Disumanità

Quando mi capita di avere a che fare con uffici pubbici, sportelli di qualsiasi genere, casse dei supermercati, medici di base, banche etc., mi succede spesso di sentire questa frase: “Si deve armare di pazienza”.
Ma la pazienza, in Italia, è un’arma spuntatissima. Un’arma che non fa paura a nessuno, al contrario, più la mostri e meno si spaventano.
Faccio un esempio. Sono alla cassa del supermercato, prossima alla chiusura, sono stanca, dopo venti minuti di coda arriva il mio turno. Prendo una busta ecologica di carta dall’espositore (50 cent l’una) e mi appresto a imbustare la spesa. Si rompe subito: uno squarcio. Strano, penso, di solito sono solidissime.
Bene, la cassiera mi dice di prenderne un’ altra, la prendo e procedo ad imbustare la spesa. Pago. Prendo la busta per i manici e…si stacca il fondo e la spesa se ne va sul pavimento rotolando di qua e di la con mi grande sorpresa ( le buste  sono previste per 10 kg.di peso e non saranno stati neppure la metà).
Nel frattempo la cassiera era occupata con altro cliente e, alla mia richiesta di un’altra busta, ma non più di quel tipo, mi guarda seccata e mi dice di aspettare.
Ancora? A questo punto la mia pazienza, solitamente scarsa, si riduce al lumicino.
Mi faccio porgere una borsa più robusta (70 cent.) da una signora, raccolgo la mia roba e faccio per andarmente mandando tutti al diavolo: nessuna solidarietà o minimo cenno di aiuto da parte di nessuno, meno che mai la cassiera, addirittura un signore mi fa cenno di togliermi al più presto dai piedi con un gesto volgare.
La mia pazienza è ormai finita, più spuntata che mai. Mi avvio verso l’uscita mandando tutti a quel paese.
La cassiera mi urla che devo pagare la borsa e devo aspettare lo scontrino altrimenti mi deve far rincorrere dalla sicurezza.
Torno indietro seccatissima. Attendo che arrivino rinforzi per farmi dare lo scrontrino dei 70 cent perché la cassa è ancora occupata, attendo il il resto di cinque euro, mando al diavolo il mondo intero ed esco.
Ma non ci sto. Ho pagato un euro e 20 centesimi per due buste una delle quali inservibile, probabilmente tutta la partita era difettosa, ho dovuto raccogliere la spesa dal pavimento, mi sono presa della deficiente da chi aspettava il suo turno alla cassa e sono furiosa.
Bene, decido che non possono passarla liscia.
Metto la spesa in macchina e ritorno dentro il supermercato. Vado alla cassa centrale e chiedo del direttore. Arriva, gli spiego l’accaduto e gli do questo ultimatum: “sono cliente da dieci anni, se non mi da soddisfazione da domani non mi vedete neppure col binocolo”.
Si scusa e mi chiede cosa chiedo. Gli rispondo che rivoglio i 50 centesimi che ho pagato in più e le scuse ufficiali, come risarcimento simbolico.
Mi dice che va bene e mi fa attendere perché nella cassa centrale non hanno spiccioli…
Al che, la mia pazienza  diventa innocua come  un palloncino per feste di compleanno.
Mi metto a ridere piuttosto nervosamente.
Il direttore mi prende per un braccio e mi fa: “Signora, cosa dice, ce lo prendiamo un caffè nell’attesa”?

Sembra un episodio insignficante ma capitano tante cose cosi che sembrano insignificanti ma che messe tutte assieme ci fanno capire di vivere in un paese complicato da una mancanza totale di elasticità mentale quasi congenita.

Eppure gli itaiani sono intelligenti, almeno nella stragrande maggioranza, sono solidali, sono duttili, eclettici ma in quanto ad elasticità mentale, comincio a nutrire molti dubbi.

Cosa costava al supermercato capire che in certi casi non si può essere cosi fiscali e pretendere che i meccanicismi precostituiti impediscano di vedere persino le realtà più evidenti?

Perchè non è possibile alzare la testa dalla prassi ricorrente  per guardare con occhi diversi una cliente che è anche una persona e non solo un fantasma che passa quasi ogni giorno davanti ai tuoi occhi senza che tu riesca neppure a ricordarne i connotati?

Sarebbe tutto più semplice se qualche volta riuscissimo a dare il giusto valore alle situazioni. La cassiera avrebbe potuto permettermi di lasciare il supermercato integrando lei lo scontrino coi 20 cent. di differenza.

