La diffamazione è un’arte sottile. Si fa presto a dire che qualcuno è in un certo modo, negativo, naturalmente, per farlo passare per qualcosa che chi lo denigra vuole farlo passare. E finisce che ci passa.
Se, per esempio si da del comunista a chi vuole festeggiare il 25 aprile, lo si insulta, gli si dice che non conosce la storia, la geografia, e neppure la matematica. Se poi gli si da del fascista, gli si dice che è autoritario, dittatore o dittatrice e che non ha rispetto per le idee altrui.
Si fa presto a diffamare.
La diffamazione è un reato punito dalla legge ma la maggior parte di chi la pratica se ne infischia.
Provalo, ti dicono. Prova che ti sto diffamando e non sto, invece dicendo delle verità inconfutabili.
Democratico tu? Ma per favore, sei più fascista di Lui.
Ecco, basta una frase cosi e la diffamazione è compiuta.
Se poi si dice ad una donna: sei una poco di buono. Ci si passa sopra perché le donne subiscono da sempre la diffamazione.
“Puttana”, ridacchiano amici tra sé al bar, se vedono una ragazza passare, magari perché ha un certo tipo di abbigliamento, ancora nel terzo millennio…gonna troppo corta, pantaloni troppo attillati…
Qualche giorno fa una ragazza siciliana che aveva denunciato uno stupro da parte di alcuni “amici”, ha avuto la sorpresa di sapere che il padre è andato dai carabinieri a denunciare lei! Era ubriaca, ha detto, non sapeva quello che faceva e non sa quello che dice, questi sono bravi ragazzi, ha detto, il padre di lei, parlando di chi l’ha stuprata.
Ecco, funziona cosi: basta far girare la voce. su una donna che è “una poco di buono” perché sia bollata a vita e anche oltre. Su di un uomo è più difficle far passare la voce che è un violento perché la violenza non è sempre vista come una qualità negativa: potrebbe avere le sue brave ragioni per esserlo. Alcuni, anzi molti ragionano ancora cosi!
Si può denunciare, querelare, chi ti insulta, ma non è facile avere giustizia.
Perché devi avere le prove che quello era veramente un insulto e non una semplice “manifestazione democratica del pensiero”.
Offendere sui social ormai è diventato un passatempo: se vuoi rovinare la reputazione di chiunque basta che batti come un martello il chiodo della diffamazione inventandoti qualsiasi cosa e perseguendo con precisione la volontà di coprire di ridicolo o di far passare un’idea di quella persona del tutto contraria alla realtà e ci riesci, alla fine ci riesci. Quasi sempre.
E al diffamato non resta che abbozzare. Oppure denunciare con scarsi risultati
Basti vedere le denunce del movimento Meetoo: hanno si portato in galera qualche depravato, ma hanno anche prodotto una campagna di denigrazione costante e continua verso quelle donne che hanno denunciato.
Perché?
Perché, in generale, si tende a volere il male degli altri. La gente gode a vedere gli altri stare male, anche chi si proclama “amante del prossimo” ad ogni occasione anzi, soprattutto quelli. Una buona parte della popolazione si dedica alla diffamazione con costanza.
Pratica misera, meschina di persone con malanimo vecchio e incancrenito che sfoga su chiunque gli capiti a tiro.
Meschini diffamatori che hanno imparato l’arte di offendere e farla franca e che parlano di sé sempre autoesaltandosi,inventandosi meriti e titoli che sono lungi dal possedere o che possiedono solo per poter guardare gli altri da sotto in su.
Gente piccola che passa le giornate ad odiare meschinamente l’umanità intera, quella che non si inchina quando passano e non gli porta fiori anche metaforici e non incensa ogni parola che dicono, gente che trova sempre pagliuzze negli occhi degli altri e non si accorge delle travi che gli nascondono la vista.
E sono tanti, purtroppo, più di quanti si possa immaginare.
Meschini.
È vero, oggi si è perso il gusto della discussione intelligente e del rispetto dell’interlocutore.
La lingua italiana è una delle più belle, piena di sfumature, di forme linguistiche atte ad esprimere ogni sentimenti, una lingua dolce e molto musiale.
Saperla usare dovrebbe essere motivo di orgoglio da parte di tutti: invece la si vede spesso deturpata, non tanto o non solo nella grammatica o nella sintassi, ma soprattutto per l’uso volgare che se ne fa, per le espressioni offensive rivolte all’interlocutore, per gli epiteti triviali, delle locuzioni di dileggio o sprezzo volte a ferire colui con cui si disputa.
Se uno dice A, e l’altro vuole dissentire, non contrappone B ad A, ma dice: se hai detto A, allora “non capisci”, “sei ignorante”, “sei supponente”, “ti esprimi come fossi un oracolo”, “sei disinformato”, “sei in malafede”, “sei fascista”, “sei comunista”, “sei bigotto”, “devi farti curare” e così via, per restare alle espressioni più “nobili”.
Se si risponde per le rime, l’altro rinforza, se si protesta si spacciano lo offese per genuina sincerità e per rifiuto dell’ipocrisia o per espressioni di cameratismo
La verità è che il linguaggio dei social s’è così imbastardito che l’espressione volgare è diventata quasi un intercalare.
Cercate di ripulire un blog da questo imbastardimento è impresa titanica e va tutto ad onore della Blogmaster.
Auguri.
Risposta
Grazie Alessandro