Merito

Merito è un termine considerato tabù in Italia ormai da decenni.

Il talento, accompagnato dall’impegno e dalla spinta a conoscere e progredire nella conoscenza, va premiato e non mortificato come  ha fatto la sinistra per decenni imponendo agli insegnanti di appiattirsi su un livello “medio” dove nessuno prevale e nessuno “resta indietro”.

Molti insegnanti sono propensi a riconoscere  il merito quando c’è, ma le direttive delle scuole vanno sempre nel senso di cercare di non esaltare nessuno per non far sentire nessuno “inferiore”.

Ma questo ha finito per costruire una società di un livello sotto la “media” perché se non esiste anche un minimo di competizione tra studenti e soprattutto se il loro sforzi o la manifestazione palese dei loro talenti viene sistematicamente mortificata, e non solo non premiata ma addirittura vista come una componente narcisista del carattere, la società sarà formata da individui repressi e frustrati ai quali è stata impedita la libera espressione delle proprie potenzialità, con tutte le conseguenze del caso.

Questo, a mio parere è profondamente sbagliato. Un talento mortificato negli anni dello sviluppo può rimanere mortificato per sempre e non riemergere mai più e questo consiste in una perdita di potenziale umano enorme e ne fa le spese tutta la società.

Quindi ben venga la denominazione data dal nuovo governo al ministero dell’Istruzione e del merito perché questo significa che finalmente si prenderà in considerazione anche questo aspetto dell’istruzione scolastica per decenni considerato una pratica sconveniente.

E lasciamo pure che i genitori protestino se crederanno che il “merito” dato a altri dai loro figli solo perché sono i “cocchi” dei professori, li si può  tacitare  facendogli notare che il merito è stato introdotto dal governo come cosa da prendere in grande considerazione.

Questo non significa, naturalmente, che gli insegnanti trascureranno chi per motivi personali o attitudinali non dimostra nessun particolare talento o predisposizione e non si impegna più di tanto ,ma galleggia per arrivare alla promozione.  Certo che no, non si devono fare differenze ma ognuno dovrebbe essere valutato per quello che fa e dimostra di fare e la valutazione deve anche comprendere il merito se qualcuno dimostra di impegnarsi di più e di avere un talento particolare che vuole sviluppare.

Questo non significa discriminare nessuno ma fare in modo che passi il messaggio che lo studio e l’impegno sono valori e che chi dimostra di seguire i propri talenti impegnandosi e studiando non è necessariamente un “secchione” ma uno studente che capisce che la sua vita futura dipenderà molto dall’impegno che ha messo nello sviluppare i propri talenti e che la scuola non lo mortifichi ma premi i suoi sforzi non solo è una cosa buona per lo studente stesso ma serve anche da esempio per i compagni ed è una garanzia per la società che andrà a formare quando diventerà adulto.

 

 

9 commenti su “Merito”

  1. Concordo che il merito debba essere riconosciuto e considerato un fattore positivo di competitività, senza peraltro mortificare chi resta indietro, che va invece aiutato e spronato. Il merito dovrebbe essere un parametro valido non solo nella scuola, ma in tutti i campi, anche quello del lavoro, ma dovrebbe essere riconosciuto il più possibile con criteri oggettivi.
    Ma qui le cose si complicano e addirittura possono essere ostacolate da chi dovrebbe applicarlo. La richiesta di oggettività toglie potere al capo che spesso preferisce applicare i suoi criteri… soggettivi di oggettività.
    In ogni caso, il merito, in una società matura, dovrebbe essere fondato sulle “pari opportunità”, se vogliamo che sia un vero elemento di giusto progresso.

