Fighetteria furba

I premier passano, passerà anche lei, la prima donna premier. Dice: non le hanno risparmiato niente, se lo sarebbe dovuta aspettare e se lo aspettava. Se ora faccia o meno bene il proprio lavoro, non voglio entrarci: a me sembra che si dia da fare e che però gli ostacoli siano talmente tanti da non riuscire a fare tanto. L’Italia ha bisogno di tutto, ma chi ha governato prima di lei le ha lasciato un piatto di lenticchie con le quali sfamare un’intera nazione.

Le opposizioni…ma quali? I due principali oppositori di “sinistra” sono due esponenti massimi della fighetteria italiana, pieni di quattrini all’orlo e che trasbordano, ma si battono il petto per il salario minimo a 9 euro. Cioè una presina di sale. Ma è giusto che chi guadagna di meno possa contare su un salario più equo ma anche fatto obbligatorio per legge il 9 euro, sarà rispettato da chi le leggi se le appende nel bagno al posto della carta igienica?

E come mai, se era tanto importante e vitale per gli italiani ( e lo è guadagnare uno stipendio che non gli faccia morire di fame) finora non si è fatto?

Quando stava al governo Conte, aveva tutto il tempo, come mai non si è stracciato la camicia sul petto glabro per ottenerlo? Un omuncolo ipocrita che ha governato per decreti tutto il tempo e che ora dice che Meloni è un pericolo per l’Italia. Beh, se abbiamo superato il suo di governo, credo che possiamo uscire quasi indenni anche da quello di Giorgia.

La battaglia sul s.m. è fatta per incantare chi ancora crede a partiti come il PD ei 5S. Poveri, hanno bisogno di credere in qualcosa e di attaccarsi ad un tram che è già passato e che qualcuno ha preso ma che molti hanno perso.

Intanto chi gode delle agevolazioni fiscale dell’attuale governo (Grillo e fidanzata di Conte) si guardano bene dal non accettarle. Non sia mai! E di dare ai poveri in beneficenza il frutto di quelle agevolazioni, non sia mai!

L’ex premier strappa il testo della proposta di legge in aula, teatralmente come tutto quello che fa. Un attorucolo d’avanspettacolo, presuntuoso e però furbo. La furbizia dell’italiano medio che arriva (se arriva) a mettersi in saccoccia una bella somma e poi finge di preoccuparsi dei poveri. Dei quali non gli potrebbe fregare di meno.

Tanto, ormai, gli italiani ridotti a sonnambuli, non se ne accorgono.

11 commenti su “Fighetteria furba”

  1. Il salario minimo eticamente sarebbe una cosa giusta. Mi domando come mai sia diventato improvvisamente imprescindibile mentre prima non era nemmeno menzionato. Ma con i buoni principi si fa poca strada. Ammettiamo che venga introdotto: chi crede che gli stipendi schizzino in alto è sicuramente un grullo. Chi percepiva un tozzo di pane in regola si troverà a percepire lo stesso tozzo di cui mezzo tozzo in regola con stipendio minimo e il resto nero, con buona pace dei contributi.
    Forse a Conte e Schlein un mesetto a cavare pomodori dal campo non farebbe male.
    R
    Già, si renderebbero conto di che cosa cianciano. Ma troverebbero il modo per far lavorare altri al posto loro.

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  2. Il salario minimo è una misura che spiazza anche i sindacati. Come ha giustamente osservato la Meloni, i sindacati stipulano a volte contratti con salario minimo inferiore a quello che si vorrebbe istituire.
    Una misura per costringere i sindacati ad essere più esigenti sugli aumenti salariali?

    In effetti, per troppi anni i sindacati conferedali hanno chiesto aumenti di stipendio perfino inferiori a quelli che gli inprenditori si aspettavano, perché le loro priorità erano le tutele e le regole che aumentavano il proprio potere.
    R
    Gli stipendi in Italia sono bassi in generale tranne che per pochi “eletti”, andrebbero aumentati tutti e i sindacati non hanno fatto niente n questi anni per aumentarli e lo sfruttamento dei lavoratori (anche quelli sindacalizzati) è aumentato, come è aumentato l’uso di lavori precari e addirittura sul filo della disperazione. Si deve puntare ad aumentare i salari in maniera adeguata al costo della vita e permettere alle persone che lavorano di vivere una vita decente e a ridefinire tutti i contratti in modo che la precarietà venga progressivamente abolita.
    Deve cambiare molto anche nel rapporto tra sindacati e imprenditori se vogliono essere credibili quando protestano contro il governo per ottenere delle briciole che servono solo agli uccellini che nemmeno riescono a svernare.

