In epoca di Internet, copiare è diventato facilissimo: basta aprire un sito qualsiasi, digitare un qualsiasi argomento e si hanno a disposizione un numero infinito di testi dai quali si può attingere idee o anche semplicemente copiare di sana pianta.
Naturalmente io lo trovo semplicemente disgustoso. Se non si hanno idee semplicemente non si scrive.
Invece c’è chi ruba le idee, la fantasia, la fatica degli altri e ci mette sotto la propria firma.
Si chiama anche plagio ed è un reato. Per me è un reato grave perché farsi belli con l’ingegno degli altri è una delle cose più meschine che ci siano.
Ma copiare è. di questi tempi, quasi un’abitudine. Alcuni non personalizzano neppure, copiano di sana pianta e basta, l’unica cosa “originale” è la firma il resto è scopiazzatura delle più sfacciate.
Niente di nuovo sotto il sole? Eppure la creatività, l’originalità, l’estro, l’inventiva sono tra le cose più preziose che abbiamo a disposizione per esprimerci, per sviluppare idee e talento.
Copiando, semplicemente mortifichiamo queste potenzialità.
Ma soprattutto compiamo una azione molto disonesta.
Ma è l’onestà ancora un valore da perseguire o si rischia di passare per fessi ogni volta che si prova a comportarsi onestamente?
“Ciulemo anca nu” dice Sordi nel film “Il maestro di Vigevano”. La moglie diventata piccola imprenditrice delle calzature cercava un modo per frodare il fisco e il marito, un maestro integerrimo, si finge spregiudicato per compiacerla.
Il film finisce male, molto male, ma la morale che il finale sottintende, oggi vale ancora?
Pubblicato oggi, 5.7.2019 su “Italians” del Corriere della Sera
Ricordo il mio professore di Italiano quando distribuiva in classe i temi d’Italiano corretti perché prendessimo visione del voto e del commento.
Il peggio che potesse capitare era quel 3 seguito dal commento: “Non è farina del tuo sacco”.
Oppure: “Scrive molto, ma copia senza capire”.
Per me era incomprensibile come ci fisse qualcuno a stare lì a copiare di fronte un argomento che dava spazio alla propria fantasia e culture di potersi esplicare.
Il tema in classe era il momento più bello, il momento creativo molto gratificante, perché finalmente eri tu non solo attore ma, in un certo senso, “creatore”.
“Non è farina del tuo sacco”,
una frase che bollava in modo umiliante lo scopiazzatore.
Quanti oggi dovrebbero tenerla scritta nella propria mente a caratteri cubitali!
..Eppure la creatività, l’originalità, l’estro, l’inventiva sono tra le cose più preziose che abbiamo a disposizione..”
Mica vero. E’ lì il nocciolo del problema, CREDIAMO di essere originali e creativi e CI ILLUDIAMO di essere in grado di mostrare al mondo quanto siamo fighi, così, per grazia divina, per nascita, per regalo genetico, una sorta di distribuzione gratuita dell’ ingegno, un “sei politico” dell’abilità comunicativa.
Poi ci accorgiamo che la creatività richiede studio e applicazione, che l’originalità è una cosa seria altrimenti diventa ghiribizzo gratuito e infantile, e prima o poi ci imbattiamo in qualcuno che ha scritto le stesse cose che (confusamente) volevamo dire anche noi, solo che lo ha fatto prima di noi e molto meglio.
L’onnipresente e “moderna” mancanza di rispetto e di onestà intellettuale, in primis verso noi stessi, rende a questo punto il copia-incolla quasi inevitabile.
RISPOSTA
Certo, l’originalità è una cosa serissima, si ha e si coltiva. Se, inconsapevolmente (non è un pardosso) la scopriamo. Altrimenti non siamo originali ma copie conformi o difformi, ma sempre copie.
I talenti esistono, molti di noi ne possiedono più di uno, il difficile è scoprirli e poi riuscire a usarli o, per meglio dire, svilupparli mettendoli a disposizione degli altri.
