Normalità assassina

Si chiamavano Annarita Morelli e Lucia Felici. Entrambe avevano tre figli ed entrambe sono state uccise dal marito in questi giorni. Entrambe settantenni ed entrambe dedite alla cura della famiglia e però erano anche molto attive al di fuori delle cure familiari. Annarita gestiva un rifugio per gatti e Lucia era dedita al bricolage. Entrambe vivevano in provincia di Roma e sono state uccise a distanza di qualche giorno l’una dall’altra. Apparentemente fino ad oggi non avevano nulla in comune se non l’età e il numero dei figli, oggi sono accumunate dal femminicidio compiuto su di loro dai rispettivi mariti o consorti o comunque dagli uomini coi quali avevano fino ad ora condiviso la propria vita. Annarita voleva separarsi dal marito e pare sia questo il motivo per cui l’uomo le ha sparato un colpo di pistola al torace.

Mentre Lucia è stata strangolata in casa e ancora non si conosce bene il motivo.

Uomini normali, fino a qualche giorno fa, liberi cittadini con un passato di lavoratori e di brave persone dedite alla famiglia o, almeno è quello che si può arguire dalle dichiarazioni che i vicini di casa si trovano a dover dare alle Forze dell’Ordine in questi casi: brave persone, mariti e padri esemplari. E che altro sennò?
Quanti di questi uomini normali girano per le strade delle nostre città? Quanti sono potenziali assassini dei quali non si penserebbe mai e poi mai che potrebbero fare del male ad una mosca?

Ovviamente non sono quantificabili. Certo non possiamo pensare di prevenire i femminicidi mettendo preventivamente in galera dei potenziali assassini, non esiste ancora il reato di “potenziale femminicida”. Ma esiste una casistica nutrita, ormai, che conferma purtroppo che la normalità nelle coppie è la causa spesso dell’anomalia dei femminicidi. Troppa normalità risveglia istinti omicidi negli uomini? Ci sono uomini che abituati alla normalità e stanchi di subirla pensano che uccidere la compagna sia un modo per uccidere la noia della normalità?

E non ci sarà anche una forma sottile e subdola di desiderio di provare a se stessi che possono disporre della vita delle “loro donne” perché loro sono maschi e le donne, per quanto “emancipate” sempre donne sono e come tali vanno “messe al loro posto”?

Il marito di Annarita ha detto che l’ha uccisa perché “se lo meritava”. Mi ha ricordato un vecchio detto; “quando torni a casa picchia tua moglie, lei sa perché”.

Forse, potessero parlare, direbbero che a meritarsi la morte erano piuttosto i loro assassini.

Ma non lo diranno mai perché a morire sono state loro e se se lo siano “meritate” o meno non lo sapremo mai.

16 commenti su “Normalità assassina”

  1. Mariagrazia, sul femminicidio esistono vari modelli teorici e non è detto che solo uno di essi sia quello valido per tutti e magari ciascun modello spiega meglio alcuni casi ma non tutti. https://doi.org/10.3390/ijerph19127336

    Per quanto riguarda la teoria dell’attaccamento [88,89], alcuni uomini con un modello di attaccamento ansioso-insicuro hanno ucciso le loro compagne con atti violenti incontrollabili che inizialmente erano volti a evitare l’abbandono [12]. Gli uomini con questo attaccamento credono che mantenere relazioni interpersonali richieda un grande sforzo e fanno tutto il possibile per non perdere le persone che amano [89]. Ciò potrebbe spiegare i risultati sui fattori di rottura, stalking e gelosia. Inoltre, alcuni aggressori hanno un attaccamento evitante-insicuro che li porta a usare la violenza per ottenere attenzione, potere e controllo [89,90]. Il modello di sottomissione delle vittime potrebbe mantenere la violenza degli aggressori con questi attaccamenti, portando a un’escalation di violenza che potrebbe concludersi con la morte. Ciò potrebbe spiegare perché i sentimenti di sottomissione e insicurezza sono considerati fattori associati alla IPF.

