Il mostro ha detto di aver avuto un “black out nella mente”. Già, gli crediamo…ha ucciso la povera Giulia con 20 coltellate, una lenta e straziante agonia povera creatura e lui, adesso ci vuole convincere di aver avuto il black out? Ma in che film? Ma ci crede tutti scemi?
Ha meticolosamente preparato tutto: omicidio premeditato con l’aggravante della crudeltà altro che black out: ha guidato per ore col cadavere della sua ragazza in macchina, forse ancora agonizzante ed ora ci racconta le barzellette?
Io non sono un giudice, ma lo fossi non avrei nessun dubbio su quello che gli dovrebbe toccare: deve passare il resto della vita dentro una cella. Ora è “protetto” in carcere. Non sarebbe da meravigliarsi che qualcuno non sopportasse di avere come vicino di cella un simile criminale e potrebbe farlo fuori. Dobbiamo proteggere un mostro simile.
Chi ha detto che non è un mostro, prima ancora di sapere bene come sono andate le cose, forse ha parlato troppo presto: è bene che si ricreda. Un mostro, crudele e senza anima. Solo un mostro può commettere un simile atto . E, notate, che avrebbe avuto tutto il tempo per pentirsi e gettarsi dal dirupo per raggiungere la sua vittima.
Ma non lo ha fatto ed ora ci viene a raccontare del black out. Spero che chi dovrà giudicarlo, non si faccia influenzare da queste affermazioni che altro non sono che una meschina e ancora una volta “mostruosa” linea di difesa.
Ci sono tutti gli elementi per una condanna esemplare, anche se non c’è pena bastevole per un simile delitto. Tuttavia siamo in Italia e tra mille cavilli che troveranno gli avvocati difensori, decurtazione di pena per buona condotta, e altre diavolerie giuridiche tipo rito abbreviato, è probabile che il tizio fra una decina di anni sarà fuori.
Invece Giulia sta pagando per sempre.
R
Rito abbreviato per un omicidio premeditato con l’aggravante della crudeltà? Ma ci vorrebbe un processo lungo tutta la vita.
Mariagrazia, davvero “Solo un mostro può commettere un simile atto”?
Davvero? Hannah Arendt scrisse su Eichmann un saggio dal titolo terribile, “La banalità del male” – e parlava di Eichmann ma anche di normalissimi impiegati ministeriali, segretari e segretarie, personaggi casalinghi che di giorno mettevano in ordine e trasmettevano gli elenchi di ebrei da gasare e la sera tornavano a casa a giocare coi figli e a fare le coccole al cane. Il “mostro” è soltanto un artificio consolatorio, in USA ci sono le armi più facili e meno controlli polizieschi e ci sono più massacri e più assassini seriali, non credo che siano geneticamente diversi e più mostri di noi. L’assassino arriva alla fine di un percorso, non è nato col coltelllo in mano. Il che non toglie NIENTE alle sue responsabilità (prima che parta la lagna sul fatto che ALLORA parteggio per gli assassini), ma dovrebbe ogni volta farci ringraziare il Cielo di essere nati dalla nostra mamma e non dalla sua. Persone buone, empatiche, religiose, che vanno nelle loro varie Chiese a pregare al sabato o alla domenica, stanno applaudendo da settimane alla mattanza di OTTOMILA bambini, e ragionevolissimi e moderatissimi giornalisti ne parlano come di “danni collaterali” senza che le sedi dei loro giornali vengano assediate con le forche e con le torce. Qualcuno ci ha pensato, in tanti hanno deciso, firmato ordini, trasportato munizioni, gonfiato le gomme dei bombardieri, pigiato i bottoni dello sgancio: se fossi nata a Tel Aviv potevi essere tu. Troppo semplice parlare di mostri e di celle di cui buttare la chiave – non che l’idea in sè mi dispiaccia in alcun modo, intendiamoci. Ma non è sufficiente a difenderci dal prossimo assassinio, il vero dramma è questo, perchè CI SARA’.
