Una fra le tante

In questi giorni la cronaca è rivolta soprattutto alle vicende internazionali e ai problemi della politica e del governo.

Sembra che il fenomeno del femminicidio, dopo la sentenza di Turetta, sia finito nel dimenticatoio.

Ci sono casi di donne che scompaiono e non vengono ritrovate che dopo anni. Questo è il caso di una diciannovenne uccisa a lato di una strada a Los Angeles e rimasta sconosciuta per 46 anni. E’ una storia molto complicata. Io non intendo scendere nei dettagli. la cito per introdurre un racconto di una scrittrice che ne ha colto con profondità uno degli aspetti più inquietanti di queste scomparse: l’indifferenza con la quale sempre più spesso vengono accolte queste notizie.

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L’anello di Reet


Dormivi abbracciata al ramo di un albero che ti impediva di precipitare sul
fondo di un canyon. Cinque metri sopra di te, Mulholland drive. Non so
come ma io ero lì, con te. Ti sussurrai le parole che avevi scritto quando
eri ancora in Canada “Il passato è un sogno, il suo ricordo indugia ancora”.
Tu ti svegliasti e mi chiedesti qual era il tuo nome. Reet, risposi, che
significa perla. Tu avesti la sensazione che il tuo vero nome fosse come
una perla sparita in un calice di vino, tutti ti chiamavano con il nome di
quel vino e nessuno scorgeva la perla che risplendeva dal fondo. Mi
chiedesti se avevo uno specchio, perché volevi vedere il tuo volto. Io non
avevo uno specchio, ma avevo con me un mazzo di tarocchi ispirato
all’arte di Alfons Mucha. Tu amavi l’arte, volevi diventare tu stessa
un’artista. Estrassi la carta che ritraeva la Temperanza con le fattezze
della Sammaritana di Mucha, quel poster di cui una copia si trova anche al
Los Angeles County Museum of Modern Art. Guarda come ti somiglia, ti
dissi. Hai gli stessi capelli naturalmente biondi e ondulati come i raggi del
sole nascente, gli stessi occhi verdi come il mare che culla il sonno del
sole. Ti dissi quel che nel Libro di Thoth è scritto a proposito di questa
carta: “Dissolvi la perla nella coppa di vino, bevi, e rendi manifesta la virtù
di quella perla”. Tu ti mettesti a piangere ed era come se le tue lacrime
fossero perle che sparivano in un calice di vino. Quando ti chinasti per
accostarvi le labbra il vino del tuo falso nome si dissolse e la perla del tuo
vero nome risplendeva nella bellezza della tua anima. Sono tanto triste,
mi dicesti, perché per me sarà per sempre Novembre. No Reet, replicai. Al
tuo anulare porti un anello ornato da un granato rosso sangue ed Il
granato rosso è come un seme della melagrana di Persefone. Presto
giungerà la primavera ed il sanguinoso sole di Los Angeles, il “bloody red
sun of fantastic L. A.” cantato dal tuo amato Jim Morrison, ti restituirà il
sangue che hai perduto e tu riemergerai lungo il ciglio di Mulholland
drive. Avrai il sorriso di chi è felice di riprendere il proprio cammino, ed il
tuo anello scintillerà al sole. In memoria di Reet Jurvetson ( 1950 – 1969 )

Eva Colombo

4 commenti su “Una fra le tante”

  1. Racconto commovente e poetico, illuminato da riferimenti artistici, che ridà valore all’unicità della vita contro l’assuefazione alle mille vittime di brutale violenza.

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  2. Ne hanno uccise tre nel giro di pochi giorni. Tre donne che credevano che i loro compagni le amassero…e invece.
    Una se l’è portata nel borsone dopo averla uccisa e l’ha scaricata come un pacco di spazzatura dentro qualche anfratto di un fiume, non ricorda neppure dove.
    L’assassino si difende e dice che non voleva uccidere è stata una disgrazia, un gioco erotico finito male…già, questo ha più fantasia di altri …
    E mentre per la povera Giulia l’Italia si è fermata e ne ha raccontato la storia nei particolari con tanto di pulpiti vari dati ai familiari per ricordarla e per lottare perché nessuna faccia la sua fine…di queste tre povere donne si sa appena il nome e poco altro. Questi tre assassini improvvidi erano anche loro soci del patriarcato?
    Eccole:
    https://www.rtl.it/notizie/articoli/in-italia-si-allarga-la-piaga-femminidici-storia-di-tre-donne-che-si-fidavano-del-loro-compagno/

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  3. Signora Gazzato, mi pare che questi problemi siano trattati per “campagne”, cioè non in modo sistematico nella quotidianità. Ogni tanto un caso clamoroso fa impennare l’attenzione dei media sul problema, poi, per un po’, si parla d’altro (per esempio, degli incidenti sul lavoro).
    Non ho citato a caso queste due problematiche, perché sono quelle che sono maggiormente strumentalizzabili dalla politica. La battaglia femminista è tradizionalmente un tema di sinistra. A maggior ragione gli infortuni sul lavoro sono cavalcati dai sindacati di sinistra per tenere viva la lotta di classe tra padroni sfruttatori e lavoratori sfruttati. Nessuno, invece, come avevo già accennato, si occupa degli infanticidi, che sono il 50% in più di femminicidi, perché non si prestano – almeno finora – ad un utilizzo politico, così come si parla abbastanza poco degli incidenti stradali e dei morti per droga.
    Molti si chiedono perché i femminicidi – che sono costantemente in diminuzione, non diminuiscono ancora più velocemente fino a portarsi a zero. Probabilmente, perché le motivazioni strutturali del fenomeno (patriarcato ecc…) sono state quasi del tutto eliminate, e rimangono per lo più i casi anomali, eccezionali, sui quali c’è poco margine per fare prevenzione.
    Fermo restando che gli assassinii sono sempre troppi, ci deve consolare che i femminicidi in Italia sono il 60% di quelli della Germania, appena il 50% in più che in Svezia, e 8 volte meno che in Estonia.
    Credo che siamo arrivati a valori che potranno continuare a diminuire sempre più lentamente, perché, eliminate quasi completamente le motivazioni culturali, restano quelle naturali. In natura, tra i mammiferi, i maschi sono più forti e più aggressivi, perché abituati a competere con gli altri maschi. Molto più frequente che un leone uccida una leonessa che il viceversa, e noi, nel profondo, sempre animali siamo.
    R
    c’è davvero da stare allegri, secondo Lenzini sono state eliminate le motivazioni “strutturali”. Meno male che sono in diminuzione, non ci preoccupiamo, vanno a ondate come i saldi di fine stagione, vanno per “campagne”…
    Quelli sono bestie non animali, lasci perdere gli animali che non c’entrano con queste aberrazioni.

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