Hanno tutti e tre una bella faccia contenta, i tre operai precipitati assieme alla gru mentre stavano sui tetti di un palazzo a Torino.
Lassù il panorama doveva essere bellissimo. Era venerdì 17 e forse qualcuno di loro ci aveva pensato o forse no. C’è poco tempo per pensare quando fai un lavoro cosi pesante e pericoloso e pieno di insidie come il loro.
Ma che sarebbero precipitati assieme alla gru, di certo, nessuno di loro se l’aspettava.
Chissà quante raccomandazioni, la mattina o la sera: le madri, le mogli: stai attento, mettiti la mascherina…
Non ce l’avevavo, lassù spirava una brezzolina leggera ed il virus non era certo nei loro pensieri.
Tre operai come ce ne sono tanti ormai dovunque, nei tanti cantieri aperti in tutte le nostre città: solo nella mia stradina d’accesso a casa mia, ce ne sono quattro: tre di grandezza media, una immensa che troneggia da mesi sopra un palazzo in ristrutturazione e ogni volta che ci passo vicino penso che potrebbe cadere e poi mi dico: ma no, è impossibile.
Invece è possibile, eccome se è posssibile. Anche l’impossibile a volte succede.
Si deve fare in fretta, sempre più in fretta, i cantieri sono sempre di più e tutti vogliono guadagnare sempre di più e sempre più in fretta. Un jungla di gru, ecco cosa sono diventate le città e gli incidenti sono sempre più numerosi.
Chissà quale è stato l’ultimo pensiero di quei tre mentre precipitavano? Sarà andato alle persone care, di sicuro che ora li piangono.
E per un vero miracolo si è evitata una strage ma anche cosi mi sembra l’apocalisse.
Servirà a cambiare le cose?
Mi dispiace dirlo ma non sono affatto ottimista.
Il superbonus per le ristrutturazioni edilizie è un provvedimento discutibile del governo.
Troppo generoso, e difatti i cantieri pullulano.
“Chissà quale è stato l’ultimo pensiero di quei tre”.
Non avranno avuto nemmeno il tempo di pensare alle persone care, quegli operai che come immagini nel tuo incipit, dalla sfumatura poetica e commossa, avranno goduto del panorama bellissimo di Torino, la città della Mole Antonelliana, dalla storia bimillenaria, sede di austeri edifici sabaudi, polo industriale, universitario, culturale.
E nella distesa di tetti la sfondo delle alpi innevate.
Ma, in tutto ciò, non c’è stato il tempo di usare le precauzioni necessarie perché quei tre operai potessero lavorare senza correre pericolo. E come a Torino, nei mille cantieri che si sono aperti e si stanno aprendo in Italia con la fretta di chi teme di perdere il treno.
Il treno dei quattrini che ha perduto per strada il carico di “umanità”.
R
“Il treno dei quattrini che ha perduto per strada il carico di “umanità”.” non potevi sintetizzare meglio quello che sta accadendo.
I lavori edili presentano un problema di difficile soluzione.
Mentre in una fabbrica e in un ufficio il datore di lavoro può e deve garantire che l’ambiente di lavoro sia conforme a tutte le norme di sicurezza, questo è impossibile quando l’ambiente di lavoro lo costruiscono i lavoratori stessi.
Durante la fase di montaggio di un ponteggio il ponteggio non c’è ancora e si può cadere, oppure il ponteggio montato male o difettoso può cedere.
La fase di smontaggio è forse ancora più pericolosa.
Analoghi rischi esistono durante il montaggio e lo smontaggio di una gru.
Nel caso di cui stiamo parlando non c’era il problema dell’inesperienza dei lavoratori. Erano in regola e ben addestrati e preparati, perché il loro lavoro era di miontare e smontare gru.
Un cedimento meccanico? Un utilizzo improprio della gru (troppo alta in relazione alla sezione)? Un errore nel montaggio?
Penso che i periti potranno chiarire cosa è successo veramente e si potrà capire chi ha sbagliato e come migliorare la sicurezza in casi del genere.
