Un’ infamia che Udine non si merita, come non se la merita il Friuli, una regione accogliente e generosa. Si vergogni chi ha insultato il portiere del Milan con frasi indecenti rivolte a lui per il colore della pelle. Indecenti e razzisti, vergognatevi, siete la vergogna di tutta la nazione. L’Italia non è razzista, il mio paese non è razzista e meritate l’espulsione non dallo stadio ma dall’Italia.
Fuori, tutti quelli che durante le partite di calcio gridano insulti del tipo “negro di merda” ai giocatori di colore. Una partita di calcio è un simbolo, dovrebbe essere un simbolo di sportività e invece si trasforma spesso in una vergognosa manifestazione di odio razziale verso chi si trova ad avere un colore della pelle diverso e si sente insultare e non può fare nulla che subire perché the show must go on.
Invece si dovrebbe sospendere tutto e chiudere e mandare a casa tutti. E punire la squadra dei tifosi che hanno insultato il portiere del Milan. E dargli un Daspo a vita altro che 5 anni come è stato proposto.
Il razzismo è una cosa che fa schifo. Il mio paese tutto deve dimostrare solidarietà a Maignan e le società sportive devono prendere provvedimenti che servano a fare in modo che questa vergogna non si ripeta.
Ormai anche in Italia, come già negli USA e in qualche altro Paese, ci si indigna più per le questioni di lana caprina che per quelle importanti.
Ci sono problemi economici seri, rischio di guerra, e sembra che il problema dell’Italia sia il razzismo, che, invece, statisticamente, non esiste, almeno dal dopoguerra.
“Negro di merda” è un insulto, ma l’insulto sta nel “di merda”, non nel “negro”.
A me una volta hanno detto “vecchio di merda” perché ai tempi del covid avevo fatto un osservazione ad un giovane maleducato, e io risposi “Sì, io sono arrivato ad essere vecchio, e in buona salute; tu non si sa se ci arriverai”.
Certi insulti sono relativi e dipendono da chi li lancia. Molti insulti si possono interpretare come complimenti.
Perché il calciatore che si sente chiamare “negro”, invece di offendersi a morte, non risponde “Sì, sono negro (ovviamente, non di merda) e me ne vanto, perché mi considero superiore a te.
Ho un fisico migliore del tuo, faccio un lavoro per il quale mi pagano benissimo, e se vieni a trovarmi negli spogliatoi, ti spiego altri motivi per cui sono orgoglioso di essere negro.”
Gli imbecilli ci sono sempre stati e sempre ci saranno, e troveranno sempre canali per esprimere la loro imbecillità: nel razzismo contro gli africani, nell’antisemitismo, nel maschilismo becero, nell’inneggiare al fascismo ormai morto e decomposto.
Ma, a parte la giusta punizione per l’insulto (che, ripeto, per me sta nel “di merda”), credo che dovremmo fare come suggeriva Dante: “Non ti curar di loro, ma guarda e passa …!”
R
non si curi di lor, Lenzini, guardi e passi e se può gli porga anche l’altra guancia. Potrebbe suggerire di chiamare i “negri” diversamente bianchi oppure negri di pipì, ma dai fa ridere, ma che cos’è ‘so razzismo? questione di lana mortaccina? Ma quando mai i “neri” sono stati discriminati nel mondo? mai, proprio come le donne, MAI, invenzioni dei giornalisti. “Ma, signora Gazzato, io non…e ho anche scritto perché i neri devono essere orgogliosi…particolare non irrilevante…(ecco come immagino la reazione, il resto pure lo immagino, ma lasciamolo scrivere all’autore di questo post…
Il grosso problema è che non si può DIRE “negro” perchè è razzista – forse sì forse no dipende – però si possono mettere a raccogliere pomodori a calci nel sedere sotto la frusta del caporale. Oppure, come in USA, vietato dire la “n-word”, però gli sparano anche se sono su una carrozzina.
