Forza Rosy

Finalmente una donna parla di palese discriminazione! Rosy Bindi si è decisa a togliersi qualche sassolone dalle scarpe.

Ha detto in un’intervista, che è ora che le donne del Pd prendano in mano il partito. Detto da lei che ne è stata presidente mi pare che abbia un certo peso.

Ecco una frase: “Gli uomini sanno costruire catene di solidarietà maschile, le donne non hanno ancora imparato a farlo, non hanno imparato a difendersi e a promuoversi reciprocamente”

Ha ragione è vero, gli uomini sanno solidarizzare e aiutarsi reciprocamente in molti campi. Basti vedere come Trump sia riuscito, grazie agli uomini del suo partito ad uscire quasi indenne da ben due impeachment. Ci saranno anche state donne in mezzo ai repubblicani ma gli uomini sono senz’altro in maggioranza. E per questo vincono.

Ma non è giusto. La maggioranza non solo non ha sempre ragione ma ha più spesso torto e vince con la prepotenza dei numeri.

Non discuto le scelte di Draghi, ci sarà tempo e modo di farlo, ora mi sembra prematuro, noto soltanto che le donne sono state ancora una volta penalizzate e messe a margine.

Certo la professoressa Marta Cartabia si dimostrerà una scelta eccellente, almeno lo spero, ma e poi? Quasi tutte le altre “senza portafoglio”!

Eh, già vuoi dare il “tesoro” alle donne? Se lo spenderebbero in rossetto, direbbero i bene informati.

Pensare ad Elsa Fornero, lo riconosco sarebbe stato azzardato, ma quante altre brave economiste ci sono in Italia? Eppure, ancora una volta, abbiamo un uomo all’Economia. Senza nulla togliere al neo ministro, per carità, è solo una constatazione di fatto. Vogliamo fare “esperimenti” proprio adesso?

E allora, bene fa Rosy Bindi a prendere finalmente la parola e a dire che le donne nei partiti sono ancora troppo sottomesse ai capi.

Forza “ragazze”, tirate fuori la grinta e fatevi valere. E’ veramente ora di finirla con questa supremazia maschile in politica e altrove.

Giorgia Meloni ha “tirato la prima pietra” dicendo un sonoro no a Draghi, ora aspettiamo che altre si facciano avanti, non saranno tutte “senza peccato” ma perché, gli uomini che ci governano in maggioranza da sempre, lo sono sempre tutti?

Granatieri

Che bella la parata dei Granatieri di Sardegna che ha salutato Conte quale presidente uscente con tutti gli onori.
E che bella la divisa. Bella la scenografia dell’interno di Palazzo Chigi, bella la sua compagna.
Bello l’applauso tributatogli dai dipendenti del palazzo dalle finestre.
Tutto molto bello. Anche il sorriso, soddisfatto di sé di Giuseppe Conte.
A lui l’onore delle armi. Ora tocca al suo successore.
Sembrava sollevato.
Ha detto che è stata un’esperienza che spera lo abbia migliorato. Una bella frase anche se un po’ autoreferenziale. Senza dubbio ha arricchito il suo curriculum ma, con tutta la buona volontà, nonostante il momento sia commovente, devo anche osservare che l’Italia si è impoverita in molti sensi.
Forse, anzi senza dubbio, non è tutta colpa sua, ma la sua buona parte di responsabilità c’è tutta.
Ma lui sembra non sentirne il peso. Anzi.
Sfila tranquillo, quasi come un modello di haute couture. Potrebbe anche avere un futuro nella moda. E’ senz’altro eclettico.
Chiede che la sua ragazza gli dia la mano, un gesto molto tenero.
Me lo ha reso simpatico. Ma, come premier non lo rimpiango. Questo no.
Bella tutta l’atmosfera, la scenografia…l’unica nota triste e stonata, le mascherine sulle facce di tutti i partecipanti alla cerimonia.
Tutti ben protetti dietro quelle pezze di materiale indefinibile che protegge dal virus.
Grande protagonista, convitato di pietra, dura come il marmo. Che non se ne va, rimane, insiste e persiste nelle nostre vite, mentre un presidente esce e un altro entra.

