In questi giorni si parla molto di Democrazia.
O meglio, ne parla chi la vuole difendere o al contrario, svilirla e denigrarla.
Tutto questo dibattito (inutile) sul Green Pass e su come molti trovino che sia dicriminatorio e che obbligare degli adulti a fare il vaccino, senza avere ancora prove scientiche della sua efficacia (tutti gli esperti dicono che ci vogliono anni per testarlo e per studiarne gli effetti) è anti democratico, va contro la nostra Costituzione.
Chi taccia di qualsiasi epiteto vegognoso e offende o dileggia chi scende in piazza per la libera scelta e non per l’imposizione, si sente molto democratico ma, nei fatti, dimostra chiaramente di non esserlo o meglio di avere un’idea e un concetto estremamente confuso della democrazia.
Una studiosa molto conosciuta ne ha fatto il perno della propria vita, parlo di Hannah Arendt.
Di lei si è scritto molto. Questo, molto in sintesi il concetto di Democrazia che Arendt vuole esprimere nelle sue opere:
Tratto da Il Foglio:
“Chi cerca nei testi di Arendt il cinismo distaccato dei realisti, vi troverà il pathos coinvolgente degli utopisti. Vi troverà un immaginario di speranza per le ‘faccende umane’ che non idolatra la distruttività della critica e osa parlare dell’esperienza politica in uno spazio pubblico condiviso come di un’esperienza di felicità”. Con queste parole Adriana Cavarero, una delle più note filosofe italiane di oggi, consegna al lettore il suo giudizio su Hannah Arendt, la celebre pensatrice tedesca vissuta tra il 1906 e il 1975. Si tratta, in particolare, di valutazioni riguardanti l’ampia e articolata riflessione che Arendt dedicò all’agire politico e che rappresenta il contributo più alto da lei elaborato nel contesto della sua attività di attenta e profonda indagatrice della vita umana, cresciuta alla scuola di figure del calibro di Guardini, Bultmann, Heidegger e, soprattutto, Jaspers. Grande conoscitrice delle antiche dottrine politiche – Aristotele rimase sempre per lei un punto di riferimento imprescindibile –, critica severa di ogni forma di totalitarismo, attaccata duramente da più parti per aver definito il nazismo un’espressione della banalità del male, Arendt viene considerata uno dei maggiori interpreti del concetto di democrazia. Non casualmente – afferma Cavarero –, “il riferimento ai testi arendtiani è frequente da parte di numerosi autori del nostro tempo che reinterrogano proprio l’idea di democrazia per rintracciarne il senso in alcuni eventi del presente. Ossia che cercano di sottrarre la parola democrazia alla sua disturbante genericità e tentano di afferrare il nucleo concettuale della vera democrazia”. Non sorprende il fatto che, negli ultimi tempi, da quando si sono intensificate le discussioni sul risorgere del populismo, abbia fatto registrare un forte aumento delle vendite l’opera forse più famosa di Arendt, Le origini del totalitarismo, risalente al 1951 e tradotta per la prima volta in italiano nel 1967. Per quanto affascinata dall’Atene periclea, considerata la culla della democrazia, Arendt, come avverte Cavarero, si dimostra molto parsimoniosa nell’usare il termine stesso democrazia, perché, a suo giudizio, esso è ambiguo. Coloro che oggi parlano di democrazia radicale, anarchica, selvaggia, guardano con particolare interesse alla prospettiva arendtiana “che si pone come antitetica rispetto a qualsiasi concezione verticale o gerarchica del potere e che si caratterizza invece come un potere diffuso, partecipativo e relazionale, condiviso alla pari, anzi costituito da una pluralità di attori. I quali sono uguali proprio perché condividono orizzontalmente questo spazio”.
Ecco, “una pluralità di attori”, questo è un concetto che applicato a quanto succede qui e ora, può esprimere meglio quello che accade:
un gruppo di governanti facenti parte di una coalizione di governo nata dalle ceneri di due fallimenti precendenti ed escusivamente concepita per trarre dalle secche un paese disastrato sutto molti profili: in una situazione sanitaria che ha mostrato tutte le falle di una democrazia imperfetta, approfitta del momento per emanare norme che costringeranno i cittadini a entrare nella logica di vaccinarsi per forza perché altrimenti saranno indicati al pubblico ludibrio e mancheranno delle prerogative per essere cittadini nel pieno delle proprie facoltà e di fatto, verranno discriminati ed impediti a svolgere le normali attività quotidiane.
Questo è fuori da tutti i parametri che i nostri padri costituenti avevano fissato quanto hanno scritto la Carta nata dal sacrificio di tante vite che non hanno esitato a dare la propria in nome della Libertà.
Libertà di scelta è un diritto e una prerogativa di ogni cittadino adulto che vive in un paese davvero democratico.
Da La vita activa:
”
- La nostra è forse la prima generazione divenuta pienamente consapevole delle conseguenze atroci che discendono da una linea di pensiero che costringe ad ammettere che tutti i mezzi, purché siano efficaci, sono leciti e giustificati per conseguire qualcosa definito come un fine. (V, 31, p. 176).
- H.A.
La democrazia non è libertà di scelta, ma libertà di scegliere chi ti dovrà dire cosa fare. Quindi il problema adesso non è l’imposizione di una cosa, ma il fatto che questa non provenga da qualcuno che ha vinto un’elezione. Tuttavia, allo stato attuale, chi parla di dittatura mi sembra un ciccino esagerato.
R.
Chi ci deve dire cosa fare però lo deve fare democraticamente, seguendo le regole democratiche, mica cosi perché lo ha deciso lui in base a nonsisachecosa.
Anarchismo allo stato puro. Quanto al governo il presidente della repubblica lo ha nominato, il parlamento (i cui seggi sono espressione della volontà popolare da voto) gli ha dato la fiducia e può agire. Lo fa con leggi emanate secondo le regole. Ne volete un altro? Quando finirà la legislatura.