R
Ci sono già stati, Aberto, non mi dici nulla di nuovo purtroppo, non capisco perché ti infervori tanto. Io provo tanta pena per la madre e il padre dei Filippo Turetta, per loro, come per la famiglia di Giulia, la vita sarà un calvario. Rimango dell’idea che i “mostri” (vecchi e nuovi) debbano essere messi in condizioni di non nuocere. Certo sarebbe meglio prevenire che “curare”. ma nessuno di noi ha la ricetta magica per evitare che certi si trasformino in mostri. Certo però qualcosa si può e si deve fare a partire dall’educazione, ma sono cose che ho scritto troppe volte, forse, spesso, ti distrai.
Dal 2019 il rito abbreviato non si applica più ai reati che prevedono l’ergastolo, ma vedrai che qualche attenuante sarà trovata e si arriverà al rito abbreviato.
R
sarebbe una cosa gravissima e darebbe ancora di più la sensazione ai “mostri” di poterla far franca.
Scusatemi tanto, l’assassino l’ha gia’ fatta franca.Passeranno anni per la sentenza definitiva, intanto il delinquente avra’ permessini, arresti domiciliari e cosi’ via.Non lo dice anche la Costituzione che il detenuto ha diritto alla rieducazione? La macchina della rieducazione e’ gia’ al lavoro. Ho intravisto un articolo di Cacciari che ho evitato subito come la peste perche’ va nella direzione la punizione non deve essere vendetta, insomma la solita storia che si ripete all’infinito, e’ colpa della societa’, occorre piu’ educazione e via delirando. Risultato, la pena di morte e’ per la vittima, 22 anni, l’ergastolo per i familiari che vivranno per sempre questa assenza e orrore condito con anni di processi dove gli avvocati della difesa faranno di tutto per minimizzare il delitto. Poi ci saranno le indagini all’italiana.
Sono pronto a scommettere che l’assassino Turetta al massimo fara’ dieci anni di carcere e nemmeno tutti in cella; per aggiungere altro fiele prevedo che ci sara’ qualche santa crocerossina che vorra’ allieviare le pene di questo assassino.
R
io spero che la giustizia sia giusta e non faciliti l’iter processuale che deve essere in linea con i fatti. E i fatti sono che si tratta di omicidio premeditato efferato aggravato da crudeltà e futili motivi.
@Mariagrazia “..si tratta di omicidio premeditato efferato…”
Allora non leggi le news.
Il povero puccettone ha avuto UN RAPTUS. E poi non ricorda quei terribili momenti. E poi è tanto dispiaciuto.
Premeditazione? Naaaaaah.
R
ah già, raptus, che bella formula per criminali incalliti.
Forse sarebbe opportuno chiedersi quel’è il senso della pena detentiva. Non credo sia quello di anticipare in Terra la pena che comminerà il Padreterno al peccatore, secondo la morale cristiana o sociale.
La durata della pena detentiva dovrebbe rispondere piuttosto a criteri concreti e sociali, tra cui:
1) interporre delle sbarre tra il delinquente e le persone perbene per rassicurarle. Più le persone perbene hanno motivo di sentirsi minacciate da quel determinato delinquente, tanto più anni deve stare dietro le sbarre.
2) costituire un deterrente per chi fosse tentato di commettere lo stesso delitto.
3) Se possibile, rieducarlo per reinserirlo a tempo debito nella società
Secondo questi criteri Turetta dovrebbe restare in galera a lungo perché ha un temperamento potenzialmente pericoloso per gli altri. A maggior ragione se è soggetto a raptus incontrollabili. Il problema di essere soggetto a raptus e vuoti di consapevolezza escluderebbe anche la prospettiva della rieducazione.
Quanto al deterrente, credo invece che chi commette delitti del genere non pensi minimamente alle conseguenze; altrimenti, non li commetterebbe. A volte si preoccupano così poco delle conseguenze che, sopo il delitto, si suicidano o si costituiscono.
Comunque la legge non punta tenere più a lungo in galera i più cattivi, ma i più pericolosi.