Transeat

Avremo i ministeri e i ministri delle transizioni. Dalla povertà alla ricchezza? Beh, gli italiani sarebbero contenti. Dall’inquinamento globale al disinquinamento totale? meglio mi sento.
Dall’epidemia alla Salute, dalla Burocrazia all’Efficienza, dall’Ignoranza alla Sapienza? Dalla Disoccupazione alla massima Occupazione?
Siamo alla transizione in tutto: sociale, economica, culturale, tecnico politica, metafisica.
No, forse metafisica no, diciamo metapolitica europeistico finanziaria digitalizzata trasfigurata.
Transiamo dunque!
Ma che ho detto? Non lo so sono in fase di transizione.
Non più governi di cambiamento. Ne abbiamo avuti sin troppi gattopardeschi governi del cambiamento di nulla.
Ora siamo al governo di transizione di tutto.
Cosi si avanza: transando. Cambiano i nomi e i volti, transiteranno davanti ai nostri occhi disillusi come sempre, come tante volte hanno fatto, uomini e donne (speriamo) nuovi, con la voglia di fare che gli esce da tutti i pori e che finalmente ci traghetterà di la del fiume.
In salvo. Transeat.

PS:

Il nuovo governo giurerà domani, sabato 13 febbraio alle 12 . Mi pare già un ottimo inizio.

 

Common sense

Ho seguito in diretta una parte del processo di impeachment a Donald Trump.
Direi che sono rimasta veramente incollata al video perché pensavo: ma quando mai da noi si farebbe una cosa simile?
Gli iscritti a parlare, favorevoli all’accusa, si sono dimostrati perfettamente all’altezza del compito, hanno elencato senza enfasi ma con sentimento, direi, gli eventi che hanno portato all’assalto di Capitol Hill.
Hanno sottolineato che quelle persone erano state incitate da Trump per loro stessa ammissione, ad assaltare la sede del governo proprio nel momento in cui si ratificava la vittoria di Biden e la sconfitta di Trump. Il presidente ancora in carica si è scagliato contro il governo usando la folla inferocita incitata da lui! E non ha fatto nulla per fermarli, anzi gli ha detto: “I love you”!
Ed è successo quello che sappiamo.
Silenzio assoluto mentre i parlamentari parlavano. Attenzione massima, nessuna distrazione.
E la teoria che Trump abbia senza ombra di dubbio, incitato la folla a violentare il tempio della democrazia americana, è uscita forte e chiara, oltre ogni ragionevole dubbio.
Supportati da video e filmati e dichiarazioni di Trump: tutto quanto serviva per confermare la tesi e accusare l’ex presidente di sovversione.
Uno di loro ha detto alla fine di un lungo discorso: “usate il senso comune ma non inteso come si usa banalmente, ma come senso che accomuna tutti noi e poi decidete”.
E poi hanno anche posto l’attenzione sul fatto che lasciare passare impunito un fatto simile significherebbe creare un grave precedente che pregiudicherebbe per sempre la democrazia in America. (De Tocqueville si rigirerebbe nella tomba),
Ecco, cosi dovrebbero fare anche i nostri politici: usare il buon vecchio senso comune. Ammesso che, ovviamente, sappiano che cosa sia.

 

PS: pubblicato oggi (12.2.2021) su “Italians” del Corriere della Sera”

Non si sa mai

Pare che da un sondaggio (per quanto attendibili siano i sondaggi) Mario Draghi abbia già il 62% della fiducia da parte degli italiani.

C’è davvero da mettersi le mani tra i folti capelli, povero Draghi. Con una fiducia cosi le aspettative sono enormi.

La sondaggista spiega sulle colonne di un noto quotidiano, che gli italiani in questo momento hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa o a qualcuno che gli dia fiducia, sicurezza….che ne hanno viste troppe da parte dei politici, sono amareggiati e delusi.