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  3. Il Parlamento, l’organismo legisllativo che dovrebbe rappresentare la volontà popolare, già esautorato abbastanza dalla decretazione governativa (fatta ormai a manetta senza bisogno della condizione di urgenza), affossa la legge sul salario minimo presentata dai 5stelle, e rinuncia ai suoi poteri per delegare al governo la questione dei salari.

    A detta del Governo la legge affossata, avrebbe livellato verso il basso i salari -ossia il sario minimo diventerebbe di fatto un salario massimo- invece, lasciando il salario alla contrattazione sindacale, si avrà “l’equo compenso”(cioè quello che vogliono i padroni, visto che i sindacati non contani più nulla) che addirittura supererebbe i 9 euro.
    Insomma vedremo i rider portare la pizza in Lamborghini.
    R
    Sono dell’idea che il salario minimo avrebbe consentito ai più furbi di diminuire i salari già contrattati e superiori a 9 euro (che sarebbero lordi e quindi una miseria), Dopotutto abbiamo visto come Conte (e Renzi) ha usato il Parlamento, esattamente come la scatoletta di tonno di cui si è sempre mangiato il contenuto. Il governo ha fatto bene ad impedire anche questa manovra per affossare ulteriormente i salari già bassi, 9 uro sono ridicoli e comunque molti contratti hanno già cifre superiori come salario minimo. Ma chi vuole superare tutte le leggi sa come farsi i fatti propri, un imprenditore disonesto se ne fa il baffo delle leggi.. Il PD e i 5 stelle credono ancora a Babbo Natale ( o vogliono che ci crediamo), a destra, forse, sono più smaliziati o semplicemente meno propensi a farsi ingannare dalle sirene di una sinistra che ha distrutto il mondo del lavoro e quel poco di buono che i lavoratori avevano conquistato ( vedi art.18) con enorme fatica ma sappiamo anche come questo gli sia servito per farsi i propri interessi (di bottega). Conte e Schlein sono fasulli e patetici. Ci provino a lavorare se sono capaci invece i “fighetti” coi soldi nostri.

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  4. Il salario minimo è cosa ottima e doverosa laddove esista anche la possibilità di arrivare a un salario massimo. Da noi è impossibile: l’unico criterio per dare un salario “ad personam” è il merito, e in Italia “merito” è una parolaccia. Ho lavorato molti anni con gli Ammerigani che hanno tanti difetti e ti spremono come un pompelmo, ma se lavori bene ti gratificano eccome. Quando arrivarono alla mia Farmaceutica era febbraio, e io ero confinato in biblioteca come punizione per non aver avallato alcuni imbrogli. Siccome sono un creativo (e so lavorare) tra idee, consigli e pareri a giugno arrivò una categoria e DUE MESI LORDI di bonus “al merito” con cui andai in Polinesia in vacanza – qualche altro,ugualmente produttivo, fu egualmente premiato. I sindacati erano furenti. Da noi se danno 5 lire a me le devono dare a TUTTA l’azienda a prescindere, risultato è impossibile far carriera e avere aumenti.
    Il “salario minimo” da noi diventerebbe il salario massimo e unico, ci sarebbe il definitivo spiattellamento in basso. Almeno un paio di contratti dei Chimici negli anni ’90 furono chiusi SOTTO le offerte dell’ azienda, perchè “non vogliamo elemosine e favoritismi”. Per i sindacati chi lavora è un lecchino e servo del padrone – non ci vai lontano.
    R
    ecco, uno dei tanti (ma davvero tanti) esempi della “buona fede” dei politici (e dei sindacati). Il merito poi…sappiamo quale sia e come sia considerato.
    L’onere della contrattazione salariale spetta ai sindacati come spetta ai sindacati controllare che vengano rispettate le intese raggiunte.

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  5. Io vengo da un’esperienza simile a quella di Nencioni (esclusa la punizione della stanza vuota). L’ostruzionismo contro la meritocrazia per me è stata una piaga del nostro sistema produttivo, e pure del comparto dei servizi, e uno dei fattori che hanno fatto scappare dall’Italia imprese e talenti.
    Una volta proposi un premio una tantum ad un mio collaboratore bravissimo, e l’ufficio del personale mi disse di no, perché lo aveva già avuto l’anno prima e i sindacati si sarebbero arrabbiati.
    Non sapendo come premiarlo, visto che doveva fare dei lavori in casa, gli offrii di prestargli io i soldi di tasca mia invece di prenderli dalla banca.
    Non accettò, ma apprezzò il pensiero.
    Mio figlio, invece, che lavora in uno studio legale angloamericano, riceve ogni anno un premio in funzione dei risultati ottenuti.
    Si porta dietro il lavoro anche in vacanza, ma è contento.
    Mai detto che gli americani non hanno pregi. Sono i politici americani che hanno tanti difetti.
    R
    Ah, già, i politici americani…mentre gli italiani.
    Bene ha fatto a fare questo esempio, ma ce ne sono molti altri che sarebbe bene che la sinistra si impegnasse a conoscere, ma a sinistra ci si impegna per affossarli i lavoratori non per premiarli. Sul lavoro la sinistra italiana ha dato prova di (al meglio) inettitudine e spesso cattiva fede. La prova è che in 30 anni il lavoro in Italia è diventato una jungla inestricabile da cui chi può scappa. E le destre non sono state a guardare ma sono state parte attiva nello sfacelo.

