“Rispetto al nostro retroterra culturale europeo, noi americani siamo degli idealisti: non c’è posto per la guerra; la guerra non dovrebbe esistere. Non è un’esperienza gloriosa, trionfale, non ha creato una classe di guerrieri come in Europa, dai romani ai normanni passando per le crociate fino alla Battaglia d’lnghilterra. Saremo magari un popolo violento, ma non un popolo bellicoso; odiamo talmente la guerra da ricorrere alla violenza contro la guerra stessa. La volontà di mettere fine alla guerra fu tra le motivazioni del progetto Manhattan e della decisione di Truman di sganciare l’atomica su Hiroshima e poi anche su Nagasaki: una bomba per “salvare vite umane”, una bomba per fermare le bombe (la stessa idea della guerra per porre fine a tutte le guerre) – “obiettivo della guerra” si legge sulla statua del generale Sherman a Washington “è una pace più perfetta”. I nostri discorsi sul valore deterrente delle armi, che gli altri accusano di ipocrisia, riflettono veramente il nostro modo di pensare. La guerra è male, sradichiamo la guerra e manteniamo la pace con la violenza: spedizioni punitive, guerre preventive, mandiamoci i Marines!
Da; “Un terribile amore per la guerra” di James Hillmann.
Il filosofo psicoanalista americano morto nel 2011, ha descritto in questo piccolo estratto dal suo libro citato, una componente che sfugge a molti quando si parla degli americani in termini spesso denigratori, per la loro tendenza a voler “portare la democrazia” con le armi, in giro per il mondo.
Hillmann è stato un grande, ha scritto molti libri che parlano dell’uomo e dei sui vizi e virtù, un profondo conoscitore dell’animo umano. Uno dei suoi libri che prediligo è “Il codice dell’anima” che ho letto e riletto trovandoci sempre spunti che mi sembrava di non aver colto.
Dice . “Saremo magari un popolo violento, ma non un popolo bellicoso; odiamo talmente la guerra da ricorrere alla violenza contro la guerra stessa”.
Potrebbe sembrare un paradosso e sono sicura che per molti lo è, ma io invito a riflettere su questa frase. Ho l’impressione che possa darci un’idea più precisa o forse diversa, sugli avvenimenti in corso, in particolare la guerra in Ucraina voluta dai russi che si sono dimostrati “violenti e bellicosi” e molto altro, sotto la guida del “condottiero” che ha celebrato se stesso, più che la nazione, durante le celebrazioni della Vittoria tenutesi il 9 maggio scorso. Un grande popolo guidato da un uomo che, “quasi” solo al comando da 24 anni, ne sta facendo un popolo di sudditi senza volontà se non quella di seguire le sue teorie e megalomanie fino allo stremo delle conseguenze. E chi si ribella finisce relegato in qualche prigione a meditare sulla propria “stoltezza”. E un popolo che non può in nessun modo incidere sulla politica di un paese, è un popolo costretto a subirla, sempre e comunque
O il conflitto Israelo-palestinese, che vede in campo forze impari, popolazione martire e “capi” violenti e bellicosi da ambo le parti con l’aggravante della tremenda eredità lasciata dall’ultimo conflitto mondiale su Israele. La seconda guerra mondiale voluta da un tristo personaggio associato ad un altro altrettanto tristo personaggio che conosciamo bene, al quale gli italiani sono stati spesso pronti a trovare giustificazioni e persino “meriti”. Noi italiani siamo un popolo piuttosto diviso, con posizioni spesso contrapposte e distanti e questo momento particolare che stiamo vivendo le sta mettendo in luce come non mai prima, forse.
La “violenza contro la guerra” potrebbe sembrare un ossimoro, o una tautologia, fate voi, ma gli antichi dicevano:
si vis pacem para bellum.
E, con tutto che io, sia chiaro, odio, detesto, aborro la guerra sempre e comunque riconosco che in momenti particolari nei quali gli eventi sono cosi tremendi da lasciarci con il gusto amaro della nostra impotenza di fronte ad essi, non possiamo fare a meno di interrogarci se le nostre convinzioni o certezze o anche solo opinioni, non siano in qualche modo influenzate dalla nostra cultura, dall’ambiente in cui siamo cresciuti e dai pregiudizi, dai media invadenti, tanti, troppi, dai quali è difficile difendersi e che possono distorcere la nostra percezione delle cose fino a farcele vedere per quello che sembrano ma non sono.
Ecco, forse il “sembrare” a volte ha il sopravvento su “essere”, e come in molti casi della vita questo può portarci a non distinguere bene o non esattamente e a non trovare la piena differenza, sostanziale tra il bene ed il male. Differenza cruciale e non banale. Perché anche se il male può rivelarsi “banale” come sosteneva Hanna Arendt, il bene gli è sempre preferibile e chi lotta per ottenerlo non può e non deve sentirsi messo alla pari con chi lotta contro di esso.