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  2. Riguardo al merito e alla carriera fondata sul merito, voglio ricordare un bellissimo (secondo me) film: Forrest Gump.
    Forrest Gump era un disastro a scuola, ma divenne un bravissimo giocatore di baseball prima e di ping pong poi, e fu considerato un soldato esemplare, coraggioso, altruista, scrupoloso nel fare il suo dovere. E, con un po’ di fortuna aggiunta alla sua tenacia, diventò pure ricco.
    Questo per dire che siamo tutti diversi e possiamo avere capacità diverse, che verrebbero mortificate da valutazioni oggettive e uniformi.
    Credo che, certamente, una volta che un giovane si è incamminato per una determinata strada, deve andare avanti per merito. Per tutta la mia vita lavorativa ho combattuto contro l’egualitarismo predicato dai sindacati, che tarpava le ali ai migliori.
    Ci deve essere però anche qualcuno che valuti a monte qual’è la sua strada naturale; l’ambito in cui può dare il meglio.
    Ci sono cattivi avvocati o cattivi ingegneri che sarebbero potuti essere ottimi artigiani o musicisti o sceneggiatori teatrali.
    Ci sono persone che hanno intrapreso la strada del lavoro manuale perché non erano portati per lo studio, e poi sono stati così bravi da diventare imprenditori di successo e fare soldi a palate.
    Secondo me bisogna superare lo stereotipo di valutare le persone secondo i loro risultati scolastici e puntare più verso la valutazione delle loro potenzialità in ambiti diversi del mondo del lavoro.

    R
    ok, d’accordo, ma il post parla della nuova denominazione del ministero dell’Istruzione e merito che tante polemiche sta creando, poi il merito nel mondo del lavoro potrebbe anche derivare dalla scuola.

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  3. Mariagrazia, il tema del merito mi ha impegnato molto durante l’università – mi laureai nel 2003 – allorché vidi “cose che voi umani…”. Per arrivare al dunque: esami regalati, letteralmente. Prestazioni pietose di miei colleghi all’orale premiate con un 24 o un 21. Mi era di poco conforto apprendere che quei colleghi avrebbero stentato nel mondo del lavoro, mentre io sarei riuscito abbastanza bene, come in effetti è stato. Io da studente ventenne osservavo tale assenza di metro di giudizio e pensavo che la mia laurea non valesse niente, che i miei stessi voti valessero meno, ed in conclusione che io stesso fossi un mediocre in possesso di un pezzo di carta che si regala a chiunque. Questo, unitamente al constatare le condizioni lavorative del personale insegnante nella formazione pre-universitaria, mi fa pensare che per promuovere il merito non occorra tanto ristrutturare griglie di valutazione, linee guida di giudizio ecc. È invece necessario lavorare sul personale docente. Per la scuola dell’obbligo bisogna ridare dignità agli insegnanti, nonché protezione certa contro gli atti di bullismo cui sono sempre più vittime. Un insegnante demotivato e svilito non può infatti promuovere alcun merito. Per l’insegnamento universitario credo occorra agire innanzitutto sulla selezione: ad un libero professionista che considera la cattedra un ritaglio di tempo per poter esibire “Prof. università xyz” non può essere assegnato un corso.
    Non sono ottimista che tutto ciò accadrà anche se forse qualche passo verso un maggior rispetto della figura dell’insegnante lo vedremo.
    Buon fine settimana

    Ps stavo per dimenticare, un aneddoto per far capire quale sia nei fatti la predisposizione di tanti nei confronti del merito. Solo settimana scorsa raccontavo ad un mio collega, più grande di me e con esperienza di ricerca, uno degli esami allucinanti cui ho assistito e che si concluse con ben più del 18 politico. Il suo commento fu che il Prof. nella fattispecie si era comportato bene, non bisogna bocciare, allo studente che scambia Watt per Volt (e questo era solo l’antipasto) occorre dare l’attenuante dell’emozione.

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  4. Francesco
    ha ragione, gli insegnanti in Italia sono trattati da sempre come lavoratori di serie B (eufemismo), si ricorda il famoso “stipendificio” dell’ottima ministra Gelmini?
    E che dire della famosa gaffe dei neutrini?
    Emozione, ovvio.

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  5. Beh, noto che ‘sto blog dormicchia, sonnecchia, ma è sempre meglio delle battaglie quotidiani che avevano fatto scappare anche me.
    Sul merito devo dire che io mi meriterei molto ma trovo che mi sia sempre stato riconosciuto poco…ma siamo qui e questo importa e il sole ride.

    R.
    grazie Serena, infondi sempre serenità…

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  6. Alessandro, piace anche molto anche a me, sia la canzone che la Meloni. La canzone senza riserve, la Meloni con qualche riserva.
    Però la canzone che considero un vero gioiello musicale è “Hit the road, Jack!”, che vorrei cantare a parecchi dei nostri politici, anche se non si chiamano Jack.

    R
    eccola:

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