Mi sono stancata da un bel pezzo del paternalismo che gira ancora tra gli uomini, tanti uomini, troppi uomini.
Uomini che non perdono la minima occasione per insegnarci la vita. Lo fanno con la presunzione di conoscere sempre cosa sia bene o meglio o addirittura fondamentale per noi donne.
E lo fanno parlando spesso da una cattedra, da un pulpito immaginario che gli è stato fornito dall’educazione (millenaria) che hanno ricevuto e che non riescono a togliersi di sotto ai piedi (o al sedere). E, devo dire che si sforzano molto poco, non solo per toglierselo, ma neppure per rendersi conto di starci sopra. Si credono in molti in tanti in troppi, titolati a tenerselo, quel pulpito. E deve essere di quelli che si possono trasportare ovunque, inglobato in loro stessi, una sorta di appendice invisibile, perché se ne servono spesso e fin troppo volentieri e spandono “perle di saggezza”, quasi mai richieste. Difficile ancora per molti, tanti troppi uomini trattarci “alla pari”.
S i sentono in tanti in troppi anzi in un numero ancora decisamente insopportabile, in tante cose o in tutto “superiori “a noi donne e in diritto pieno e quasi “certificato” di imporci le loro dottrine.
Beninteso quando dico tanti, non intendo dire tutti,ma tanti si e mi sembra già che “tanti” siano, ormai, davvero troppi.
Due donne hanno di recente vinto (in coppia) il premio Nobel per la chimica a seguito di una importantissima scoperta. Ecco chi sono e cosa hanno scoperto:
“La Crispr/Cas9 scoperta da Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna è uno degli strumenti più potenti oggi nelle mani dell’ingegneria genetica. Può infatti essere utilizzato con uno strumento di altissima precisione (forse più simile a un bisturi che a delle forbici molecolari) per modificare l’informazione genetica (Dna) di animali, piante e microrganismi. Presentata per la prima volta nel 2012, la tecnica ha permesso di rivoluzionare la ricerca nelle Scienze della vita, portandola in una nuova epoca, e ha finora contribuito ad aprire nuove strade per la cura di molte malattie, da alcune forme di tumore alla fibrosi cistica, fino ad avvicinare il sogno di curare le malattie ereditarie.”
Dunque Emanuelle e Jennifer hanno ottenuto il Nobel per una scoperta che è destinata ad avere un enorme rilievo per la vasta gamma di impieghi in campo genetico e di conseguenza essere di fondamentale importanza per la cura di molte malattie, ed aprire nuove frontiere nella ricerca e nella cura di malattie finora considerate incurabili.
Vi sembra poco? A me sembra enorme.
Queste due donne però sono tra le pochissime donne ad aver vinto il Nobel in questa disciplina (come in altre).
Proprio per questo, loro stesse hanno voluto lanciare un messaggio importante:
” «Vorrei che questo premio mandasse un messaggio positivo alle giovani che vogliono seguire il sentiero della scienza, e dimostrare che anche le donne possono avere un impatto attraverso le loro ricerche», dice Emmanuelle Charpentier. «Sono orgogliosa del mio genere – le fa eco Jennifer Doudna – E credo che sia grandioso, specialmente per le giovani donne, vedere tutto ciò e vedere che il lavoro delle donne può essere riconosciuto tanto quanto quello degli uomini».
Ma, per una che ce la fa, altre mille restano ancora indietro, anzi molto indietro. E allora voglio ricordare le parole di:
” Malala Yousafzai, insignita del premio Nobel per la Pace nel 2014 diventando, a 17 anni, la più giovane vincitrice di un premio Nobel per la sua lotta per il diritto di tutti i bambini all’istruzione, che incoraggia le ragazze dicendo: “Se una ragazza può cambiare il mondo, cosa possono fare 130 milioni di ragazze?”
Molte le donne che ancora oggi nel nostro paese rimangono indietro e devono lottare contro le tante discriminazioni ai loro danni. Per questo voglio citare anche le parole di un’altra premio Nobel per la medicina nel 1977: Rosalyn Yalow
“L’incapacità delle donne di raggiungere posizioni di comando è dovuta in gran parte alla discriminazione sociale e professionale (..) dobbiamo credere in noi stesse o nessuno crederà in noi; dobbiamo alimentare le nostre aspirazioni con la competenza, il coraggio e la determinazione di riuscire; e dobbiamo sentire la responsabilità personale di rendere più semplice il cammino per chi verrà dopo”.
Già, ed era il 1977, pare che poco sia cambiato da allora.
L’altro giorno mi è capitato di leggere su di un blog questa frase scritta da un uomo:
“”Personalmente questa volta la PORCATA FEMMINISTA mi fa piacere perchè mostra come una donna… oltre che prostituirsi… abbia altre remunerabili carriere a disposizione, nel 21esimo secolo”.
( per chi avesse dubbi sul significato del termine “porcata”: dal dizionario Treccani: porcata s. f. [der. di porco]. – Azione indegna, sleale o poco onesta, spec. a danno d’altri, mascalzonata: è una p. questa che mi ha fatto! Meno com., azione, opera mal fatta, che disgusta sotto l’aspetto estetico, o morale, sociale.”).
Ecco, questo è quanto un uomo (ho detto un uomo, non tutti) pensa dell’assegnazione del Nobel alle due donne.
L’ha chiamata “porcata femminista” riferendosi nello stesso post alle quote rosa e alludendo alle stesse scoperte (per le quali le due donne sono state premiate) che sarebbero state portate avanti negli anni da uomini.
Va da sé che giudicare una frase fuori dal contesto non ha molto senso, ma è solo per dare l’idea di come ancora oggi si cerchi, magari buttandola lì con nonchalance, di sminuire una conquista importante da parte di due donne. Insomma le donne, bene o male non vengono giudicate nel merito delle loro azioni ma del fatto che le compiono essendo donne e quindi, per predisposizione “naturale” avrebbero meno “meriti” di un uomo.
Fare poi il parallelo tra la prostituzione e la ricerca in campo scientifico, pur se in tono vagamente scherzoso, ha, in sé, a mio parere, una dose di maschilismo intollerabile.
E non è l’unico commento del genere che ho letto ma questo è uno dei peggiori.
Ma, purtroppo, non solo ancora troppo tollerato ma, in certi casi, persino “difeso” con mille accorgimenti dialettici e non solo e sempre dagli uomini. Purtroppo ancora oggi, molte, troppe donne cadono nella trappola del paternalismo imperante e si sentono quasi in dovere di difendere “l’opinione maschile” con un malinteso senso materno che non fa che alimentare un atteggiamento anacronistico, petulante e decisamente insopportabile!