Non voleva uccidere…già. una bella trovata, dopo 20 coltellate sferrate con ferocia e tutto il esto, questo tizio ha la faccia di affermare che non voleva uccidere.
Cosa sarebbe successo se avesse voluto uccidere?
Siamo alla farsa nella tragedia e i giudici dovranno considerare anche questo aspetto.
Il “povero” Turetta in preda ad un raptus che non voleva uccidere.
E poi, dopotutto la colpa è della società, del patriarcato, del bajon, che c’entra lui, povero ragazzo in preda ad un raptus?
Finirà che lo manderanno assolto per non aver commesso il fatto?
Potrebbe anche, visto che sono stati per i primi proprio i familiari della vittima a parlare di lui come di un assente, un povero ingranaggio di una società perversa e dopo migliaia di dibattiti pare che la conclusione sia che in fondo lui è solo uno “strumento”, quello che va combattuto è il patriarcato e il governo che non difende abbastanza le donne (l’attuale che ha una donna a capo è più colpevole di altri che avevano un patriarca a capo…).
E Turetta rientrerà forse ancora nello schema classico del: “non sapeva quello che faceva”? e dopo? quale risultato nella mente dei decerebrati in preda a raptus violenti improvvisi, potrebbe sortire una simile soluzione?
La giustizia sarà capace di fare giustizia di quel povero corpo martoriato? Comincio a non crederci più.
Finalmente Giulia ha trovato riposo. Si spera anche da chi , da giorni, ne sta facendo una martire e “usarla” per propugnare le tesi più diverse e, alla fine, inutili se non a chi le porta avanti usando tutti i mezzi. Il femminicidio rimane un problema serio, fare “spettacolo” coi funerali di una delle sue tante povere vittime, lo trovo indecoroso.
Concordo. Tra l’altro, nel frattempo, almeno altre due donne sono state ammazzate da uomini, e nessuno se l’è filate.
Ecco come tutta la retorica sul patriarcato e i “minuti di rumore” hanno influito sugli assassini delle donne…solo un degli ultimi esempi:
https://www.open.online/2023/12/08/la-spezia-turista-italiana-uccisa-hotel-ricercato-marito/
Questo è stato un episodio molto strano, e bisogna aspettare la conclusioni delle indagini.
I due erano da una settimana in quel paesino sperduto tra i monti, non si sa a fare cosa.
Gestivano un’edicola, e gran parte delle edicole stanno chiudendo o fallendo in tutta Italia. Può darsi che effettivamente fossero nei guai, depressi, e siano andati in quel posto con un piano condiviso.
R
Già. ma l’unica a restare secca sotto le coltellate è stata lei. aveva condiviso questo? Quando si vuole attuare un piano condiviso, si arriva fino alla fine, molto probabilmente lui aveva solo finto di condividere.
Credo che i potenziali assassini non siano influenzabili da manifestazioni e campanelli. Questi devono essere indirizzati a chi ha la responsabilità di formare la società del futuro, per legiferare e proteggere adeguatamente. Inutile continuare a gridare contro “gli uomini”. Quelli bacati se ne continueranno a fregare, mentre quelli sani si sentono colpevolizzati di qualcosa che loro stessi condannano.
Lo stesso per quanto riguarda il patriarcato che viene visto come origine del femminicidio. I punti di collegamento ci sono, ma se il primo fosse la causa del secondo i femminicidi sarebbero migliaia, visto che il patriarcato è una cultura radicata nella società, negli uomini e nelle donne, spesso è frutto di un riflesso condizionato ed involontario, ma non necessariamente conduce al delitto. Per fare un esempio: mia figlia porta il mio cognome perché era “normale” fosse così, ma non è normale affatto. Il cognome del padre dovrebbe essere la prima cosa da sistemare, perché crea inesorabilmente una classifica “patriarcale”. Ma nessuno lo grida ai cortei.
