Non serve più denunciare gli stupri, le violenze, finisce che gli stupratori e i violenti vengono assolti. Brutto messaggio ma questa sembra essere la tendenza, purtroppo.
Come una delle ultime sentenze per violenza sessuale a Firenze, dove gli stupratori sono stati assolti per aver commesso il fatto. Una ragazza diciottenne violentata da tre ragazzi, che gridava: “smettetela”, non ha fornito abbastanza prove che lei non ci stava e loro si sono sentiti “confusi”. Mancava solo che gli dessero anche un premio. L’assoluzione è avvenuta, come spiegano i giudici per “un deficit di percezione del consenso”.
Come dire a qualcuno che uccide la moglie: non era abbastanza chiaro che lei voleva vivere!
Poverini, provo quasi pena per loro: dover subire un processo solo per essersi voluti divertire un poco. In tre si sono divertiti, lei no, lei li denuncia e alla fine la colpa è sua perché non gli ha fatto capire abbastanza chiaramente che non ci stava.
Doveva mettersi un cartello: non provateci perché non ci sto?
Già, sarà bene che le donne si muniscano di segnali chiari e messi per iscritto. E poi mostrarli chiaramente agli individui che ci stanno, loro si e si divertono e ridacchiano pure. Magari strafatti. E farli controfirmare.
Temo che l’andazzo sia questo: le donne denunciano ” troppo”, si sono emancipate dalla stessa paura di denunciare: l’uomo si sente impacciato e non libero di esprimersi perché rischia di finire denunciato e non ci sta. E ora potrebbe anche “non aver capito” che urlare “smettetela” non significa che lei non ci sta. <non è abbastanza chiaro…
Uomini ( o mezzi uomini) incapaci di avere dei rapporti reciproci e non malati o viziati dalle porcherie che guardano compulsivamente. La donna è tornata “oggetto”, dopo le rivendicazioni femministe e i movimenti anti violenza di genere, alla resa dei conti sono sempre le donne a farne le spese.
Perché loro, gli stupratori, possono anche “non aver capito” che lei non si divertiva affatto. E i giudici gli danno ragione e li assolvono. Nel dubbio…dell’errata percezione a reato compiuto.
Pubblicato su L’Espresso di oggi 27.8.2023
Questo comportamento giustificativo da parte di certi giudici, produce negli autori di stupro, un rafforzamento dei loro principi di perfido e ottuso machismo.
Il minorenne (al tempo del recente stupro collettivo di Palermo, cui aveva partecipato) rimesso in libertà, ha subito scritto su Tik Tok “La galera è di passaggio, si ritorna più forti di prima. C’è qualche ragazza che stasera vuole uscire con noi?”.
Non solo cinico, ma anche cretino, perché la Procuratrice dei minori di Palermo, Claudia Caramanna, ha presentato ricorso per fare tornare il giovane in carcere.
R
ributtante e molto pericoloso, le cose peggiorano per le donne e non poco.
Mariagrazia, senza voler entrare in dettagli “cochon” ma ANCHE la storiaccia di Palermo sembra venire da quella educazione al sesso tramite siti porno che tanto piace a chi regala gli smartphone ai ragazzini. E’ successo lo stesso con Genovese, succede per tutte quelle uscite in gruppo che finiscono dai carabinieri per i ragazzi e dallo psicologo per le ragazze. Sono STORIE FINITE MALE, e scusa il maiuscolo, ma è per far capire che per un fattaccio che arriva in cronaca ce ne sono chissà quanti altri che non ci arrivano perchè formalmente non è successo niente di grave, e purtroppo ne sono convinti sia i “lui” che le “lei”. Il sesso compulsivo con una squadra di rudi stalloni è uno dei generi più di successo nei siti di video porno, così come la brava ragazza che di colpo diventa una belva mangiauomini e la festa che si tramuta in orgia. Se vivi fin da piccolo i rapporti tra sessi solo come “generi cinematografici hard” il resto è conseguente. Giustissimo scandalizzarsi per le violenze di gruppo: ma quante altre “ammucchiate” ci sono state PRIMA, in cui tutti i partecipanti erano d’accordo, tutti sapevano e tutto sembrava una “figata”? Così come per la violenza di Genovese, vogliamo far finta di non sapere che prima della serata in cui ha “esagerato” c’erano state innumerevoli feste altrettanto orgiastiche in cui file di fanciulle spingevano per entrare sapendo benissimo cosa succedeva, anzi, cercando di andarci proprio per quello?
C’è un elefante immenso nella stanza di cui nessuno vuole parlare, e cioè che giorno dopo giorno, chat dopo chat, social dopo social, smartphone dopo smartphone una generazione di genitori cacasotto, egoisti, narcisi e colpevolmente ignoranti ha consegnato la prole al marciume purchè i pupi non rompessero le scatole e li lasciassero giocare a fare gli adolescenti fuori tempo massimo.
Considerati i pilastri odierni dell’ educazione e dell’esistenza, ne succedono ancora poche.
E dell’ aggressività dilagante, pervasiva, onnipresente, accettata come normale modalità di interazione a tutti i livelli e in tutti gli ambienti magari ne parliamo un’ altra volta, che anche lì i morti stanno crescendo.