Io, forse non mi sarei risentita per la freddezza e l’insensibilità dimostrata da tutti gli astanti e la cosa sarebbe passata come un piccolo incidente senza storia. Mentre l’ottusità dimostrata da tutti non è che la punta di un iceberg che arriva a profondità abissali, segnale inquietante di una società in via di disumanizzazione.

La gara

Già io non ne posso più

di sentirli blaterare

di promesse ne fan troppe

tutti vogliono strafare.

Dire tutto e ancor di più

è una gara disgustosa

a chi le spara più grosse

per raccoglier voti a josa.

Ci son quelli in doppiopetto

con lo sguardo corrugato

vanno in visita nel tempio

e si ferman sul sagrato

per guardar le meraviglie

opre d’arte non quisquilie

e poi affermano compunti:

se ci date il vostro voto

e con noi siete congiunti

ne vedrete di migliori

leggi belle noi faremo

e di fior vi copriremo.

Però noi non siam sicuri

questa volta men che mai

è una scelta inver ben dura

c’han fregato tanto assai.

Sembran tutti molti seri

sembran dir la verità

saran tutti dei cialtroni

o qualcun si salverà?

 

 

 

Obbrobrio

Obbrobrio! Avrebbe esclamato Totò  della dichiarazione di Attilio Fontana e cioè che la razza bianca va difesa dall’invasione.

Era meglio se stava zitto, se si teneva il suo “lapsus” in seno, ma ormai, voce dal sen fuggita…

Il candidato presidente alla regione Lombardia, leghista, non poteva iniziare peggio la sua campagna elettorale. Ma, forse, per i leghisti non poteva esserci inizio migliore.

Questione di punti di svista. Di “lapsus” come questi, ho paura che ne sentiremo parecchi.

La verità è che il centrodestra è in testa ai sondaggi proprio per la sua impostazione sui migranti, sul pericolo che la “razza bianca”, nel nostro paese scompaia per far posto a loro. A ragion veduta, per la mentalità leghista, il miglior argomento. Quello che attrae più consensi in assoluto e i numeri gli danno ragione.

Non credo ai lapsus: il discorso di Fontana ha un’impostazione chiara e netta: “negher foera di ball”. Da veneta non sono sicura che questa sia la traduzione giusta in meneghino di uno slogan razzista, ma credo che sia comunque facilmente comprensibile. Ora si scusa, fa marcia indietro, si è trattato di un lapsus: peso tacon del buso, direbbe mia nonna, lo vedi che era meglio se stavi zitto? Direbbe Totò. La scusa è, se possibile, ancora  peggio della battuta razzista, da l’impressione che Fontana volesse dire: l’ho sparata grossa, ma è proprio quello che penso, solo sono stato uno scemo, dovevo esprimermi politicamente più correttamente.

Ma, credo, faccia gioco ai leghisti, la prima affermazione, come la seconda (che la conferma).

Un ripasso della Costituzione e delle regole fondamentali della nostra democrazia, non farebbe male a Fontana. Salvini, aspirante premier, dovrebbe dissociarsi invece di trovargli scusanti e rincarare la dose.

Ma come fa un leghista della prima o anche della seconda ora, dissociarsi da una mentalità che sarà proprio l’arma vincente per arrivare a Palazzo?

Secondo me dovrebbe farlo e subito. Fontana potrebbe significare una macchiolina d’olio che potrebbe espandersi e sulla quale potrebbe anche scivolare.

Sarebbe un’ottima occasione per dimostrare quell’intelligenza, politica e non, di cui,  di sicuro, il leader leghista è ben fornito. Ma se è contento di scivolare, figurarsi io…

 

 

