Prendo un the al gelsomino e ci metto un tocchetto di zenzero. The verde, naturalmente. Sono quei piccoli piaceri della vita. Si, piccoli piaceri, poi ci sono quelli grandi, ma quelli arrivano se arrivano e quando arrivano sei quasi sempre troppo occupato per accorgertene. E spesso ti sfuggono.
Dunque, dicevo, che il the verde al gelsomino mi piace e ne prendo tre tazze al giorno.
Ma quel giorno, un giorno di tanti anni fa, mi trovavo seduta al bar del centro. Nella piazza del paese, una bella piazza, circolare, come deve essere una piazza e con al centro il monumento ai Martiri della Resistenza.
E’ un bel monumento, raffigura un partigiano con le mani alzate unite e legate da una corda, le mani si allungano al cielo e l’espressione dell’uomo è molto sofferente, sembra un Cristo in croce.
Una lapide, accanto, con alcuni versi di una poesia che parla del sacrificio dei partigiani e dell’importanza della loro lotta. Una scritta dorata, in rilievo che molti leggono distrattamente senza neppure capirne il senso.
Lo si intuisce dalle loro facce che qualche volta mi fermo ad osservare. E, spesso, ci fanno giocare i bambini su una specie di scivolo di marmo che trattiene la lapide. Incuranti del valore, profondo, di quella statua. Di cui, forse, neppure capiscono il significato.
La poesia è una grande cosa. Per chi l’ama. Dice tante cose, piccole o grandi o enormi, con poche parole. Lo so, i poeti in genere sono antipatici ai più. Pretendono che tutti li stiano ad ascoltare, oppure si tengono i loro versi chiusi in un cassetto e ci rimuginano su senza avere il coraggio di farli leggere a nessuno. Ci sono gli spudorati e i timidi. Ma la poesia deve essere un po’ spudorata altrimenti non passa, non si fa strada, viene risucchiata indietro, finisce in angoli bui. Oppure se è timida devono passare secoli prima che qualcuno la prenda sul serio e magari, con qualche sforzo, l’apprezzi. Vale anche per le persone, a volte. Ma è la forma d’espressione che più ci fa consapevoli di appartenere a qualche cosa di grande, di indefinito, assieme alla pittura che, però, a volte, è prepotente e persino arrogante. Mentre la poesia si affaccia dal foglio, la pittura trasborda dalle tele e a volte è quasi uno schiaffo. Ma altre volte, invece è quel miracolo di bellezza che si fa perdonare.
Mi trovavo li seduta e stavo sorseggiando il mio the.
Passa uno. Si ferma, mi guarda,sembra riconoscermi.
“Scusa, ma tu…non sei…?. E mi dice il mio nome per esteso. ” Scusi, non ricordo, …” ribatto stupita.
E penso: chi sarà questo sconosciuto cosi bene informato? Poi lo guardo meglio: alto, capelli neri appena spolverati di fili argentati, buttati all’indietro, una fossetta sul mento, naso aquilino, occhi verdi, magro ma non troppo, atletico, ben vestito. Quasi, quasi mi faccio tornare la memoria. Mi dispiace, possibile che sia cosi smemorata?
Poi, d’un tratto, sapete come succede nei film? Ho una sorta di flash-back e mi torna in mente tutto. Ma proprio tutto.
Quell’estate a Misurina. Ecco dove l’ho conosciuto. Ma come è cambiato! Me lo ricordavo più grasso e con qualche brufoletto. Ma quanti anni aveva? Forse 17 o 18…mah. E anch’io, 16 o 15. Adolescenti, insomma. Quello che mi ricordo più di tutto sono le nuotate nel lago. Freddo, gelato. I tuffi dal pontile e le gite in barca. Si, credo di essere stata proprio felice in quei momenti, me ne ricordavo come se li avessi più sognati che vissuti.
Ma non è mai successo niente tra di noi. Solo che lui mi ha tampinato da subito. Ma aveva già la ragazza e faceva parte della compagnia. Lo spudorato. Ma un giorno me lo disse che se lo avessi voluto era disposto a lasciarla anche subito. Si, magari non proprio subito.
Non ricordo bene come andò, ma a me non piaceva troppo e neppure mi piaceva troppo l’dea di essere una “sfascia famiglie”. Si fa per dire, naturalmente. Ma era simpatico, come altri della compagnia.Ma niente di più. E poi ricordo che mi divertivo molto a nuotare e anche a ballare e non mi andava di legarmi a nessuno.Ero una ragazzina mentre lui mi sembrava già un uomo.
Guardavo dentro la tazza, ora. Il mio the stava diventando freddo.
“Ma tu che cosa fai da queste parti”?
“Sono un finanziere, mi hanno trasferito qui da qualche giorno”.
“Ah, si? E ti piace qui”? Domanda sciocca, giusto per riempire quel momento per me cosi imbarazzante.
“Bellissimo, si, mi piace molto”. Mostrando persino troppo entusiasmo.
Mi chiede se abito vicino, rispondo che no, cioè, si, no, sono di passaggio. Mamma mia, questa è pazza, deve aver pensato.
Mi sentivo a disagio, improvvisamente, la vita, tanta, era passata, cosa c’entrava, ora, questo con me? Nulla. E da dove era sbucato? Era durata anche troppo quella strana conversazione. Forse era meglio se mi alzavo e me ne andavo subito, anzi, di corsa. E lo feci lasciandolo con un’espressione un po’ perplessa a guardarmi attraverso il vetro mentre attraversavo a passo svelto la piazza.