Questa è la sostanza, Il resto sono solo fumosità senza senso.
R.
Ma quale volontà popolare? Se ci avessere detto che avrebbero inciuciato in questo modo tutti i partiti avrebbero preso la metà dei voti. Non se ne può davvero più di questi governi “legittimi”. Prima di parlare di anarchia si legga bene il significato mi sa che le sfugge; manifestare dissenso è il sale della Democrazia ma a lei Facchin mi sa che la democrazia non piace poi tanto. E non è neppure solo ma in buona compagnia. Basterebbe dirlo.
Quando la maggioranza diventa arroganza, chiama la manifestazione del dissenzo “anarchismo puro” o usa altri epiteti volti a demonizzare le minoranze.
Poi “Ne volete un altro?” è indice del pensiero erroneo che tutto debba dipendere dai un uomo.
No, ciò che si vuole non è “un altro”, ciò che si vuole sono tutte le istituzioni che funzionino: in primis il Parlamento, mai così caduto in basso ed esautorato; secondo un PdC che non sia “solo al comando”, ma che sappia ascoltare il Parlamento; terzo una magistratura sana, indipendente, ma anche sottoposta ad un controllo superiore “reale” e non “sulla carta”, esercitato dal Capo dello Stato.
Chiedo ancora una volta di commentare sui temi e con toni rispettosi delle opinioni altrui, non offendere e non allungare trite polemiche all’infinito.
Veramente istruttiva la lettura di un libro dal titolo “Trovare le parole” di Federico Faloppa e Vera Gheno, in cui si tratta del fenomeno dilagante, soprattutto nei social, del linguaggio aggressivo, fenomeno che può sfociare nei cosiddetti “discorsi di odio”.
Eccone qualche stralcio, solo per darne un’idea:
Cosa si intende con la locuzione “Hate speach”? Tra le varie definizioni, la più completa mi pare quella data dalla Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza data nel 2015 e che riporto in parte:
“… l’istigazione, la promozione o l’incitamento alla denigrazione all’odio o alla diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo di persone, o il fatto di sottoporre a soprusi, molestie, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce tale persona o gruppo”
Quali sono le forme linguistiche attraverso cui si esplicita il “discorso di odio”? Ossia quelle locuzioni che vogliono offendere, umiliare, discriminare, provocare rabbia, frustrazione e dolore in chi se li sente indirizzare?
C’è una vasta casistica di cui mi limito a segnalare : aggettivi etnici (crucco, marocchino…); sostantivi indicanti una professione(leguleio, pecoraio…) ;
nomi indicanti diversità(nano, minorato…) o deficit intellettivi e cognitivi(“
analfabeta, babbeo…) o difetti morali (bigotto, sciagurato…) o inferiorità socio economica(morto di fame, pezzente). Ma si ricorre anche a insulti derivanti dal mondo vegetale(finocchio), dagli apparati sessuali(cazzone), relativi al mondo delle prostituzione, o al mondo della omosessualità maschile. C’è poi l’uso di suffissi(poetastro), o di prefissi(subnormale”), o di binomi lessicali(frocio di merda), per non parlare di tutte quelle forme di camuffamento fatte allo scopo di sfuggire alla disapprovazione.
C’è poi una trattazione del “politicamente corretto” usato con significato negativo proprio da coloro che vorrebbero utilizzare l’offesa come unica modalità di confronto.
Allora chi sta dalla parte del “politicamente corretto” viene apostrofato in modo negativo (buonista, radical chic, moralista, talebano) mentre chi al politicamente corretto e ai suoi presunti apostoli la canta di santa ragione si (auto)proclama sincero, anticonformista, uno o una che dice pane al pane e vino al vino.
Invocare poi il “politicamente corretto” come minaccia alla libertà di espressione ha una doppia funzione: primo, ridicolizzare le istanze vere delle persone e dei movimenti che chiedono più attenzione sulle pratiche discorsive che ancora rispecchiano e riproducono relazioni e strutture inique e discriminanti; secondo, creare un continuo “rumore di fondo”, riducendo il racconto di fenomeno complessi all’ennesimo scontro manicheo, e suscitando al contempo un ingiustificato clima di allarme.
Qui mi fermo, ma la trattazione per “una comunicazione consapevole”, come recita il sottotitolo, è molta vasta ed esaustiva.
R
E’ vero molto interessante. Sono cose che si sanno, soprattutto chi sta “di qua” della siepe, ma comunque abbastanza comuni. Ormai se ne scrivono libri attorno.
A me i tipi politically correct mi hanno sempre fatto venire l’orticaria così come tutti gli ipocriti.
E dopo l’abbuffata di virologi, infettivologi, ci mancavano i filosofi che ci dicono cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, cosa sia discriminatorio e cosa non lo sia. Ed io con la mente torno indietro al grande pensatore tedesco Arthur Schopenhauer che scrisse che «Il filosofo non deve mai dimenticare che la sua è un’ARTE e non una SCIENZA». Epitteto invece di insegna che un filosofo deve «rifiutare la PRESUNZIONE DI SAPERE». Saltando a piè pari il “So di non sapere” (Ξέρω ότι δεν ξέρω) socratico.
Ecco che ora invece un filosofo – che sinceramente stimo tantissimo – in forza di essere “il filosofo più tradotto” vuole disquisire di scienza (che quindi secondo Schopenhauer non gli competerebbe!) e dimostra la presunzione di sapere (che secondo Epitteto dovrebbe rifiutare). Ed io continuo ad amare Aristotele che diceva che la «filosofia è il sapere più nobile proprio perché non ha alcun legame con le cose terrene!»
R.
mi trovo spesso in disaccordo con Cacciari, questa volta devi dire che sono d’accordo.
https://www.huffingtonpost.it/entry/massimo-cacciari-le-mie-domande-alla-scienza-e-al-diritto-su-vaccino-e-green-pass_it_61011fc8e4b00fa7af7d6f04
La filosofia e l’amore della conoscenza e la scienza è cono…scienza.
