Troppe chiacchiere

Va bene, Paola Concia, la suora e l’avvocata designate a comporre una commissione per il progetto all’Educazione sentimentale proposto dal ministero per L’Istruzione e il Merito, sono tre gran brave donne, professioniste nel loro campo e ne sanno certamente molto e avrebbero potuto coordinare le iniziative di questo progetto.

Insegnare l’Educazione (prima di tutto) poi, anche, sentimentale (che non si capisce neppure bene che cosa significhi), va bene. Qualche oretta in cui i ragazzi apprendono nozioni su come ci si comporta nella vita, su come alle compagne di scuola e di vita futura, sia dovuto sempre rispetto, prima di tutto rispetto e poi libertà di azione perché il maschilismo è una brutta bestia e ai ragazzi va insegnato a combatterlo…ma come?

Certo le tre signore saprebbero dire come e saprebbero anche dire perché.

Ma sono state depennate. Il ministro, a seguito la montagna di polemiche seguita alle loro nomine ha fatto dietro front.

Apriti cielo e terra e ogni luogo: occasione ghiotta, piatto ricco per un’opposizione che non aspetta che un ministro del governo Meloni faccia un passo falso o anche solo simil falso, insomma ogni nota stonata viene colta per elaborare una sinfonia dodecafonica dove le voci più disperate della (mancata) opposizione al governo si sbracano finalmente. Schlein può battere qualche colpettino e aprire la bocca che altrimenti si riempie di ragnatele.

Certo il ministro non ci fa una bella figura, ma ormai ci è abituato. Ma quali sono i ministri del passato che sono stati al suo posto che hanno fatto grandi figure? Direi che la maggior parte ha fatto figuracce. La scuola è un mondo a sé, una galassia in parte inesplorata e al Ministero ci va chi la conosce poco o nulla.

Ma come si insegnano i sentimenti in una scuola così degradata come la nostra? Prima bisognerebbe riportare un po’ di ordine, rivalutare la dignità di insegnanti sempre più bistrattati da un sistema complesso e con le ruote arrugginite.

Concetti semplici e persino banali che qualsiasi insegnante o genitore può insegnare ai propri figli magari anche con l’esempio, prima di tutto con quello. Uno scrittore pedagogo italo americano, negli anni ’80 teneva classi dove insegnava L’Amore. Molti lo prendevano in giro ma aveva un certo successo.

Ho letto tutti i suoi libri e qualcuno riletto più volte, tutti best sellers. Forse potrebbero diventare testi scolastici.

Si chiama Leo Buscaglia, cercatelo sull’web se non lo conoscete e per favore non prendetelo in giro anche voi, non se lo merita. Non si lanciava in disquisizioni dotte, ma semplicemente parlava al cuore dei suoi lettori, senza troppe pretese, insegnava quello che lui stesso aveva imparato dalla sua grande famiglia italiana sull’amore. Valditara, forse ti potrebbe tornare utile, anche senza commissioni ad hoc.

Lascio stare, sorvolo sulle polemiche, sulle querele e contro querele e sui pettegolezzi veri o fasulli che riguardano la famiglia della povera Giulia. Noto solo che nel suo nome qualcuno ha fatto tanta inutile propaganda e forse persino diseducato se sentiamo sempre più spesso nelle cronache di questi giorni che soggetti innominabili dicono alle compagne ” ti faccio fare la fine di Giulia”.

Se Turetta ha ” fatto lezione” dobbiamo preoccuparci tanto, ma tanto ma non delle polemiche ma della mancanza di azioni concrete per arginare un fenomeno odioso e delle troppe chiacchiere che vi si fanno intorno.

3 commenti su “Troppe chiacchiere”

  1. Ma dico, non basterebbe per una educazione sentimentale far leggere i tanti poeti di cui abbonda la letteratura mondiale?
    Questo è l’amore spirituale di Dante che descrive la donna come messaggero angelico di virtù
    “Tanto gentile e tanto onesta pare
    la donna mia quand’ella altrui saluta,
    ch’ogne lingua deven tremando muta,
    e li occhi no l’ardiscon di guardare….”

    E questo è l’amore più carnale del Petrarca, estaticamente ammirato della bellezza muliebre:
    “Chiare, fresche et dolci acque,
    ove le belle membra
    pose colei che sola a me par donna…”

    Grande Properzio nel descrivere i dubbi d’amore
    “È un amore impossibile” – mi dici.
    “È un amore impossibile” – ti dico.
    Ma scopri che sorridi se mi guardi,
    e scopro che sorrido se ti vedo.
    “Di notte” – tu confessi – “io ti penso… Ti penso giorno e notte, e mi domando se stai pensando a me, mentre ti penso.
    … La società, le regole, i doveri… ma tremi quando stringo le tue mani.”
    “Meglio felici o meglio allineati?”
    – Ti chiedo. –
    E il tuo sorriso accende il giorno, cambiando veste ad ogni mio pensiero.
    “Questo amore è possibile” – ti dico.
    “Questo amore è possibile” – mi dici.