Forse bisognerebbe dire “afro-ugandese di merda”, quelli col ditino alzato e la boccuccia a cuore sarebbero soddisfatti: l’importante è compiacere l’algoritmo di twitter (oops, X)
R
alla fine per voler fare l’originale infili solo ovvietà. E’ logico che non possiamo stare sempre col ditino alzato ma uno stadio è un luogo pubblico molto frequentato se passa il messaggio “negro di merda” rivolto ad uno che sta solo facendo il suo mestiere e lo si cerca di infangare e deridere e insultare perché nero e perché della squadra avversaria, si tratta di odio becero amorale di individui spregevoli che cercano la rissa e di far passare per “giusto” quello che è disumanizzante, il razzismo disumanizza perché prevede che il “nero” sia un essere inferiore quindi “meno uomo” , la disumanizzazione è in atto da tempo e tende a rendere l’uomo un oggetto di scherno, qualsiasi motivo non motivo è valido pur di disumanizzare l’uomo: vecchio, nero, donna, gay, vecchia, e via cosi, una società malata che si disumanizza porta anche a giustificare il razzismo fino ad arrivare alle estreme conseguenze.
Sul fatto che la disumanizzazione (io la chiamerei semplicemente mancanza di rispetto) sia in atto da tempo hai perfettamente ragione, e non solo nel calcio. Anche quello che viene entusiasticamente definito “patriarcato” è solo una cattiva copia delle varie pseudoculture rap e porno, i veri “patriarchi” erano molto attaccati ai ruoli ma tutto sommato si sono inventati i Dolce Stil Nuovo… Credo però che, come sempre, le sotto-classificazioni siano più dannose che altro. Nessuno deve essere definito “di merda”, punto. Non è particolarmente più grave se è un negro, un terrone, uno juventino, un gay, un imprenditore – se stabilisci graduatorie e introduci i “più” ammetti di fatto che ci sia qualcuno che può essere definito “di merda” più facilmente e con meno conseguenze di altri.
Quanto alle curve dei tifosi di calcio, vanno lì SOLO per attaccare e menarsi con qualcuno, la partita e i giocatori sono assolutamente secondari. Se non sono quelli dell’ altra squadra sono gli juventini (un evergreen) oppure la polizia, i froci, gli immigrati di qualunque colore… Il razzismo è una semplificazione “letteraria” che serve ai giornalisti per fare titoli, “sociopatici” sarebbe più corretto ed esplicativo.
R
Eppure mi pareva che fossimo quasi d’accordo, all’inizio, quasi gongolo, una volta tanto…poi nel mezzo ho capito poco e alla fine che abbiano colpa i giornalisti (che ne hanno tante) però mi rende dubbiosa…ehmm, giusto fa titolone, magari fa anche girare un po’ di palloni per lo scarico naturale della rabbia ma in fondo non parliamo di razzismo…ok non parliamone come non parliamo di femminicidio se ammazzano le donne. Ma allora di che parliamo? Meglio non dire, e tu e lei e noi e lei …pensiero stupendo, nasce un poco strisciando…(non bevo sono astemia dalla nascita)…
Non è sempre questione di colpa o innocenza, è che il giornale ha una riga per i titoli, magari due ma solo per le cose importanti, e deve scriverci qualcosa che faccia capire a tutti (più o meno) di cosa si sta parlando. E’ una continua approssimazione: tutti gli aerei con solo un’ elica sul muso o sono Cessna o sono ultraleggeri, tutti i sub hanno le bombole “di ossigeno” (che non esistono), tutti i crimini commessi da italiani sotto i 18 anni sono “goliardate”. Mia moglie (psicologa) aveva un paziente ultras (ma davvero) che le ha spiegato tutto, gli ambienti, i rituali, le motivazioni: per quello dico che “razzismo” serve solo a far capire che hanno insultato gravemente qualcuno, ma prima che arrivassero gli atleti di colore l’arbitro era perennemente cornuto, e non credo conoscessero la sua signora….
Fatti una risata..
https://youtu.be/v62bG4dYPSE?si=vMTLvPyPyia8QkJt
R
Molo divertente, si, h o riso. Però i razzisti ci sono e sono degli stro…
Signora Gazzato, lei ha scritto in apertura ” L’Italia non è razzista, il mio paese non è razzista e meritate l’espulsione non dallo stadio ma dall’Italia.”
Verissimo e condivisibile.
Ma se è così il problema non esiste, come non esiste il problema se qualche mentecatto scrive a Giuliana Segre che la dovrebbero mettere in un forno crematorio.
I fatti singoli che non rappresentano la mentalità media italiana, ma sono eccezioni imputabili a quattro imbecilli, vanno puniti per quello che sono (con multe, espulsioni, interdizione dai pubblici uffici, carcere, e chi più ne ha più ne metta).
