Il fiume è una presenza molto diffusa nel mio territorio.Ogni giorno, durante la mia passeggiata quotidiana ne costeggio uno, ma ce ne sono miriadi: fiumi, fiumiciattoli, rii e canali e canalette, dighe, chiuse…laghetti artificiali e naturali, è tutto cosi, dovunque. La presenza dell’acqua è una compagnia piacevole e della quale neppure mi accorgo tanto è costante.
Dovunque mi giri si vede il fiume che attraversa la mia città e si gira e rigira a volte pigramente e a volte con più forza, si ingrossa e ritorna placido dopo i temporali, va in secca durante le estati siccitose o arriva quasi a tracimare negli autunni particolarmente piovosi.
Ci sono abituata, da sempre. A volte fa un po’ paura. E, anche se è successo che in qualche punto abbia, a volte, rotto gli argini , ma non ha mai causato danni troppo gravi. In più punti è stato deviato, cementificato, costretto a prendere altre direzioni, ma non ha mai “protestato”, si è sempre adattato al nuovo corso e ripreso a scorrere tranquillamente mimetizzandosi con il paesaggio circostante e impreziosendolo.
Quello di cui parlo non è un gran fiume, ma un piacevole corso d’acqua ombreggiato sulle due sponde da una fitta vegetazione e dove famigliole di uccelli acquatici trovano il loro habitat naturale. In questo periodo ci sono molti nuovi nati ed il percorso che faccio quotidianamente ne è piacevolmente affollato.
Sono presenze deliziose che accompagnano il tragitto che giorno dopo giorno si fa sempre più verde e punteggiato di fiori e impercettibilmente ma decisamente, cambia, si trasforma si tinge e scolora a seconda delle stagioni ed è quella metafora della vita che ben conosciamo.
“Il fiume scorre lento, frusciando sotto i ponti, la luna brilla in cielo, dorme tutta la città…” dice una strofa di una celeberrima canzone di Domenico Modugno: “Vecchio frack”. E’ una canzone splendida soffusa di maliconia e con un sottofondo di lieve e velata ironia. Il fiume ne è il protagonista, il fiume che rende poetica anche una storia tragica. Il fiume che ci ricorda che tutto scorre e tutto passa, tutto arriva a destinazione, il fiume che nasconde segreti ma è capace di riportarli a galla e farci ritrovare e riscoprire consapevolezze che credevamo perdute.
A guardarlo, ogni mattina, mentre gli cammino accanto e lo osservo distrattamente, mi capita di sentirmi una parte del panorama.
Mi mimetizzerei anch’io, volentieri tra le acace fiorite e a volte invidio il profumo che emanano, soprattutto la sera, e mi vedo traformata in quell’unico ontano che da anni è rimasto solo dopo che gli altri due che gli crescevano accanto , sono stati abbattuti da un furioso temporale. Sembrava cosi solo e disperato qualche tempo fa, ma ora ha ripreso vigore ed è cresciuto cosi rigoglioso da non far più rimpiangere i suoi fratelli scomparsi. Ed emana una forza vitale talmente luminosa da sembrare fornito di una anima e chissà che non ce l’abbia davvero nascostra tra i cerchi concentrici che formano il suo grosso e robusto tronco, sviluppatosi negli anni ed ora cosi maestoso e ricco di sana autorità. A voler significare che dopo la tempesta, qualunque tempesta, quello che sembrava mortificato e incapace di reagire, ritorna presto a riprendere forza e nuova vita, più forte di prima.
Questo racconto l’ho scritto due anni fa (in primavera). Oggi dopo due giorni di pioggia fitta e incessante il fiume è in piena e scorre velocemente verso il mare torbido e inquietante. La pioggia ha inondato le strade di pozzanghere che sembrano laghi e anche il prato dietro casa è allagato. Speriamo bene. Di solito il Muson si comporta bene, arriva fino ad un certo punto poi scorre e testardamente rimane dentro gli argini. Ma se non si ferma questa pioggia non lo so che cosa possa accadere. Vedremo. Oggi non scorre per nulla lento…ma sembra un torrente di montagna.
Bello il primo raccontino, condivisibile la preoccupazione per quello che sta succedendo oggi.
Credo che si debba fare qualcosa.
Dove si sono costruite dighe o bacini di espansione le piene sono sparite o quasi (vedi Firenze).
In più questi depositi restituiscono l’acqua nei periodi di siccità.
Il prezzo da pagare e l’allagamento di vaste zone di campagna coltivata o spazi naturali, ma meglio allagarli in maniera programmata che lasciar fare al fiume.