Direi che è comprensibile, quasi lapalissiano. Diciamo che gli spettacoli che abbiamo visto in questi ultimi decenni (la prendo alla larga) non fanno ben sperare.

Ora abbiamo questa (ennesima) ancora di salvezza a cui aggrapparci e non possiamo che sperare. Infatti, essendo la speranza l’ultima a morire mi sa che poi ci resta solo il pianto dirotto. Prenderli a calci non è neppure pensabile.

Non ci vogliamo arrivare a piangere. Piangere per i politici è inutile, loro se la ridono dei nostri pianti. Eppure a volte verrebbe davvero da piangere.

Ora, forse, ci siamo quasi alla conclusione: si farà un governo di alto profilo con a capo Mario Draghi? Sembra proprio di si e sembra proprio che a livello internazionale tutti ci guardino quasi con simpatia. Forse simpatia è troppo, diciamo con compatimento costruttivo.

Ecco, si, il compatimento costruttivo, credo, da italiana che ama il proprio paese, sia un atteggiamento positivo.

Quindi forza, coraggio, ottimismo, siamo quasi fuori dal tunnel, ci manca poco, siamo alle viste della luce, in fondo.

Draghi, potrebbe essere la Luce in fondo? Potrebbe, non è escluso. Rientra nel vasto campo delle probabilità statistiche.

Ma se mi domandano se ho fiducia in Draghi io rispondo: come no? al cento per cento, ma mi tengo sempre a portata di mano un amuleto, che so… un rametto di rosmarino, una foglia di fico…non si sa mai.

Il callo

I Cinquestelle, sempre loro!
Fanno gli smorfiosetti anzichennò.

Che cosa faranno? Ci staranno con Draghi?

Ci fanno stare in ansia? Chiederanno alla piattaforma quello che i capi hanno già deciso?

Ma guarda te! Ci devono pensare. Ma a che cosa?

A quello che gli conviene di più!

Hanno presentato i loro piani, si sono presentati alle consultazioni pieni di ottime intenzioni. Ma ora hanno a che fare coi  mali di pancia al loro interno e anche al loro esterno.

Insomma, devono fare le primedonne. E’ obbligatorio, ma poi alla fine faranno come tutte le primedonne: si piegheranno al volere dell’impresario.

Anche loro, cosi trasparenti, onesti, decisi a fare solo il bene del paese, non potranno sottrarsi.

O vogliono andare all’opposizione assieme alla Meloni?

Cosa gli conviene di più? A occhio, direi che gli converrebbe certamente di più abbozzare.

Hanno abbozzato tanto, c’hanno fatto il callo. Il callo dell’abbozzo. Meglio detto il callo a Cinquestelle.

Risposta perfetta

Renato pozzetto è arrivato ad un bel traguardo: un ragazzo di 80 anni. Tutti conosciamo la sua simpatia, la sua ironia, la battuta salace e fulminante. Ma anche la sua dolcezza a volte disarmante .

I tanti suoi film li abbiamo visti e rivisti, magari ci sarà chi storcerà un po’ il naso, troverà che in fondo non sia proprio Woody Allen (solo per fare un esempio), ma alla fine, credo proprio che tutti possiamo convenire che Renato Pozzetto, in qualche momento della nostra vita, è entrato con quella semplicità e quel candore che è la sua cifra e ci ha strappato una risata.

L’ultimissima l’ha strappata domenica sera durante la trasmissione “Che tempo che fa”. Alla domanda (davvero strampalata) di Marzullo, che aveva l’onore e l’onere di chiudere la trasmissione con una perla di saggezza suggerita al comico, Pozzetto ha dato il meglio di sé, nel pieno della sua maturità e saggezza non avrebbe potuta darne una migliore.

Questa era la domanda: “La vita è più un massaggio ai muscoli della coscienza o la coscienza è più il muscolo trainante della vita?”

A tanta domanda, dopo aver un po’ strabuzzato lievemente gli occhi, Pozzetto non ha avuto nessuna esitazione a rispondere “ma va a ca…”.

