Oggi vorrei affrontare un argomento molto attuale: la tolleranza.
Sappiamo bene tutti come in epoca di internet sia diffusa la moda di insultare, dileggiare, diffamare, sempre o quasi dietro un nickname che dia la possibilità di scrivere quello che passa per la mente senza essere riconosciuti. Si tratta di una pratica piuttosto diffusa, somiglia molto al pettegolezzo di antica memoria. Diciamo che ora le “comari” sono più sui social che nei campielli veneziani.
Ma possono anche riscontrarsi tra quelli che espongono senza tema il proprio nome e indirizzo.
Se ne trovano di tutti i tipi. Il più indisponente è, appunto, l’intollerante.
Quello a cui tutto da fastidio. Non tollera quasi nulla che esca dalla mente di altri e non dalla propria e critica, critica, critica. Non di rado si auto incensa esponendo i propri titoli e benemerenze, plauso sociale, successi amorosi, vita o vite familiari, non di rado dipingendo con toni tragici le proprie disavventure e lodando sperticatamente quei pochi sodali (o tanti) che hanno capito appieno e mostrano di apprezzare il genio e anche la sregolatezza dell’intollerante criticone, oltre che la sua profonda (da lui presunta) magnanimità. Perché solo delle persone molto intelligenti possono riconoscere i propri simili e a loro va dato atto di averlo saputo “valutare” come si conviene.
Gli altri, tutti, non sono che comparse sulla ridondante scena della sua vita che gli fanno ombra e gli danno fastidio. La gamma del fastidio che prova l’intollerante verso il prossimo è infinita e non si contano le sfumature, altro che 50 sfumature di grigio, si va dal bianco a tutti i colori dell’arcobaleno e potrebbe non bastare.
Naturalmente l’intollerante non tollera quasi nulla degli altri ma, viceversa, non può non riconoscere a se stesso una lunga sfilza di meriti che però mette in evidenza con parsimonia, senza esagerare, ma con costanza, solerzia e precisione matematica. Per esempio se si dichiara cattolico è per certo non praticante, se ama i film gialli non è un hitchkokiano, ma neppure Agathachristiano, se pende a sinistra non sta con nessun partito o non esalta nessun politico perché farebbe troppo “massa acritica”, ma si scaglia ferocemente contro quel partito o quel politico che non sia la rappresentazione più ortodossa della politica delle buone intenzioni (e delle scarse visioni). Insomma sta con chi rappresenta l’idea che ha di se stesso e gliela proietta sulla pareti di casa ad ogni ora del giorno. La più “alta” possibile, naturalmente, ma anche la più giusta, saggia, conveniente e confacente e talora persino conturbante.
Inutile dire che per sobbarcarsi una simile autostima bisogna continuamente attaccare chi “osa” pensarla diversamente da lui anche di un bit e stare sempre all’erta.
Allora, nel caso debba “difendere le proprie idee” da il meglio (o il peggio) di sé: non bada a spese e tormenta l’interlocutore fino a che questo non si ricorda neppure più da che punto di partenza fosse partito e a quale conclusione fosse pervenuto, l’importante è riuscire a divincolarsi dalla morsa dell’intollerante che non molla mai la presa perché non tollera essere contraddetto.
Ma, attenzione, non tollera neppure essere approvato con troppa facilità, potrebbe esserci dietro il trucco e nascondersi qualche trappola che il nostro fiuta a qualche migliaio di miglia di distanza. Ne ha i mezzi. E’, di solito, ben equipaggiato di cultura superiore (spesso solo millantata) che spazia in molti campi dello scibile, ne ha approfondito tutti i vari aspetti: può contare su esperienze di vita plurime, potrebbe persino ventilare l’ipotesi di essersi reincarnato più volte…ma questo, lo direbbe solo se proprio avesse trovato l’osso talmente duro da fargli esaurire l’inesauribile equipaggiamento di cui dispone, persino quello di scorta.
Insomma, un personaggio che definire solo intollerante non rende perfettamente l’idea della sua complessità ma che è sufficiente per renderlo una delle figure più detestabili nella vastissima gamma delle diversificate personalità umane.
Però la tolleranza è un tema serio e su questa si sono spese le migliori menti da sempre. E’ un tema complesso e con molte importanti implicazioni.