Agenti superiori

Allora, diciamolo chiaramente, la discussione sulle molestie, tra chi denuncia e chi denuncia le denuncianti e le ridicolizza (vedi Deneuve e altre) non va avanti di un millimetro perché agli uomini (in buona parte) non va giù che la donna prenda posizioni contro di loro.
La donna dovrebbe sempre mediare tra le posizioni e farlo a favore degli uomini, mai contro. La supremazia del maschio ha agito per secoli sulla società contribuendo a delimitare il recinto entro il quale le donne erano autorizzate (dall’uomo) a muoversi.
Da questo deriva disparità di trattamento sul lavoro, in famiglia è sempre la donna a prendersi il maggior carico di incombenze. Nella società la donna si inserisce a fatica. Ha le sue nicchie, i suoi posticini privilegiati, ma guai a sconfinare. Basta, per fare un esempio, guardare la partecipazione ai vari blog, sia che si tratti di quelli autogestiti che di quelli supportati dalle testate giornalistiche: sono tutti uomini, a parte qualche eccezione.
Si dirà: la donna ha altro da fare. Già, si la donna ha di tutto da fare e meno si “espone” e meglio è.
Questo lo pensano più uomini di quanto non si pensi.
Vediamo un esempio al limite: Fancesco Bellomo, il consigliere di Stato che è stato cacciato per la faccenda dei contratti che faceva firmare alle studentesse del suo corso per entrare in Magistratura.
Un surrogato di maschilismo ottocentesco che avrebbe fatto rizzare i capelli in testa a Landrù.
Dovevano vestirsi come diceva lui, scegliere i fidanzati che piacevano a lui, truccarsi come diceva lui e si definiva nientemeno che. “Agente superiore”.
Superiore alle donne, naturalmente. Alcune ragazze lo hanno denunciato ed ora la sua vicenda è nota a tutti. Ma quanti Bellomo si celano nelle aule universitarie di cui non si sa nulla?
La stessa pretesa di molte statistiche condotte a livello internazionale di stabilire una presunta parità di violenze subite dai due generi (una palese assurdità), sta prendendo sempre più piede.
In tempi di fake news potrebbe passare anche questo messaggio. Ma per quanto in buona fede (cosa della quale mi permetto di dubitare), i ricercatori non riusciranno mai a stabilire, prove alla mano, una fiaba del genere.
I cimiteri sono a testimoniare di quante donne vengono fatte fuori dai compagni senza possibilità di scampo.
La prova regina si trova li e non in ricerche che “ricercano” tesi che contraddicono persino il buon senso e la logica.

Meno peggio

Sono stanca di sentire parlare i politici a vanvera. Hanno superato tutti i limiti della sopportazione. Mi prendono in giro con una facilità sorprendente.

Ammiccano dalla tv, dai giornali, si definiscono “meno peggio” di altri o salvatori della patria.

Ma cosa sarebbe questo meno peggio? Sarebbe come dire di scegliere un vestito con le toppe cosi nel caso si rompa non serve rammendarlo?

Io non voglio scegliere il meno peggio. Vorrei scegliere quello che mi sembra il meglio. Ma dove sta?

E’ una specie di caccia al tesoro. Ho solo qualche indizio ma trovare il nascondiglio è quasi impossibile.

E non è divertente.

Meno peggio è un modo per prenderci ancora in giro. Forse lo sanno che possono esprimere solo il peggio ed allora ecco il senso: una gara a capire chi esprime meno peggio di altri.

E allora perché non dirlo chiaramente?

Per esempio, se un partito mi dicesse: guarda elettrice, noi facciamo abbastanza schifo, siamo degli incompetenti un tantino paralatobì, tra noi c’è qualche cambia casacca, appendicappello, opportunista, non interventista e forse persino qualche seminarista…ma perbacco siamo Menopeggio di altri. Possiamo fregiarci di menopeggismo, votaci e vai sull’insicuro che è sempre meglio che cadere dalla padella nel pentolone.

Perbacco, con un discorso cosi mi commuoverei, anzi, sento già una lacrimuccia cadermi dall’occhio sinistro.

Se lo trovassi un partito cosi lo voterei subito, non ci penserei un attimo.

Almeno potrei contare sulla coerenza dell’incoerenza. E invece no, tutti a dirmi che sono menopeggio ma poi non mi dicono perché, non si spiegano e non si spezzano. Ma si spezzettano.

E poi, sono tutti inca…volati gli uni con gli altri, sembra uno di quei social dove tutti si azzuffano sempre senza ricordarsi neppure perché. Dove se uno dice nero l’altro dice arancione e poi l’uno dice arancione e l’altro dice bianco e a seguire altri dicono che l’uno aveva detto arancione prima che l’altro avesse detto bianco e che avevano torto l’altro e ragione l’uno e l’altro contemporaneamente ma anche no, dipende…ma da che dipende?

Ma da che parte guardi il mondo, naturalmente. Ma se lo vedi rotondo, naturalmente c’è chi ti dice che sei in malafede perché e leggermente allungato ai poli.