R.
ah già, anche a me sembra che qualche cosa vada “migliorato”.
ciao Alessandro. io non so quale sia la tua professionalità. io sono medico e il senso di umanità che ho sempre avuto rimane intatto. è vero si buttano milioni, forse miliardi e il lavoro, quando c’è sembra un regalo. si parla di controlli quando sappiamo che chi fa i controlli non sempre è cristallino. medicina del lavoro, igiene pubblica, piscine etc…
certi ispettori, se il dirigente vuole, si tengono in ufficio fino a quando capiscano che è il caso di trasferirsi.( mia esperienza diretta.) buttiamo soldi a valanga per farmaci chiamati in altri modi….sono giù di morale per questa società che non mi appartiene, che pensa solo al dio denaro e non alle persone. giustizia, umanità…parole vuote. grazie
R.
grazie a lei Luisa e benvenuta. I medici del lavoro, la prevenzione la sicurezza, sono termini ormai “obsoleti” e gli incidenti sul lavoro e i morti crescono ogni giorno.
Solo per precisare, secondo l’INAIL i morti nei primi otto mesi del 2021 sono diminuiti di più del 6% rispetto a quelli dello stesso periodo del 2020, pur essendo allora le attività industriali molto più ridotte di quelle dell’anno in corso.
R
è sicuro? Non sembrerebbe proprio:
https://www.repubblica.it/politica/2021/11/30/news/mille_morti_sul_lavoro-328322848/
Luisa, sono un ingegnere che ha lavorato in una multinazionale nel campo dell’elettronica, ora in pensione. Ho avuto la fortuna di operare in una azienda molto attenta sotto il profilo delle sicurezza e che, tra le prime, s’è messa in regola con le nuove esigenze ecologiche.
Purtroppo non sempre la cose vanno per il verso giusto e non si tratta solo di incidenti, ma anche di malattie professionali, lei che è medico ne sarà certamente al corrente.
I maggiori incidenti si hanno nel campo dell’agricoltura, seguono il campo dell’industria e quello del terziario. Nel campo dell’edilizia oggi si sta avendo un’esplosione a causa dei numerosi cantieri aperti con improvvisazione.
Molta responsabilità ricade sulle persone preposte alla tutela nei luoghi di lavoro, dal direttore dei lavori ai coordinatori delle sicurezza, e su coloro che devono provvedere alla formazione.
Ma non è il caso di abbattersi, giustizia e umanità, se sono parole vuote tocca a noi riempirle, ciascuno di noi, per quel poco che può fare, deve ricevere stimolo per contribuire a cambiare questa situazione.
Cordialità.
X sra Gazzato: ho scritto ” nei primi otto mesi” ed ho citato la fonte, INAIL. Controlli.
R
controlli lei ora:
https://www.ilgiorno.it/economia/inail-infortuni-morti-lavoro-1.7095287
Non mi pare che Repubblica dica il contrario.
Dice che sono comunque troppi.
Ma troppi rispetto a cosa?
I morti per incidenti domestici sono il doppio.
E un buon terzo delle morti sul lavoro sono incidenti stradali per andare e venire da casa al lavoro. Questo perché vanno comunque nelle statistiche INAIL.
R
il contrario di che? Facchin lei è spesso sintetico ma enigmatico.
X Sra Gazzato: ripeto per l’ultima volta : dati INAIL Morti Gennaio / Agosto 2020 +6% rispetto a morti stesso periodo 2021. Ripeto: fonte INAIL. Se la sua fonte è il Corriere di Paperopoli è un altro discorso. Ricontrolli.
R.senta corriere di peperopoli…io non ricontrollo proprio niente, i morti sul lavoro non sono diminuiti ( i dati non arrivavano agli uffci competenti a causa della mancate denunce e del Covid), questo è scritto nei giornali che ho postato lei sa leggere vero? Lei ci creda pure ai dati Inail dei primi 8 mesi ma ora finiamola qui.