“Chiamiamo libero colui che esiste per se stesso e non per un altro.” Aristotele.
Però, Vincenzo, se Cacciari avesse sposato le sue tesi, avrebbe scritto lo stesso questo post?
Sarò schietto e sincero, gent.ma sig.ra Maria Grazia.
Se Cacciari avesse “sposato le mie tesi”, avrei scritto egualmente lo stesso questo post.
Dopo il mio primo approccio con la filosofia al liceo (…qualche anno fa!) mi sono innamorato di questa materia (e non finirò di ringraziare per questo la prof. Maria Cristina Corso!) proprio perché mi faceva scostare i pensieri dalle noiose beghe quotidiane terraterra e mi aiutava ad elevare lo spirito in un’oasi di pura atarassia.
Lasciamo la glossa dei dati del virus ai virologi, l’opportunità o meno del “green pass” ai legislatori. Ma i filosofi si occupino piuttosto di aiutarci – proprio in questo periodo altamente ansiogeno – ad elevare il nostro spirito.
R.
Certamente e i filosofi questo fanno. Ma lascerei a Cacciari in quanto cittadino, la libertà di esprimersi come meglio crede, da filosofo o da cittadino. Lei certametne ricorda che è stato sindaco di Venezia e quindi ha “applicato” la sua arte alla politica. Diciamo che Cacciari è un filosofo a tutto tondo, uno che non le manda a dire e che se interpellato, non esita a dire come la pensa. Abbiamo bisogno di persone che siano autorevoli nel loro campo (in molti campi) e che sappiano però anche comunicare il proprio pensiero con chiarezza e sobrietà. Non è l’elogio di Cacciari, col quale, ripeto, mi trovo spesso in disaccordo, soprattutto quando parla di politica, ma non c’è come questo particolare momento, in cui abbiamo tutti bisogno di sentire una grande pluralità di idee, più bisogno di chi si esprime senza condizionamenti. E i filosofi questo dovrebbero fare.
Comunque fa bene ad affidarsi ai filosofi, piacciono molto a anche a me e ricorro spesso a loro quando voglio cercare un po’ di serenità di spirito. Ma ricordiamoci anche che i filosofi hanno sempre influenzato la vita dei cittadini in tutte le epoche e che Platone diceva che avrebbero dovuto stare al governo.
Ne vede lei di filosofi nel governo?
“I governanti, come abbiamo già detto, devono essere filosofi e quindi la loro virtù è il sapere; quella dei difensori è il coraggio che serve loro per difendere strenuamente lo stato; i produttori devono invece essere dotati della temperanza, devono cioè sapere che vi è chi governa e chi lavora; è una virtù che in realtà appartiene un pò a tutti, ma soprattutto a loro che devono obbedire.”
Ma sappiamo anche che Platone definiva il governanti degli incompetenti che facevano cose di cui non sapevano nulla e che pretendevano di dire agli altri come comportarsi.
Anche questo mi pare molto attuale (in linea generale, naturalmente).
Me la offre su un piatto d’argento e non mi lascio scappare questa ghiotta opportunità.
Lei mi chiede “Ne vede lei di filosofi nel governo?”.
Io replico “Assolutamente no!!”
Mettano al servizio il loro sapere, ma i filosofi come opinionisti da talkshow, no grazie!
Concordo con Platone: “I governanti devono essere filosofi e quindi la loro virtù è il sapere”. C’è tanto bisogno di filosofi che ci governino. Abbiamo già avuto il “governo dei professori” e ancora le ferite causate sono aperte. Poi è arrivato il “governo dell’improvvisazione”… E anche quelle ferite lacero-contuse sono in guarigione. Ora attendo il governo dei filosofi. Ma dove li troviamo Platone, Kant, Schopenhauer o Hegel?
R.
Già bella domanda che ora lei gira a me. No, non ne vedo neppure col binocolo di neppure lontanamente paragonabili, vedo tanta improvvisazione. E però c’è chi continua a dire che ce li siamo “scelti”.
I “politically correct”, quelli, per intenderci che fanno venire l’orticaria a Bianchi, sono una invenzione proprio di coloro che vorrebbero utilizzare l’offesa come unica modalità di confronto, e a riprova di ciò è arrivata puntuale la sua risposta.
Dal libro già citato nel post precedente:
“Uno spettro si aggira per l’Europa, quello del “politicamente corretto”. Non si sa bene da quando, dove e perché, eppure in Italia sembra che siano molte le persone convinte di averlo visto(…)
Intanto gran parte delle persone che lo menzionano e lo attaccano non spiegano che cosa intendano con questa espressione. Basta la parola- ora sinonimo di ‘cancel culture’, ora di patologia, epidemia, conformismo, ipocrisia, settarismo, estremismo, ecc.- basta la sua aura negativa, la sua forza evocativa.
Poi non è affatto chiaro neppure come questo politicamente corretto abbia preso il potere.
Inizialmente la locuzione era in uso nell’inglese americano già a partire dal Settecento per indicare la correttezza di determinate idee nel discorso politico.
Negli anni venti del Novecento, la dottrina comunista gli attribuì il significato di fare la cosa giusta seguendo la linea del partito. La sua connotazione è ancora neutra, diventerà negativa una ventina di anni dopo per indicare persone che a quella linea politica si uniformavano in modo acritico.