Ma che sono questi poli? Ti chiedono. Ignoranti, non sanno cosa sono i poli.

Ma sono quelle cose che stanno di fronte, contrapposti, che si menano tutto il dì e vanno d’accordo solo se stanno  da parti diverse delle barricate, bene equipaggiati di “bombe” ad alto tasso di promesse elettorali.

Insomma è chiaro. Il significato di meno peggio ora l’ho capito, mi sono illuminata da sola.

Eccolo: un pugile romano a chi gli chiede come mai sia andato al tappeto, risponde: “Meno peggio de lui”…

 

Bobo

“Il centrodestra patisce l’effetto Maroni”. L’ho letta su di un quotidiano.
Io conoscevo l’effetto serra, l’effetto Maroni ancora non mi era noto.
Noto però che la battaglia per la leadership si fa infuocata. Lo “stalinista” Salvini (cosi lo ha definito il “compagno” leghista) non piace al moderato occhialuto avvocato.
Ma Salvini non ci sta a farsi offendere e replica piccato.
Ma in fondo si amano. Sono ragazzi, stanno celiando. Direbbe i redidivo.
Lui ha una ricetta per tutti: pace e bene figlioli, ci pensa papà Silvio a mettervi d’accordo.
Perché papà Silvio conosce i suoi galletti Valbrembana, sa come prenderli (per i fondelli).
Maroni ha Bossi dalla sua. Gli deve aver detto di non lasciare la leadership a quell’ingrato, che lo ha rinnegato. Bobo, no. Anzi. Si vedono in gran segreto e studiano strategie che farebbero invidia a Napoleone.
Hanno studiato un piano: Bobo conquista Arcore con la blandizie e con il look da bravo, competente ex ragazzotto rivoluzionario pentito. Arriva a Chigi, prende il comando e poi si libera, seduta istante di quel manipolo di fascinorosi dei post leghisti lepenisti.
E poi, con calma, mettono apposto anche quella sgallettata della sorellina d’Italia, troppo nazionalista per i suoi gusti, troppo romano centrica, troppo romapadrona e sempre col tricolore in testa.
Lui, Bossi, il tricolore lo aveva in ben altri posti e detesta i fanatici dell’Inno di Mameli.
Una donna che comanda? Troppo flosci ‘sti leghisti moderni per i gusti del senatur. Troppo democratici. Bobo sarà il cavallo di Troia del leghismo duro e puro, quello della prima ora, quello che non si spezza e non si spiegazza. E rimane sulle proprie posizioni a tenere alto il sacro orgoglio padano. Altro che levare il nord dal simbolo.
Un piano diabolico. Che Berlusconi comunque conosce a menadito. ma ha promesso di non rivelarlo nemmeno a Vespa.
I ragazzi si scorneranno tra loro, un po’ di palestra di vita gli farà bene e il migliore vincerà.
Tanto tra un anno Strasburgo gli ridà l’abitabilità del palazzo e Berlusconi rientrerà trionfante a Chigi e regnerà nei secoli dei secoli. Amen.

 

P.S.; scrivo questa nota avendo letto che Maroni ha dichiarato di volersi ritirare dalla politica: bella notizia, quindi?
Manda uno stai sereno a Salvini? Abbiamo dei precedenti ma mai mettere limiti alla provvidenza.(14.1.2018)

Opportunismo made in Italy

“opportunismo s. m. – Comportamento per cui, nella vita privata o pubblica, o nell’azione politica, si ritiene conveniente rinunciare a principî o ideali, e si scende spregiudicatamente a compromessi per tornaconto o comunque per trarre il massimo vantaggio dalle condizioni e dalle opportunità del momento”.

Questa è la definizione che il dizionario da di un termine molto usato quando si voglia definire il comportamento suddetto. Lo troviamo in politica al massimo della sua potenzialità. Lo vediamo messo in opera da tutti i politici di qualsiasi formazione e ideologia: chi più, chi meno, tutti, prima o poi ci cascano. Magari esistono delle buone eccezioni, ma la normalità mi dice che l’opportunismo è sempre all’opera quando si tratta di politici.

Messo in atto sia per ottenere favori per se stessi, familiari, amici, o la propria parte politica, sia per favorire potentati, lobbies comunque personaggi che hanno un peso sulla scena pubblica e possono interferire con gli interessi di questo o quel partito. Ne abbiamo avuto e ne abbiamo prova tutti giorni, facciamo fatica a stargli dietro.

