Sono scesa dopo 72 ore di viaggio, mi hanno sbarcata a poche miglia da qui, in mare aperto, poi è arrivata la lancia, come convenuto e ora sono a terra.
O meglio, sono qui attorniata dall’acqua ma i piedi poggiano su un duro selciato. Ho trovato subito l’hotel. Il concierge mi ha subito fatto notare che potevo avere quante suite volevo perché l’albergo era mezzo vuoto. Ho scelto la più lussuosa, 5mila euro a notte. Mi pare un prezzo equo per un posto così. Prima di cena ho fatto una passeggiata per sgranchirmi le gambe, poca gente, credevo questo posto molto più affollato, poche vetrine illuminate, anche questo è buffo. Mah. Forse sarà qualche festività comandata e molto sentita.
Nessuno sembrava notarmi. Meglio. Mi sono vestita sobria: giacca e pantalone neri, camicetta bianca, cappotto rosso come le scarpe col tacco, alto. Accidenti, troppo alto. Mi sa che qui avrei fatto meglio a indossare una scarpa più comoda, i tacchi finiscono dentro le fessure di certi vecchi lastroni di pietra. Belli però.
Ho fatto un giro breve e poi sono ritornata all’hotel perché avevo una fame. Il concierge mi ha fatto notare (ancora) che mi dovevo mettere la mascherina protettiva al volto. Infatti l’ho subito estratta dalla borsetta della farmacia dove l’avevo comprata assieme ad un igienizzante per le mani, pare che qui ci sia un’epidemia. Di che cosa non ho capito, ma pare niente di buono. Ho visto che la poca gente che c’era in giro la portava, ma non tutti. Non me lo avevano detto all’Agenzia quando sono partita, boh, gli sarà sfuggito.
Ho preso il mio Palphone e ho scritto: “Qui agente K199/161b, tutto ok, scesa hotel Gritti Palace, mission in Accomplishment”
Poi mi sono seduta al tavolo e mi sono guardata attorno: specchi con cornici dorate, arazzi, lampade con luccichio di gocce cristalline, decisamente un posto di lusso. Ma, non devo dare nell’occhio, fingerò di esserci abituata. Ma, poi, in fondo, anche da me mica si sta cosi male, ma qui…
Sono contenta che il Capo abbia assegnato a me la missione, è uno che non guarda tanto per il sottile e mi ha detto, prima di partire: “Agente 199, vai e guarda, annota e riporta tutto quello che ti sembra degno di nota”. Un tipo che va per le spicce.
A me pare tutto degno di nota qui. Dentro e fuori.
Ma, un attimo, mi suona il Paldetector… ora leggo il messaggio, ma, uffa, proprio adesso che stava arrivando il cameriere con un vassoio fumante.
”Agente 199/161b attenzione urgente fare ritorno alla base subito, astronave attende alla fonda, motoscafo già davanti l’hotel, rispondere per confermare”.
Ho risposto: “OK Agente K199/161b eseguo ordini. Che peccato però…”
Chissà che cosa gli capita? Ah, un momento c’è anche un seguito:”Troverai cambio completo nel motoscafo e kit con detergenti igienizzanti, fare pacco dei vestiti e gettare tutto in mare, molto importante ordini superiori”.
Però, che peccato…
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Scritto durante il picco del Covid, riletto ora ho avuto l’impressione che quel tempo sia passato remoto eppure era poco fa e ci sono rimaste tracce indelebili, ma, non so, perché lo avevo rimosso…
Si, due anni di clausura, mascherine sul viso, virologi in TV a dire tutto e il contrario di tutto, governi nel panico, green pass obbligatorio, persecuzione dei non vaccinati, messa al bando di chi non si allineasse al pensiero unico, salotti televisivi dove ci si azzannava… e anche molti morti, inizialmente anche di medici e infermieri, la nostra impreparazione, molti errori, i medici di base lasciati a se stessi , trascurati o addirittura osteggiati, i vaccini di efficacia limitata, le reticenze sugli effetti contrari…
Poi il virus ha fatto il suo corso, ha ucciso a ondate dove più dove meno, è stato combattuto dove meglio dove peggio, poi s’è estinto… o forse no, è solo andato in letargo. Comunque, l’incubo è passato, tiremm innanz
Più che estinguersi mi pare che sia diventato un’influenza.
Anche di infuenza si muore, ma ci abbiamo sempre convissuto.
Io l’ho avuto a inizio dicembre. Tre giorni di mal di gola forte, quasi niente febbre e niente dolori alle ossa, passato del tutto dopo una settimana.