Il Luigi del post che inizia con “Non mi pare che Repubblica dica il contrario” è di Luigi e basta, non di Luigi Facchin…
R.
mi aveva ingannato la brevità.
Nei dati Inail, postati dalla signora Gazzato, è scritto:
“Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e ottobre sono state 448.110 (+6,3% rispetto allo stesso periodo del 2020) mentre sono 1.017 quelle per infortuni con esito mortale (-1,8%). Lo fa sapere l’Inail”
Quindi, nei primi dieci mesi c’è un aumento sensibile della denunce di tutti gli incidenti.
Poi è scritto che il conteggio delle mortalità non è ancora esatto perché a causa del covid la pratiche di accertamento e notifica, sono rimase indietro.
Ostinarsi a riferirsi al periodo gennaio-agosto, quando sono disponibili i dati tra gennaio a ottobre non ha senso, con buona pace del signor Bianchi..
Comunque, caro Omnibus, gli infortuni sul lavoro, o stanno diminuendo secondo il trend che dura da decenni, con qualche minima ondulazione, o sono sostanzialmente costanti.
Sicuramente non c’è nessun trend di aumento preoccupante.
I dati indicano che, presumibilmente, si è raggiunto lo “zoccolo duro” oltre il quale è difficile scendere.
Lo zoccolo duro è costituito, tra l’altro, dalla disattenzione del lavoratore, dagli eventi artmosferici imprevedibili, dalla fatalità, dallo stato di salute non ottimale del lavoratore (per esempio, molti lavoratori immigrati bevono).
E, last but not least, dipendono dalle regole troppo restrittive e costose imposte dalla legge, che dovrebbero, in teoria, ridurre gli incidenti.
Per esempio, per lavorare su una facciata di un edificio è previsto di montare un ponteggio.
A parte che montare e smontare un ponteggio è fonte di innumerevoli incidenti, è comprensibile che, per lavoretti minimi, si tenda ad evitare il ponteggio e si finisca per lavorare su scale e ballatoi instabili.
Comunque, gli incidenti sul lavoro non sono un emergenza.
Dato che buona parte della giornata si passa lavorando o andando e venendo dal lavoro, è ovvio che gli incidenti siano proporzionali al tempo. Non ha senso aspettarsi che scendano a zero.
Quando si dovrebbero far male le persone, se non quando lavorano? Quando guardano la televisione?
Ma gli infortuni sono rimasti uno dei pochi temi di bandiera per i sindacati, dopo che altri temi gli sono sfuggiti di mano a causa della crisi economica, della globalizzazione ecc…
Naturale che cerchino di enfatizzare il fenomeno.
R
ma quale enfatizzare? se ne parla troppo poco e si fa ancora meno. Forse parla perché non ha nessuno in famiglia caduto da una gru e non sa cosa significhi vedere il proprio familiare andare al lavoro la mattina e non tornare la sera. Nessun posto di lavoro vale la vita.
Tre morti al giorno le sembrano pochi? A me sembrano tantitissimi.
Signora Gazzato, secondo lei se ne parla poco? Nei TG RAI se ne parla ogni giorno che si verificano, almeno 2 o 3 volte nella giornata.
Considerando quanto poco si parla dei morti per incidenti stradali, che sono mediamente 2,5 volte più numerosi, direi che se ne parla troppo.
E spesso se ne parla male. I sindacati spesso prendono posizioni pregiudiziali condannando il mondo imprenditoriale, o organizzano addirittura scioperi di protesta, prima ancora che i periti abbiano accertato le cause dell’incidente.
Sono troppi? Troppi rispetto a cosa?
Se vuole dire che ogni singolo morto evitabile è troppo, sono d’accordo con lei.
Ma allora indignamoci per tutti i morti per incidente, e non solo per quelli sul lavoro!
Come ho scritto sopra, lavorare è più rischioso che stare senza far niente. Per forza, ogni tanto, ci si fa male!