Ma non ne facciamo un problema nazionale e, per favore, non diciamo che in Italia esiste il problema razzismo. Le questioni importanti sono altre.
R
lei si auto smentisce. Liliana Segre. E comunque non sarà un problema nazionale (per lei nessuno lo è) ma lo è a livello internazionale perché cresce nel mondo l’odio verso il “diverso” e in generale l’odio verso persino il vicino di casa.
La disumanizzazione è in atto e voluta e portata da molti fattori che influiscono sulla condotta generale delle persone che sono meno empatiche meno solidali, più frustrate e molto maleducate (le guerre, per esempio) Ci faccia caso. Ieri per esempio, camminavo su un marciapiedi di una bella strada di un quartiere elegante e ben ordinato: strade larghe e poche macchine e aree verdi. Bene ad un certo punto sento un raschiare e un frusciare e poi mi sento qualcosa che mi sfiora le caviglie, mi sono sentita quasi cadere per la sorpresa, mi sono girata e c’era una donna sui cinquanta con tre cani al guinzaglio che tiravano come forsennati, le dico: signora mi ha quasi fatto cadere”, lo sa che cosa mi ha risposto: “non le rispondo neanche” e poi al mio “ma come? mi fai cadere quasi e rispondi così”? Lei sa che cosa mi dice: ” cammina più veloce”. Insomma anche se il marciapiede era largo, la strada vuota, la signora che aveva i cani che tiravano per andare a fare la pipì, invece che scendere dal marciapiedi e sorpassarmi ha permesso che i suoi cani mmi lambissero le gambe in modo che io capissi e le lasciassi strada…io lo trovo allucinante. Capisce ora cosa intendo?
A proposito di cani. Beh, queste situazioni capitano anche da queste parti. Ho una cagnolina e precisamente un puli ungherese di nome Scopa. Quando faccio qualche passeggiata al parco con la mia nipotina e Scopa, qualche signora si ferma e le chiede di che razza sia. “She is an Hungarian Puli, her name is Scopa, which means mop, and she is the only Puli in town!”. Venendo al sodo, vista la stagione non troppo clemente, al momento porto Scopa a spasso facendo solo il giro dell’isolato intorno a casa mia. Ogni tanto incontro una signora con quattro cani, tutti di razza diversa, che non riesce a controllare perche’ di sicuro non e’ la padrona, ma semplicemente una “dog walker”. Attraverso quindi la strada e continuo la passeggiata sull’altro marciapiede per evitare problemi. Ieri pomeriggio invece mi vedo sbucare da una strada secondaria una trentenne, con divisa da jogger e capelli tenuti da un nastro fluttuante, che correva sul marciapiede spingendo una carrozzina, a cui era legato un setter, con la destra e con la sinistra parlava concitatamente al telefonino. Scesi in strada con Scopa per lasciarle il passo e questa mi supero’ senza darmi un’occhiata od un cenno di ringraziamento. Al che le urlai dietro “Va a da via al c*, bruta logia!”. La nostra si fermo’ e mi chiese “What did you say?” ed io le ripetei la frase. “What does it mean?”. “F*ck you, ugly bitch!”. Mugugno con vari insulti e poi continuo’ imperterrita nella sua corsa.
R
Beh, ha voluta la traduzione? Servita! Che poca immaginazione che ha la gente, oltre che maleducata…
A proposito di razzismo, ho dimenticato di aggiungere che Scopa e’ nera come il carbone ed odia i cani di pelo bianco…
R
Scopa dunque è un po’ razzista, ma la perdoniamo perché solo per quel nome ispira simpatia: broom broom…
Capisco e sono d’accordo con lei. La società di oggi è intollerante e si respira dappertutto aggressività.
Troppa gente crede di avere diritti e niente doveri. Il rispetto per il prossimo non è più considerato un valore, ma un segno di debolezza e di sottomissione.
Il problema esiste, e i mezzi di comunicazione lo amplificano.
Fatta la diagnosi, però, la cura non è scontata.
I movimenti femministi hanno ottenuto risultati positivi sul piano normativo, ma hanno accentuato la contrapposizione e l’incomprensione tra uomini e donne.
La condanna del razzismo portata all’estremo sottolinea il fatto che esistono razze diverse, cosa a cui qualche decennio fa non si badava più.
Le soluzioni vanno testate ed eventualmente ritarate e modificate se non ottengono i risultati attesi.
