Chi sono i critici a prescindere?
Totò risponderebbe che sono i “caporali”. Cioè gli uomini o anche “ominicchi” che stanno sempre dalla parte della ragione: la loro.
Loro hanno sempre ragione! Saltano la fila? Avevano un motivo valido, certificabile, irreprensibile e insopprimibile! Punto e punto esclamativo.
E portano anche le prove a centinaia, vere o fasulle poco importa, l’importante è criticare criticare sempre tutto e tutti.
Mai. però, gli “amici”, cioè quelli che stanno “a prescindere” dalla loro parte. Perché gli amici a questo servono a stare in compagnia, o no?
Bella compagnia del “Brinca” come si dice in gergo goldoniano dalle parti della Serenissima.
Ormai, mutuata dalla politica, la critica a prescindere è un must.
Devi essere sempre contro o se sei pro, lo fai al fine di ingraziarti qualche amico che poi ti aiuti ad essere contro.
Sono pochi ormai gli spiriti liberi.
Quelli che pensano con la loro testa e se ne infischiano di quello che pensano gli altri sia di loro che delle loro idee. Spirito libero sembra, di questi tempi addirittura un ossimoro. Si perché già di “spirito” abbiamo più la percezione di qualcosa di etereo e fugace, non parliamo poi di “libero” che è ancora più astratto. Ne abbiamo fatto esperienza in questi mesi di quanto la libertà sia fugace, caduca, provvisoria e persino transitoria, anche e forse soprattutto in democrazia.
Perché soprattutto? Perché credendo di essere liberi si cade in molte trappole che chi invece sa di non poter contare sulla libertà, riesce ad evitare. Non ci crede, semplicemente e non si illude. E non è un vantaggio da poco.
Ma torniamo ai critici. Non dico criticoni, no, perché i critici sono una categoria molto ma molto più raffinata. , avendo ragione a prescindere e anche quando non ce l’hanno, anzi soprattutto quando non ce l’hanno, se la prendono e con molta arroganza perseguono la loro via verso il convincimento degli altri che loro e solo loro hanno la verità con la à maiuscola.
Se non proprio la verità, almeno la più vivida approssimazione. Non è affatto cosi, naturalmente, ma si intestano pure l’arte sopraffina di farlo credere. Il mondo ai loro piedi. Guardate quanti vanno in televisione a criticare a prescindere tutto e tutti. E hanno sempre questa faccia a punto interrogativo e il sorrisino stampatino sul labbrino burrocacoato.
Hanno ragione qualunque cosa accada sempre e comunque. Per esempio? Uno a caso mi viene in mente tout court perché l’ho visto l’altra sera da Lilly Gruber: Marco Travaglio. Ma è solo uno dei tanti, intendiamoci, nulla di personale.
Fateci caso: lui ha sempre ragione, a prescindere. Alla flautata e fintamente ingenua domandina della conduttrice (probabilmente concordata almeno per grandi linee), lui risponde con la sua tesi precisa e sempre puntualmente critica se non tranchant, su tutto quello che non serve a portare l’acqua al mulino del suo partito preferito ( e sappiamo tutti qual’è).
Fanno un po’ schifo tutti, secondo il Travaglio pensiero, tranne “loro” che anche se fanno sbagli e ne fanno (per sua stessa ammmissione) li fanno per imperizia e giovanile impazienza e intraprendente audacia (!), ma mai per “politica”.
Insomma una tesi preconfezionata e assoluta che poi, a seconda dell’intercolocutore, viene sviluppata fino alla noia. Da cadere a terra tramortiti.
Anche la critica è politica. Anzi è spesso solo politica e se è incentrata al conseguimento del volere avere ragione a prescindere, della più “sporca”.
Com’è possibile che in politica tutti hanno ragione? Sia i politici, sia coloro che li sostengono, a
sentirli parlare, se appena sei distratto, ti convincono.
Poi senti un altro, e toh, anche lui ha ragione e, anche se la tua attenzione s’è svegliata, ti convincono a cambiare idea.
Il segreto è semplice: si elencano tutte le qualità vere o presunte del proprio partito, e tutte le malefatte, presunte o vere, del partito avverso.
Il critico a prescindere usa questo metodo, non valuta con libertà di pensiero, non gli interessa la verità, è schiavo della sua volontà di avere ragione a prescindere, per l’appunto, e sopraffare il “nemico”.
Insomma la verità di riduce nella dialettica, nella capacità di esporre, elencare, enumerare, ubriacare, abbindolare.
Risposta
dunque? Menzogna spacciata per verità. In porto quasi franco.