Verso la fine degli anni ottanta divenne un’arma nelle mani dei neoconservatori che riuscirono a persuadere l’opinione pubblica che un movimento politicamente corretto stava prendendo il controllo delle università americane e delle istituzioni culturali.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta la destra conservatrice agita lo spauracchio del “politicamente corretto” facendone un formidabile strumento retorico, un’arma di distrazione di massa(…)
E invece, non solo la dittatura del politicamente corretto non esiste, ma è vero il contrario(…) La comunicazione e la nostra vita quotidiana sono sempre più pervase di discorsi d’odio, di insulti, di minacce, di gogne mediatiche, di espressioni di intolleranza non soltanto verbale. Chiunque può essere perseguitato e diventare bersaglio di vere e proprie shitstorm soltanto per avere espresso la propria opinione.
E’ anche ciò che dà molto lavoro di “pulitura” alla blog master.
Il Signor Alessandro sostiene che i barbari come il sottoscritto utilizzano l’offesa come modalità di confronto. Non solo , ma questa categoria di selvaggi si è inventato la political correctness per andare giù duro. Io mi domando quanti non trovino aberrante chiamare ” diversamente abile” un nostro simile sfortunato inchiodato su una sedia a rotelle dalla SLA. Ma è ovviamente un’opinione personale.
R.
nessuno l’ha definita come si auto definisce, l’esempio che lei fa non è aberrante ma un modo per definire delle persone sfortunate per non farle sentire troppo diverse nella loro disabilità, Concordo che non sia il massimo ma il fine era buono.
A Milano il Planetario (il più grande d’ Italia, dono alla città dell’editore Ulrico Hoepli) ha disposto che in sala, alle proiezioni e alle conferenze, da oggi si può accedere solo con il Green Pass. Non hanno perso tempo. Chi vuole guardare il Cosmo senza Pass lo faccia da qualche parco o marciapiede o finestra.
Non è l’uso di termini meno crudi (non “ipocriti”, che significa ben altro) il peggio che si attribuisce al “politically correct”, bensì la pretesa di bollare acriticamente le persone con l’uso di “etichette” denigratorie, sull’esempio di “buonista”, “radical chic”, ecc. da parte della destra, o di “fascista”, “leghista”ecc. da pare della sinistra.
Signor Alessandro, con molta pacatezza, non sono d’accordo con lei. Secondo me il peggio del politically correct é invece proprio l’uso di termini per rendere meno aspra od offensiva un’espressione ( a mo’ d’esempio, audioleso in luogo di sordo o ” di colore” in luogo di “nero”). Io trovo che siano invece una maniera per marcare in maniera fastidiosa ed ipocrita una diversa caratteristica che la persona political correct vorrebbe invece attenuare od addolcire.A mio modo di vedere, buonista, radical chic, fascista e leghista sono insulti tout court nell’intenzione di chi li usa.
Il “politicamente corretto” è diventato un problema di censura silente che di fatto impedisce di esprimere un punto di vista differente da quello dettato dal pensiero comune. Faccio un esempio: se dico che ci sono tanti figli di genitori separati o vedovi, che sono pur ottimi genitori, ma che sarebbe meglio se ci fossero entrambi i genitori, sto dicendo una osa ovvia. Se invece dico che una coppia di papà-papà o mamma-mamma potrebbero essere ottimi genitori, ma sarebbe meglio dare in adozione i bambini con preferenza ad una coppia mamma-papà, viene fuori un casino. E’ un mio pensiero, ma è pericoloso da dire, perché divento subito omofobo, discriminatorio, eccetera. Certi argomenti non sono più discutibili, pena la gogna. Pertanto, pur di evitare il massacro mediatico, o comunque di perderne in immagine, tutti i vips si adeguano e a ruota i seguaci pecoroni. O più politicamente corretto gli “ovini informatizzati di grosse dimensioni”.
Nessun partito ha la maggioranza da solo in parlamento quindi sono indispensabili accordi fra partiti per costituire un governo. Questi non sono inciuci. E’ prassi normale in Europa.
R.
prassi normale in Europa? Cioè lei vuole dire che prima si fanno le elezioni, i cittadini votano un partito che in campagna elettorale dice che MAI e poi mai si alleerebbe con Tizio Caio E Sempronio (dei quali dice sfracelli) e poi, ma tu guarda, solo per andare e stare potere, non solo si alleano no tutta la sfilza ma pure con chi sappiamo ma sarebbe meglio non nominarlo. Allora, Facchin il “popolo sovrano” perché vota? Io penso che in Europa se non siamo un unicum poco ci manca. Votate votate che poi ci pensiamo noi a mettervelo in saccoccia (scusate il francesismo).
Bianchi, secondo lei audioleso sarebbe ipocrita?
Ipocrisia è mostrare uno stato d’animo diverso di quello reale per ottenere in vantaggio: sono ipocrita se fingo di amare qualcuno, ma miro eslusivamente al suo denaro.
Se uso udioleso direi una falsità?
No, direi la stessa cosa che sordo ma, secondo chi ha coniato questa parola, in maniera meno cruda. Si può discutere sull’efficacia o meno della parola, ma che c’entra l’ipocrisia?
Parole come zoppo, muto, sordo, nano, gobbo, paralitico, spesso nell’uso comune hanno assunto un significato discriminante, quasi la valenza di “colpa’, da ciò l’uso di termini meno popolari che considerano la menomazione, non una colpa,
ma semplicemente un indice che qualcosa non ha funzionato.
Se il linguaggio di evolve in motivo c’è.
Ad ogni modo libero di pensarla come crede.
Mauro dice:
Il “politicamente corretto” è diventato un problema di censura silente che di fatto impedisce di esprimere un punto di vista differente da quello dettato dal pensiero comune.