R
gridare contro il patriarcato è come abbaiare alla luna, come lei dice giustamente, c’è, c’è stato e ci sarà, ma non significa che sia la causa di questi orrendi atti delittuosi. Se qualche attivista femminista, a seguito del discorso delle sorella di Giulia ha voluto prenderlo come capro espiatorio, ha fatto male ed ha circoscritto il fenomeno proprio, come lei dice, per buttare la croce su tutti gli uomini anche quelli che lo combattono e sono la maggioranza. Ma molti hanno seguito questa tendenza, alcuni in buona fede altri no. Altri hanno strumentalizzato il delitto per fini politici ed è la cosa peggiore che si possa fare.
Al cognome solo paterno ora si può ovviare aggiungendo il cognome della madre, ma in quasi tutto il mondo viene usato per praticità il primo e non mi sentirei di fare battaglie per questo.
Ci sono molte cause che alimentano il terribile fenomeno del femminicidio, e questo è il motivo perché è difficile estirparlo.
C’è il fatto che l’uomo è fisicamente più forte della donna e caratterialmente più aggressivo. Ci sono la cultura patriarcale, la cultura maschilista, la cultura della violenza. Ci sono motivi psicologici come la paura dell’uomo di perdere il controllo sulla donna a causa della sua emancipazione. Ci saranno altri motivi che mi sfuggono.
Come porre rimedio? Occorre che se ne prendano carico coloro che più di tutti influenzano la formazione del carattere personale, ossia, le famiglie in cui si cresce, le scuole che si frequentano, l’ambiente con cui si interferisce. In quest’ultimo caso è soprattutto lo Stato che deve intervenire agendo sulla vivibilità dei quartieri, creando spazi per socializzare, promuovendo lo sport e la cultura.
Tutte azioni che richiedono il loro tempo ma che non si può fare a meno di implementare. Ma occorre porre rimedio anche a breve termine, e in tal senso occorrerebbe che magistratura, polizia, agenti sociali rendano efficaci quelle misure già esistenti senza prendere sottogamba denunce, controlli, situazioni di particolare degrado sociale.
Non sarà facile, ma deve essere posto come imperativo da parte di tutti.
R
hai colto un punto in particolare che trovo molto interessante: la possibilità di socializzare, i centri dei paesi e cittadini sono ormai o troppo trafficati o inesistenti. Per motivi economici si è andati nella direzione di far affluire più gente verso i centri commerciali e non verso centri di aggregazione, come le piazze dove un tempo ci si poteva incontrare senza l’assillo del traffico e magari con iniziative che servano a socializzare anche tra diverse generazione e non solo tra giovani o anziani. In questo modo le possibilità di incontro aumenterebbero e forse non scatterebbe più, nell’uomo la fobia di rimanere solo. Ma per fare questo deve cambiare la mentalità e i nostri paesi e città devono ritornare, come si diceva “a misura d’uomo” e di donna.
Magari senza troppo sfoggio di razze canine e aggeggi tipo mono o tripattini…
Io credo che non si debbano confondere le convenzioni con le graduatorie.
Le convenzioni sono necessarie, perché altrimenti ci complichiamo enormemente la vita personale e sociale.
Se domani si dovesse dire, eliminando le convenzioni, che una donna aspetta un bambino o una bambina, che anticamente in Europa c’erano gli uomini e le donne di Neanderthal, e ci dovessimo portare dietro continuamente nel linguaggio parlato tutte queste complicazioni tanto care alla buonanima di Michela Murgia, verrebbe voglia di stare zitti.
Per non parlare dell’impronunciabile Schwa.
Se si dà ad un bambino il cognome del padre e della madre, si può anche accettare. Fa pure la figura di essere di sangue blu. Ma come la mettiamo con suo figlio? Se anche la sua futura moglie ha due cognomi, al figlio gliene diamo 4? Oppure, se ne scelgono 2 su 4? E chi la fa la scelta?
Ci sono nomi di animali e di cose che sono a volte maschili e a volte femminili. Il leone, la tigre, il coltello, la pistola, il pomodoro, la cipolla. Ne dobbiamo fare un problema?
Alla fine le convenzioni sono indispensabili, se non vogliamo perdere la ragione su questioni di lana caprina.