Non si salva nessuno. Ma, quasi sempre, si salvano tutti: conflitti d’interesse, insider trading, voto di scambio, abuso d’ufficio…che più ne ha…e ne abbiamo, volendo, ne abbiamo fin troppo. Ci siamo abituati, commentiamo distratti: ah si? Ma davvero? Lo dicono i giornali? La tv? Vespa? Floris? Le opposizioni? I marziani?

E va bene, ma che sarà mai? E’ normale, c’è chi ha la bocca larga, chi la manica, chi non sa tenersi il cecio in bocca e chi è chiaramente un gran para…spifferi.

Siamo indulgenti, increduli e tutto sommato anche un tantino creduloni. Ci crediamo nell’innocenza di questo o quel politico perchè tanto, via lui, ne arriva subito un altro a prenderci per i fondelli e allora? Facciamo due fatiche, la prima nell’indignarci, la seconda nello scegliere chi altro potrebbe rappresentarci, impresa sempre più ardua. E poi, magari, magari, vuoi vedere che se dovesse capitarci di trovarci in qualche situazione, diciamo disagevole e per uscirne dovessimo usare un po’ di savoir vivre  e diventare tanto opportunisti tanto quelli dei quali dovremmmo indignarci…allora è meglio trovare mille giustificazioni e motivi extra validi per assolverli in toto, o in parte.

Il vizietto vale anche per la cosiddetta “società civile”. Che tanto civile, poi a voler guardare non è, almeno non sempre. Di opportunisti ce ne sono a bizzeffe dovunque e in qualsiasi situazione. Trovano di che vantarsi o di che fregiarsi o di che  guadagnare o di che saltare le regole, o non rispondere delle proprie responsabilità o delle loro stesse affermazioni,( magari indignate)… sempre per il proprio tornaconto o quello degli amici o parenti stretti o larghi che siano.

Siamo un popolo di opportunisti? Mah, veramente qualcuno lo toglierei da questa lista lunga, ma poi non proprio tantissimi.  Un opportunista potrebbe essere, per fare un esempio, qualcuno che, magari alla guida di una nave, dice …ma si, vai pure a dritta, quando sa che a dritta potrebbe finire contro gli scogli, perché in quel momento non è troppo lucido o perché ritiene che andare a dritta gli convenga per qualche recondito motivo, anche se cosi facendo potrebbe mettere in pericolo molte vite.

Quando poi finsice sugli scogli, che fa? Opportunista com’è, si toglie dai problemi e scende a terra prima che la nave sia stata evacuata. E quando qualcuno, dalla capitaneria di porto gli dice: “torni a bordo, ca…”, lui si stupisce di questo ordine cosi sgraziato e protesta pure. L’opportunista non ha il senso delle proporzioni. Chi più, chi meno.

In genere fa tela con gli amici. Gli servono , li usa per i propri scopi senza alcuna remora, Si circonda da relazioni familiari strette, se ne fa scudo e le usa, allo stesso modo. Tale quale come in politica.

Quindi, siamo bene rappresentanti. Naturalmente a seconda dei punti di vista, o di svista. Anche in questo caso vale l’opportunità momentanea e del tutto made in Italy.

Uomini vittime

Riporto qui una mia lettera comparsa oggi su “Italians” del Corriere della Sera, al fine di ampliare quanto più possibile la discussione su un tema molto difficile e delicato:

Per “studi riportati”mi riferisco ad alcune ricerche citate nella lettera di un lettore che, nei giorni scorsi ne aveva riportato in sintesi i contenuti.
Gli studi citati sono:
Archer et al, 2000 e 2004
Macri et al. 2012

Quattro marzo

Da Fazio, Gentiloni ha detto che il Pd ha una buona squadra ed è l’unico in grado di governare il paese. Il paese che non deve rischiare tutto votando dei partiti non in grado di governare. Così, parlò.

Lo confesso, Fazio mi sta antipatico, non lo guardo. Ma neppure Gentiloni mi ispira grande simpatia. Ma ho dato un’occhiata al video e mi ha fatto una gran pena. Non è convinto neppure lui di quello che dice. Ma la forma viene prima della sostanza quando si occupa un posto come il suo.

Ambizioso non sembra e sa che Renzi scalpita. Il candidato premier del centronistra dovrebbe essere lui.