    Per quanto riguarda le teorie psicopatologiche , alcuni uomini con disturbi mentali hanno problemi sociali e interpersonali e socializzano attraverso mezzi aggressivi, che potrebbero essere, in casi eccezionali, fatali [12]. Alcuni di loro sono aggressori dell’IPF. Ciò conferma i disturbi affettivi, psicotici e di personalità come fattori associati a queste morti. È importante notare che le persone con disturbi mentali non sono sempre autori di omicidi. Inoltre, alcuni uomini con malattie mentali soffrono di abuso di sostanze (droga e alcol) per far fronte alle loro difficoltà, che è un altro fattore correlato all’IPF [29,91].

    Per quanto riguarda le teorie sociofemministe, la violenza contro le donne è una manifestazione di uomini che continuano le idee patriarcali e maschiliste [29]. Considerano l’uso della violenza necessario per dominare e controllare le loro partner [92]. Questa violenza appare quando le donne mostrano opposizione alla superiorità degli uomini all’interno della famiglia. In questi casi, gli uomini cercano di mantenere il loro status anche se finisce con la morte della donna [13,93]. Questa teoria conferma il fattore delle cognizioni distorte della violenza e della subordinazione delle donne agli uomini.

    Quando si tratta di apprendimento sociale e trasmissione intergenerazionale delle teorie sulla violenza , il comportamento violento viene appreso tramite socializzazione e osservazione [94]. Il trenta percento delle persone che hanno subito o hanno assistito a violenza all’interno della famiglia durante l’infanzia riproduce questo schema [95,96]. Questa percentuale include bambini che in età adulta sono violenti contro le donne [97]. Ciò potrebbe spiegare perché l’abuso fisico da parte della famiglia durante l’infanzia è un fattore associato alla IPF.

    Per quanto riguarda le teorie sullo stress , le persone hanno stress quando percepiscono un evento come minaccioso e al di là delle loro risorse. In alcune occasioni, la risposta a situazioni stressanti viene affrontata usando la violenza, che può finire con la morte [98,99]. I conflitti tra partner, la disoccupazione, l’immigrazione, i figliastri, la differenza di età e il basso reddito sono stati identificati come fattori di stress associati alla IPF [13,91].

    Per quanto riguarda le teorie sulle opportunità di criminalità , la delinquenza si verifica in un momento e in un luogo in cui c’è una vittima, un aggressore motivato e un’assenza di controllo. Pertanto, la criminalità non è distribuita in modo casuale [100]. Questa teoria potrebbe spiegare perché le aree rurali sono associate alle morti delle donne. In queste aree, c’è generalmente meno disponibilità, accessibilità e qualità dei servizi professionali per le vittime [101,102,103]. Il numero di strategie di controllo della criminalità è generalmente basso e persino assente nelle aree rurali, e lo stesso accade con la polizia [102,104].
    R
    si si, andiamo davvero bene. Tutte cose che sono abbastanza note, ormai c’è una vasta letteratura sul tema, diamo anche da fare a psichiatri e psicologi che non possono stare mani sgorlanti, come si dice qui…
    Ma, in pratica, come spiega lei che questo fenomeno non si verificasse con queste proporzioni, diciamo una ventina di anni fa?
    Eppure le condizioni socio economiche non erano tanto diverse.
    anche allora ci si sposava, ci si lasciava, ci si univa ad altri partner, tutto certamente non senza sofferenza ma senza troppi traumi e analisi psicologiche di contorno.
    Ora, mamma mia, c’è poco da stare allegre.
    Può toccare ad ognuna di noi (donne, qui non scrivono ma forse qualcuna che legge c’è, forse) di fare la fine di queste due poverette, perché al peggio non c’è mai fine e il femminicidio è il peggio del peggio che ti possa capitare. Ma capita.

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  2. Mariagrazia, la definizione di femicidio è nata appena nel 1992 ad opera della criminologa Diana H. Russell ed ancora nel 2021 l’European Institute for Gender Equality attestava una difficoltà di standardizzare i criteri di rilevazione del fenomeno:

    Non esiste una definizione standard concordata di femminicidio tra gli Stati membri dell’UE o in tutto il mondo. La mancanza di una definizione uniforme ostacola la misurazione del femminicidio, che diventa invisibile tra i dati generali sugli omicidi. https://eige.europa.eu/sites/default/files/documents/20211564_mh0421097enn_pdf_0.pdf

    I media non hanno alcun obbligo di offrire sistematicamente notizie di cronaca nera in modo da prestarsi ad un uso statistico ma possono accentuare o attenuare la percezione dei fenomeni a seconda dei filtri arbitrari di “notiziabilità” che non sono pubblici e pertanto possono persino variare senza preavviso alcuno.

