere la vita come una cosa scontata  ma come un dono che si rinnova ogni giorno e imparare ad apprezzarla. Sembra una cosa facile, ma spesso ci dimentichiamo di quanto sia preziosa.

Ecco, forse Natale significa rinascere ogni giorno e guardare alla vita ogni giorno con gli occhi di chi la vede per la prima volta e ne scopre tutte le meravigliose potenzialità.

Ecco, questo è l’augurio che faccio a me e a chi mi legge. Che Natale sia una nuova consapevolezza che ogni minuto della nostra vita è prezioso.E che  impariamo a dargli il giusto valore.

Buon Natale.

 

Il modulo

Fitto, Tosi, Costa, Romano, Zanetti, Lupi…

Una squadra di soli sei componenti, però, ragazzi, valgono per dodici. Sono i “centristi” che  hanno fondato una nuova formazione: “Noi con l’Italia”.

Bisogna vedere però se l’Italia ci sta. Tutti vogliono stare con lei, ma il permesso glielo hanno chiesto?

Mi pare di vederla, ha già storto il naso. E non avrebbe tutti i torti. Facce note o arcinote, che andrebbero a sostenere il centrodestra che con i tre partiti: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia potrebbero, col loro “valido” apporto, arrivare al 40%, questo, almeno, sembra essere l’obiettivo.

L’Italia e gli italiani non aspettavano altro che di  vedere un simile gruppetto di “panchinari” di lungo o medio corso, mettersi i calzettoni e i pantaloncini corti e correre per Lei.

Devono essere uno spettacolo: dritti, sull’attenti, con la scritta sul petto:” Italia”. Le gambette pelose in mostra, lo sguardo da “giovani leoni”, da centravanti frementi di andare in gol. La “porta” è li, a qualche metro e la vittoria, (sembra) quasi assicurata.

“L’allenatore” è l’ineffabile avvocato Ghedini, detto anche “la pantera azzurra”, un veneto coi piedi sul terreno (proprietari terrieri i Ghedini da lunga data) che sa come perseguire gli obiettivi. Uno a cui non sfugge il minimo particolare. Sguardo indagatore, sorriso beffardo…anche troppo, direi quasi un ghigno. Anzi un ghedigno beffardo.

Ma dove va questa squadretta raffazzonata di 6 gentiluomini con già parecchia esperienza sulle spalle (fatta sulle nostre di spalle)? Loro sembrano saperlo: vanno al posto di Alfano che ha dichiarato forfait, a muso duro. Tanto ormai dal suo ex capo non sarebbe potuto ritornare, tanto valeva gettare la spugna nell’angolo. E l’hanno raccolta loro: I sei dell’Ave Silvio.

Il 3 + 1 (e vari ed eventuali) potrebbe essere il modulo giusto per vincere i campionati della politica.

Ai mondiali non ci andiamo, peccato, ma avremo di che “divertirci” lo stesso. I pre-supposti ci sono tutti.

 

Catalogna dreaming

Sognando la Catalogna, la Lega passa dalla secessione alla successione.

Via il Nord, pesante fardello di un passato recente, rimane Lega, slegata dal vecchio impegno, disatteso dai vecchi dirigenti, ma in aggiunta c’è: Salvini premier. Sembra una minaccia che potrebbe diventare realtà.

E ci crede, lui Salvini, non ancora premier. Ha messo Berlusconi davanti al fatto compiuto. Eccolo il candidato premier del centrodestra, ha detto, alla lontana, ma neppure poi tanto. Cosi impara il cavaliere (l’ex) a fare il furbo. A dire che il governo Gentiloni potrebbe continuare per altri tre mesi, dopo il voto, perché tanto lui, il sensitivo Silvio, sente che le prossime elezioni non eleggeranno nessuno e si dovranno rifare. Perché Salvini ha fretta. E quando gli ricapita? Ha l’età giusta, è carico, ha fatto esperienza sul campo (da parlamentare europeo è stato poco a Bruxelles ma quel poco gli è bastato), ormai è sufficientemente edotto su come si deve governare un paese.

E lo farebbe, naturalmente a modo suo, anzi a modo della Lega. Quella senza nord. E dai, ‘sto nord impicciava. Vuole la Lega a tutto tondo anzi a tutto lungo, vista la forma allungata della patria.

Vuole dare una bella ripulita al paese da capo a fondo, altro che nord, lo vuole fare da tutti i punti cardinali.

Via l’euro, via i clandestini, fuori dalla Unione Europea,( anche se a tratti pare abbozzare), e poi si potrebbe anche ragionare. Ah, dimenticavo, via le felpe verdi e tutti gli ammenicoli, tipo ampolle e similari, ora si fa sul serio.

Per il resto non si sa, ma si sta organizzando. Via i campi Rom e soprattutto fuori dalle scatole tutti quelli che gli stanno antipatici. Poi, lui è un tipo che ragiona, democratico fino a un certo punto e quel punto però non è affatto certo.

Sogni, chimere? Mah, vedremo. Se ancora non c’è un candidato della destra lui potrebbe fiaccare le resistenze di chi non lo vorrebbe, cioè tutti. Sarebbe scomodo per Berlusconi in quanto lo ha già detto: “mai con Renzi”.

Ma il nostro Gengis Khan è molto determinato. Dicono di lui che ha portato la Lega dal coma profondo in cui era inabissata dopo gli scandali, non ultimo quello delle famose green underwear di Cota, ad un consenso di tutto rispetto. Deve essere stato in quel momento che Salvini ha deciso che il verde non era più consono al partito:dal pratone doveva puntare ad un luogo più elevato. Cambiare tutto per uscire dalla logica bossiana del famoso slogan. Un ammorbidente profumato era quello che serviva per rianimare dei panni sporchi lavati in pubblico e rimasti troppo a lungo ad asciugare.