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  6. Eccolo Conte: con una mano strappa il testo della legge, con l’altra saluta i dieci milioni che il suocero ha preso dal governo Meloni che hanno riportato la pace n famiglia (anche la sua).
    Perché non chiedere che quei soldi vadano divisi tra i lavoratori “poveri”?
    Salario minimo legale? Troppo minimo di fronte a questi “regali” . Come mai cos’ tanti soldi ai Paladino, se lo è chiesto quello che si batte per i poveri?
    https://www.open.online/2023/11/26/giuseppe-conte-olivia-paladino-holding-famiglia/

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  7. Il lavoro nero, i lavoratori sfruttati e sottopagati o trattati quasi come schiavi, ormai in Italia, sono tanti. I sindacati, anche quelli maggiori hanno fatto ben poco in questi anni per contrastare queste condizioni disumane, ma, senza voler calcare la mano, sono stati più a guardare che altro.
    Ora, Landini è una brava persona, ma si sta rendendo conto che stare al suo posto è molto ma molto scomodo. Anche lui deve fare i conti con chi “comanda” e non può cincischiare coi partiti o partitini, ma dovrebbe prendere in mano le questioni e attaccare quelle parti che sono decisamente fuori da ogni logica civile ed umana.
    IL governo dovrebbe essere parte attiva come il Parlamento, nel contrastare gli abusi, ma sono soprattutto i sindacati che, assieme alle altre istituzioni, dovrebbero intervenire.
    Invece fanno giochini chi la spara più grossa per restare nelle grazie del partito di riferimento, ma poco altro.
    I Cinquestelle poi, avevano detto peste e corna di loro li avevano trattati come dei pezzenti, ma ora col Conte, sono scesi a patti e gli altri a Canossa.
    Un gioco le cui spese le pagano sempre i lavoratori.

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  8. Il lavoro nero, essendo illegale, deve essere combattuto in primis dallo Stato. I sindacati e i partiti possono solo denunciarlo, ma è lo Stato che ha i mezzi per estirparlo, ed è sua responsabilità se prospera sulla pelle dei lavoratori meno abbienti.
    R
    Già, prospera, finora lo ha fatto e nessuno (lo Stato) è riuscito a combatterlo. Prospererà ancora a lungo con questi propositi (sia a sinistra che a destra).Ma ricordiamo ogni tanto che sanare questioni annose non è compito di chi è appena arrivato e se chi l’ha preceduto non ha fatto nulla in anni ma ha peggiorato la situazione, sanarla è ancora più oneroso e difficile. Per i miracoli nessun governo si è mai attrezzato.

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  9. Il lavoro nero è parente dell’evasione fiscale: si sfugge da un sistema iniquo e inefficiente, e naturalmente c’è chi ci marcia.
    I sindacati, nella loro frenesia di tutelare i lavoratori (piuttosto che fargli aumentare lo stipendio) e acquisire sempre più potere, hanno danneggiato sia lavoratori che imprese.
    I lavoratori sono stati danneggiati dagli aumenti di stipendio modesti rispetto a quelli dei loro colleghi francesi e tedeschi, e dall’appiattimento ugualitaristico che ha penalizzato i volenterosi e i più capaci, ed ha demotivato tutti. Non è piacevole sentirsi ripetere in continuazione che sei un povero disgraziato sfruttato. Nel lavoro si dovrebbe trovare un minimo di realizzazione, di soddisfazione di fare bene.
    Gli imprenditori sono stati danneggiati da una situazione di guerriglia continua, di dispetti, dove loro erano additati come gli sfruttatori del lavoro e non quelli che lo creano (come se il lavoro esistesse senza le imprese).
    Lo “Statuto dei lavoratori”, che sarebbe stato meglio definire “Statuto dei sindacati” nel senso che tutelava soprattutto loro, ha creato, con l’art. 18, l’esplosione dei contratti a tempo determinato e l’aumento del lavoro nero.
    Oggi sono spesso gli stessi lavoratori a chiedere di lavorare in nero, per avere più soldi in busta paga. Tanto, contributi o no, la pensione arriverà lo stesso, oppure non arriverà neanche con i contributi, visto che l’INPS è in bancarotta.
    R
    I contratti a tempo sono aumentati a dismisura sul finire degli anni ’80 per compiacere gli imprenditori che volevano poter licenziare senza troppi problemi (anche se hanno sempre licenziato senza troppi problemi anche quando c’era l’art.18). Il dipendente non deve essere una pedina da spostare quando non serve più o diventa “antipatico”. il lavoratore ha una sua dignità e deve essere pagato adeguatamente e deve sapere di poter contare sulla continuità del lavoro. Se poi fa cose che non vanno bene ci sono le leggi che tutelano gli imprenditori.

