Ma quando mai?

Se c’è una cosa che mi ha sempre disturbato più di altre, fin da bambina, questa cosa è la permalosità.

Il dizionario indica nel permaloso un carattere incline ad irritarsi facilmente anche per le cose più banali:

“Che dà prova di una suscettibilità risentita e dispettosa, per lo più in corrispondenza di futili pretesti.”

Tutti sappiamo bene come si comporta un permaloso, ma sono sicura, che nessuno di noi sarebbe disposto ad ammettere di esserlo.

“Ma quando mai? Io permaloso? No, reagisco solo a critiche o osservazioni sbagliate o malevole, dettate per lo più dal desiderio di offendermi!”

Ecco cosa risponderebbe un vero permaloso nel caso gli si faccia osservare che se la prende per nulla. Ma poi, lo stesso è spesso una persona ipercritica che non si esime mai dal sottoporre il suo prossimo vicino o lontano, ad una radiografia del tutto non richiesta, gratuita, ma accurata nei dettagli.

Ma, quando gli fai osservare che sta criticando in eccesso ti salta alla giugulare come se lo avessi offeso a morte.

Per dire, siamo poco disponibili alle critiche ma siamo molto disponibili a criticare.

La permalosità nelle persone mi ha sempre un po’ spaventato perché avendo un carattere impulsivo (almeno questo mi dicono) dovrei spesso contare fino a dieci prima di parlare. Ma non ci sono mai riuscita, neppure arrivo a due. Scrivendo potrebbe essere più facile trattenermi, ma, al contrario, non so per quale meccanismo inconscio, lo sono anche di più.

Voi direte…puoi sempre rileggere e …pentirti. E invece no. Se rileggo non solo non mi pento ma, nel dubbio rincarerei la dose.

Non so voi ma io, fin da piccola, sono stata educata a pesare le parole col bilancino tanto che non riuscivo neppure a salutare le persone perché  non sapevo mai quando dire buongiorno, buonasera, arrivederci o, o, o, …e finivo col diventare di ogni colore e non dire nulla. E, quando mia madre mi interrogava sul perché non salutassi (maleducata, aggiungeva) io mi vergognavo di rispondere che non sapevo mai quale saluto usare, tutti mi sembravano sconvenienti.

Poi, col tempo, ho imparato a fare un semplice cenno con la mano, fino a che sono diventata abbastanza grande da discernere tra il giorno e la notte e finalmente ho imparato i convenevoli.

Ma il dubbio mi sorge ancora, di tanto in tanto.

E non basta. Spesso e fino ad una certa età, mi dilaniavo pensando se avessi o meno detto una cosa sbagliata che poteva ferire o infastidire il mio interlocutore…se ci penso ora non mi viene per niente da ridere perché mi ricordo le inutili pensate e il tempo perduto nel cercare di capire se era cosi o meno.

Poi ho imparato a non farci caso. Né ai permalosi né ai criticoni. O meglio, so che spesso i permalosi sono ipercritici per loro natura e allora se li conosco li evito. E quando non posso farne a meno li critico a mia volta oppure, ed è un metodo ormai collaudato che funziona…li mando a quel paese. Sperando che ci vadano senza offendersi, O anche no.

1 commento su “Ma quando mai?”

  1. Poi ci sono le “lengue de savatta” come li chiamava il grande Gilberto Govi.
    Sapete, quelli che spettegolano a destra e manca e raccontano balle a non finire sul prossimo.
    Le donne ne sanno qualcosa ma anche gli uomini ne sanno.
    Quante reputazioni rovinate per bocca di questi lingue di ciabatta?
    Uomini o donne non c’è differenza, anzi gli uomini a volte sono anche peggio perché si celano spesso dietro titoli veri o inventati per darsi maggiore credibilità.
    Parlano forbito ma spargono letame a quintali. Repressi di qualche natura, Freud saprebbe come definirli, ma io non sono certo Freud. e mi limito a citare Govi:

    di sicuro ne conoscete anche voi.

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