Fare i genitori non è per tutti. Fare figli è relativamente “facile” ma educarli e seguirli poi per tutta la vita è un’operazione estremamente difficile. Complessa, piena di incognite e senza alcun dubbio però, comporta delle responsabilità. Gravi responsabilità.
Forse Nicola Turetta, padre di Filippo, prima di tutto voleva rincuorare se stesso quando ha parlato al figlio durante la prima visita in carcere dopo che aveva ucciso Giulia.
Ha pensato a dirgli quello che “non” era piuttosto di quello che è: un feroce assassino senza la minima pietà. Ha cercato di giustificare in modo persino grottesco, un’azione brutale. incomprensibile e inaccettabile. Non ha voluto dirglielo? Temeva si suicidasse? E non ha pensato che Giulia non si era “suicidata” ma era stata uccisa da lui, da quel figlio che gli stava davanti e che lui, il padre, ha cercato di consolare? Forse per trovare consolazione alla miriade di dubbi sulla propria identità di padre. Si sarà chiesto Nicola cosa aveva sbagliato nell’educazione di quel figlio che ora si trovava davanti a lui dentro una cella con la prospettiva concreta di non uscirne più?
Se è vero che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, le colpe dei figli, in qualche modo ricadono inevitabilmente sui padri. E sulle madri. La madre non sembra aver detto nulla o, almeno non sono riportate le parole che avrebbe detto se le ha dette Certo, una donna dovrebbe sentire, oltre allo strazio per quel figlio, lo strazio per come ha ucciso, come ha torturato, come ha brutalizzato un’altra donna.
Non li giudico, hanno abbastanza pene da scontare per il resto della loro vita senza subire anche i giudizi di chi è spettatore inorridito da quanto è successo prima e quanto succede ora. Le rivelazioni su quel colloquio sono desolanti. Ma Filippo sapeva bene sia di essere inquadrato sia di essere registrato ed ha pesato le sue parole. Neppure in quella circostanza si è dimostrato davvero pentito di quello che ha fatto. Ha contestato il padre e quello che diceva, credo, più per timore dii non apparire consapevole della sua colpa che per vero, profondo desiderio di comunicare il suo pentimento (se c’è stato) ai genitori.
Ora spetta ai giudici giudicare e spero lo facciano considerando che Giulia non c’è più e come lei tante tante altre donne che avrebbero voluto vivere appieno la propria vita e invece gli è stato impedito di farlo in maniera crudele da assassini che poi, sembrano sempre “non essersi resi conto” di quello che hanno fatto. Della gravità del crimine compiuto.
E che Filippo non deve certo pagare anche per gli altri, ma pagare si e con una pena adeguata alla gravità all’efferatezza, alla crudeltà, con le quali ha ucciso quella povera ragazza che diceva di amare. Senza sconti o “scusanti” derivanti da presunti raptus o problemi mentali.
Perché come si è comportato è fin troppo chiaro e se i genitori possono essere forse “ignorati”, se si può stendere un velo pietoso sulle quelle parole dette dal padre, non si può e non si deve mai dimenticare che Giulia aveva diritto alla propria vita e nessuno mai potrà ritornargliela.
Signora Gazzato, sono convinto che un buon 50% di quello che una persona diventa, e di cosa riesce a fare nella vita dipende nel bene e nel male dai genitori, con punte del 90% quando ci troviamo di fronte a genitori stupidi che possono rovinare un figlio completamente.
Non credo a chi dice che “è il suo temperamento”, che “noi ci siamo comportati come con fratelli, ma lui è cresciuto diverso”.
Se dei genitori vanno ad indagare coraggiosamente nel passato dei loro rapporti con i figli l’errore lo trovano.
“sono convinto che un buon 50% di quello che una persona diventa, e di cosa riesce a fare nella vita dipende nel bene e nel male dai genitori”
Sono convinto del contrario. Confortato da un corso tenuto da uno psicologo dell’età infantile, per me il genitore conta per il 10%. E’ però un 10% pesante perché lo si inculca nella prima fase dello sviluppo. Lo psicologo parlava dei primi anni come l’installazione del sistema operativo, con l’esempio e l’insegnamento dei comportamenti basilari. Dopo i 10 anni, diceva, c’era solo da accendere un cero e sperare nella buona sorte. Nell’adolescenza non ti ascoltano proprio: è una lotteria.
Se i genitori vanno ad indagare nel passato (dice Luigi) troveranno l’errore. Tutti i genitori troveranno degli errori, tutti. Qualche volta questi errori provocheranno nei figli dei danni, altre volte scateneranno il desiderio di essere migliori dei propri genitori.
