Nel suo “Saggio sulla libertà”, John Stuart Mill, scrive: ” …l’argomento più forte contro l’interferenza del pubblico nella condotta puramente individuale è che, quando si verifica, si verifica con ogni probabilità, sia nei modi sbagliati che nel posto sbagliato. Nella questione di moralità sociale, di doveri nei confronti degli altri, l’opinione del pubblico, cioè della stragrande maggioranza, è più spesso giusta che sbagliata, poiché si tratta soltanto di giudicare sui propri interessi, su come verrebbero coinvolti da un dato comportamento, se venisse consentito. Ma l’opinione di una simile maggioranza, imposta come legge ad una minoranza, in questioni di condotta strettamente individuale, ha uguali probabilità di essere giusta o sbagliata, poiché nel migliore di questi casi, opinione pubblica significa l’opinione di alcuni su che cosa sia bene o male per altri e molto spesso non significa neanche questo, il pubblico con la più perfetta indifferenza, ignora i sentimenti e le esigenze di coloro di cui biasima la condotta e pensa solo alla propria preferenza. Molti considerano lesiva dei propri interessi qualsiasi condotta che loro dispiaccia e se ne risentono come di un oltraggio ai loro sentimenti, simili a quel bigotto che, accusato di disprezzare i sentimenti religiosi degli altri, ha ribattuto che sono loro a disprezzare i suoi persistendo nel loro abominevole culto e credo.”
E qui seguono vari esempi, ma mi sembra sufficiente per esprimere la mia opinione sul tema della libertà individuale in rapporto ai doveri che ciascuno ha verso la società.
E’ fuor di dubbio che qualsiasi azione individuale che non comporti alcun danno a terzi, non possa e non debba essere in alcun modo sanzionata o semplicemente frenata senza incorrere nella limitazione della libertà personale che attiene al singolo giudizio dell’individuo.
Non occorre portare esempi, l’attuale società costringe il legislatore ad imporre leggi che limitino azioni che ledono la libertà altrui di godere appieno della propria individualità in base ai gusti, alle preferenze e alla condotta di vita che ciascuno ritiene più idonea per sé. Un caso molto evidente è il reato di stalking come quello di mobbing che, il legislatore, usando due parole mutuate dalla lingua inglese, ha recentemente introdotto nella nostra giurisprudenza.
Sono due reati gravissimi perché limitano in maniera ossessiva e sistematica l’altrui liberta di azione.
Ma ci sono esempi continui di limitazione della libertà personale anche in casi considerati di scarsa importanza, che non necessitano di una legge per essere regolamentati ma che attengono al generale “buon senso comune” e ad un etica comportamentale della quale alcuni sono completamente digiuni. Alcuni si arrogano (del tutto arbitrariamente) il diritto di giudicare, di consigliare, addirittura in alcuni casi di imporre, comportamenti da questi giudicati più giusti o più consoni per il mantenimento di una dignità nell’ambito societario, più confacente ai propri schemi mentali.
Ma imporre i propri schemi mentali mediante suggerimenti o consigli non richiesti, soprattutto quando questo avviene additando palesemente o nascostamente, sconfinando nel pettegolezzo, colui il quale in base al proprio giudizio, si comporta in maniera riprovevole arrivando persino all’estrema ratio (irrazionale) di gridare allo scandalo è, a mio avviso e a giudicare da quanto espresso in uno dei saggi più popolari sul tema della libertà, davvero riprovevole.
La cosiddetta dittatura della maggioranza che impone le proprie regole, a volte assurde, a chi non le condivide è una delle storture più evidenti e deformanti della democrazia. Ed è deteriore al punto di frenare le potenzialità individuali che altrimenti si svilupperebbero più armoniosamente e renderebbero un maggior beneficio alla società che dalle differenze, dalle molteplicità di stimoli, dalle diverse opinioni non può che trarre indubbio vantaggio.
Questo è un articolo già pubblicato ma mi sembra che il tema sia sempre attuale.
Io non amo i consigli (come non amo darne) ed ho spesso fatto proprio l’esatto contrario di quello che mi veniva consigliato e il più delle volte non li ascolto. Anche se, devo dire, che non sempre i consigli sono del tutto sbagliati.
In democrazia governa la maggioranza. Non sarà un sistema perfetto, ma è il migliore tra quelli praticabili.
Giustamente, il fatto che la maggioranza abbia il diritto di decidere e di prendere le iniziative che ritiene opportune e utili per il popolo che rappresenta non deve significare ridurre al silenzio le opposizioni e le varie forme di dissidenza.
Non bisogna però incorrere nell’eccesso opposto, che il generale Vannacci ha definito come “dittatura delle minoranze”.
I dissidenti hanno il diritto di dire la loro, di adire a tutte le procedure di tutela previste dalla legge. Però, poi, quando la questione è definita, devono accettare la decisione presa dalla maggioranza e smettere di provarci con ogni mezzo per far prevalere la propria posizione minoritaria.
Altrimenti sono loro a comportarsi in modo antidemocratico.
In questo senso, anche i referendum lanciati più volte dai radicali qualche decennio fa per scavalcare le decisioni del parlamento mi sembrano discutibili.
Per non parlare dei gilet gialli contro Macron.
Per fare qualche esempio, va bene che gli islamici si lamentino del presepe nelle scuole, ma, se il consiglio di istituto decide di farlo, lo devono accettare.
Se i LGBT vorrebbero sostituire le desinenze delle parole con lo schwa hanno il diritto di chiederlo, ma, se la maggioranza decide di mantenere le desinenze maschile e femminile, loro non possono scrivere documenti ufficiali con lo schwa.
Chi ha problemi motori ha diritto a che, nei limiti del possibile, siano eliminate le barriere architettoniche, ma quando, nel restauro dei mercati di Traiano, a Roma, è stato spianato un preziosissimo pavimento di epoca romana con appositi scoli per l’acqua di lavaggio degli animali macellati, perché quei canali rappresentavano una barriera architettonica, si cade nella dittatura della minoranza.
E che la dittatura sia esercitata da un autocrate o da una minoranza in nome del politicamente corretto, sempre un vulnus alla democrazia è.