Però credo che mi abbia lasciato un ricordino, e anche a mia moglie: siamo più sensibili agli odori, anche a quelli della cucina, che ci fanno tossire con insistenza.
Questo strascico la vecchia influenza non lo lasciava.
Il racconto fantascientifico me ne richiama un altro, anche se di diverso significato, e a differenza di questo si svolge tutto tra gli umani.
Si tratra del film “L’uomo bicentenario” interpretato da William Robin, la storia di un robot che si umanizza a costo di rinunciate alla immortalità.
Una delle scene in cui il robot comincia a mostrare sentimenti umani è l’ascolto della “Canzone della luna” dall’opera Rusalka di Dvorak
https://youtu.be/UwVYFpY3VL4
R
non so se sono in tema ma credo di si: è di oggi la notizia che il padre dalla Intelligenza Artificiale lascia Google e lancia l’allarme sui pericoli che venga utilizzata da “cattivi soggetti”. Beh, era prevedibile no?
Niente e a che vedere col dolcissimo canto alla luna.
https://www.theguardian.com/technology/2023/may/02/geoffrey-hinton-godfather-of-ai-quits-google-warns-dangers-of-machine-learning
Mariagrazia, hai introdotto un discorso -quello della intelligenza artificiale- di grande portata scientifica e tecnologica, ma anche di gravi implicazioni morali ed esistenziali.
La domanda principale sugli effetti negativi è: può una intelligenza artificiale rendersi autonoma e superare quella umana rendendola subalterna?
La seconda domanda, più realistica: può una intelligenza artificiale essere usata da pochi a loro vantaggio contro il benessere dell’umanità?
Per il primo punto, anche fra gli scienziati le risposte non sono univoche, c’è chi lo crede, c’è chi lo esclude.
Per il secondo punto sono stati stilati dei principi da seguire, che dovrebbero rassicurare, fra questi i Principi di Asilomar (2017), vademecum con 23 istruzioni per affrontare le problematiche etiche, sociali, culturali e militari dell’IA.
Io, da profano in questo vasto campo della scienza, mi limito a riportare i principi enunciati da Asimov per quanto riguarda la robotica:
1) Un robot non può fare male a nessun essere umano
2)Un robot deve sempre obbedire agli ordini, tranne quando sono in conflitto col punto 1).
3)Un robot deve sempre proteggere la propria esistenza, tranne quando ciò è in conflitto coi punti 1) e 2).
Asimov implicitamente esclude l’autonomia del robot rispetto al volere umano.
R
Se devo essere sincera l’argomento non l’ho mai approfondito, anche perché mi da un po’ di inquietudine. Ora capisco il senso del test d’ingresso al mio blog. “dimostra di essere umano”…perché ci sono intelligenze artificiali capaci di interagire con umani. La cosa mi lascia davvero interdetta. Ma la cosa più inquietante é che possono passare notizie del tutto false e sappiamo quanto male fa la disinformazione
Prevedo che i test di ingresso ai blog diventeranno così complicati che solo le intelligenze artificiali riusciranno a risolverli. Le informazioni, le immagini e le voci contraffatte saranno così realistiche che nessuno crederà più a nulla. Siamo già sulla buona strada, visto il proliferare di terrapiattisti e teorici sulla convinzione che in Ucraina stiano girando il seguito di Apocalypse Now.
Sul fatto che i computer diventino più intelligenti degli umani non mi cruccerei troppo: è già così da tempo, almeno da quando sono stati inventati lavatrici e tostapane. Tutto ciò che ha più di un pulsante è nettamente al di sopra delle capacità della media degli esseri umani.
Se avete letto questo mio intervento è solo perché ho chiesto aiuto ad un’intelligenza artificiale per confermare che sono umano.
R
Beh, Mauro, allora anch’io quasi quasi mi devo rassicurare di essere io stessa a leggerla e a risponderle…comunque grazie perché il suo modo di affrontare i problemi ha sempre un lato umoristico che mi mette di buon umore. Certo, il problema esiste ma non da oggi. Ma io spero che l’intelligenza naturale superi sempre quella artificiale, della serie: non me la fai…
Usandola bene e usando lo spirito critico e confrontando le varie notizie da più fonti e poi affidandoci al nostro istinto che spesso arriva prima anche della nostra stessa comprensione. E “l’istinto”, la AI non ce l’ha.
Mariagrazia, se mi è consenti, il resoconto di un fatto secondario, ma significativo per la volontà di risorgere dopo una brutta caduta.