Wikipedia: “Il numero di morti sul lavoro in Italia è costantemente diminuito a partire dagli anni sessanta. Tra il 2008 e il 2011 gli infortuni mortali nell’Unione europea (27 paesi) sono diminuiti da 2,4 a 1,5 casi all’anno ogni 100.000 lavoratori, la stessa diminuzione è riscontrabile per l’Italia[4]”
Da allora ci siamo allineati sul migliaio di morti all’anno, in prevalenza nel comparto dell’edilizia, dove l’ambiente di lavoro non può essere messio in sicurezza totale perché è in costruzione.
Da osservare che, in Italia, il 30% circa degli incidenti classificati sul lavoro sono in realtà incidenti – per lo più stradali – avvenuti andando e venendo dal lavoro. E non mi risulta che tutti gli altri Paesi li contino allo stesso modo.
Di cosa stiamo parlando?
R.
lo chiedo io a lei.
Io ho scritto come stanno le cose, e ho anche indicato l’indirizzo Wikipedia su cui si può documentare.
Se si informa saprà anche lei di cosa parliamo.
R.
a chi parla?
Luigi dice: “Comunque, caro Omnibus, gli infortuni sul lavoro, o stanno diminuendo secondo il trend che dura da decenni, con qualche minima ondulazione, o sono sostanzialmente costanti”
Forse perché sta diminuendo il lavorio?
Scherzi a parte, se stanno diminuendo, non abbastanza. Un mio carissimo amico morì lo stesso primo giorno che entrò in un cantiere e chissà quanto aveva sperato in quel lavoro.
Lei tocca un tasto dolente.
Il suo amico morì il primo giorno che entrò in un cantiere.
Si è chiesto perché?
Con ogni probabilità, non anveva ancora imparato come si lavora in un cantiere. Il datore di lavoro non glielo aveva insegnato, e neppure i compagni di lavoro.
La mancanza di formazione è sicuramente uno dei motivi che stanno alla base degli incidenti sul lavoro.
Non esistono lavori facili, a meno che non stai in un ufficio a inserire dati su un PC.
Purtroppo negli ultimi anni, anche a causa dell’art. 18 che ha aumentato i contratti a termine, troppe persone cambiano spesso tipo di lavoro, e non acquisiscono la professionalità necessaria; il “mestiere”, come si diceva una volta.
Per fare il muratore, o anche semplicemente il manovale, bisogna imparare tante cose, tra cui soprattutto come si sta su un ponteggio.
A volte capita di stare aggrappati o appoggiati alla struttura che stiamo montando o smontando. Come segare il ramo su cui stiamo seduti.
E non è da stupidi. Capita a tanti ed è capitato anche a me, per fortuna senza conseguenze.
Ci vuole attenzione ed esperienza.
R
Certo, come no? Peccato che succeda anche a chi di esperienza ne ha, eccome. Insomma, la colpa dei tanti morti sul lavoro è soprattutto in capo ai sindacati, all’art.18, ai lavoratori inesperti (poveri morti) …senza dimenticare però che chi ha la responsabilità di istruire e di assumere manodopera specializzata per certi ruoli, ce l’ha appunto chi assume. “Con ogni probabilità”, lei ha i suoi buoni motivi per ricercare colpe ovunque tranne che in chi ce le ha.
Signora Gazzato, mi pare che lei sia piuttosto restia a cambiare le sue convinzioni, peraltro molto datate e legate ad un mondo che non c’è più.
Perché non approfitta di questo blog per allargare un po’ le sue vedute?
Di spunti di riflessione gliene forniamo tanti. Perché non li prende in considerazione?
Un blog serve anche a questo.
R
Signor Luigi, potrei dire lo stesso di lei e porle la stessa domanda ma non lo faccio perché non intendo far cambiare idea a nessuno e non ho aperto un blog per sentirmi dire che ho idee “datate e legate a un mondo che non c’è più”, una sua considerazione del tutto personale ed arbitraria. Probabilmente dettata dalla stizza che prova nel non riuscire a farsi dare ragione da me che ho li MIE idee. Non cerchi di convincermi, si tenga pure le sue idee che io considero datate retrograde e legate ad un mondo che purtroppo c’è ancora e c’è sempre stato e che è appunto quello che i sindacati trovano sempre più difficoltà a contrastare.
