Lo sport preferito da Giorgia

La censura è una cosa di cui si parla tanto, pare, a sentire molti che censurare sia diventato uno sport al quale il governo di Giorgia Meloni tiene molto. Naturale, deriva tutto da quelli lì gli “antenati” (dicono, tanti, indignados) … cosa volevamo aspettarci? Dunque la censura. I giornali sono appiattiti sulla linea dello stato o meglio del governo (eh già già, la carta costa), mai una cosa diversa tipo…governo ladro o che so…americani brutti, russi carini, francesi spocchiosi. Per non parlare poi del politically correct. Uhuu come siamo diventati chiccherosi non si può dire più niente che non abbia il bollo della ragioneria di stato e questo, ovviamente è colpa del fassisti o pseudo tali che ci governano con un colpo di stato da due anni e passa, prima si che era tutta vita: sesso, droga e rock and roll, più o meno. E’ una vergogna. I poveri ricchi filosofi che osano anche solo osano dire che Zelensky sbaglia tattica che dovrebbe essere più carino e abbozzare, uhuuu, per la carità, finisce che non li chiamano più in Tv da zia Gruber dove avrebbero diritto di pernottare e parlare a ruota libera per dei semestri e invece no, niente, tutti a parlare delle storie di letto dell’ex ministro ( o X ministro) e della sua bella consulente per una notte o due, va. Persino Travaglio che notoriamente libero pensatore, vorrebbe pensare ad altro si sarà certamente impegnato sul tema. (Forse, io non lo guardo e non lo leggo, lo censuro proprio).

Però oggi su una nota rubrica di un ancor più noto quotidiano mi capita di leggere che c’è anche chi si ribella, perdinci a questo “vergognoso” stato…di cose, si lamenta col giornalista famoso, chiede lumi…signora mia dove andremo a finire?

Eccoli, in doppia firma, tema pregnante e soprattutto “sconcertante” per tanta vergognosa censura, ma dove è finita la libertà? si chiedono questi due signori chiedendo lumi a chi potrebbe illuminarli:

Hanno fatto la loro apparizione e sono già contenti, immagino, è importante che si possano esprimere e dire la loro i due signori che denunciano un fatto censorio così “grave” e l’hanno fatto e ottenuto udienza, non sono stati censurati.

Dovrebbero già essere contenti, immagino. Anche se la risposta non li avrà soddisfatti, il quarto d’ora di celebrità e l’appoggio degli amici, sono certa, lo avranno avuto.

E magari anche qualche critica salace sulla risposta del giornalista: i giornalisti non ne azzeccano mai una, in Italia poi..(infatti io leggo solo giornali stranieri e li capisco, pure, mi tolgo un po’ dalla linea piatta…).

Ma ho come l’impressione che questi due signori volessero burlare, ciurlare un po’ nel manico, vannacciare, ecco si, vannacciare.

Va di moda, come la censura. Passerà, come tutto passa anche i ricchi per la cruna degli aghi, i ricchi passano dappertutto, figuriamoci se si spaventano di un ago.

2 commenti su “Lo sport preferito da Giorgia”

  1. Signora Gazzato, ho apprezzato sempre le lettere di Fastorini Forte su Italians e qualche volta ci siamo anche scambiati qualche mail.
    Certamente, pubblicare quella foto è stato un gesto provocatorio e la reazione era prevedibile.
    Detto questo, la sua denuncia della demenzialità del politicamente corretto mi pare del tutto condivisibile.
    Credo che associare un approccio razzista all’uso della parola negro sia segno di ottusa superficialità.
    Infatti, è una parola chiaramente definita dalla Treccani che non è sostituibile con altre parole se vogliamo usare proprietà di linguaggio. Non va bene “nero”, perché include indiani, indigeni australiani, e tanti altri popoli di pelle scura. Africano include le popolazioni della striscia costiera dell’Africa araba che sono molto diverse.
    Chiamare cose e persone col loro nome non implica nessuna valutazione.
    E non si correggono gli approcci che non ci piacciono sostituendo un termine con un altro.
    Faccio un esempio di stupidità umana. La parola “handicappato” aveva assunto nel linguaggio comune un significato offensivo, e i tutori del politicamente corretto l’hanno sostituita con una decisamente più offensiva: “disabile”.
    Infatti, mentre “handicappato” indica uno svantaggio iniziale, che, potrebbe essere stato compensato, “disabile” è una fotografia impietosa della condizione attuale. Dalla padella nella brace.
    R
    Lenzini
    proprio non ci riesce a interloquire senza indossare quel tono sdottorante?
    Il suo amico Forte lo conosco bene, non finga di non sapere che ha scritto a lungo anche qui e che vi scambiate mail non mi giunge affatto “nuovo” e, francamente non me ne può importare di meno (immagino quali discorsi abbiate fatto).
    In quanto al resto, “provocatorio” dice poco, e non mi faccia la lezioncina sui termini politically uncorrect perché qui non cadiamo dal pero e lei sa bene che cosa aveva postato la signora sui social e quello che ha postato è semplicemente razzista, discriminatorio e incita all’odio. L’indignazione e anche la stessa diffusione di una simile sconcezza con richiesta di “simpatia” e magari solidarietà, la trovo stucchevole per non dire altro.
    Poi neppure io sono una fissata coi termini che definiscono le persone e non mi piacciono le etichette, ma non prendiamoci in giro: “negro” è vietato in America per i motivi che ben conosciamo. Ma il suo vannaccismo le suggerisce di dare spiegazioni e giustificazioni futili anche alle cose scontate.

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  2. Signora Gazzato, se negro è vietato in America non era scontato che fosse offensivo anche il Italia, dove la situazione socioculturale è molto diversa. Noi non abbiamo avuto la schiavitù e la discriminazione razziale.
    Seguire l’andazzo woke americano è un comportamento pecoreccio.
    Comunque, la invito a indicarmi un termine sostitutivo di “negro” che non sia un giro di parole.
    Alla fine non si sa più come parlare.
    E’ proprio vero l’aforisma di Bloch che l’intelligenza totale del Pianeta resta costante al crescere della popolazione.
    Quando ero giovane io ed eravamo meno della metà di ora non ci si accapigliava su queste cavolate. Oggi stiamo rischiando la terza guerra mondiale (nucleare) e stiamo a perdere tempo con queste questioni di lana caprina.
    R
    ma, scusi, chi si accapiglia sulle cavolate? Lei insiste ma i termini postati dalla figlia del suo amico non erano “negro” e basta e lei lo sa benissimo ma fa il pesce in barile, posizione che a quanto pare la diverte molto vista la sua passione etologica. Io non chiamerei nessuno negro o nero, come mi aspetto che nessuno mi chiami bianca. Le questioni di lana caprina le pone il suo amico e la di lui figlia nel voler passar per emancipati moderni contestatori controcorrente e invece altro non sono che la rappresentazione del più gretto conformismo. E, purtroppo, sono cose gravissime che hanno una ripercussione sulla vivibilità delle nostre città e sulla qualità della nostra vita, altro che caprina questo è cashmere.

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