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  10. Signora Gazzato, in teoria era come dice lei, ma le posso assicurare, per lunga esperienza personale, che l’art. 18 fu male interpretato dalla magistratura, diventando lo scudo dei fannulloni.
    L’art. 18 dice che può licenziare un lavoratore solo per giusta causa. Quindi, il buon prof. Giugni non aveva escluso il licenziamento, ma solo i licenziamenti arbitrari, quelli motivati – come dice lei – dal fatto che un lavoratore era antipatico o arrogante o di idee politiche non condivise dall’imprenditore.
    Erano implicitamente ammessi i licenziamenti di chi lavora poco o niente, o di chi non si impegna, non vuole imparare a lavorare, che sbaglia le cose che fa, facendo sempre affidamento sui colleghi, che, perciò, devono sobbarcarsi anche il lavoro che toccherebbe a lui.
    In pratica, però, queste “giuste cause” possono essere documentate solo dal datore di lavoro, e il giudice non è in grado di valutarle, sia per mancanza di conoscenza della materia, sia perché non si fida della buona fede dell’imprenditore. Inutile sperare nella testimonianza dei colleghi, che, per paura del sindacato, hanno le bocche cucite.
    Pertanto i giudici hanno sempre rifiutato di considerare la documentazione presentata dagli imprenditori, e hanno considerato giuste cause solo le mancanze accertate da enti terzi.
    In sostanza soprattutto due: l’appropriazione di beni dell’azienda o un danno economico volontario al patrimonio aziendale, oppure l’accertamento del fatto che il lavoratore svolgeva un altro lavoro, in nero, durante i periodi di malattia.
    Mancanze che dovevano essere accertate rispettivamente dalla magistratura o dagli ispettori dell’INPS.
    Ho avuto tra i miei collaboratori anche una persona che, in ufficio, invece di lavorare ascoltava continuamente la radio disturbando i colleghi.
    Grazie all’interpretazione riduttiva dell’art. 18 mi è stato detto che cercare di licenziarlo sarebbe stata fatica sprecata. In casi analoghi, nonostante la documentazione stringente raccolta, il giudice aveva sempre ordinato all’azienda il reintegro in servizio.
    Tutto facile, invece, se una ristrutturazione era gestita insieme ai sindacati. In quel caso si poteva licenziare, ma chi licenziare lo decideva il sindacato, in base a criteri suoi, non certo meritocratici.
    Sono d’accordo con lei che un lavoratore dovrebbe poter contare sulla continuotà del posto di lavoro, ma a patto che lavori.
    R
    beh, i casi sarebbero troppi, certo che deve svolgere le mansioni per cui è stato assunto. Ma, in generale se un lavoratore è trattato dignitosamente e pagato il giusto lo fa e lo fa anche con piacere e perché sa che è anche suo interesse. Raramente comunque si arriva in Tribunale e quando ci si arriva, la parte del torto e quasi sempre del datore di lavoro, ma in generale, si arriva ad una composizione oppure si costringe con vari mezzi il lavoratore a licenziarsi.

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  11. Ho paura che lei non abbia esperienza diretta e che sia male informata.
    Un fannullone autentico, come quello che ho citato io, non si autolicenzierà mai, sia perché è diventato impermeabile a tutto, sia anche perché sa che resterebbe disoccupato.
    Per licenziare un dipendente non serve il tribunale; basta una lettera dell’azienda.
    In tribunale ci si va perché, immancabilmente, il lavoratore licenziato fa causa all’azienda chiedendo di essere reintegrato.
    Non mi sono mai capitati casi di “composizione”, salvo nei licenziamenti collettivi gestiti con il sindacato, a cui ho accennato sopra.
    R
    Lenzini, come spesso succede, lei non fa “giurisprudenza” e le sue illazioni circa la mia, da lei presunta inesperienza o cattiva informazione (e non sarebbe neppure la prima volta), sono, appunto, sue sgradevoli supposizioni basate sulla presunzione di sapene sempre una pagina più del libro. Su queste basi, qualsiasi confronto è impossibile.

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