    Le variabili necessarie per identificare un femminicidio sono molte e riguardano la vittima, l’autore e il contesto della violenza.

    Sinteticamente, dal punto di vista statistico nella definizione afferiscono tre tipologie di gender-related killing: gli omicidi di donne da parte del partner; gli omicidi di donne da parte di un altro parente; gli omicidi di donne da parte di un’altra persona, sia conosciuta sia sconosciuta, che però avvenga attraverso un modus operandi o in un contesto legato alla motivazione di genere.

    Tra queste vi sono informazioni riferite a specifiche condizioni, in base alle quali occorre sapere:

    • se la vittima ha subito altre violenze in precedenza da parte dell’autore dell’omicidio;
    • se ha subito forme di sfruttamento illecito (ad esempio tratta di persone, lavoro forzato, schiavitù, criminalità organizzata);
    • se si trovava in una situazione in cui è stata rapita o privata illegalmente della sua libertà;
    • se lavorava nell’industria del sesso;
    • se vi è stata una violenza sessuale contro la vittima prima e/o dopo l’uccisione;
    • se vi era una differenza di posizione gerarchica tra la vittima e l’autore;
    • se il corpo della vittima ha subìto mutilazioni;
    • se il corpo è stato abbandonato in uno spazio pubblico;
    • se la motivazione dell’omicidio costituiva un crimine d’odio di genere (cioè se vi era un pregiudizio specifico nei confronti delle donne da parte degli autori).

    In Italia non sono disponibili tutte queste informazioni, che solo in futuro si potranno rilevare grazie alla collaborazione inter-istituzionale con il Ministero dell’Interno.
    (fonte ISTAT 2023 formattata per maggiore chiarezza)
    https://www.istat.it/it/files/2023/11/Vittime-di-omicidio-2022.pdf

    In assenza di tutte le necessarie informazioni l’ISTAT li dichiara potenziali femicidi, come avviene nello stesso documento sopra citato.

    Una statistica ISTAT degli omicidi di donne dal 2002 al 2022 classificati per relazione con il reo è disponibile per meglio circostanziare le Sue considerazioni sulle proporzioni. Si tratta di un documento per la cui visione è consigliabile uno schermo grande.
    R
    Grazie Copy. ma non sono sicura di avere uno schermo sufficientemente grande. Ad ogni modo, francamente a me tutta questa evidenza scientifica sembra un modo sottile e persino dotto (non mi fraintenda, ci sta) di esemplificare un problema estremamente complicato.
    L’uomo che ha ucciso la moglie con un colpo di pistola, non l’ha fatta tanto lunga: è andato le ha sparato un colpo in petto, se n’è andato al bar e ha detto: ho ucciso mia moglie chiamate i carabinieri, se lo meritava! Sic et simpliciter. Fenomeno complesso e di difficile comprensione.

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    • Mariagrazia, quando avrà tempo di riprendere l’argomento avrà già i dati sottomano per continuare il discorso che aveva iniziato nonostante la “complessità”. Certamente le statistiche non miglioreranno senza capire la “complessità” al punto da sapere come influenzarla.

      La prima pubblicazione condivisa riguardava una revisione sistematica che si proponeva di individuare i fattori di rischio per i femicidi (Intimate Partner Femicide) ma le persone a rischio farebbero meglio a consultare i centri antiviolenza che sapranno certo identificare le evidenze più attendibili finora disponibili.

      Ciononostante la presenza di centri antiviolenza non sembra aver migliorato le statistiche. Anche questo meriterebbe una risposta. Per adesso nulla da copiare.
      https://www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/violenza-sulle-donne/la-fuoriuscita/centri-antiviolenza-e-case-rifugio/
      R
      Pare che le violenze siano invece aumentate e le donne denunciano meno perché temono ritorsioni. Che, purtroppo, spesso arrivano puntuali.
      Temo che non sia sufficiente quello che è stato fatto sinora (poco). Siamo quasi al negazionismo. Ho visto girare delle tesi abbastanza assurde sul fatto che le donne sarebbero altrettanto violente quanto gli uomini.
      Un po’ come la propaganda russa, più dici che c’è e meno ti credono.