Per portare il mio piccolissimo contributo a conclusione (spero di non aver annoiato troppo) termino con qualche considerazione:
L’intolleranza si manifesta spesso in coloro i quali si dimostrano tolleranti SOLO nelle situazioni in cui gli viene concesso largamente di essere intolleranti.
L’effetto Dunnig- Kruger ( teoria psicanalitica che riscontra in molti la tendenza a sovrastimare le proprie capacità ) spinge molti a credersi infallibili e onniscienti e se ricevono qualche reazione avversa alle loro affermazioni, anche indiretta, la loro intolleranza si manifesta con furore e si scagliano contro il malcapitato fino a fiaccargli tutte le resistenze arrivando persino a imporsi come sua “guida”.
Ma si tratta solo di intollerabile imposizione della propria volontà.
La tolleranza malintesa vorrebbe che si chiudesse un occhio sulle dimostrazioni di intolleranza che arrivano persino all’offesa dell’interlocutore, spesso, si dice, per non innescare guerre.
Ma è proprio la tolleranza degli intolleranti la miccia che spesso scatena le guerre perché la sopportazione ha sempre un limite e quel limite gli intolleranti lo oltrepassano proprio con lo scopo di scatenare “guerre”.
Quindi, la tolleranza è una virtù solo se tollera il tollerabile e rigetta con forza TUTTO ciò che non lo è.
Ottimo saggio, direi, cui posso aggiungere poco, solo una mia breve considerazione
L’intolleranza nasce dalla compensazione di un complesso di inferiorità: chi ne soffre, a torto o a ragione, tende a contrapporvi un eccesso di autostima su basi immaginarie o esaltando in maniera smodata qualche sua modesta affermazione.
Così, si costruisce un’immagine di personalità forte, irreprensibile, dotta, intoccabile, in realtà debole e insicura a tal punto da percepire la diversità e la contraddizione come minaccia alla difesa della sua pochezza.
Guai a contraddire queste persone, guai a non volerle trattare, sono pronte ad offendere con parole di fuoco, a fare apprezzamenti negativi, a vendicarsi in mille maniere. Nei casi più gravi possono diventare dei persecutori, usando mille astuzie, e come spesso narrano le cronache, giungere a reazioni estreme.
L’intolleranza sfocia spesso nel razzismo, nel sessismo nell’omofobia. Possono essere facile bersaglio i militari, i preti, i politici, i rom, le autorità anche minime, il capo ufficio, etc.
Più che da detestare, sono da compatire
Risposta
compatire? Se vedi segni di ravvedimento, ma se insistono c’è poco da compatire. Come dici anche tu le conseguenze estreme degli atti degli intolleranti possono essere devastanti e non a caso tante donne vengono uccise proprio da chi non tollera di essere lasciato. Non tollerare l’intolleranza è già un mezzo di autodifesa.
Siamo tutti un po’ intolleranti. Io per primo non tollero quelli che non rispettano il bene comune, che rumoreggiano, sporcano e non fanno la raccolta differenziata. Ma anche quelli che lasciano gli escrementi del cane sul marciapiede o lanciano i mozziconi di sigaretta dal finestrino. Poi sono intollerante agli intolleranti, quindi anche a me stesso. Però cerco di scrivere commenti criticando le argomentazioni, non dando dello stupido a chi le ha prodotte. Ed è così che autoproclamo un intollerante evoluto. Non tollero la presunzione, ma in questo caso faccio un eccezione.
Purtroppo la maggior parte dei commenti che si leggono in giro non hanno nessun interesse nel contenuto, ma mirano a screditare chi ha scritto prima. Forse è dovuto al fatto che si scrive al riparo dello schermo, ma vedo che in politica usano lo stesso schema pur essendo perfettamente riconoscibili.
Rileggerò con calma la parte in grassetto perché mi si sono incrociate le pupille. Però sembrava interessante.
Risposta
mi sento spesso molto intollerante anch’io ma non arrivo mai ad offendere, mentre mi è successo di essere offesa, ma la vita è anche questo e chi offende sente quel momento di ebrezza ma si squalifica da solo. Soprattutto negli ultimi tempi è diventato facile offendere dietro a uno schermo ma anche davanti, l’epoca è quella che è, costa sempre più fatica ascoltare senza contemporaneamente pensare già a cosa rispondere.
L’attendo sulla parte in grassetto quando le pupille le si saranno sciolte.