Un po’ di buona creanza non fa mai male e puo’ essere anche ricompensata.
Forse l’introduzione sara’ un po’ lunghetta e magari noiosa, pero’ bisogna partire dalle premesse per arrivare al punto.
Grazie al mio lavoro passai due anni in Nigeria e precisamente a Port Harcourt, capitale del Rivers State, dove era situata la sede operativa della compagnia per cui lavoravo. Le due concessioni per ricerca di idrocarburi erano situate “offshore”, pero’ la societa’ ottenne nel frattempo anche un permesso per perforare “onshore” in una zona situata nel Benue State. Pertanto, come Operation Geologist, fui spedito con un mio grande amicone di Biella, incaricato dei lavori civili, per controllare che il punto segnato lunga una linea sismica fosse localizzato esattamente come stabilito dal capo dell’esplorazione di Lagos, sede principale della compagnia. Era gennaio se ricordo bene, nel pieno della “dry season”, partimmo al mattino presto ed andammo a controllare che la postazione fosse esattamente nel posto come da istruzioni tecniche. Si dovette camminare nella giungla per circa tre chilometri lungo una linea sismica, un sentierino largo circa un metro e mezzo, facendo il rumore piu’ forte possibile, marciando come i soldati e battendo il terreno e le erbacce con un bastone, perche’ da quelle parti i serpenti velenosi non perdonano. Rientrammo poi senza problemi al campo della squadra sismica, dove pernottammo, ed il giorno dopo ci avviammo verso Makurdi, la capitale dello stato del Benue, per ottenere dal ministero delle infrastrutture i vari permessi per la costruzione di una strada sterrata, compreso un ponte su un fiumiciattolo, che sarebbe servita per il trasporto dei vari macchinari pesanti inerenti alla perforazione per raggiungere la postazione designata. Essendo ormai troppo tardi per il rientro a casa, circa 500 km, decidemmo di passare la notte a Makurdi e ci fermammo nel miglior albergo della citta’, dove la compagnia teneva un conto aperto. Era sul tardo pomeriggio e ci insediammo al bancone del bar per sorbirci una bella birretta ghiacciata. La vetrata del locale dava su un’enorme balconata affacciata sul fiume Benue. Veramente uno spettacolo. Notammo inoltre un signore con un microfono che parlava ad un assemblea di ascoltatori con tanto di striscioni e cartelli. Chiesi al barista che cosa stesse succedendo e quello rispose che era il governatore dello stato che iniziava la campagna elettorale per farsi rieleggere. Finito il discorso con grandi apllausi e grida di incitazione, il governatore lascio’ la balconata e rientro’ passando a poca distanza da noi due (Vorrei aprire una parantesi a questo punto: io ed il mio collega eravamo gli unici europei nel locale). Noi due salutammo il governatore con un cenno del capo (unici tra i clienti) e lui rimase all’inizio sorpreso e poi ritorno’ il saluto. Quando poi ordinammo altre due birre, il barista ci mise di fronte due bottigliette dicendo “These are for free, with the compliments of the governor”.
R
per nulla noioso, anzi, Luigi, molto interessante. Un gesto gentile è vero può lasciare il segno soprattutto se non te lo aspetti. Quel signore ha capito la gentilezza e l’ha ricambiata, una cosa che dovrebbe essere normale tra gli esseri umani e invece sta diventando sempre più merce rara.
Mi è venuta un’idea. E se, mentre noi ci facciamo tanti film sul razzismo il razzismo non c’entrasse per niente?
Se certi tifosi ci marciassero?
Hanno constatato che, lanciando cori razzisti, i giocatori di colore la prendono malissimo, magari escono dal campo, verosimilmente, riprendono a giocare con meno concentrazione, e può darsi che questo ribalti le sorti della partita.
R
non faccia il furbo, l’ha letta sulla rubrica che conosciamo tutti qui (si quella li) che ora ha un tema la giorno che toglie i polemici da torno. Idea molto poco originale e però non ho letto un bel ” si vergogni” a chi l’ha pensata e scritta visto che ne da la colpa ai giornalisti e quasi assolve i razzisti, mah il “si vergogni, non si può usare con tutti…
Non l’ho letta. (solite illazioni!) Ci ho pensato da solo. Quando una cosa è verosimile, è normale che la ipotizzino in tanti.
R
non ci credo.