Direi che è la risposta decisamente più saggia che potesse uscire da un comico e un personaggio cosi eclettico ma anche surreale come  Renato Pozzetto. Il pericolo insito sempre nella ostentazione di cultura è quello di diventare ridicoli. Marzullo è ridicolo già di suo, non gli mancava che questa domanda e soprattutto la replica, impagabile, per renderlo immortale nella sua pedanteria.

Un quadretto delizioso, dove tutti ridono e battono le mani e dove il conduttore finge di essere scandalizzato. Marzullo che ride apertamente e senza ritegno mentre Pozzetto si guarda intorno un po’ stupito di aver provocato tanta ilarità.

Mi ha ricordato una famosa scena di un vecchio film di Verdone, dove il protagonista, un pedante ridicolo personaggio di una pignoleria assurda chiede ad un numero verde, informazioni sul traffico prima di partire per una vacanza, ma lo fa con la stesso pedante  sfoggio di incerta ma ostentata cultura e riceve la stessa risposta. Inutile dire che Verdone in questo film interpreta vati tipi da spiaggia ma questo è uno dei suoi più memorabili.

Niente da invidiare all’ilarità che scaturisce dalla stessa risposta pronunciata da Pozzetto.

Inutile dire che è perfetta in entrambi i casi!

Ma se qualcuno vuole provare a rispondere in modo diverso…

 

Pena infinita

Ne scrivo ancora perché non si può tollerare, almeno io non lo sopporto più di vedere le belle facce sorridenti di donne che non ci sono più. Ieri è toccato a Piera Napoli una giovane cantante uccisa a coltellate dal marito, reo confesso. Aveva postato su FB questa frase poco prima di morire: «Vuoi che ti regalino dei fiori il 14 (San Valentino), muori il 13».

Lo trovo impressionante. Lei se lo sentiva e non sbagliava. Ma come faceva a scappare con tre bambini piccoli? Dove poteva andare?

Il marito chi era? Un mostro? No, uno qualunque. Litigavano è vero, ma chi pensa che un padre di tre bambini ne sopprima la madre con tanta violenza dopo che ci ha fatto insieme tre figli?

Il tema è purtroppo molto “caldo”, lo riprendo ancora  perché non posso guardare le foto di Piera senza pensare all’esercito di donne dietro a lei, messe in fila farebbero una coda lunghissima. Le loro facce serene, sorridenti, sono sulle pagine web a ricordarci che questo è un massacro senza precedenti e senza fine.

La pandemia ha peggiorato la situazione già grave: il 50% degli omicidi hanno come vittime donne uccise dai compagni.

E poi loro a volte negano, a volte confessano, a volte si uccidono, se ci riescono. Ma il più delle volte scontano una pena che non può mai essere adeguata ad una simile colpa e spesso escono di galera anche prima del previsto, ma non può che essere una pena infinita, nel cuore e nell’anima.

Perché, in fondo, anche lei “aveva le sue colpe” si sente dire. E poi, come non capire quando uno ti sta per accoltellare? E’ facile, basta leggere certi segnali e tutto si può risolvere denunciandolo, lasciandolo, scappando, fuggendo a gambe levate. Restare li, perseverare con un uomo che da segni di essere un violento è una “grave colpa”, molti lo affermano anche apertamente: “se l’è cercata”.

E ogni giorno ce n’è una che non c’è più. E dei figli che da un momento all’altro sii ritrovano orfani. Bastava pensarci prima? Bisogna denunciare? Si, è vero, Ma soprattutto non bisogna credere di risolvere i problemi prendendo un coltellaccio e scagliandosi su un essere umano che ha diritto alla propria vita. Una donna che cantava oggi non canta più. La sua voce strozzata sotto la furia devastante di tante coltellate, la furia di un uomo che non sa accettare le controversie, le liti banali,  o la possibilità che la compagna lo lasci. Orrendi delitti,, uno dopo l’altro senza senso, senza pietà, senza amore, senza vergogna!

