Sostiene Kamala che l’America ha l’opportunità di mandare a casa un dittatore, un “petty Tyrant”, uno che pensa a se stesso e a fomentare odio contro gli immigrati e a punire “the enemies within”, cioè i suoi nemici politici ai quali ha già promesso che manderà l’esercito contro. Le due parti si contrappongono nel finale di partita, si contendono soprattutto i sette stati che determineranno la vittoria dell’uno o dell’altra. L’uno con parole di odio e di disprezzo verso tutti gli immigrati e verso chi non la pensa come lui e non è disposto a baciargli le suole delle scarpe. L’altra, definita nei modi peggiori, sessisti e razzisti, decisa a migliorare le condizioni di vita di tutti gli americani senza distinzione, favorire la libertà delle donne di scegliere se abortire e di riportare nel paese un clima disteso, democratico e solidale.
I due candidati alla Casa Bianca sono entrambi in un modo o nell’altro, decisivi non solo per il destino degli americani, ma del mondo. Donald Trump ha già detto che con lui le guerre in corso finiranno e questo potrebbe essere un ottimo auspicio. Ma come? Come intende lui, cioè con la vittoria di altri tiranni come lui e la fine delle speranze di libertà degli ucraini e certamente nessun valido aiuto per la tragica situazione dei palestinesi.
Mentre Kamala Harris non ha formalmente fatto troppe roboanti dichiarazioni in merito ai due conflitti principali che tengono il mondo col fiato sospeso, ma ha dimostrato solidarietà per chi soffre, sia un’ Ucraina che ha diritto – ha detto – alla propria sovranità, sia in Medio Oriente dove la situazione è esplosiva, tragica per i civili nella striscia di Gaza e ovunque Israele stia colpendo militarmente.
La decisione ora è nelle mani degli americani che andranno alle urne a breve e hanno una enorme responsabilità. Quella di consegnare le chiavi del potere ad un personaggio instabile, pregiudicato con sentenze in attesa, egoista e concentrato su di sé, vendicativo e pericoloso oppure ad una donna che ha davanti a sé un compito immenso e molto gravoso ma con una forte determinazione e una rara carica vitale tese a difendere i valori della libertà e della democrazia in un paese che è tragicamente diviso e con visioni diametralmente opposte.
Sperare che vinca il migliore è banale e inadeguato, sperare che vinca “la migliore” è, mai come adesso, fondamentale.