Lui che appena poco tempo fa disse, spergiurò, che se non avesse vinto al referendum avrebbe lasciato per sempre la politica. Gentiloni è il frutto di quella mancata promessa. Quale credibilità può avere uno che è subentrato per fare quelle ” quattro cose”, per tenere in piedi un governo che traballava dopo la clamorosa sconfitta al referendum del 4 dicembre 2016?

Si è dimostrato capace, ha portato avanti il lavoro, ma niente di più. Non è credibile. Ed è proprio il primo lui a non crederci.

Il Pd a guida renziana si è dimostrato incapace di governare, non solo, ha prodotto ancora più disuguaglianza ed ingiustizia. Ed ora siamo ancora in mezzo alla palude, la stessa che Renzi aveva detto che avrebbe bonificato.

Anzi, lo siamo più che mai dopo cinque anni persi che avrebbero potuto essere usati per dare davvero slancio ad un paese sempre più stanco ed incarognito.

Abbiamo ancora un quattro che incombe. Il 4 dicembre, il 4 marzo, la quarta gamba del centrodestra…

Il quattro è il numero degli elementi: terra, aria, fuoco e acqua, in numerologia rappresenta la terra, quindi la stabilità, il contatto con il suolo, la solidità. Ma il quattro è anche un brutto voto a scuola. Quarantaquattro sono i gatti, in fila per sei col resto di due e quattro sono sempre le “cose” da fare nei governi che non riescono mai a farle. E quattro gatti sono i partecipanti alle feste poco gettonate.

Insomma, si è capito, non mi suona bene il quattro, meno che mai in questo caso. Meglio sarebbe stato un bel 10 o 13 marzo, come data per il voto. Perché, se la sua positività consiste nell’essere il numero della solidità, potrebbe anche significare, in forma negativa, l’impossibilità di uscire da una “quadratura” che ci impedisce di progredire.

Ad Arcore, ieri, pare che i centrodestri abbiano trovato la “quadra”. Con Berlusconi le quadre si trovano sempre, lui dice sempre di si a chi vuole che lo accontenti e che faccia quello che vuole lui, Ha sempre l’aria di essere condiscendente, ma poi fa sempre quello che vuole. Ci cascano sempre tutti. Ci sono cascati anche gli scafatissimi Salvini e Meloni. Tanto, hanno pensato, poi ti freghiamo noi, quando sarò quel dì.

Cosi siamo messi e noi dovremmo votare questa gente? Vogliono tutti togliere e mettere. Ma non si smentiranno: toglierano a noi e metteranno, sempre a noi, qualcosa, che non si può dire.

Ho l’impressione che ci ritroveremo al governo un tavolino per sedute spiritiche le cui quattro gambe: Berlusconi, Salvini, Meloni, Renzi, saranno traballanti ma si reggeranno le une con le altre. Premier potrebbe essere Maroni.

E’ vero, c’è qualche nuova formazione che promette di mettere e togliere, come si usa, ma dovranno, forse , farsi quattro ossi all’opposizione.

E qui però, mi sento un senso di vertigine e devo prendere una pausa.

Ci risentiamo quando avrò riacquistato un minimo di equilibrio,vado a mettermi una zeppa sotto ai piedi. Quadrata non sono mai stata.

N.B. Vorrei assicurare i miei quattro lettori che non sto dando i numeri, almeno non più del solito.

I belli della politica

Mi dispiace dirlo, ma Virginia Raggi, non è un mostro di simpatia. D’accordo, non è richiesta la simpatia per governare una città ma ben altri requisiti. Ma qui, mi sembra che già i ben altri siano scarsi, la simpatia, invece, almeno per quanto mi riguarda, è nulla.

Però,  dopo averla vista in alcune foto recenti, infagottata in un cappotto nero una taglia più larga, con la fascia tricolore ed una faccia che dire da funerale è usare un eufemismo, un po’ di simpatia me la fa.

Pensare che prima della sua nomina avevo un po’ tifato per lei, ma solo in quanto donna, coi cinquestelle non vado troppo d’accordo. Beninteso con “l’ideologia”, dei cinquestelle. Singolarmente, a parte Lombardo e Crimi che mi stanno sull’anima dai tempi del famoso screaming con Bersani e Grillo, il quale non mi era granché simpatico nemmeno quando pretendeva di farmi ridere (anche se qualche volta c’è riuscito), non mi dicono niente.

