Mi trovo da qualche giorno in un amena località a mezza collina nell’alto trevigiano. Il paese è piccolo ma ben servito e vi si respira un aria che mi riporta alla mia infanzia quando il Veneto non era ancora stato quasi completamente devastato dalla modernità e dalla industrializzazione. Ieri, verso il tramonto, tornavo da una passeggiata in un percorso naturalistico molto suggestivo: un sentiero ben delineato in mezzo a campi di frumento e prati e boschetti di acacie, tra papaveri, camomilla, ranuncoli, malva e sullo sfondo i monti che ieri, dopo giornate di pioggia anche molto insistente e a tratti violenta, si stagliavano netti e offrivano una vista commovente e mozzafiato.
Per raggiungere il sentiero che il comune ha provveduto ad asfaltare per renderlo facilmente percorribile anche in bicicletta, devi attraversare il paese e superare un’azienda di apicoltura che ha disposto arnie disseminate un po’ ovunque tra gli alberi. La strada di accesso al sentiero è una bella strada di ville e case di campagna tutte con giardini ben tenuti e siepi di gelsomino che spandono il loro profumo tutt’intorno creando un’atmosfera deliziosa.
Mentre stavo per imboccare la via del ritorno, appena dopo uno splendido tramonto (la giornata era stata ventosa, fresca ma secca, dopo la pioggia scrosciante del mattino) ad un tratto si è messo a piovere. Una pioggia dritta, fitta, improvvisa. Mi ero portata uno di quegli ombrellini che stanno nello zainetto, ma si era rivelato insufficiente e perciò decisi di fermarmi sotto una sorta di porticato che sovrastava il cancello di una bella villa di colore rosso fiamma. Dopo qualche minuto scorgo una figura di donna sulla porta di ingresso. Adesso mi scioglie i cani, ho pensato…e invece, con mia grande sorpresa (non sono più abituata alla gentilezza) mi fa: ” ha bisogno di un ombrello più grande? glielo presto, se vuole”.
L’ho ringraziata e le ho risposto che no, non serviva, non avevo ancora molta strada e poi la pioggia stava per cessare. Lei mi ha fatto un sorriso e poi mi ha salutato con un cenno della mano. Che gentile, ho pensato. Noi veneti possiamo apparire a volte un po’ ruvidi ma, soprattutto qui, dove si respira ancora un’aria antica, la gentilezza e la solidarietà e l’accoglienza dei veneti è rimasta intatta e si manifesta anche così con l’inaspettata offerta di un ombrello ad una sconosciuta che si ripara sotto il portico di casa e dalla quale non temi nulla perché non hai sviluppato quella diffidenza nel prossimo, che è poi una forma di difesa, che si respira ormai soprattutto nei centri dove la concentrazione di gente di molte diverse nazionalità ( non sempre ben disposta) sta diventando così massiccia che ti senti quasi un intruso a casa tua.
La bellezza della natura dispone gli animi verso una maggiore fiducia nel prossimo e verso una semplice ma non scontata solidarietà che fa dei rapporti umani una felice interazione tra persone che condividono un pezzo di strada e non importa chi sei e da dove vieni, se ti serve un riparo sono disposto ad offrirlo senza chiedermi se questo gesto possa avere delle implicazioni negative. E credo che tutta l’Italia assomigli a questa gentile signora ma che non ne siamo più consapevoli e stiamo poco a poco buttando alle ortiche il meglio di noi per rifugiarci dietro schermi un po’ troppo invadenti e forse anche un po’ disumanizzanti.
Bel racconto dove s’intrecciano la gentilezza della natura, anche quando si tramuta in pioggia, con quella umana, anche quando si manifesta nella semplice offerta di un ombrello.
A proposito, riferisco un episodio della vita di Pablo Neruda, dal suo romanzo “Confesso che ho vissuto”:
“Capii di essermi smarrito. La notte e la foresta, che erano state la mia gioia, ore mi minacciavano e mi riempivano di paura… Verso le nove di sera scorsi le inconfondibili luci di una casa… bussai alla porta…quand’ecco apparire una signora dai capelli bianchi, esile e vestita a lutto…
-Mi sono smarrito nella foresta…vorrei solo un posto qualsiasi per dormire.
-Avanti- mi rispose- Lei è a casa sua.
Sono passati quarantacinque anni da questo episodio… ma nel mio ricordo continua a vivere come sul fondo trasparente del lago dei sogni.
R
Grazie Alessandro. L’episodio che riporti è abbastanza simile nella sostanza ed ha molto di onirico. Decisamente bello.
Sono convinto che, sotto sotto, le persone siano ancora gentili. Il problema è che, sotto sotto, se la fanno sotto. Non ci si fida più. Ricordo in passato erano i genitori che si raccomandavano coi noi figli di non prendere le caramelle dagli sconosciuti, per poi mandarci a giocare a pallone da soli in strada. Adesso sono io che mi raccomando con mia madre perché non apra la porta a nessuno, nemmeno a presunti carabinieri. Se ne sentono tante, anche troppe.
R
ed è per questo che sono rimasta molto sorpresa, è u vero peccato però.