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      • Mariagrazia, “pare” che le violenze siano aumentate però la questione non viene presa seriamente e dunque neanche su quello è possibile fare affermazioni fattuali?

        La scarsa comprensione dei fenomeni genera sempre assurdità e chi non ha interesse a conoscere i fatti per quello che sono si tradisce sempre, come per la propaganda russa.

        Dei femicidi se ne riparlerà in un’altra occasione, immagino, anche se statistiche per fare affermazioni fattuali c’erano.

        Non è da Lei rifiutare occasione di fare divulgazione e chiarire le Sue affermazioni per via delle dimensioni di uno schermo.
        R
        Copy, lei non lo sa ma io del tema ho parlato e parlo e sviscerato in molti post, credo sia l’argomento più trattato su questo blog. E ho avuto modo di parlarne molto anche su altri. Le sue ricerche sono interessanti, ma io non rifiuto alcuna occasione in quanto il suo commento è pubblicato e tutti possono aprire il link, piccolo o grande schermo e farsi un’idea. Le affermazioni “fattuali sono importanti, le statistiche pure, ma quello che vediamo quasi tutti i giorni e eccessivamente “fattuale” e parla molto più chiaro di qualsiasi grafico.

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  3. Mariagrazia, non Le avevo chiesto un riassunto di ciò che non ho potuto leggere ma di spiegare, con i dati degli ultimi vent’anni alla mano, in che modo sia possibile giungere alla conclusione che ci siano state “differenze di proporzione” riguardo i femicidi.

    Un testo scritto non offre più di quello che vi si legge. Le Sue affermazioni sono interessanti ma a me interessano i ragionamenti che le hanno determinate a partire dai dati reali (che sarebbe certo utile condividere con tutti).

    Non Le ho mica chiesto di spiegare perché abbia preferito la teoria sociofemminista alle altre? Ne avrà già parlato da qualche parte e devo cercarmelo da solo, suppongo.
    R
    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/07/news/femminicidi_120_donne_uccise_nel_2023_la_meta_dal_compagno_o_dallex-422272027/#:~:text=Ascolta-,Femminicidi
    Copy la ringrazio della sua attenzione ma lei mi sopravvaluta.
    Non le chiedo di andare a cercasi quanto ho scritto (un romanzo) sul tema, le dico solo che non ritengo qui di doverlo fare ancora (anche senza confrontare o ragionare sui dati reali anche se penso di averlo fatto più e più volte di ragionamenti ne ho fatti a josa) mi sembra che il tema sia possibile approfondirlo da parte di tutti, ma anche lei avrà notato che interessa poco visto che a parlarne siamo solo io e lei.
    I dati che sono rappresentati nell’articolo di Repubblica che le allego, però, mi sembrano abbastanza significativi.

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    • Mariagrazia, per pregiudizio radicato ritengo che le persone pervengano ai loro giudizi tramite ragionamenti e pertanto siano in grado di esporli usando il linguaggio. L’utilità del dialogo non è quella di fare affermazioni ma sviluppare i ragionamenti che le hanno precedute. Nei testi scritti è più facile che sia così.

      Altrimenti sai che noia vedere due persone fare continuamente affermazioni mutualmente esclusive con la pretesa che siano autodimostranti.

      L’articolo di Repubblica estende le osservazioni rese limitatamente ai femicidi constatando che la sensibilizzazione stia comportando una maggiore propensione alla denuncia di reati di altra natura. Il confronto con i dati della serie storica ventennale di omicidi di donne non sembra implicare ricadute su tale fenomeno.