Copiare è, come giustamente dici, una mancanza di rispetto, anche verso noi stessi. Ma che sia “inevitabile” il copia-incolla, no. E’ evitabile mettendo tra virgolette quello che vogliamo scrivere e citando l’autore. Se vogliamo, altrimenti si chiama plagio. Tu, dunque, se capisco bene, lo giustifichi?
C’è un detto inglese, molto chiaro ed esplicativo ma alquanto volgare che non ti riporto sennò ti scandalizzi, che commenta e spiega l’inevitabilità del destino e che può essere “addolcito” in italiano con “le cose capitano”.
Siamo sei miliardi e rotti, esistiamo da secoli, negli ultimi anni siamo circondati dal rombo di discorsi, musiche, immagini prodotte a ciclo continuo e diffuse più e più volte ad ogni livello e in ogni momento. Copiare non è neppure più volontario, semmai è difficile NON farlo.
E poi abbiamo sempre copiato.
Da giovinetto in tripudio ormonale, fisico scattante e buone letture classiche feci alquanti danni con pensose declamazioni di “…è veramente simile a un dio chi ti siede accanto e nei tuoi occhi si specchia…”.
Peccato che non fosse farina del giovane Alberto ma della vecchia Saffo, ma funzionava ALLA GRANDE…
RISPOSTA
Tipo: un fiammifero acceso nella notte, uno per vedere i tuoi occhi…? Etc. etc.
Beh diciamo che mi hai incuriosito col detto inglese che potresti trascrivere in inglese cosi risulterebbe meno scandaloso (forse), non credo sia “things happen”, ma comunque, si, certo, niente di nuovo sotto al sole, ma allora se fosse cosi, nessuno potrebbe dirsi “originale” ma solo una vecchia riproduzione di un vecchio disco rotto. Invece secondo me, l’originalità c’è, esiste e si nota sempre, mentre gli scopiazzatori la fanno franca per un po’ con gli allocchi che ci cascano (beh non è proprio tutta colpa loro ma dell’infingardaggine del copiatore) ma , alla fine, se ne accorgono e magari fanno finta di niente.
Tutti siamo originali, non serve copiare. Chi lo fa ruba qualcosa e chi è ladro è anche bugiardo e capace di qualsiasi azione pur di apparire.
Meschino.
Visto che lo chiedi, il modo di dire esatto è “SHIT happens” (https://en.wikipedia.org/wiki/Shit_happens)
In inglese è meno volgare di quanto suoni in italiano, anche se non lo userei a un the delle zie…
PS Non dimenticare “Una fetta di pane / una coppa di vino / e te…”
RISPOSTA
Beh, si in effetti, gli inglesi a volte sanno essere espliciti, rende l’idea, comunque. Certo, no, le zie inorridirebbero.
Ognuno di noi apprende, ha esperienze di vario genere, legge, studia, appofondisce, poi assimila ed elabora, e lì che c’è qualcisa di nostro, l’originalità, l’unicità che può anche essere geniale.
Dante, tanto per fare un esempio non proprio terra tera, prima di essere poeta, aveva vissuto, amato, sofferto, combattuto, odiato, aveva sperimentato era colto, enciclopedico, ma la sensibilità d’animo, la fantasia, la profondità poetica, erano suo patrimonio unico.
Certo non tutti siamo Dante, ma non si può nemmeno fare un collage di nozioni appena apprese frutto di altrui lavoro, apporvi una firma e spacciarlo per opera propria.
RISPOSTA
Anche perché fare di questi collage e poi apporvi la propria firma corrisponde a compiere un reato. Ed è giusto che lo sia perché il lavoro degli altri va sempre rispettato, passarlo per “farina del nostro sacco”, oltre che scorretto, corrisponde anche ad una sorta di scarsa fiducia nelle nostre possibilità le quali, copiando vengono senza dubbio mortificate.