“Uomini e donne giusti, forti e liberi nelle loro scelte di vita”.
Queste le ultime parole del bel discorso di Liliana Segre a Milano davanti a una piazza riempita al colmo da sindaci e cittadini per manifestare contro l’odio.
Il discorso di Liliana Segre è stato semplice e commovente.
Le tremano le mani e si vede dai fogli che le ondeggiano davanti al bel viso di novantenne che ricorda ancora, molto, la bambina che era quando è stata presa e messa su quel treno e condotta ad Auschwitz.
Dice ai giovani, ai quali guarda con speranza, che lei gli sta parlando non come nonna, come si presenta da trent’anni quando parla nelle scuole, ma come madre.
Questa frase mi ha colpito. Una donna come lei che ha vissuto l’eperienza più atroce che un essere umano possa fare, si presenta ai giovani come madre, come colei che trasmette la vita e la speranza.
Vita e Speranza vanno a braccetto e sono sinonimi e Liliana in quella parola, “madre” ha voluto, a mio parere, trasfondere tutto quanto lei per una vita ha elaborato nel lutto della perdita dei familiari e nell’umiliazione di quel sentirsi “rifiuto”, come lei lo ha chiamato, di una società alla quale credeva di appartenere, come se avesse rigenerato se stessa.
Liliana Segre è una donna magica. Lo sguardo, la postura, il modo di parlare calmo e riflessivo, tutto in lei è carismatico e indicativo di una persona che ha trovato dentro di sé una forza immensa per affrontare l’orrore ed ora vuole fare di quella forza qualcosa che sia il motore di un rinnovamento della società. – Niente più odio, dice, parliamo d’amore-.
E’ l’amore la forza più potente dell’universo e lei che è passata attraverso l’odio materializzato, come dice, in quella vicenda che l’umanità non può e non deve mai dimenticare perché non abbia a ripetersi che degli uomini considerino altri uomini inferiori e li condannino a morte in quel modo atroce, si fa testimonianza d’amore.
Un esempio di donna giusta, forte e libera che, lo spero, rimarrà per sempre scolpito nella memoria del mondo.
Con l’augurio che rimanga ancora a lungo a testimoniare che l’amore vince anche le partite più difficili.
Bel quadro quello dipinto della figura, del simbolo, del significato e della testimonianza, di Liliana Segre. Solo a sentire quella parola Auschwitz, l’animo si ribella a quella tetra negazione di umanità che fu l’Olocausto.
Niente di meglio, per esprimere questa ribellione, della struggente poesia di Salvatore Quasimodo, intitolata per l’appunto Auschwitz.
Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.
Tu non vuoi elegie, idilli: solo
ragioni della nostra sorte, qui,
tu, tenera ai contrasti della mente,
incerta a una presenza
chiara della vita. E la vita è qui,
in ogni no che pare una certezza:
qui udremo piangere l’angelo il mostro
le nostre ore future
battere l’al di là, che è qui, in eterno
e in movimento, non in un’immagine
di sogni, di possibile pietà.
E qui le metamorfosi, qui i miti.
Senza nome di simboli o d’un dio,
sono cronaca, luoghi della terra,
sono Auschwitz, amore. Come subito
si mutò in fumo d’ombra
il caro corpo d’Alfeo e d’Aretusa!
Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: “Il lavoro vi renderà liberi”
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie
d’un tempo di saggezza, di sapienza
dell’uomo che si fa misura d’armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.
Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.
(da Il falso e vero verde, 1954)
RISPOSTA
Bella e terribile a un tempo, grazie, quella dei poeti è una testimonianza che dura in eterno.
Aprile
Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere Felice.
Anna Frank
RISPOSTA
Che meraviglia! Anna l’ha scritta guardando il cielo dal suo nascondiglio.
Concordo con l’apprezzamento per il discorso e l’atteggiamento di Liliana Segre e non metto in dubbio la sua buona fede.
Immagino, però, che, da persona intelligente, si renda conto che, in questo momento, non sta dando all’Italia un contributo di pacificazione.
Il suo ricordare i fatti orribili di quasi 80 anni fa e la sua denuncia assolutamente condivisibile, in questo momento della vita pubblica italiana, sono strumentalizzati e trasformati in uno dei principali fattori di divisione, contrapposizione e perfino odio tra italiani.
I riferimenti a quei fatti vengono utilizzati furbescamente, attraverso ardite associazioni di idee e assonanza di parole, per fare polemica politica in un contesto sociale che non ha niente in comune con quello di 80 anni fa.