      PS: Certo, che il silenzio del pubblico maschile venga giudicato un segno di scarso gradimento tale da indurre qualcuna all’autocensura pone un bel “problema”, nonostante si voglia accogliere con cortesia il rifiuto al dialogo per lasciare largo spazio alle abituali interazioni con commentatori che certo non hanno timore di ripetersi.
      R
      francamente, Copy, non la capisco, sul serio, mi sfugge il senso del suo ragionamento.
      Ho già detto quello che dovevo dire, vuole che mi dilunghi e in quale direzione? vediamo, mi faccia la domanda, la faccia precisa, si sbilanci su come la pensa lei sul problema senza mandarmi altre statistiche e mi dica anche quali soluzioni propone. Non rifiuto il dialogo, ma quando mai? Le sembra che rifiuti il dialogo? da che le deriva una simile impressione?
      E poi, non so se se ne è accorto, qui scrivono solo maschi, le mie “colleghe” donne si sono defilate tutte, troppa fatica o, immagino abbiano altro da fare.
      Non mi autocensuro affatto, le sembra che mi autocensuri? lei è davvero curioso, siamo a Ferragosto qui si parla mi pare, si discute, non so altrove. Ma lei no, si picca di insistere che io dovrei minuziosamente e selettivamente fare una analisi approfondita partendo dalle statistiche che lei allega sul fenomeno obbrobrioso del femminicidio. Ma la vuole solo per l’Italia o preferisce che la estenda al resto del mondo?
      Dica, dica, sono qui apposta, le rispondo. ma vada al sodo a me troppe circonvallazioni …mi fanno girare un po’ la testa. Fissi un punto fermo e proponga quello. Uno. E poi lasciamo fa’ a Dio…

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      • Mariagrazia, Lei non capisce perché sentirmi rispondere che avrei “sopravvaluto” un’interlocutrice a cui avevo già fatto una domanda chiara mi ha indotto a credere che fosse meglio chiuderla lì?

        Mi invita a “sbilanciarmi” come se non l’avessi già fatto. La fattualità è parte della soluzione perché non è possibile sapere se qualsivoglia misura ha avuto un effetto positivo se non ci sono dati attendibili.

        Le maggiori denunce sono causate dall’aumento dei rispettivi fenomeni o da un aumento della propensione a denunciare?

        La Repubblica propende per la seconda ma non spiega il perché. Lei ha scritto totalmente il contrario ma non ha spiegato il perché. Qui non si tratta di “opinioni” ma supposte descrizioni della realtà dei fatti e solo una o nessuna delle due affermazioni può essere vera.

        C’è qualcuno “da qualche parte” che sa qual è la risposta giusta oppure dobbiamo ridurci a tirare ad indovinare come se fosse un gioco d’azzardo? In certe questioni non basta “indovinarla” ma serve sapere che si è sulla giusta strada mentre si agisce per un risultato futuro.

        Le auguro prima di tutto un buon Ferragosto e visto che ha ribadito di aver già scritto quello che sentiva di dover dire possiamo rimandare il resto alla spontaneità del futuro.
        R
        mi risulta di avere risposto a tutti i suoi commenti. Se non è soddisfatto delle risposte, beh me ne farò una ragione.
        Forse lei non ha ben capito ancora che a me le domande, in generale infastidiscono. Si, mi infastidiscono soprattutto quado sono reiterate e l’interlocutore insiste a pretendere una risposta.
        Commenti quello che scrivo ma si accontenti delle risposte, io non sono tenuta a darle e lei non è tenuto ad insistere.
        Buon Ferragosto anche a lei.

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  4. Signora Gazzato, a me pare invece che le violenze siano più o meno costanti. Peraltro l’Italia, insieme alla Grecia, è uno dei Paesi europei con l’incidenza più bassa.
    Nettamente più bassa rispetto alla Francia e ai Paesi scandinavi dove il maschilismo e il paternalismo sono certamente meno diffusi.
    Io credo, invece, che la sensazione che siano in aumento dipenda dal fatto che le donne denunciano di più e che i media sottolineano di più il fenomeno.
    Non ho citato i numeri per non togliere la soddisfazione a copypasta.
    R
    sinora sono 66 le donne uccise dai parenti o consorti, le sembrano poche? a ma tra i laziali la percentuale è maggiore…che consolazione!
    Ecco bravo non dia i numeri, quelli dell’anno scorso sono 121 donne uccise cosi per sport, bene, sono ancora poche per allarmarsi, cogliamo l’attimo…