Signora Gazzato, mi dispiace che finiamo in polemica tra noi.
Però, io sono vecchio e ho avuto modo di seguire l’evoluzione del mondo del lavoro e della società. E credo di essere un osservatore attento.
Il mondo del lavoro l’ho vissuto dal di dentro. Ho lavorato in diverse città con colleghi, capi e collaboratori diversi, interfacciandomi con sindacalisti diversi.
Quando ero ragazzo c’era il miracolo economico, la produzione tirava e il problema non era la produzione di ricchezza, ma la sua giusta distribuzione.
Esisteva la classe operaia, il lavoro in catena di montaggio, esistevano i “siur parun dalli belli braghi bianchi” ….
La globalizzazione non era neppure all’orizzonte. La FIAT si poteva permettere il lusso di produrre modelli brutti per continuare a vendere i modelli precedenti. Poi è successo che la Renault 5 ha superato le vendite della 127 e si sono dovuti dare una regolata.
C’è stato il ’68 con le sue conquiste e i suoi danni collaterali.
Ultimamente internet ha rivoluzionato la circolazione delle informazioni.
Ma è cambiata soprattutto l’economia italiana. Eravamo i leader nel campo degli elettrodomestici e oggi perfino gli sloveni fanno meglio di noi. Eravamo autosufficienti per i televisori e oggi non ne produciamo uno.
La Fiat copriva il 90% del mercato italiano, mentre ora è diventata un produttore come gli altri, con quote inferiori ad altri.
Nel mondo dell’industria e dei servizi il lavoro è cambiato. Già da molti decenni nelle aziende ci sono più impiegati di ufficio che operai e altre categorie produttive.
Gli operai dell’industria sono diventati tecnici specializzati.
Al contempo c’è stato un imbarbarimento in molti settori produttivi, come l’edilizia e l’agricoltura.
Le difficoltà imposte dal mercato e dall’articolo 18 hanno prodotto l’esplosione dei contratti a tempo determinato.
Molti lavoratori passano da un lavoro ad un altro senza mai imparare il mestiere.
In certi settori la manodopera è costituita da immigrati.
Nonostante questo, le noci della California costano meno di quelle prodotte in Italia.
La frutta e la verdura spagnole sono di qualità e costano meno.
L’Italia è diventata quasi un Paese del terzo mondo, che non è più autosufficiente. Ci salviamo grazie al turismo e alle piccole aziende di alto profilo tecnologico.
Di chi è la colpa di questo degrado? Dei protagonisti: la classe politica, la classe imprenditoriale e i sindacati.
Ecco cosa intendo quando dico che non possiamo continuare a ragionare con le categorie mentali di 40 anni fa ….
R
e chi lo fa? Lei forse? E’ lei a scrivere:
“Le difficoltà imposte dal mercato e dall’articolo 18 hanno prodotto l’esplosione dei contratti a tempo determinato.” sic et simpliciter e perciò reitera l’errore.
Però poi si corregge e da la colpa dello sfacelo equamente distribuita tra i tre attori principali: la politica, gli imprenditori, i sindacati…cioè tutti colpevoli, nessun colpevole. Troppo comodo Luigi, troppo comodo e anche troppo facile.
Io credo invece che sia troppo comodo assumere posizioni manichee come le sue, mettendo da una parte i colpevoli e dall’altra le vittime.
Il mondo è più complicato di come lo dipinge lei. Non sia pigra e provi a cogliere i toni di grigio!
Le responabilità normalmente sono ripartite tra tutti coloro che hanno il potere di cambiare le cose.
Posso concordare con lei che i lavoratori sono quelli che hanno avuto meno responsabilità, avendo meno potere.
Però, delle altre tre categorie non si salva nessuno.
R.
lei provi ad a essere meno supponente (se ci riesce) e comunque credo che questa discussione possa anche finire qui, abbiamo già esposto anche troppo le nostre rispettive posizioni.
E quei tre poveretti dimenticati presto.