Il genitore perfetto non esiste o magari lo è per un figlio e non per l’altro. Quasi sempre ci sentiamo dire di quanto sono bravi i genitori dei loro amici, e viceversa gli amici dei figli che vorrebbero noi come genitori.
Inutile tentare di essere genitori perfetti. Non ci riusciremo tanto quanto, se ci pensiamo, non siamo stati figli perfetti.
R
ha ragione, sono d’accordo la perfezione non esiste in assoluto figuriamoci se può esistere nei genitori, uomini e donne che spesso però sono perlomeno “distratti” perché, diciamo la verità, essere genitori comporta molta attenzione e non sempre c’è, vuoi per incapacità, per indifferenza, per l’idea sbagliata che tanto i figli crescono lo stesso bene o male crescono …si ma se l’incapacità si potrebbe emendare con la buona volontà, l’indifferenza e la noncuranza non si emendano con nulla e si ripercuotono sulla crescita di figli disadattati, spesso rancorosi e che sfogano la loro rabbia accumulata in anni di “disattenzione” genitoriale contro tutto quello che trovano sul loro percorso.
Non serve a giustificare nessuno, tanto meno gli assassini come Turetta, caso molto limite, ma, credo che molti genitori dovrebbero interrogarsi se l’impegno che si sono presi mettendo al mondo un figlio sia pienamente perseguito e assolto nelle loro azioni quotidiane.
Io penso che per una buona parte di genitori la risposta sia: NO.
Mauro, concondo sul fatto che i primo anni sono i più importanti.
Addirittura i primi 2-3 anni, nei quali si “carica il sistema operativo”.
Secondo altri psicologi, da 3 a 10 anni si caricano già le “applicazioni”.
Proprio per questo, il 10% mi pare poco.
Se il sistema operativo (rapporti con gli altri, autostima, capacità di autovalutazione, empatia ….) è caricato male, quello che viene dopo rischia di essere utilizzato male.
Ogni tanto si sente parlare di suicidi nelle carceri italiane, un fenomeno abituale in un Paese che ha abolito la pena di morte ed ostacola l’eutanasia ma non disdegna a sufficienza la tortura.
Si potrebbe privatizzare parzialmente il sistema carcerario per offrire un reality ed accontentare i gusti del pubblico.
Un bel “panopticon” con telecamere a circuito chiuso in bella vista ed altre nascoste. Una giuria del pubblico che valuta sincerità e ed i progressi verso la rieducazione dei condannati.
D’altronde i risarcimenti per le condizioni di vita degradanti saranno di gran lunga inferiori ai profitti di un format “Se la legge è cieca il pubblico ti giudica”.
Naturalmente i suicidi vanno censurati e non sarà possibile la diretta. Non so se si possano anche istituire un sistema di scommesse sulla dipartita anticipata dei condannati, in modo che saldino il loro “debito con la società”.
Magari si potrebbe prevedere l’adesione volontaria al format, con l’incentivo di alcuni “benefit” (per esempio condizioni di detenzione lievemente migliori).
Mannò, meglio lasciare le cose come stanno ed attendere le doglianze della famiglia Cecchettin: Occhio non vede cuore non duole.
R
Copy, di solito la capisco, ma questa volta la sua ironia mi sfugge. Il tema è tragico, le carceri sono luoghi di detenzione di privazione della libertà e sono la peggior cosa che possa capitare, dopo quella di essere uccise perché qualcuno ha deciso di non poter vivere senza di te. E magari gli basterebbe solo uno bravo, a capirlo.
I suicidi in carcere sono ormai giornalieri ed è una piaga vergognosa. Le carceri sono sovraffollate, lasci perdere i motivi, un paese civile deve rispettare la dignità del detenuto.
Turetta mi pare di capire che non stia male a Verona. L’intercettazione è normale se poi i giornali la diffondono si chiama libertà d’informazione. Le tragedie sono tragedie e scherzarci su non mi pare adeguato. Se capisco bene lei contesta la diffusione di quella intercettazione, potrebbe anche avere ragione, ma c’è stata ormai l’hanno pubblicata tutti i giornali. Se non si vuole finire in galera un metodo semplice ed efficace è non delinquere. Anche se non sempre è sufficiente.
Verona, quinto suicidio in tre mesi nel carcere di Filippo Turetta: «Dimesso da poco da psichiatria»
Corregge 29 Luglio 2024 alle 14:37
Non so se si possa anche istituire un sistema di scommesse…
R
non so a che punto sia ironico o se voglia provocare e fino a che punto, la pregherei di non trattare questo argomento con l’atteggiamento un po’ strafottente che appare in questo commento. Non lo trovo giusto e non mi piace.
