“Fin che el dotor pensa, l’amalà more”.
Recita un vecchio detto veneto.
E il governo “dottore”, non sa trovare nessuna soluzione alla crisi dell’ex Ilva.
Nessuna soluzione sembra in vista. Un governo cosi sprovveduto non si era mai visto.
Quando i due partiti che hanno deciso di fondersi nel primo governo di questa sfortunata legislatura, quello per intenderci chiamato “gialloverde”, si sono accordati per chiamare l’avvocato Giuseppe Conte a guidare l’esecutivo, cerrtamente non avevano previsto di ritrovarsi divisi e contrapposti dopo pochi mesi, uno a sostenere un nuovo esecutivo sempre a guida Conte e l’altro all’opposizione.
Salvini e Dimaio sono i primi colpevoli di questa situazione.
Giuseppe Conte è assolutamente e totalmente inadeguato al ruolo.
Nessuna meraviglia, altri prima di lui sono stati inadeguati, ma lui è il top dell’inadeguatezza.
Ma guardatelo: dice, fa, briga, disdice, ri-briga, sorride, e piange, poi biascica, si immola in mezzo agli operai di Taranto e si lascia coinvolgere dalle loro proteste, sembra tutto vero e invece è solo un attore.
Un attore che si autoconvince dei ruoli che via via va interpretando.
Lo vuole a tutti i costi questo ruolo. Lo deve aver sognato da bambino, forse la sua biografia nasconde qualche episodio nel quale si è sentito umiliato ed ora è in cerca di riscatto.
Ma il suo riscatto personale non può passare attraverso la rovina del paese.
Saprà prendere in mano la situazione e dare una svolta a questa trattativa stagnante?
Temo proprio di no. Ci vuole decisione, coraggio e polso fermo mentre questa storia dell’acciaieria di Taranto fa tremare i polsi.
La soluzione non c’è, i Cinquestelle non cedono sullo scudo penale pena la dissoluzione del partito già in via di estinzione.
E Conte è impotente davanti alla volontà politica di rimanere aggrappati all’ultima scialuppa di salvataggio, all’ultimo spiraglio di credibilità che i Cinquestelle stanno perdendo per strada ogni minuto che passa.
Non è abbastanza forte e non ha la capacità di rovesciare i tavoli.
Conte non è un salvatore della Patria ma solo una comparsa di un film di cui non conosce neppure il titolo.
Hanno sbagliato in tanti nella storia dell’acciaieria, in pochi hannno pagato ed ora il prezzo più alto lo pagherà tutto il paese. Come sempre.
La situazione è molto compromessa, i propietari attuali se ne infischiano e stanno già attuando la dismissione dell’azienda , stanno già chiudendo alcuni reparti e oggi c’è stato pure un incidente che ha dato la misura di come la fabbrica sia già in via di abbandono.
L’Arcelor Mittal non sembra intenzionata a onorare il contratto. Barbara Lezzi, l’ex ministra del Sud, col dentino avvelenato dalla improvvisa destituzione, afferma che lo scudo è solo una scusa e che se ne andrebbero anche se fosse ripristinato.
Ma ha tutta l’aria di essere una scusa, la sua, per far andare a gambe all’aria tutto l’esecutivo: muoia DiMaio con tutti i Dimaimiei.
La guerra fratricida dentro il Movimento è iniziata da un pezzo ma dopo la sconfitta in Umbria è ormai dichiarata e a colpi alti e bassi o alternati.
Con l’ex Ilva ci vuole un governo che abbia autorità che si dimostri fermo sulle proprie decisioni e che pretenda che vengano onorati gli impegni, ma per fare questo deve veramente essere compatto e non andare tremebondo in ordine sparso.
Lo scudo si può ridare per vedere se si tratta veramente di una scusa, con tante scuse.
E poi pretendere che l’azienda venga bonificata mentre è attiva e che una parte dei lavoratori, eventualmente in cassa integrazione, venga adibita alle opere di bonifica.
Bonifica che deve essere adeguata e che finalmente riporti la città ad essere un posto vivibile.
Se non riuscirà in questo intento il governo deve essere dismesso immediatamente.
Non è in grado di governare.
Non credo che il nodo Arcelor Mittal possa essere sciolto facilmente né dall’attuale governo né che possa essere sciolto da altri governi più autorevoli.
Lo status è drammatico:
-Un’industria in grave crisi e forte perdita.
-Una città inquinata che soffre problemi gravi di salute.
-Uno Stato che non è in grado di nazionalizzare.
-Un Paese che non può perdere posti di lavoro.
Lo scudo, accompagnato da un controllo serrato che vengano attuati tutti i piani di sicurezza interna e quelli anti inquinamento -ammesso che possa essere ripristinato (circostanza poco credibile, vista l’opposizione pentastellata)-
non risolverebbe la crisi economica dell’azienda che è in forte perdita, come altre acciaierie del mondo.
Si potrebbero limitare i danni, ma inutile sognare un rilancio alla grande, con qualsiasi cordata di capitali. Alitalia docet.
RISPOSTA
Ma quando hanno comprato avranno anche messo nel conto che avrebbero duvuto affrontare gli sbalzi del mercato? Non si può in cosi breve tempo cambiare idea e direzione.
Insomma l’imprenditoria fa sempre più schifo ed è sempremeno “illuminata” e sempre più finanziarizzata.
Un governo degno di questo nome deve sapere come trovare i mezzi per risolvere questioni cosi importanti, non si tratta di un azienducola familiare ma di una grande impresa siderurgica.