Rispondo citando nuovamente Faloppa-Gheno in “Trovare le parole”
“E Invece, non solo la dittatura del politicamente corretto non esiste, ma è vero il contrario(…) . Prendiamo l’ipotetica messa al bando di testi canonici da scuole e biblioteche negli Stati Uniti (da cui tutto sarebbe partito): i dati ci dicono che negli ultimi anni i libri più osteggiati nelle biblioteche pubbliche di questo Paese sono quelli a tematiche LGBTQIA+ (…)
Per retare in Italia, se davvero fossimo sotto il regime di presunti gruppi politicamente corretti, com’è che la comunicazione e la nostra vita quotidiana sono sempre più pervase da discorsi d’odio, d’insulti di minacce, di gogne mediatiche, di espressioni di intolleranza non soltanto verbale? Chiunque può essere perseguitato e diventare bersaglio di vere e proprie shitstorm (come dimostra il suo “ovini informatizzati di grosse dimensioni”),soltanto per avere espresso la propria opinione
X Signor Alessandro: ho appreso da un suo commento che lei è una persona con un’età importante. Per una forma di rispetto innato non polemizzerò mai più con lei. Mi lasci dire una sola cosa. Io sono alto 165 cm e nella mia vita me ne sono sentite di tutti i colori sulla mia altezza. Mi è passato tutto come acqua sul vetro. Ma se un domani dovessi incontrare uno che mi definisse ” diversamente alto”, reagirei come un assessore leghista. Ma non perchè mi ha offeso. Semplicemente perchè un cretino così non ha diritto di esistere. Ha capito il concetto? Con immutata stima.
R:
mi permetta, anche Little Tony era alto 1.68 e pesava 65 kg. ma…caspita, ce ne fossero. Ed è solo un’esempio. E poi, Bianchi, anche i cretini hanno “diritto di esistere” altrimenti…il mondo si spopolerebbe.
L’esempio dell’inginocchiarsi ai recenti europei è stato lampante: chi non lo faceva veniva guardato di traverso perché probabilmente complice dei poliziotti razzisti americani. Alla fine per il quieto vivere ci si inginocchiava.
Bianchi lei ha fatto l’esempio classico della toppa peggiore del buco. Non è questo che si dovrebbe intendere poloticamente corretto:
semmai il politicamente corretto dovrebbe insegnare che classificare le persone in base alla statura è semplicemente da stupidi.
Mauro l’inginocchiarsi era una iniziativa che voleva protestare contro la discriminazione, era libera, nessuno ha obbligato e c’è chi l’ha seguita e chi no, e mi pare che le critiche maggiori siano andate proprio a chi si inginocchiava.
Se poi per la finale le squadre lo hanno fatto, perché non credere che alla fine abbiano considerato giusto il gesto?
Si vota un partito perché se ne condividono le idee e gli orientamenti e poi per come portarli avanti si confida nella dirigenza. I governi di coalizione in Europa sono la prassi.
R.
si, di coalizione no di inciucio. Se il partito che ho votato (e che non voterò mai più) mi avesse detto come si sarebbe comportato col cavolo che l’avrei votato.
Inciucio è solo un modo un po’ volgare per dire coalizione o alleanza di governo.
R.
quindi lei mi ritiene “volgare”? La mia spiegazione o meglio “spiegazioni”, le scivolano come acqua fresca?
Allora veda un po’ lei se coalizione vuole dire questo:
Dal dizionario
Inciucio:
Pettegolezzo; intrigo, maneggio.
2.
Nel linguaggio giornalistico, compromesso, pateracchio.
Se per lei, Facchin è la stessa cosa per me c’è una differenza abissale, ma se lei non la vede non ci posso fare nulla-
Non lei, ma il termine è almeno poco fine, diciamo.
R.
esempio tipico di politicamente corretto. Si tratta di termine entrato nel lessico comune o preferisce accozzaglia?
A proposito di scemenze prodotte dal politically correct, ci sono scuole superiori e università americane che hanno eliminato Omero, Virgilio, Dante, Shakespeare dai loro programmi, in quanto razzisti e sessisti e troppo eurocentrici. Inoltre, i cartoons di Peter Pan, Dumbo e Aristogatti sono stati vietati ai minori di 7 anni, perché conterrebbero offese ai nativi americani, agli schiavi afroamericani e agli asiatici.
Siamo sicuri che tutte le “scemenze” elencate non siano effetto di fake news, altrimenti dette bufale?
L’eccellente saggio da me menzionato “Trovare le parole’ di Federico Faloppa (insegnante di Storia della lingua italiana e Sociolinguistica nel Dipartimento di Languages and Cultures dell’università di Reading (Regno Unito), e di Vera Gheno
(Insegnante all’università di Firenze e collaboratrice alla Accademidella Crusca oltre che di Zanichelli), non è daccordo.
Cito testualmente:
“Ernesto Galli della Loggia e Massimo Gramellini dalla pagine del Corriere della sera, non si preoccupano di prendere sonore cantonate, come quella sulla rimozione di Mozart dai programmi di studio dell’Università di Oxford -presto rivelatasi una bufala- in nome di un delirio suicida del “politicamente corretto” o dei presunto eccessi della ‘cancel culture’ etc.etc.”
R.
Alessandro, decidi tu se queste sono bufale, io me lo augurerei:
https://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/saranno-vietati-ai-minori-7-anni-bollino-rosso-tre-film-1919484.html
Se non lo sono però, giudica sempre tu come possono essere definite. Certo che se si sono messi dei cervelloni a decidere di queste cose, siamo arrivati ad un punto cruciale della storia dell’umanità: ormai dovremo stare attenti a come starnutiamo ( e in intanto i contagi aumentano, lo so che non c’entra ma trovo surreale che quest’anno coi vaccini e tutta la propaganda, siamo in questa situazione, qualcosa non torna fake news o bufale a parte).
Ma lei che ama la poesia dovrebbe preferire uno dei termini equivalenti che ha elencato… Comunque, andando alla sostanza, mi sembra che non ci sia nessuno che le vada bene.
R.
veramente a me sembra lei quello a cui non va mai bene niente di quello che scrivo. E io, si, sono molto critica con la politica e soprattutto con chi ci governa ed anche molto esigente, non mi accontento, non mi piacciono gli ipocriti e chi vuole a darmi a bere acqua sporca passata per vin santo.