Mariagrazia, dunque ho solo messo in risalto gli “interessi del pubblico” che certe fughe di notizie intendono “solleticare” ed ho prospettato cosa possa mai offrire la “libertà di informazione” in tal senso intesa. Nel descrivere il potenziale format televisivo ho estromesso la partecipazione dei familiari alla spettacolarizzazione.
La serietà imporrebbe di porre rimedio alla situazione dei suicidi nelle carceri ma come scrivevo non c’è incentivo a cambiare la situazione. Non penso si possa escludere che la situazione delle carceri migliorerebbe se la si trasformasse in uno spettacolo per gli amanti del reality e si desse un volto alle statistiche.
Auspicare che sortisca qualche effetto la presunta empatia del pubblico senza una qualche narrazione a stimolarla mi pare troppo ottimistico. Direi che faccia più audience esporre al pubblico ludibrio il padre di Turetta.
R
si, capisco, ma i questo caso “il pubblico ludibrio” sarebbe giustificato dal fatto che il “pubblico” ha il diritto di sapere se qualcuno sta maneggiando per non far scontare la pena ad un feroce assassino.
Non dubito che il “reality” giudiziario potrebbe certamente avere un pubblico ma per quanto riguarda il caso Turetta figlio mi basta sapere che è affidato alla giustizia e mi accontento di leggere un sunto di una sentenza finale per la stesura della quale il pubblico non offrire alcun contributo.
R
non son o fanatica dei reality giudiziari e altro e non guardo mai certe porcherie che girano in TV e non guardo la TV se non poco e con moderazione (può essere nociva in molti sensi).
Ma la notizia uscita sui giornali del dialogo tra i genitori di Turetta ed il medesimo è. a mio parere, un sintomo di come la società sia su una pessima china.
Quella di giustificare l’ingiustificabile. In questo caso bene hanno fatto i cornisti a farci sapere cosa un padre di un assassino può arrivare a dire al figlio per giustificarlo di qualcosa di orribile. Anche se Nicola Turetta ha poi chiesto scusa per quelle affermazioni, che ha detto, non pensava, rimane la traccia di come possa essere orientata una società nei riguardi del femminicidio o dei gravi reati, in generale.
Mariagrazia, dubita per caso che un reality giudiziario non si presterebbe ad ogni tipo di analisi “naturalistica”, psicologica o sociologica?
Per quanto riguarda la psicologia esistono vari modelli teorici. In uno degli approcci psicoanalitici c’è una disamina di possibili meccanismi di difesa psicologica. Posto che dal punto di vista psicologico possano essere considerati “maladattativi”.
“La teorizzazione dei meccanismi di difesa è mutuata dall’esperienza clinica di vari psicoanalisti nell’osservazione delle più comuni reazioni dei pazienti a esperienze particolarmente penose o considerate insuperabili, ma anche nei confronti di situazioni relazionali comuni, che però creano difficoltà nell’integrare la sfera delle pulsioni e quella morale. Per estensione in psicologia si intendono tali tutti i meccanismi psichici, consci e inconsci, messi in atto dall’individuo per proteggersi da situazioni ambientali, esistenziali e relazionali dolorose o potenzialmente pericolose.” (wikipedia)
Beh, meno male che ci sono frotte di esperti a sindacare sul caso.
R
“In linea generale la colpevolezza inconscia, le colpe dei padri ricadono sui figli, sul loro destino, sui loro sintomi” (B. Brusset).
Certe volte ho provato ad immaginare a cosa può passare per la testa ad un genitore di un assassino. Tante volte per una nota a scuola o un brutto voto ci si chiede dove si è sbagliato. Cosa puoi aver sbagliato per tirare fuori un figlio assassino? Sarebbe facile rispondere tutto, ma forse non è nemmeno così.
Secondo me quelle parole il sig. Turetta non le pensa veramente, ma il fatto che le abbia pronunciate qualche dubbio lo fa venire. A me ad esempio non sarebbero venute in mente per impedire il suicidio del figlio. Gli avrei detto che lo avremmo aiutato, ma che avrebbe dovuto scontare la pena che meritava.
Però non capisco che senso abbia la pubblicazione di quella conversazione a mesi di distanza. Non seve al processo, non serve alle vittime, non serve a noi spettatori. Ne vale la pena per riempire qualche pagina di giornale?
