Un diritto umano

L’amicizia tra Teo Teocoli e Adriano Celentano sembra finita miseramente.

I due hanno litigato? pare di no, semplicemente Adriano non risponde alle chiamate di Teo. Lo dice proprio Teocoli: non mi risponde al telefono. Si è sfogato con la stampa e ha tirato fuori un rospo che aveva da anni in gola e che non gli andava né su né giù. Dispiace sempre quando finisce un’amicizia, può finire per mille motivi o semplicemente perché doveva finire: nulla dura in eterno. Ma a Teo sembra dispiacere molto, soprattutto il fatto che sia finita dopo tanto tempo senza che ci sia un motivo, almeno apparente. E non si dà pace. Fa delle congetture, parla di Claudia Mori che sarebbe un’arcigna “badante” del marito e forse è stata proprio lei a vietare a Celentano di tenere rapporti con Teocoli. Anche se lo stesso non sa darne una spiegazione. Ma una risposta alla fine dal cantante l’ha avuta: gli ha detto che non risponde al telefono perché gli vuole bene. Al ché il mistero per il povero Teo si infittisce ancora di più: ma che bene sarebbe quello che gli nega anche un ciao al telefono?

Roberto Saviano è intervenuto ed ha detto la sua:

“«L’amicizia si esaurisce e, per commercio abitudinario, vogliamo credere che si possa avere una costanza fatta di consuetudine. Le cose in realtà finiscono, il che non significa che ciò che è stato vissuto è falso, o caduco, o illusorio. In questa risposta di Celentano ci ho visto un’incredibile saggezza».

Mah, io nelle parole di Saviano ci vedo solo una incredibile supponenza. ma che ne sa? Ma di che s’impiccia? Certo che l’amicizia, come l’amore, si può esaurire, ma dire che non si risponde ad un amico perché gli si vuole bene sembra una presa per i fondelli. Se si vuole bene si risponde. Magari si dice: guarda è meglio se non ci sentiamo per un po’, magari ci si può inventare che l’età, gli acciacchi, le delusioni familiari (che ci sono sempre) i problemi che hanno anche gli straricchi e gli strafamosi, possono creare depressione, rabbia, o altri sentimenti negativi che non ci si sente di condividere neppure con gli amici di una vita, come per esempio la paura della vecchiaia e della morte. E non serve neppure inventare perché è umano avere problemi ed è umano persino non volerli condividere per una forma di pudore o magari perché non si vuole far intristire l’amico…tutto condivisibile.

Ma, Adriano, eddai, Teo ci soffre, si vede, si capisce, chiamalo e digli perché non gli rispondi, non è da te comportarti così e non è affatto saggio ma vile. Sì, vile. Perché la vita è anche questo: non solo successo ma tanto dolore e tanti problemi e se non li condividi, almeno in parte con gli amici, se non ti rimetti sempre in gioco, quel bel “gioco” che è l’amicizia quel bellissimo “gioco” (ancora di più) che è l’amore, fino all’ultimo dei giorni (che non possiamo mai sapere quando arriva), allora si rinuncia ad essere umani ed è una rinuncia che non fa del male solo a noi ma a tutti quelli che hanno condiviso con noi tanta o anche poca parte della nostra vita ed hanno il diritto di sapere perché non rispondiamo alle loro chiamate. Un diritto decisamente umano.

4 commenti su “Un diritto umano”

  1. Signora Gazzato, Saviano pensa che aver scritto un romanzo sulla Camorra gli dia la patente di opinionista capace di elargire perle di saggezza su qualsiasi argomento. Non è colpa sua, ma di quelli che lo invitano e lo fanno parlare.
    Un altro che ha lo stesso atteggiamento è Roberto Vecchioni, che, se non avesse scritto a suo tempo “Samarcanda” non se lo filerebbe nessuno.
    Il caso Teo-Adriano mi sembra una questione di lana caprina.
    Chissà cosa avrà voluto dire Celentano, che già dava risposte paradossali 20 anni fa; figuriamoci oggi …. . Paradosso per paradosso, preferisco quelli di Oscar Wilde.
    Per me l’amicizia va di pari passo con la frequentazione. Un mio caro amico è andato 20 anni fa a vivere in Polonia e ormai non ci sentiamo più.
    Però, se mi chiamasse, gli risponderei e farei volentieri una chiacchierata, e così farebbe lui. Lo stesso vale per altri amici che ho in giro per l’Italia.
    Non cercarsi più humanum est; non rispondere, diabolicum.
    R
    credo che Celentano volesse digli di lasciare perdere perché lui si sente diventare fragile e la moglie lo tiene al guinzaglio.

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    • X signor Lenzini: comunemente definisco come amico una persona con la quale ho avuto rapporti o contatti in varie fasi della mia vita. Non necessariamente deve essere uno che mi ha donato il suo rene, ma puo anche essere uno con cui ho passato gli anni dell’universita insieme. Anche vivere insieme un momento di emozione , crea un rapporto di amicizia, come un amico di Pordenone con cui ho fatto il primo lancio da militare od un amico messicano con il quale abbiamo lavorato un anno per un progetto di successo. Un amico è come una bicicletta : anche se la riprendi dopo anni , ci sai sempre andare. Anche a me ha chiamato k’attenzione il caso Teocoli / Celentano. Non conosco nessuno dei due, ma da quel poco che ha detto Celentano ho l’impressione che ci sia stato un prblema su un copine di uno spettacolo. E quando ci sono di mezzo soldi e vanità di un uomo di spettacolo sono dolori.

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  2. Ho letto l’articolo di Saviano e, pur non simpatizzando per il personaggio, ho capito cosa intende al di là del riferimento a Celentano e Teocoli. Praticamente abbiamo perso il diritto alla irraggiungibilità, ed è vero. Io poi che dalle statistiche guardo lo schermo del telefono in media 4 minuti al giorno, mi sento sempre rinfacciare che non leggo i messaggi e non rispondo, nemmeno fossi della Protezione Civile.
    Nel caso specifico però sono convinto che 2 righe in più di spiegazione a Teo si potessero spendere, ma sappiamo che Adriano, dei suoi silenzi, ha fatto un brand.

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  3. Mauro, concordo sul problema della raggiungibilità.
    Gli smartphone ci hanno cambiato la vita.
    Io non metto gli avvisi sonori su Whatsapp per non avere rotture di scatole mentre faccio cose, e qualcuno mi rimprovera per non aver letto il suo messaggio.
    Mi sembra paradossale che proprio ora che le telefonate in voce, non solo tramite WA, ma anche tramite la normale rete telefonica, normalmente sono gratuite, si sia persa la sana abitudine di parlarci, e sia invalso l’uso di scriverci.
    A volte ci voglio 3 o 4 messaggi per chiarire quello che si poteva chiarire a voce in un minuto.
    E’ comprensibile lasciare un messaggio quando la persona non risponde, ma sarebbe logico provare sempre a chiamarla in voce come prima opzione.
    Solo una chiamata in voce garantisce che la comunicazione è andata a buon fine.
    Io, a volte, non richiamo neanche chi mi ha chiamato senza avere risposta, a meno che non sia un interlocutore che mi interessa particolarmente. E’ lui che vuole parlare con me; non io con lui. Se gli interessa, mi richiamerà.
    Il telefono serve prima di tutto al proprietario; non è uno strumento di reperibilità, a meno che non ci siano specifici impegni con il datore di lavoro o con determinate persone.

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