Mariagrazia, gli scemi ci sono dappertutto, anche in certi moralisti d’accatto, ma
che si voglia far credere che ci sia oggi un movimento denominato Politically Correct che si stia imponendo e stravolgendo la cultura col volere imporre censure di Omero, Virgilio, Dante, Shakespeare, Mozart e chi più ne ha più ne metta, mi sembra proprio grossa.
Aggiungo al mio post precedente che tutti i movimenti ideologici, o quasi, possono contenere in sé del buono e del cattivo. In genere -con le dovute eccezioni- nascono con una scopo nobile (o ritenuto tale), spesso degenerano, dopo la spinta inziale, per un eccesso di applicazioni formali e per una deriva all’intolleranza,
Così è stato, per esempio, per il Femminismo.
Ciò che non accetto è la visione unilaterale di chi vede tutto male (o anche tutto bene), nonché l’uso strumentale che spesso si fa, svuotando il movimento dei suoi contenuti fondanti, riducendolo in mere etichette o cliché negativi.
X Signor Alessandro : Le risponderò pacatamente. Vede, caro Signor Alessandro, io credo che l’esempio della Disney portato dalla Signora Gazzato, sia aberrante. La Disney é una multinazionale con un fatturato di svariati miliardi, non é una cartoleria di rione. Se la Disney ha deciso di intervenire su tre sue pellicole ( tre cartoni animati!!) per le ragioni spiegate nell’articolo, significa che il trend é quello. Lei si appella alle fake news od agli imbecilli in giro. Non é così. La political correctness é un atteggiamento, una moda, una filosofia, la chiami Lei come vuole, che si sta imponendo. E come succede oggi, si sta imponendo con la violenza, sia fisica ( abbattimento di statue) che ideologica ( non sei politicamente corretto? sei un selvaggio, fascista, nazista, populista, sovranista, etc,). Riceva una buona notte da un “diversamente alto” ( 165 cm! ma pensa te….)
https://www.lastampa.it/esteri/2020/02/21/news/oxford-vuole-cancellare-omero-e-virgilio-per-aiutare-gli-studenti-meno-preparati-insorgono-i-classicisti-1.38498181
A proposito di anticlassicismo anglosassone
Sono su posizioni diverse dalle sue, certo. Politicamente e per altro. E non nutro fiducia nella Meloni…
R.
e quando mai avrei dimodtrato fiducia nella Meloni? E’ lontana anni luce da me ma mi pare coraggiosa visto che è l’unico partito all’opposizione, questo non significa nutrire fiducia nella Meloni. Ma in una demcorazia un’opposizione ci vuole altrimenti è altro.
Vedo che si continuano a citare articoli presi dal Web come fossero oro colato.
Libero ognuno di credere a chi vuole, vorrei solo capire in termini percentuali quante sarebbero queste scuole superiori o università americane soggiogate dal politicamente corretto. Ricordo che le sole università in America sono più di 3000.
Poiché mi fido oltre che del buonsenso (basta osservare come la nostra vita quotidiana è pervasa da discorsi d’odio, d’insulti di minacce e di gogne mediatiche, altro che politicamente corretto), e di chi ha studiato il fenomeno, ecco un’altra citazione:
“Si amplificano e si costruiscono ad arte episodi che confermerebbero questa egemonia grazie alla grancassa dei media, come ad esempio le fasulle rivendicazioni attribuite al movimento Black Lives Matter, come quello di cambiare la regola degli scacchi che dà al bianco il vantaggio della prima mossa, perché razzista. O ancora la presunte rimozione dei poemi omerici dai programmi scolastici di alcune scuole o sulla rimozione di Mozart dai programmi di studio dell’Università di Oxford -presto rivelatasi una bufala- in nome di un delirio suicida del “politicamente corretto”: notizie che crollavano alla prima verifica, ma che rapidamente hanno fatto il giro del Web
Prendiamo l’ipotetica messa al bando di testi canonici da scuole e biblioteche negli Stati Uniti (da cui tutto sarebbe partito): i dati ci dicono che negli ultimi anni i libri più osteggiati nelle biblioteche pubbliche di questo Paese sono quelli a tematiche LGBTQIA+ (…)
Consideriamo proprio le università americane da cui tutto sarebbe partito una trentina di anni fa e dove ormai imperverserebbero gli estremisti del politicamente corretto: su circa 3000 università, solo una quindicina nel 2020 sono state contestate per inviti a relatori considerati controversi, di cui 11 provenienti dalla sinistra, di queste si sono concluse con il ritiro dell’invito(fonte Fundation for individual rights in education”.
(tratto da Trovare le parole, Faloppa-Gheno)
In quanto alla produzione della Walt Disney, mi pare eccessivo parlare di censura e comunque è una decisione autonoma della casa, una presa di coscienza che i tempi sono mutati e maturi per una comunicazione che non veicoli messaggi oggi obsoleti.
Cito attingendo anch’io dal Web:
“La cosiddetta censura nasce da una presa di consapevolezza, una sorta di mea culpa postumo da parte dei vertici Disney su alcune delle proprie opere
Questo significa che non sarà più possibile vedere questi cartoni sulla piattaforma streaming? No, semplicemente non verranno suggeriti o consigliati per i più piccoli. I film restano disponibili all’interno di Disney+ ma vengono accompagnati da un apposito disclaimer:
“Questo programma include rappresentazioni negative e/o denigra popolazioni o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono ancora. Piuttosto che rimuovere questo contenuto vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso e stimolare il dibattito per creare insieme un futuro più inclusivo”.
Applicare un disclaimer non limita di certo la visione e non è paragonabile alla censura
https://www.money.it/Disney-Plus-vieta-Dumbo-Peter-Pan-Aristogatti-razzismo-perche-cosa-e-successo
Non credo siano tutte fake news e che Faloppa e Gheno siano i nuovi detentori della verità. Anche Cristoforo Colombo sta passando dei guai per aver innescato lo sterminio dei nativi americani. La cosa buffa è che lo contestano gli americani che senza di lui sarebbero ancora in Europa. Quindi giù le statue e guai a commemorarlo.