R
sono d’accordo con te Alberto sulla responsabilità delle famiglie e della società. Ma mi aspetto che i reati vengano perseguiti e che i colpevoli paghino, forse sarò una ingenua sognatrice.
E, scusa se ti sembrerò bacchettona ma questa società drogata e marcia mi fa un po’ schifo.
Fa schifo pure a me, ma troppi pensano di risolverne i problemi dandogli nomi carini e cool, quando bisognerebbe guardarsi allo specchio e sputarsi in un occhio, ognuno per il suo grande o piccolo contributo al degrado. I colpevoli pagheranno ma per alcuni troppo e per altri troppo poco, e non saranno certo gli influencer o i “bravi giornalisti” che spiegheranno i perchè delle sentenze. Ma TUTTI cercheranno i colpevoli in tutte le direzioni, i neri, gli immigrati, i patriarchi o il babau. Nessuno, e sono facile profeta, oserà accusare pubblicamente ed agire di conseguenza per spegnere l’AIDS intellettuale e morale della santa alleanza social+smartphone. Che per carità, è anche quella la conseguenza di un generalizzato crollo di valori, ma ne ha esasperato e velocizzato i danni più gravi.
Tutti, di fronte alla prospettiva di spegnere i server o quantomeno di imporre la tracciabilità dei contenuti in Rete, tireranno fuori la lacrimevole storia del dissidente perseguitato e della vecchietta salvata in extremis: a nulla vale ricordare che il dissidente lo pigliano anche se resta anonimo su Instagram e che per salvare le vecchiette più dello smartphone servono vicini attenti e parenti amorevoli.
R
Sono d’accordo ma, francamente, conosco persone che possono andare a testa alta e non farei un bel falò di tutto rischi di buttarci dentro anche il poco, rimasto, di buono.
Altro problema generale è che la nostra magistratura è un disastro. Giudici velleitari sempre pronti a fare i bastian contrari e ad andare contro il comune buonsenso per dimostrare che comandano loro.
“arbitro in Terra del bene e del male” definisce Fabrizio De Andrè il giudice di una della sue canzoni.
E la stessa cosa succede per tante altre sentenze, dove, magari, capita il contrario, e si condanna un tizio per una cavolata.
@lenzini
Il “comune buonsenso” porta dritti dritti ai linciaggi, e la piazza non fa e non deve fare giurisprudenza. Al netto di qualche magistrato in cerca di visibilità in Italia (per fortuna) le leggi e i Codici dettano la via con decorosa equanimità – semmai con qualche buonismo di troppo, ma equamente distribuito.
A seguire la “gggggggente” o i media bisognerebbe impiccare all’albero più alto ogni immigrato ubriaco che provoca un incidente, mentre i “puccettoni di papà” bianchi e italici dopo un incidente con gli stessi morti cominciano a piangere sui social e tutti li consolano con i cuoricini. L’influencer brianzola con i labbroni se la beccano al Centro Commerciale che zanza i profumi è “una provocazione”, se la rom col sottanone si frega le saponette è “guarda dove siamo arrivati”.
Il buon senso non esiste.
Alberto, non è quello che intendevo. Evidentemente mi sono espresso male. Stavo parlando in generale.
La mia sensazione è che molti magistrati si compiacciano di emettere sentenze che stupiscono, proprio per dimostrare che la “verità processuale” – che secondo me un concetto perverso – può essere diversa dalla verità dei fatti.
Credo anch’io, che esista il problema opposto, cioè che tanti altri magistrati emettano sentenze che confermano il sentire della gente per dare la sensazione che si è fatta giustizia (tanto, poi, c’è l’appello …)
La verità processuale è quella che si riesce ad appurare in base alle prove raccolte che sono le uniche valide per potere assolvere o condannare. Potrebbe pertanto non essere la verità assoluta. Non c’è niente di perverso in questo. La “perversione” potrebbe stare in quel margine di discrezionalità che ogni legge concede al giudice, se il giudice è di parte o è influenzabile.
Ciò detto, credo che nella incresciosa realtà delle uccisioni di donne per mano di mariti, amanti, compagni, maniaci, etc. concorrano i fattori educativi -quando questi siano carenti- ossia, la famiglia, la scuola, l’ambiente, la società. Purtroppo in Italia in tutti questi campi non si può dire che eccelliamo.
R
decisamente…
La verità processuale per me è un concetto perverso perché non rappresenta la verità fattuale.
Se le indagini e il processo sono fatti bene ci si avvicina, altrimenti è un prodotto burocratico.
Capisco che, se non si riesce a fare di meglio, bisogna accontentarsi.
Ma io ritengo che, se una sentenza di primo grado viene rovesciata in appello, una della due è certamente sbagliata, anche se entrambe possono essere corrette come verità processuali.
Stavolta la Giustizia è stata lesta: il giovane stupratore scarcerato, che si era vantato: “La galera è di passaggio, si ritorna più forti di prima. C’è qualche ragazza che stasera vuole uscire con noi?”
è stato rimesso in carcere proprio per la sua dichiarazione.
R
mi pare davvero il minimo.