Anzi, direi che Di Maio e Di Battista mi sono quasi simpatici, almeno sono due bei ragazzi e di “bellezza” in politica, a parte le eccezioni, se ne vede ben poca. Ma non vorrei che Di Maio puntasse troppo sul suo fascino, non vorrei che mi diventasse il “commissario Manara ” della situazione. Diciamo che con l’attore della famosa serie tv (finita troppo presto, mannaggia, con tutti i Lini Banfi e Don Mattei che ci dobbiamo sorbire, potevano anche prolungarla un po’) non ha molte analogie, ma forse quell’atteggiamento da “guardate donne come sono bello e caracollo gol gilet fantasia”, si. E sull’elettorato femminile i cinquestelle contano molto. Pensano (loro), forse, che l’elettorato femminile sia un tantino più,… diciamo, distratto dalle tematiche politiche in quanto tali e che sia attirato di più dall’involucro, dal “contenitore” del politico più che dal suo “contenuto”. Mah, questa del fascino latino deve essere un’ideona dello stratega Casalino che sinora non ha sbagliato un colpo  e infatti, Di Maio non va neppure a prendere un caffè senza che Rocco lo abbia prima notiziato circa il miglior modo di tenere la tazzina in mano.

Ma in fondo tutti i torti non li ha: parlo in generale, le donne a dire il vero la politica spesso, non dico per tutte eh, badate bene, ma spesso, la confinano ai titoli di coda, al massimo dello sbadiglio, quando manca proprio poco per prendere sonno e allora, per fare bei sogni, un Di Maio o Di Battista, sono consigliati tanto quanto una bella tisana di tiglio.

Ma torniamo alla Raggi. Dicevo, l’ho vista in una foto recente: fronte aggrottata, occhio sperduto, forse in crisi ipoglicemica (mangia poco la sindaca, le mancano i panini sul tetto del Campidoglio con Romeo) somiglia, (con tutto il rispetto) un pochino a Spelacchio, l’ormai famoso albero di Natale, il secondo dell’era Raggi, morto ben prima che nascesse il Bambino. E’ una tradizione ormai che gli alberi natalizi dei cinquestelle facciano ridere il mondo per quanto sono brutti, eppure sono costosi, ma niente da fare, l’aria di Roma non gli giova. A dir la verità non giova neppure ai romani con l’olezzo di pattume stabile col quale devono convivere. A questo proposito hanno chiesto collaborazione al Pd (ma nessuna larga intesa) e Bonaccini, governatore dell’Emilia gli ha aperto la porta (dell’inceneritore), ma il cinquestelle Dell’Orco (chi sarà con questo nome evocativo?) gli ha mandato a dire che i rifiuti glieli mandano solo per fargli un favore, ma non c’è bisogno di farsi belli coi rifiuti altrui, bastano i propri (ed ha postato su FB un cassonetto ridondante dalle sue parti).

Insomma, povera Raggi, non le fa proprio un ottimo pro questa sindacatura, credeva meglio. E’ un lavoraccio.

E ora che avrebbe dovuto comparire il 9 gennaio prossimo all’udienza preliminare davanti ai giudici per difendersi dall’accusa di falso ideologico, ha dovuto dire un’altra bugia. Ma la perdoniamo,  poca cosa, ogni tanto una piccola bugia si può dire quando dire la verità sarebbe troppo imbarazzante per gli “amici”. Ha chiesto il rito abbreviato  e ha ottenuto di spostare al 21 di giugno l’udienza. Cioè a giochi fatti, Cioè, secondo i cinquestelle, quando si saranno presi tutto il cucuzzaro e mangiato il tonno senza lasciare neppure la lisca ammesso che i tonni ce l’abbiano).

E questa piccola bugia che ha dovuto spargere ai quatto social in un tweet, la disturba.  Ma si, si vede, che la disturba. E cosi sicura della propria innocenza che può aspettare qualche mese per mandare avanti l’asportazione di questo piccolo ma fastidioso neo sulla sua strada lastricata di  (in)successi. Ma le secca, prima se lo toglie  e meglio è (se se lo toglie).

Non gliene va bene una, persino gli alberi di Natale si rifiutano di collaborare. Le avevano detto che governare Roma era un impresa titanica ma lei si era prestata con uno slancio generoso e disinteressato, ma questo è troppo.
Una bugia oggi, una falsità domani, non sono certo gradite ai romani. Ma, per ora, fanno con ciò che hanno.

Accontentarsi è una virtù.