Altra notizia che qualche anno fa mi aveva colpito: il presidente canadese Trudeau chiede scusa per essersi travestito (nel 2001) da Aladino con la faccia dipinta di nero. Potrebbe aver offeso qualcuno e rischia di passare per razzista. Mi immagino cosa avrebbero potuto dire i danesi se si fosse invece messo una parrucca bionda.
https://www.panorama.it/news/justin-trudeau-volto-nero-scuse-razzismo
(se leggete l’articolo io voto per il punto B)
Sig. Gheno e sig. Faloppa, non credo che vi leggerò, ma se voi leggete me, credetemi: la linea di pensiero “giusta” esiste eccome e sta condizionando tutti coloro che devono esprimersi.
R.
Mauro, penso che il mondo stia andando tranquillamente fuori di testa.
UN colosso come la Disney ha dovuto prendere atto del fatto che la società attuale si preoccupa di molte cose che un tempo passavano inosservate, sono i tempi che cambiano, le mentalità. Ma il buon senso non dovrebbe mai passare di moda.
Un bambino di sette anni non nota quelle cose che hanno notato degli adulti, ma ci sono film di Disney che non sono adatti ai bambini: ci sono delle scene che per un bambino possono essere imrpressionanti e persino diseducative, ora si comprende meglio di un tempo ed è giusto prendeerne atto, senza esagerare però. C’è un limite a tutto.
Ma, ripeto, ci vuole buon senso e certo non è con la cancel colture o altre similari idiozie che si raddrizza il mondo. IL politically correct, in alcuni casi è utile, lo è stato e lo sarà per rendere l’idea di come si possano ferire alcune sensibilità con i nostri atteggiamenti o anche solo con una parola, è giusto prenderne atto, ma ancora una volta, senza rasentare il ridicolo o senza chè però diventi un’ossessione e si trasformi una semplice considerazione maggiore in un incubo censoreo.
Con tutto il rispetto il Signor Alessandro, mi pare che stia un po’ esagerando . Secondo lui le denunce contro gli eccessi sono tutte fake news ed il mondo oggi é travolto da una valanga di violenza e volgarità verbale. Sarà. Intanto con tutto il rispetto i due stimabilissimi Gheno e Faloppa non mi pare siano tra i più gettonati autori mondiali né esiste evidenza che dicano cose corrette mentre il mondo si pasce di fake news. La Disney Corporation non é stupida. Se si é lanciata in quell’intemerata di intervenire sui suoi films, é perché i suoi straordinari uffici marketing gli hanno detto che quello é il trend. Punto. Ed é un trend terribile. Pascolo per i buonisti, ed ho detto “buonisti” e non “buoni” con tutto il significato negativo del termine. Quando passerò a miglior vita, spero di non andare all’Inferno, ma di passarmi un po’ di tempo in Purgatorio. Credo che si incontri lì gente più divertente che in Paradiso. Ma vi immaginate passare l’eternità accanto ad un buonista political correct? Corro subito a fare qualche peccatuccio per evitare questo rischio mortale.
R.
ecco bravo, ma lo faccia grosso già che c’è, meglio, creda, ma non gongoli troppo anche in Purgatorio c’è qualche anima “buonista” e pure all’inferno di sicuro non mancano con tutta l’ipocrisia che gira…ma non l’hanno fatta franca.
Comunque non tutto il politically correct è sbagliato è il parossismo che è sbagliato.
E già, signor Bianchi (con tutto il rispetto) e signor Mauro, mi avete aperto gli occhi, mi avete convinto, ho capito qual è il pericolo del nuovo millennio, -altro che terroristi, stragisti, guerrafondai, faccendieri senza scrupoli- sono loro la vera minaccia dell’umanità, la schiera foltissima dei “Politically correct”.
Ne siamo letteralmente assediati, li troviamo dappertutto, si mimetizzano dove meno te l’aspetti, non solo in ogni angolo di strada, ma in ogni scuola, università, museo, istituzioni culturali e politiche, sono una lobby potentissima al cui confronto la P2 e le mafie sono roba da ragazzini, eccoli lì a dettare legge, correggere, stigmatizzare, imbrattare le statue, vietare la lettura di Omero e -udite, udite- vietare Topolino: e questo è troppo, togliete tutto all’umanità, ma non toccate Topolino. Ecchecavolo!
R.
beh, va bene un po’ di spirito ci sta, ciò non toglie che ci siano comportamenti che stanno sfiorando il ridicolo e non va bene, la virtù sta sempre nel mezzo.
Per il caso della chiusura dei corsi di studi classici, perlomeno alla Howard University di Washington, ho letto stamane un presunto chiarimento. È una celebre università frequentata soprattutto da afroamericani, ci ha studiato anche Kamala Harris. Grazie agli interventi avversi di Trump, versa in difficoltà economiche, per cui avrebbe tagliato i corsi suddetti, ma anche altri, di carattere scientifico, per i quali si prevedono scarsi sbocchi lavorativi. Su queste decisioni cinsi sono avventati giornali di tutto il mondo, vedendoli frutto di razzismo nero. Studenti attuali ed ed ex-allievi si sono autotassati perché lo studio dei classici continui. Servirebbe però un intervento governativo, da parte di Biden, dato che la sua vice è uscita proprio da quella università. Per i casi di altri atenei USA e inglesi, sembra che siano invece decisioni folli. Censurato anche il film Via col vento, come razzista.
R.
per correttezza di informazione:
https://www.esquire.com/it/cultura/film/a32823951/hbo-via-col-vento-razzista/
Che ci siamo eccessi ridicoli ci può stare, ciò che non accetto è che siano un problema serio che minaccia addirittura la libertà di espressione.