Vergogna per queste morti, per questa fine assurda, per questa evidente incapacità di una società in crisi di trovare soluzioni e soprattutto per la violenza che ancora si scaglia contro la donna rea di non sottomettersi alla volontà dell’uomo che cova nell’anima la rabbia cieca dell’animale ebbro di sangue.

Giorgia dice no

Un articolo uscito sulla Stampa, prende un po’ di petto e anche di punta, la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

Inizia col dire che lei è l’unico leader di partito donna a dire di no a Draghi e che ciò è curioso.

Volendo sarebbe anche curioso il fatto che lei  sia una delle pochissime leader di partito donna, in Italia è un caso quasi unico a parte Emma Bonino leader di Più Europa. E non serve essere femministe per vedere quanto poco le donne siano presenti in questa crisi politica. Non si vedono che facce maschili sfilare, sempre e dovunque.

L’articolo dice anche che Giorgia Meloni ha “prodotto” la figlia col suo compagno. Una frase che ha fatto inorridire molti esponenti del partito che si sono subito lamentati. E con ragione.

Al solito, quando si tratta di una donna si batte sul tema della maternità. Chiaramente è vulnerabile una donna quando le si parla dei figli. Ma lo sarebbe anche un uomo, ma si fa con gli uomini? In genere, no. Non si fa.

Naturalmente la frase è sconcia e il direttore Giannini ha dovuto scusarsi. Ma la “colpa” rimane. Un giornale del calibro della Stampa non dovrebbe mai permettersi di scendere nei sotterranei della contrapposizione politica in questo modo.

Giorgia Meloni può piacere o non piacere ma è la leader indiscussa di un partito che nei sondaggi è arrivato al 16% e le sue quotazioni sono in salita. Quindi molto più seguito di altri partiti che sono attualmente rappresentati in Parlamento.

Una frase brutta che l’autore dell’articolo avrebbe dovuto meditare di più. Ma non lo si fa mai abbastanza e quando si tratta di colpire una donna i colpi bassi si sprecano. Inutile dire che sono solidale con lei.

Non mi rappresenterà mai come politico e non voterò mai il suo partito ma come donna mi sembra doveroso affermarlo. E’ davvero il minimo.

Poi, dal lato squisitamente politico, che dire? Mi meraviglio da sola, ma ho ascoltato tutto il suo discorso all’uscita dalle consultazioni col presidente incaricato Mario Draghi e, lo confesso, non ci trovo nulla di più che ragionevole.

Sta all’opposizione ma con responsabilità, non si opporrà alle cose che ritiene giuste per il bene del paese  e collaborerà quando lo riterrà giusto. Si sentirebbe schiacciata dalla maggioranza che troverebbe sempre sbagliate le sue proposte (come è successo sinora) e perciò non vede perché prestarsi a quello che lei non definisce in quella sede “inciucio”, ma lo da chiaramente ad intendere. Non fa per lei, per il suo partito e perciò dice no.

Più chiaro di cosi! Una donna decisa, Giorgia anche quando deve dire no. “Chi mi ama mi segua” e gli altri in roulotte.

Che cosa c’è di cosi sbagliato in questo?
Perché attaccarla come se si trattasse di un grave sgarbo istituzionale se lei non se la sente di dire si a prescindere?

Democrazia vorrebbe che si capissero anche le ragioni degli “altri”.

A me quelle di Giorgia Meloni, qui e ora, sembrano condivisibili, anche l’opposizione ha un ruolo ed è un ruolo importante. Lei ha scelto questo (per ora) e non credo sia da insultare per questo.

Speriamo che Draghi riesca nel suo intento di unificare l’impossibile, mi sento di potergli dare fiducia. Votare non si può, dicono, il popolo sovrano, almeno per ora, può attendere.