    E che dire dell’amore di Saffo per la sua allieva Gongila?
    O mia Gòngila, ti prego:
    metti la tunica bianchissima
    e vieni a me davanti: intorno a te
    vola desiderio d’amore.
    Così adorna, fai tremare chi guarda;
    e io ne godo, perché la tua bellezza
    rimprovera Afrodite.

    Non è da meno Shakespeare in questo sonetto:
    Dovrei paragonarti a un giorno d’estate?
    Tu sei più amabile e più tranquillo…

    E infine esemplare questo amore finito descritto da Catullo
    “Povero Catullo, smettila di illuderti!
    Ciò che è perso – e lo sai – è perso: ammettilo.
    Giorni di luce i tuoi, un lampo lontano,
    quando correvi dove la tua fanciulla ti chiamava…”
    Ce n’è a sufficienza per un’educazione sentimentale che insegni l’amore e il rispetto di chi si ama o s’è amato e poi tutto è finito.

    R
    certo, ma gli studenti li leggono distratti e guardano il freddo schermo dello smartphone in continuazione.

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    • Alessandro,
      la poesia andava bene quando amore, procreazione, sesso, famiglia, religione e società formavano un unicum ben preciso, riconosciuto da tutti, dove c’erano regole che potevano BENISSIMO essere infrante, ma in cui l’infrazione era un atto di responsabilità individuale – ed era essa stessa il riconoscimento dell’ esistenza dei quelle regole e dei valori che “difendevano”. Si peccava e ci si divertiva nel peccare ma c’era un legame tra i vari aspetti del vivere, un fil rouge a volte anche ingombrante e scomodo ma anche linea guida e riferimento per “tornare a casa”. Lo scemo del villaggio era sbeffeggiato ma faceva parte del villaggio, l’insegnante veniva preso in giro ma era rispettato, la castità era continuamente messa alla prova ma era riconosciuta come valore, insomma, una vita di medaglie a doppia faccia come è ovvio e direi “naturale”.
      Oggi nel nostro Occidente nel nome della libertà (di commercio, direi io) si è spezzettato, parcellizzato, atomizzato tutto. In particolare l’amore è stato frantumato in affettività, passione, amicizia, sesso, ginnastica, procreazione, ciascun elemento considerato e gestito come qualcosa di a sè stante, asettico, impacchettabile, vendibile – oppure condannabile e “bannabile”, il principio è lo stesso.
      “Educare all’ affettività” è una bella frase, ma è una strunzata. Si educa al rispetto e si insegnano metodi di comunicazione condivisi, cioè linguaggi; il resto si sviluppa insieme agli emisferi cerebrali, che finiscono di maturare intorno ai vent’ anni. Nessun trio di estranei può educare, e neppure descrivere se non sono poeti, la misteriosa strada dall’interesse per una risata al BISOGNO di sentire quella risata al desiderio di VIVERE INSIEME a quella risata al desiderio del corpo di fondersi fisicamente con quella risata al bisogno di avere figli insieme a cui far vivere la stessa storia o una migliore. Se nell’ assenza totale di regole a tredici anni “fai sesso” e a quindici provi a fare l’omosessuale perchè su instagram prendi più like e a venti ti lasci andare al primo/prima che “te la condisce” un po’ carina e poi fino ai quaranta carrierapilatesweekendvacanze e a quarantacinque facciamo un figlio sennò mi cacciano dal gruppo uozzàp, mi dici cosa assumi paoleconcie, suore e avvocate per far cosa? A quel punto potrebbero insegnare a suonare il sassofono, almeno vien fuori un’ orchestrina.
      L’affettività non è un prodotto da pubblicizzare, è un “imprinting”. Se la mamma che ti allatta (se ti allatta) invece di respirarti addosso e di annusarti e di coccolarti si guarda i video su tiktok, che affettività vuoi sviluppare? Quale idea di rapporto di coppia e/o di famiglia potrai metterti in testa se la prima coppia da cui prendere esempio, i tuoi genitori, sono a cena uno su un lato uno sull’altro della tavola ciascuno zitto con gli auricolari a guardarsi le chat, e a te figliolanza dopo averti portato a karate, inglese, padel tiro all’ arco non ti si caga nessuno?
      Può davvero fare qualcosa la Scuola?

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  2. Effettivamente, credo che il grosso del lavoro per educare i giovani ad una sana affettività tocchi alla famiglia.
    E credo che si debba cominciare molto presto.
    Nel libro di Piero Angela “Da zero a tre anni”, si dice appunto che è in questa primissima fase della vita che, per dirla con linguaggio informatico, si “carica il sistema operativo.”
    E un buon sistema operativo è il presupposto essenziale per far girare correttamente tutte le applicazioni che via via si caricheranno.
    In questa fase sono soprattutto i genitori a dover rispettare i bambini. Devono essere disponibili, sinceri, onesti e chiari con loro, non li devono castigare ma convincere, devono sorridere tanto.
    La scuola può informare e completare la formazione in tema di rapporti affettivi, ma se il giovane ci arriva mal costruito, le cose che gli insegnano gli entrano da un orecchio ed escono dall’altro.

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