Ritirati tutti, il filo è vuoto, rimangono solo delle mollette che stanno arrugginendo. L’ultimo baluardo della vecchia e imbolsita guardia era quella parolina che pesava enormemente sul groppone del leader nuovo di zecca.

Ed ora che l’ha levata dal simbolo e assieme al caro vecchio Alberto da Giussano ci sta il suo nome a chiare lettere, in giallo semaforo con sotto l’altra parolina: premier (magica), si sente sollevato, quasi levita.

Salve Salvini, se la destra andrà al governo è nelle tue intenzioni guidarlo, tu sei pronto. Io no. Per niente. Ma se sarà mi rassegnerò. La democrazia lo vuole e se lei ti vuole, farò un passo indietro. Ma, occhio, ti curo ed ho pronte mille filastrocche nel caso tocchi a te. Lo so che te ne farai il classico baffo ma non ti allargare troppo, già mi pare di vedere un filo, ma solo un filo di pappagorgia. Quando si arriva a palazzo si ingrassa anche solo di aria.  Padano/italiano, avvisato…

Lasciamoli vivere

Fa pena quell’albero morto con tutte quelle luci e gli addobbi inutili. Lo hanno chiamato Spelacchio,ma, prima che venisse tagliato per andare a morire a Roma dalla Val di Fiemme, era un meraviglioso esemplare di pino rosso con i rami stracarichi di aghi il verde brillante e un’aria maestosa.

Lo hanno tagliato, legato, ricoperto (forse male) e fatto viaggiare fino alla destinazione, buttato li come un vecchio rottame. Gli hanno tagliato le radici perché non sarebbero entrate nel vasetto pronto ad accoglierlo e a sostenerlo malamente. Lui le aveva sparse nel terreno negli anni in cui era vissuto felice tra gli altri pini in quel luogo incantato a cui lo hanno strappato per sempre.

Ed ora é a Roma, in quel luogo bellissimo ma arido, col traffico che gli gira intorno e lo soffoca con tutta quella mercazia addosso che lo fa sembrare ancora più spoglio. Di solito, dicono, un albero di quelle dimensioni, si mantiene in vita per due o tre mesi, prima di finire nel caminetto o nella discarica. Ma questo non ce l’ha fatta a superare quel trauma, quello scempio ed è già morto. Ed ora è un cadavere, esposto al pubblico ludibrio e fa solo pena. Non rallegra il Natale dei romani ma neppure quello degli italiani che lo vedono in foto o in video. E’ uno strazio, meglio sarebbe toglierlo e dargli “sepoltura”.

Potremmo smetterla una volta per tutte di sacrificare alberi sani e bellissimi a questo rito barbaro di esporli nelle piazze dei paesi e delle città? Potremmo trovare delle valide alternative e lasciare gli alberi vivi dove stanno?
Sono belle le luci natalizie, fanno allegria, attirano i clienti nei negozi o nei centri commerciali, ma vedere alberi di oltre 20 mt, sapendo che non hanno futuro e che sono li, moribondi ad allietare la festa mentre per loro è già finita, mi mette, ogni anno una tristezza profonda. Mi illudo ogni volta che poi, a festa finita, li ripiantino li dove sono stati strappati, ma so bene che non è cosi e finiscono in cenere.

Il caso degli alberi natalizi negli ultimi due anni a Roma poi ha del grottesco. Si spendono un sacco di soldi pubblici per avere quel risultato. Sembra sia stato fatto tutto all’ultimo momento e che la fretta abbia prodotto quel risultato,ma c’era tutto il tempo per pensare ad una alternativa valida. Capisco che forse i romani si sarebbero lamentati di un albero sintetico ma forse farebbe più bella figura di quel povero tronco ormai del tutto spoglio a significare la studipità dell’uomo e la sua crudeltà.

Mi vengono in mente gli ulivi centenari che si stanno sacrificando al gasdotto in Puglia.  Tubi che devono passare proprio sotto un paesaggio tra i più belli d’Italia e che la gente del posto non vuole. Che si mette di traverso per impedire che gli alberi vengano espiantati. Ma è tutto inutile: il nostro paese non ha la cultura del rispetto dell’ambiente, non ce l’ha e non ce l’avrà mai. Non capiamo l’importanza che riveste la natura nell’ecosistema, abbiamo ridotto le nostre pianure a lande desolate e ogni filo d’erba sembra una minaccia al nostro “diritto” di avere spianate di cemento ovunque. E gli alberi sono i primi a cedergli il posto.E l’aria diventa sempre più irrespirabile.

Quel pino, in centro a Roma sta li a ricordarci quanto a volte possiamo essere stupidi e crudeli e insensibili oltre che prepotenti. Ci crediamo padroni del mondo e non siamo che formiche davanti alla potenza che la natura può in qualche caso sprigionare. E quando succede ci chiediamo perché sia successo e se non avremmo potuto evitare quella frana, quell’alluvione cosi devastante e magari, tutte quelle vittime.

Quel pino chiamato cosi ridicolmente Spelacchio, ha una sua dignità, una sua forza. E’ un prodotto di quella natura che non rispettiamo e che calpestiamo senza pietà e può essere paragonato a tutti gli esseri umani che vengono trattati allo stesso modo dalla nostra indifferenza e disumanità. E potrebbe ricordarci che maltrattare la natura o gli esseri viventi è un peccato gravissimo che nessuna messa di mezzanotte a Natale, ci potrà mai togliere dalla coscienza.