Ai tempi dei Lorena a Grosseto costruirono il “Canale diversivo” che convogliava l’acqua in eccesso verso la palude di Castiglione della Pescaia evitando che allagasse la città e anche in altre regioni si erano costruite opere protettive.
Oggi è più difficile realizzarle perché tanti, dai proprietari dei terreni alle associazioni ecologiste, si oppongono, ma credo che sia una strada inevitabile. Per poterci godere i fiumi bisogna metterli in sicurezza.
Ricordavo di aver letto questa bella descrizione dello scorrere di un fiume e del suo ambiente di piante e di piccoli animali acquatici, nonché le considerazioni esistenziali da esso suscitate. Il fiume è segno di vita, ma anche dello scorrere inesorabile di essa, e se rompe gli argini evoca distruzione e morte.
Qui, a Catania, scorre un fiume sotterraneo, l’Amenano, rimasto “schiacciato” da una antica colata lavica, sotto cui cerca varie vie di uscita. Stessa sorte è toccata nella provincia, al fiume Aci, il pastorello della leggenda innamorato della ninfa marina Galatea, ucciso dall’ira del geloso Polifemo, e trasformato in fiume dalla sua amante, rimanendo così uniti per sempre. Da esso prendono il nome diversa località etnee, Aci Castello, Aci Trezza, Aci Reale etc.
Ma c’è anche un fiume vero nella vicina piana, il Simeto, fiume sonnolento che nasce dall’Etna, il cui ponte di Primosole fu teatro di una cruenta battaglia nella campagna di Sicilia della seconda guerra mondiale.
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R
molto belle quelle immagini, suggestive, sembrano dei quadri di grandi pittori ( o lo sono)?
A quattro anni sono finita dentro un ruscelletto che correva vicino a casa dei nonni (più un fossato), cercavo di cogliere delle margherite sulla riva e ci sono finita dentro. Ricordo solo di aver gridato aiuto poi sono finita sott’acqua. Mi hanno salvato in extremis i miei zii accorsi alle mie grida e mi hanno portato in casa fradicia e infreddolita e poi mia nonna che mi lavava con una spazzola di crine e il profumo forte di lavanda che aveva messo nell’acqua e la collana di aglio che mi costrinse a portare per qualche giorno. Ricordi indelebili che ogni tanto affiorano e che ho già descritto qui, mi pare.
Quel ramo del Muson che descrivo corre proprio in centro e recentemente il Comune e la Regione hanno investito molto per rinsaldare e alzare gli argini, ripulire i fondali e costruire un altro ponte di attraversamento pedonale, lavori grossi che sono durati due anni, per fortuna l’ontano che descrivo è rimasto, temevo lo abbattessero perché molto grande e molto in riva avrei pianto di sicuro a perdere un amico così, ma per fortuna resiste. In questi giorni il fiume scorre rapidissimo, è sempre in piena e lambisce il ponte che lo attraversa e che porta in centro, fa un po’ paura ma sappiamo che rimane sempre dentro gli argini e che è sempre molto monitorato da un sistema molto efficiente di chiuse che vengono aperte quando arriva a livello di guardia.
“Bella” avventura quella che ti è capitata da bambina, fortuna che ne sei uscita solo bagnata e immagino con una gran paura. A proposito di certi emblemi, come per te lontano, che rischiano di scomparire, qui, nella scogliera che da Catania scorre per una quarantina di chilometri verso nord, nel vicino paese di Acicastello, si ergeva una rupe cui davamo i nome di “Testa del leone” per la somiglianza al grosso carnivoro africano. Soprattutto al tramonto incuteva timore quasi si dovesse svegliare dal suo sonno per cominciare la si caccia notturna. Purtroppo, per costruire il lungomare, questo monumento naturale non è stato risparmiato.
Oggi le autorità di Catania discutono se abbattere un altro “monumento” della città, gli “Archi della Marina” si cui scorre la linea ferrata, per dare posto ad anonima passeggiata con aiuole destinate ad appassire: gli “affari” dispendiosi e inutili urgono senza neppure preservare le testimonianze storiche. Ovviamente, i cittadini sono fortemente contrari, speriamo si darà credito alle loro proteste.
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R
molto belli quegli archi, sarebbe un delitto abbatterli.
Ricordo che ho scritto una poesia (passatemi il termine) per una fila lunghissima e meravigliosa di pini secolari che abbellivano un viale di una cittadina molto bella e molto nota poco distante da qui. Ogni volta che ci andavo mi piaceva percorrere quel viale e sentire il profumo pungente che proveniva da quei tronchi e dalle chiome, una sensazione molto estraniante ora vedere quel viale spoglio con una fila di alberelli rinsecchiti che non riescono a crescere nonostante siano passati dieci anni.