Il problema è che si trascura quanto di buono c’è in una ideologia (contrastare le discriminazioni) e si amplificano le sciocchezze che spesso sono create ad arte
Gazzato, ti ringrazio per la notizia che hai riportato. Finora avevo letto solo peste e corna su quel film, che fra l’altro, personalmente, è un polpettone che non ha mai suscitato il mio interesse. Del resto, per decenni, nei films americani, i neri erano rappresentati come camerieri tonti e cuoche enormi, che parlavano con il raffreddore e i verbi all’infinito. I pellerossa erano selvaggi ululanti e gli asiatici musi gialli feroci e perversi. E nessuno aveva mai protestato, chissà come mai.
X Siignor Alessandro, con tutto il rispetto, mi deve spiegare che cose ci sia di buono , gentile e non discriminante definire uno sfortunato handicappato come uno diversamente abile. Mi sembra un’ipocrisia . Forse che handicappato è insultante? O chiamarlo diversamente abile gli consente di correre? Per non parlare del ribrezzo che i buonisti provano di fronte alla parola nero! Esilarante.
R.
Bianchi, l’argomento, mi pare, sia stato trattato a sufficienza, ognuno può rimanere delle proprie idee.
E poi non ci trovo nulla di cosi “esilarante”.
Lasciamo pure perdere.Ma anche lei è cosi condizionata che non riesce a scrivere la parola negro, come coraggiosamente avevo scritto io. Ma si rende conto? Come diceva Totò :….ma mi faccia il piacere ..mi faccia…. Qui siamo all’apoteosi dell’ipocrisia. Cestino, arrivo!! Sospeso 2 settimane? Ahahahah
R. quella parola qui non passerà mai! Lei sarebbe coraggioso a scrivere quella parola che definisce un essere umano come uno schiavo e ricorda un periodo infame della storia dell’umanità? Ma con quale “coraggio” scrive certe cose? Questo se lo dovrebbe chiedere e fa pure lo spiritoso. L’apoteosi dell’ipocrisia è la sua che pretende di essere libero da condizionamenti e non vede la trave che ha negli occhi. Me lo faccia lei il piacere.
Bianchi, con tutto il rispetto, non devo spiegarle nulla, lei insiste col “diversamente alto” di sua esclusiva invenzione, allo scopo di ridicolizzare un certo linguaggio, ma se a lei piace “frocio” anziché “gay” sono affari suoi, de gustibus non est diaputandum, e nessuno lo obbliga a dire gay, a riprova che non esiste nessuna dittaure del politcally correct.
Detto ciò concordo con la BM:
de hoc satis.
Da 52 anni io sono un handicappato per udito, vista e deambulazione. Che uno mi definisca tale o ipovedente, scarsamente udente e diversamente deambulante, non migliora e non peggiora le mie disabilità. Um morto tale rimane anche se definito Non vivente.
“non migliora e non peggiora le mie disabilità”
Infatti nessuno pretende che una parola meno “cruda” di un’altra, possa avere l’effetto taumaturgico di sanare.
Un altro falso argomento portato avanti da molti.
Questa mi sembra degna di nota, nel merito delle esasperazioni della censura:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/08/07/giustizia-sanzioni-al-linguaggio-dei-pm-e-ordinanze-garantiste-il-governo-imbavaglia-anche-il-lessico-da-iv-a-un-pezzo-di-pd-la-politica-gia-
In sostanza:
“È fatto divieto – si legge – alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili”.
E non è giusto, quando la stessa Costituzione dichiara la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio?
R.
certo, come no? Anche dopo, volendo. Nessuno è colpevole fino al terzo grado di giudizio, certo, ma che non si possa più neppure definire “colpevole” il presunto colpevole durante i procedimenti, mi pare una formalità grottesca. Come lo chiamiamo: diversamente innocente?
Io ricordo che per lungo tempo, sui quotidiani e al TG, non si dovevano assolutamente usare Membro di…e In seno a…,poiché rimandavano a significati imbarazzanti. Si diceva Mondana, Passeggiatrice o Peripatetica per indicare una prostituta. Politically correct anzitempo.
“È fatto divieto alle autorità pubbliche”, cioè ai pubblici ministeri o chi emette atti ufficiali nella magistratura, non al cittadino o alla stampa che è libera di epsrimere un giudizio proprio.
R.
è fatto divieto alle autorità di usare una parola ma non ai giornalisti o ai cittadini comuni? Allotra un giornalista può chiamare colpevole un presunto innocente? Ma che razza di roba sarebbe? Intanto i magistrati hanno davanti sempre le inchieste e i fatti e se qualcuno viene chiamato colpevole, in genere viene fatto perché c’è una ragione, dopo che ci siano casi eclatanti di errori giudiziari è un fatto importante e ne va tenuto conto, ma fare divieto di usare la parola che delinea le responsabilità stanti le inchieste di una persona sottoposta a giudizio, mi pare voler mettere altre complicazioni nei processi già di per sè interminabili. A me sembrerebbe più importante non condannare innocenti e magari risarcire davvero chi fa anche solo un giorno di prigione da innocente, ma questi esercidi “di grammatica” mi pare che sfiorino la presunzione (di colpevolezza).
Mi ricordo la vicenda tragica, decenni fa, di un prof di Matematica, incolpato dalla magistratura di pedofilia familiare, in base ad “accurati” esami medici, sulla figlia di due anni. Gli rovinarono la vita, l’onore, la dignità, perse il lavoro. Poi, un accertamento medico più accurato e meno parziale scoprì che la bimba aveva un tumore grave all’orifizio anale, per cui perse la vita. Il prof venne riabilitato, con mille scuse, ma ebbe la vita distrutta per sempre. Per la stampa, naturalmente, era un mostro da ergastolo da sbattere sempre in prima pagina.