Sono curiosa. In molti sensi. Prima di tutto perché credo che la curiosità sia il motore che fa girare il mondo. Poi perché mi interessano cose a milioni e non ne so mai abbastanza.
Ma di una cosa ho imparato a non essere curiosa: del privato delle persone. Mi astengo da sempre dal fare domande private. Forse, anzi, senz’altro è un retaggio della mia educazione. Mia nonna e mia madre sono state due esigenti educatrici e quello che si impara fino all’età di sette anni (dicono gli studiosi) non si dimentica più.
Non fare mai domande troppo personali, non sta bene, interessarsi dei fatti degli altri se non per aiutarli nel caso ne abbiano bisogno. E io ho imparato a non farle a costo di mangiarmi la lingua. S’intende che parlo degli estranei non delle persone di famiglia.
A casa dei nonni c’era un grande giardino e prati circostanti, una specie di paradiso in terra con poche case e molta natura. E io mi si trovavo a mio agio perfetto. Ci stavo come “due piselli in un bacello”. mi è venuta in mente e ho subito trovato da dove mi proveniva, da questo:
No sono adorabili?
Dunque dicevo, la casa dei nonni dove ho passato buona parte della prima infanzia mi torna spesso in mente perché è “casa” in molti sensi, anche se nella vita ne ho poi cambiate un po’.
Io, però, di domande ne facevo continuamente, in famiglia e non ero mai soddifatta delle risposte, come tutti i bambini ma forse anche di più.
Le risposte erano sempre troppo vaghe, affrettate, buttate li, insomma non mi convincevano mai.
Sono cresciuta pensando che avrei dovuto imparare tutto per rispondermi da sola a tutte le domande che mi frullavano (e ancora mi frullano) nella testa.
E allora le ho chieste a i libri e li, nei libri, ho trovato tante risposte ma ad ogni domanda appagata, quando credevo di aver capito qualcosa, sopraggiungeva un’altra domanda ed ero di nuovo li, al punto di partenza.
Credo che la vita non sia che una ricerca continua di risposte. Una rincorsa di domande e di risposte, spesso senza costrutto o anche senza un fine. La curiosità deve avere un fine e cioè quello di capire le cose importanti della vita altrimenti sono banalità di cui posso fare a meno
Le domande sono sempre giuste, le risposte possono anche essere sbagliate.
Non ricordo chi lo disse.
E cosi per non ricevere risposte sbagliate non faccio domande, da molto tempo. A meno che non sia l’orario dei treni o dell’appuntamento col mio dentista.
Fare qualche confidenza sulla propria vita però aiuta sicuramente l’empatia… E questa aiuta il dialogo.
I ricordi e gli insegnamenti appresi nella prima gioventù sono quelli che più rimangono impressi nelle nostra memoria e che ci guidano anche da grandi.
La vita è un circolo dove l’inizio si congiunge con la fine, simboleggiato dell’abbinamento nipoti-nonni, unione saggia “architettata” provvidenzialmente dalla natura.
Anch’io ricordo le curiosità di bambino e le frequenti domande quasi sempre rivolte al nonno, con cui insieme alle mie sorelle si facevano lunghe passeggiate nelle giornate di sole. Il nonno, nelle sue risposte era Vangelo, ma quando anche lui trovava difficile rispondere, se ne usciva con una metafora che sembrava porre un misterioso limite al sapere umano: “il libro del perché, stampato ancor non è” -diceva- e la curiosità inappagata trovava momentaneamente una sua ragione d’essere, salvo riproporre la domanda la prossima volta.
Risposta
saggia risposta quella di tuo nonno.
Il mio invece rispondeva e anche no, dipendeva dall’umore. Se non rispondeva si chiudeva a riccio e allora capivo che non dovevo insistere.