“Melior de cinere surgo” è il motto dell’araba fenice che si legge nel frontespizio della Porta Ferdinandea di Catania, è il motto che richiama sia le distruzioni delle eruzioni vulcaniche sia dei terremoti da cui la città etnea è sempre risorta, è il motto che viene fatto proprio dalla curva sud della tifoseria della squadra di calcio che, dalla serie A in cui militava, precipitando negli abissi subendo anche l’onta della cancellazione, è rinata e sotto nuova proprietà e dirigenza e si appresta a risalire la china.
Falliti a Napoli i festeggiamenti per la conquista matematica dello Scudetto (il pareggio in casa con la Salernitana ha rimandato la festa già pronta per esplodere), non sono falliti a Catania quelli per la sua vittoria del campionato di serie D, in largo anticipo con la chiusura del Campionato, e la sua promozione in serie C.
Direte, un evento di ordine secondario, nel novero di quelli prossimi venturi in cui –oltre lo Scudetto del Napoli, solo rimandato di qualche settimana- ben quattro squadre italiane (italiane si fa per dire, composte per la maggioranza da giocatori stranieri, ma non vorrei essere tacciato di temere la “sostituzione etnica”), si avviano alle fasi finali delle coppe europee più prestigiose.
Eppure al Massimino, ex stadio Cibali, c’è stata festa grande dopo l’ultima partita disputata in casa contro –udite, udite- la squadra della piccola Santa Maria del Cilento, come se la grande Città Metropolitana di Catania avesse conquistato il massimo trofeo calcistico esistente. Quella squadra di giovani semiprofessionisti –di cui alcuni di nascita locale- ha entusiasmato quanto o forse più di uno squadrone di divi del calcio internazionale, forse più della stessa squadra catanese di qualche anno fa, quella composta quasi tutta da argentini che si piazzò settima nel massimo campionato italiano: perché quello che conta è “il cuore” che ci si mette nei colori della squadra, quei colori dal magico potere, in cui si riconosce un’intera comunità, concentrando come nessuno altro simbolo, gioie, amori, dolori, passioni, nel bene e nel male.
A fine partita, vinta per due a zero, altro che Bernabeu o Wembley, il Massimino è esploso in un boato di ventimila spettatori, come fossero ottanta mila, s’è ammantato sulle tribune di un enorme drappo con l’Etna che dal suo cono eruttava giochi pirotecnici e un nebbione multicolore ha inghiottito tutto, i calciatori, il patron, l’allenatore, i dirigenti, le mascotte, il pubblico, ma non lo sventolio di quella bandiera con la scritta “Melior de cinere surgo”.
R
Bene, complimenti per la tua squadra e la tua città
Certo quel motto vale e vale molto ed ha la forza di convincere anche chi pensa di non farcela.
Perché la determinazione è importante come è importante il coraggio e cioè il cuore, quello che ti fa andare oltre l’ostacolo anche quando sembra che l’ostacolo sia insormontabile.
Dunque, superato il test d’ingresso e convintami di essere umana…mi ricollego all’articolo sulla uscita di Goffrey Hinton definito “padrino” della intelligenza artificiale per fare la seguente riflessione: ma che caspita ha fatto per dieci anni rimescolando con cose dell’altro mondo, quel tipo, per poi venirci a dire che lui si ritira, se ne va perché teme che la bomba innescata da lui gli scoppi in mano?
Non sarà lui stesso un robot che teme di venire smascherato?
Mi sembra che il problema principale di oggi non sia l’intelligenza artificiale, ma piuttosto la stupidità artificiale dilagante (soprattutto su internet).
Quanto all’intelligenza artificiale, ritengo che debba aiutare le persone a lavorare e a vivere meglio e non sostituirsi a loro.
Mettere un robot costosissimo al posto di un’infermiera può avere senso in un reparto di malattie infettive, ma nell’assistenza normale, molto meglio avere a che fare con una persona vera.
Abbiamo o no tanti disoccupati? Dobbiamo usare la tecnologia per crearne altri?
R
sono d’accordo (comincio a preoccuparmi…)
“Abbiamo o no tanti disoccupati? Dobbiamo usare la tecnologia per crearne altri?” (L.L.)
Beh, se il robot venisse a lavorare al posto mio, mentre me ne sto a giocare a tennis non sarebbe male. E magari che si occupasse anche di bollette e riunioni condominiali.
Ma vuoi che li progettino così fessi da far bonificare lo stipendio sul mio conto e non sul loro?
R
eh già. temo che il problema starebbe proprio qui.