Sarebbe come condannare le persecuzioni dei cristiani dati in pasto alle belve del circo ai tempi di Diocleziano. Condanna giustissima e sacrosanta, ma per collegarla alla politica del 2019 bisognerebbe fare i salti mortali.
RISPOSTA
Mi dispiace, non sono d’accordo.
La senatrice ha fatto un impegno di vita la testimonianza della sua atroce esperienza.
Ora è il momento di riaffermare quei valori di pace e di uguaglianza che sono costitutivi della nostra Repubblica.
La Segre non fa che condannare l’odio che esce da certe affermazioni della politica attuale, o in generale dagli attacchi che deve subire da quando è senatrice.
E, secondo me, fa bene.
Francamente credo che l’antisemitismo non abbia mai albergato nella cultura italiana. Penso che le leggi razziali non siano mai piaciute agli italiani, e neppure a Mussolini, che le dovette promulgare perché non poteva dire di no a Hitler. Le uniche manifestazioni di antisemitismo che ricordo sono quelle della sinistra italiana che, ai tempi delle guerre arabo-israeliane, prendeva sempre le parti dei palestinesi e degli arabi condannando le azioni di Israele. Una nuova forma di antisemitismo marginale è quella dei “complottisti” che incolpano i grandi banchieri e finanzieri, in buona parte ebrei, delle crisi economiche e delle speculazioni sulle monete deboli. Argomentazioni non nuove perché già presenti nel Mein Kampf di Hitler. Ma i complottisti sono persone strane e poco credibili, sia che se la prendano con le scie chimiche o con le case farmaceutiche, sia che se la prendano contro i banchieri ebrei. Tra la gente comune francamente non percepisco nessun antisemitismo. Dico di più: non percepisco neppure una distinzione tra ebrei e non ebrei. Nessuna delle persone che conosco dice mai “quel tale è ebreo”. Quanto ai teppistelli in cerca di una personalità che non hanno, se la prendono indifferentemente con gli ebrei, con gli omosessuali, con i negri, o semplicemente con i tifosi della squadra avversaria, tanto per sfogare la loro frustrazione. Purtroppo, la madre degli imbecilli è sempre incinta e c’è poco da fare. Per minimizzare il danno bisogna perseguirli legalmente quando è possibile (vedi DASPO) oppure ignorarli.
RISPOSTA
Oppure tenere sempre la guardia alta perché certe aberrazionei purtroppo non sono frutto della fantasia di uno scrittore di horror ma sono nella storia abbastanza recente e purtroppo anche in quella del nostro paese. Ma dalla sua affermazione sulla sinistra italiana, mi dissocio totalmente e senza alcuna polemica. E i “teppistelli” a mio parere non sono un fenomeno da sottovalutare.
Lenzini, prego non confondere l’eventuale giudizio negativo per certa politica di Israele, per antisemitismo.
La sinistra italiana non s’è mai macchiata di antisemitismo.
In risposta ad Omnibus
Mi permetta, ma i suoi mi sembrano sofismi ed equilibrismi. Le faccio notare che ultimamente rappresentanti dello Stato di Israele hanno condannato le manifestazioni di antisemitismo contro Liliana Segre come azioni contro il popolo ebreo. Lei li distingue, ma loro no. Gli ebrei nel mondo e quelli di Israele si sentono una cosa sola. Quanto a “certa politica di Israele” direi che, almeno all’inizio, era una semplice politica di sopravvivenza per non essere cancellati dalle aggressioni dei vicini arabi. Ed era allora, ben prima degli insediamenti nei territori occupati, che la sinistra italiana li condannava. Bisognerebbe chiedere a Liliana Segre se lei se la sente di prendere le distanze dal cosiddetto “sionismo” o se considera gli israeliani suoi fratelli minacciati.
RISPOSTA
ho evidenziato a chi si riferisce, in futuro prego di indicare a chi è diretto il commento.
Lenzini, se a lei la distinzione fatta sembra un “sofisma ed un equilibrismo”, a me la sua accusa alla sinistra sembra un vero e proprio pregiudizio.
cosa c’entri la politica di uno Stato, che può essere condivisa o no, con un fenomeno di odio irrazionale degli ebrei qual è l’antisemitismo?
Certo che le manifestazioni contro la Segre sono di tipo antisemita, e riprovate da tutti, non solo da “rappresentanti dello Stato di Israele”, ma l’aver preso a suo tempo posizione pro o contro Israele, durante le guerre arabo-israeliane, prescindeva dall’antisemitismo.
Piuttosto, la sinistra prendeva posizioni, contro una potenza sostenuta dalla superpotenza Usa, a favore delle popolazioni palestinesi che hanno anch’esse il diritto di autodeterminarsi.