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    • Signora Gazzato, 66 donne ammazzate ad oggi non sono poche, nel senso che le morti premature sono sempre troppe.
      Però, se l’anno scorso sono state 121, continuando di questo passo linearmente, quest’anno saranno 105. Un bel miglioramento.
      Quindi, se l’andamento non cambia, dobbiamo dire che il fenomeno è in fase di regressione. Una buona notizia, no?
      R
      ma fa sul serio? non sono morte prematuramente sono morte ammazzate, non vede nessuna differenza? Continuando di questo passo? pare quasi un’incitazione a continuare ad ammazzare…

      Rispondi
      • Signora Gazzato, veramente non capisce il senso, o fa finta?
        Se i femminicidi diminuiscono è una buona notizia.
        Ovvio.
        Il resto sono illazioni senza senso.
        R
        le sue “illazioni” sono senza senso, come si fa ad essere contenti per qualche “unità” in meno? non sta parlando di pere o mele ma di esseri umani brutalmente assassinati, se per lei è una buona notizia qualche donna (forse) in meno, statisticamente parlando perché nessuno sa quello che succederà. per me non lo è affatto.

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    • Mariagrazia, nessuno dei post risponde alle mie domande me non c’è dubbio che Lei ha scritto quello che voleva. Evidentemente ho una predilezione per gli aspetti che Lei ritiene non interessino ai lettori, dunque non Le chiederò di spiegare perché ritenga che la teoria sociofemminista del femicidio sia preferibile alle altre, né come abbia fatto a stabilire la differenza di proporzioni del femicidio nell’ultimo ventennio.
      R
      ecco, bravo, non me lo chieda. Mi fa piacere che in dieci minuti si sia “bevuto” tutte le mie “teorie”, davvero un commentatore assiduo e affezionato. Ne prendo atto sicuramente.

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      • Mariagrazia, ho contato una decina di articoli neanche tanto lunghi e non c’è traccia di risposte alle due domande che ponevo.

        Prenda pure atto che sicuramente nessuno penserà che si autocensura. Piuttosto ha già scritto in passato di non essere persona che soddisfa la curiosità altrui ed adesso ha specificato che scrive quello che ritiene. Sull’argomento c’è così tanto da leggere che non c’è bisogno di pregarla.

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        • Mariagrazia, la ringrazio di aver fornito una dimostrazione di quello che chiama “intuito”. Se ne ha così cieca fiducia che deve averLa servita bene nella vita dunque non si faccia scrupolo del fatto che Lei non possa citare alcuna frase di tali articoli che risponda alle mie due domande.

          Non vedo il bisogno di chiederLe se la sensazione di avere ragione conti per Lei più della verità dei fatti. Lei sì che non sopravvaluta le persone.
          R
          IO non ho mai la sensazione di avere ragione e non m’importa neppure averla. Quanto scrivo è frutto delle mie esperienze e della mia sensibilità in merito a certi temi, le mie opinioni e la mia “visione” delle cose.
          Non ho alcuna pretesa di avere ragione, ma che tutto quello che scrivo sia sincera e del tutto disinteressata manifestazione del mio pensiero, SI.
          Il mio intuito spesso mi da delle dritte è vero, qualche volta ha anche indovinato ma sono state più le volte che non gli ho dato ascolto che quelle in cui lo ascoltato. Ed ho avuto modo di pentirmene.

          Rispondi
  5. Mariagrazia, in considerazione della gravità delle accuse di “ostilità” Le già ho chiesto di comportarsi con coerenza e di cancellare tutti i miei commenti che ha pubblicato finora.

    R

    I suoi commenti rimangono dove sono, non le ho chiesto io di entrare e neppure di commentare o di venire a dare ordini a casa mia.
    La smetta oppure mi costringe ad usare lo SPAM.

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  6. E’ rimasto l’azzurro,

    una spina, una crepa d’azzurro.

    Come acqua o vento o luce.

    Quello che pensavi non so.

    Che volevi dire non so, perché

    più non parlavi.

    Ma eri tu, senza voce ma tu.

    L’alba era il pomeriggio

    ed era ormai tardi di sole.

    Non so, ma anche poco

    mi sarebbe bastato per capire

    che quella luce eri tu.

    E da quella luce sei passata.

    Come acqua come vento e sole

    e adesso canti e l’azzurro è in te.

    Non so e non saprò mai

    se ancora non parli

    ma so che sei in un posto

    di sole e che canti

    anche senza voce.

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