R
Mauro
io non so se le pensava veramente o meno, le ha dette e sono finite sui giornali. Mi sono chiesta anch’io come mai a mesi di distanza. Forse perché sono trapelate solo ora? Ma se i giornalisti possono accanirsi su un cantante, per esempio Morgan (sul cui post lei non ha commentato mi pare), perché non lo potrebbero fare su un assassino? In fondo anche Turetta è diventato “pubblico”, come lo sono diventati la sorella e il padre di Giulia che hanno riempito paginate di giornali con le loro esternazioni, libri e quanto altro. Ormai tutto quello che riguarda questo processo è pubblico e i Turetta avrebbe dovuto saperlo che quando parlavano dentro il parlatorio del carcere sarebbero stati registrati.
Io avrei detto quello che dice lei se mi fossi trovata al posto di quel padre, decisamente scomodo ma purtroppo è successo e né io né lei né nessuno credo, avrebbe voluto leggere i dettagli che la stampa ci sottopone da mesi su questo terribile caso.
A che cosa può servire? Mah, forse a sensibilizzare i genitori ad avere maggiore “cura” dei rapporti che intrattengono coi figli: molti, anzi troppi, pensano che basti “non fargli mancare nulla” e poi gli fanno mancare l’essenziale.
L’intercettazione in oggetto non fornisce una rappresentazione completa del dialogo e si e soffermata sulle parole del padre di Turetta, il quale non aveva alcun obbligo di soddisfare le aspettative del pubblico.
Team di psicologi stanno scrivendo la risposta perfetta da dare in quel momento ma probabilmente il padre ha avuto sufficiente tempo di elaborarla da solo.
Se mai non ci fosse ancora riuscito a chi spetterebbe il compito di vegliare sul suo equilibrio psicologico e quali tempi sarebbero necessari?
Qualcuno talvolta ricorda che siamo solo umani ed è anche umano dimenticarlo.
Noto che le discussioni sulla pedagogia abbiano preso un piega filosofica di stampo deterministico. L’unico modo di garantire un “risultato” in un sistema sperimentale è di controllare tutte le variabili, ammesso che si sappia come fare.
Piuttosto forse è il caso di chiedersi che si possa fare per intervenire precocemente ma per questo genere di cose non hanno ancora offerto intercettazioni su cui dibattere.
Sono possibili screening? A che età sarebbe possibile intervenire? Con quali strumenti? Pare esistano centri per uomini maltrattanti ma non è che si siano disturbati a far sapere che sarebbe inutile intervenire sui curricoli della scuola obbligatoria.
Citazione interessante, per quanto vaga e decontestualizzata, considerando che per spiegare la psiche non è necessario entrare in competizione con i sermoni pastorali: “Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” (Es 20,5-6).
Non so se Brusset intendesse fare autocritica, ma in psicologia esiste il concetto del “luogo di controllo” che schematizza la concezione individuale rispetto alla possibilità di controllare gli eventi.
Indipendentemente dal fatto che possa esserlo davvero, il luogo di controllo può essere presunto “interno”, se si pensa di avere il controllo degli eventi, o “esterno”, se si pensa di non poter controllare gli eventi.
R
Copy ho pensato, leggendo le parole di Nicola Turetta dette al figlio, che c’era qualche cosa di archetipale in esse. Che lui volesse liberarsi dal peso delle proprie colpe, che avesse rimuginato per tutto il tempo su come togliersi di dosso la sensazione orribile di aver generato un mostro. E che avesse concluso che più che suo figlio, la colpa la dovesse scontare lui.
[sostituisce @1 Agosto 2024 alle 13:41 ai fini di maggiore chiarezza]
Mariagrazia, invece di fornire ulteriori indicazioni sull’opera ed il capitolo da cui la citazione Bernard Brusset era tratta, preferisce “leggere il pensiero”… precisamente sulla base di “quali e quante” parole dette da un padre?
Perché non mi insegna precisamente tutti passaggi logici che consentono di pervenire ad un tale sintetica interpretazione, ricavata presumibilmente dalle effettive parole usate e senza mettertici “qualcosa di proprio” che non trova corrispondenza nel testo?
Prendo atto che Brusset fosse una vicolo cieco ma adesso sono proprio curioso, visto che finalmente c’è qualcuno che è in grado di rispondere a poche e facili domande su quello che scrive.
R
Psicopatologia dell’anoressia mentale di Bernard Brusset
Questo è quello che Turetta padre ha detto al figlio:
https://www.iltimone.org/news-timone/le-parole-del-padre-di-filippo-turetta-la-cosa-piu-preoccupante-e-averle-date-in-pasto-ai-media/
i “passaggi logici”? Ma come faccio a saperlo? Mi è venuto in mente questa citazione e ne ho dedotto quello che le ho scritto. Ma spiegarle perché sarebbe fare un’autoanalisi lunga e approfondita sul blog e questo non me lo può chiedere.