Perché il the era ormai freddo e a me piace caldo. Anche d’estate. E’ un piacere piccolo ma intenso e delicato e a lasciarlo raffreddare perde un poco o tutta della sua piccola, grande magia.
Esiste la ricetta semplicissima per farsi un liquore casalingo al tè verde, con foglie di tè verde, alcool, zucchero e acqua. Lo si può gustare diluito in acqua calda. Lo faceva sempre mio padre chimico, un vero maniaco del tè alle cinque. Lo sorbiva puro o con latte. Io lo preferisco nero naturale.
Quel bar deve essere il Belvedere, ci sono passato 18 anni fa.
Gli incontri con ex o quasi, per me, sono sempre fonte di imbarazzo.
Singolare racconto che mi ha suscitato alcune sensazioni estemporanee per semplice associazioni di idee.
Il sapore del gelsomino, fiore dal profumo dolcissimo, di cui succhiavo lo stelo; quell’infuso di fiori d’ibisco che è il karkadè in un’alba egiziana, simile al tè al gelsomino; il monumento ai martiri partigiani, mi ha richiamato quello dei rivoluzionari anti-borbonici della mia città; quel piccolo magnifico lago delle dolomiti, in cui ti tuffavi, mi ha ricordato lo scenario superbo delle Cime di Lavaredo; quell’incontro finito male… bè quante volte c’è successo? E quella fuga di liberazione, mi ha fatto rivedere quella bellissima sequenza di Momenti di Gloria.
Risposta
Quante associazioni di idee! Ma l’ultima è speciale come è speciale la famosissima colonna sonora. Fai conto che sia andata cosi.
Il the mi piace ed è la mia colazione mattutina, con una spremutina di limone e un po’ di zucchero, con qualche biscotto. Se mi capita di prenderlo al bar anziché il limone ci metto un poco di latte. Ma se in questo frangente un qualcuno, superficialmente conosciuto in passato, mi si rivolgesse io il mio the continuerei tranquillamente a berlo, senza correre via. Il ritorno del passato mi potrebbe turbare per altre cose, al caso.
Ho detto che io non sarei corsa via dal the… e questo mi dà lo spunto per ritornare alle Donne che corrono coi lupi. L’ho ripreso e riguardato con più calma e in tale modo tante cose che possono apparire oscure a prima vista acquistano invece loro significati.
A lasciare un po’ dubbiose può essere il richiamo insistito alla natura selvaggia ma questo può forse spiegarsi con le origini di vita della Clarissa Pinkola Estes.
Ho fatto anche ulteriori indagini via forum e devo dire di essere rimasta sorpresa dalla conoscenza da parte di donne di detto libro. Cosa che non pensavo, ritenevo avesse interessato una ristretta élite. E ho rilevato, oltre ai pareri dubbiosi o non positivi anche pareri perfino entusiasti.
Una donna ha detto che la lettura di quel libro le aveva aperto la mente e le aveva fatto cambiare, concretamente, modo di vita.
Un’altra ha invece sollevato una obiezione diversa. Ha detto che poteva andare bene qualche decennio fa ma oggi i concetti che quel libro sostiene, con dotta scienza psicanalitica, sono acquisiti e quindi consigliare la lettura non serve. Rimane un classico ma non attuale.
Tesi questa che potrà andare bene per certi ambienti ma non per tutti. Ci sono ancora molte chiusure. Un’altra donna ha mostrato di ritenere che l’autrice fosse già defunta ma io le ho detto che no, è ancora in vita.
Il discorso ha anche stimolato il ricordo delle favole e di come la loro interpretazione possa essere diversa secondo i punti di vista usati per considerarle.
Una ha detto esplicitamente di quanto male venga portata alle bambine la favola di Barbablù.
Insomma, ripeto, una maggiore comprensione da parte mia, una platea di conoscitrici più vasta di quella che pensavo, e uno stimolo a molte considerazioni sulla natura e sull’anima delle donne. Tutto positivo.
Risposta
bene Silvia mi fa molto piacere. La lettura aiuta sempre alla comprensione delle cose della vita, poi ci sono libri che aiutano più di altri. E ha ragione quando dice che ci sono ancora troppe, intollerabili, aggiungo io, chiusure nei confronti delle donne e prima le donne lo capiscono e meglio è per tutti. Le consiglio ora, se ne avrà voglia, di leggere anche “I desideri dell’anima” della stessa autrice. Sono sicura che ne trarrà altrettanto giovamento. Io sono molto grata agli scrittori, tutti, ma per alcuni ( o tanti) provo una gratitudine particolare. Clarissa Pinkola è una di questi.
PS: il the, Silvia,in realtà l’ho bevuto,anche freddo, i ricordi, non sempre, ma in certi casi, è bene che rimangano tali, a mio parere.
Ho pensato, a proposito della conoscenza di quel libro maggiore di quella che pensavo, che però i frequentatori di forum di discussione sono più “letterati” della media delle persone, delle donne in particolare. Forse questo spiega. Leggerò volentieri anche l’altro libro.
Quanto alla “fuga” dal the intendevo vedere la cosa in modo un po’ sorridente.
Però, se è vero che i ricordi in certi casi meglio rimangano tali, secondo me dipende anche dal tipo dei ricordi.
Se si riferiscono a cose che hanno avuto scarso o nullo significato il rivedere le relative persone dovrebbe lasciare indifferenti. Sono cinica? no, no.
Risposta
Sivia, l’avevo capito e non è certo cinica. Però devo dire che rivedere le persone conosciute in passato non mi lascia mai totalmente indifferente, sono pur sempre una piccola parte della mia vita. Poi dipende anche dalle persone, certo e quale importanza hanno avuto.