Il premier col ciuffo

Visto che ieri con Mauro si parlava della ridondanza dell’archivio del blog mi è punta vaghezza di rileggere quello che scrivevo su Conte in tempi molto recenti (ma che sembrano ere fa), ho trovato subito questo che vi ripropongo, solo per poter fare le valutazioni del caso, se è il caso e se ne abbiamo voglia e non vogliamo sempre parlare solo di politica o di Carola Rackete che ormai ha i fischi alle orecchie e si è anche comprata qualche dozzina di amuleti per esorcizzare la “simpatia che ancora oggi, molti italiani le riserbano e non perdono occasione per “lodarla”. Io direi che in questo momento abbiamo “altri problemi”, come ad esempio questo signore qui, piombato da Marte e rimasto qui a rimestare con la politica col risultato che vediamo tutti.

Mi è sembrato ridicolo l’altro giorno, quando ha dato la breve conference call davanti al Palazzo. Un’uscita infelice da uno che non ci sta a perdere ma vuole dare da intendere che è tutto un malinteso e che presto lui ritornerà agli allori per ora solo riposti nello sgabuzzino e ben custoditi dal suo eminente grigio che sta dietro le quinte ma chiede compensi molto alti alla Repubblica per portare la voce del premier e indicargli la via del successo (!), cosi bene, cosi tanto bene, come si è visto da portare alle stelle lui e alla stalle noi. Ma è una cosa da nulla…:

 

 


Il premier (Camale)Conte Giuseppe  è stato a inaugurare l’anno scolastico in una scuola di Norcia. Ha fatto un bel discorso agli studenti.

Gli ha detto che possono mandare a casa il governo se non farà le cose fatte bene. “La sfida del recovery è per voi, mandateci a casa se perdiamo” Avranno capito? O si saranno fatti una risata sotto la doppia  mascherina e il banco monoposto?

Ci sorprende sempre Conte, lui non è mai in campagna elettorale perché non ha un partito ma però ha un governo.

Eh si. Il governo è suo. Questo è il Governo Conte e guai a chi lo tocca.

Ci sta lui li sopra, sul trono di premier a scrivere Dpcm, decreti e decretini, soprattutto questi ultimi.

Il Parlamento è un posto dove lo si vede poco, ha troppo da correre dovunque ci siano telecamere pronte a riprendergli il ciuffo ribelle.

Perché è ribelle il ciuffo di Conte.

Non gli riesce di tenerlo apposto neppure col gel, neppure con la lacca. Ricorda un po’ quello del mitico Bobby che arrivava sul palco con un ciuffo a cascata che dopo due minuti gli cascava sugli occhi e le ciglia si inanellavano nei capelli tanto da non capire dove cominciavano le prime e finivano gli ultimi.

Il premier ci tiene al suo ciuffo. Se lo spazzola e lo sistema davanti allo specchio per ore. E’ ciuffo da premier.

Non crediate che sia una banalità, un pettegolezzo da corridoio di Montecitorio, è una cosa molto seria.

Ora, pare che gli onorevoli debbano pagarsi il barbiere, almeno cosi pare, ma i premier? Anche loro non hanno più il barbiere privato e pagato dallo stato?

Mi meraviglierei molto. Ma come. diamo i premi a Chiara Ferragni per “l’impegno civile” e non diamo un barbiere a Conte con tutto l’impegno che ci mette ad avere un ciuffo civile?

A proposito, non seguo molto le prodezze della donna del secolo, mi pare la moglie del tatuato, la figlia della scrittrice….si insomma una che per puro caso è entrata a far parte del mondo dorato della celebrità e si batte come una leonessa per i poveri e i diseredati e per questo la premiano, però, avrei una domanda.

Ma che cosa se ne fa una così di tutti questi premi, onorificenze, followers….thumbs ups etc.etc.?

Ma non ci si stanca ad essere sempre sulla cresta dell’onda?

Mah…

CamaleConte non si stanca mai dell’onda del suo ciuffo, se lo cura ogni sera con una pomata speciale che gli ha fatto arrivare Donald dagli Usa: si chiama Trumpglue (colla di Trump). Gli ha anche scritto che la userà per rimanere incollato alla presidenza. E Conte, mi sa che oltre che sui capelli ne spargerà un pochina anche sulla sedia da premier. Hai visto mai che funzioni? Trump e Conte, amici per la …colla.