Deborah non può essere incriminata per l’uccisione del padre. E’ una storia terribile, ma è ordinaria amministrazione. Purtroppo, più di quanto si possa immaginare.
Con la differenza che una ragazza di diciannove anni si è trovata a doversi difendere e difendere la madre e la nonna da un uomo violento e a diventare lei stessa violenta.
La violenza genera violenza, come ci si difende da un violento? E come, soprattutto si difende la propria madre e nonna se non si ricorre alla violenza?
Un gesto disperato il suo, una disperazione che diventa violenza e che sferra un colpo mortale. Ma è un colpo mortale a se stessa che ora dovrà convivere con questa pena nel cuore per tutta la vita.
Una società che non sa difendere i più deboli non può che generare casi del genere dove per difendersi una donna deve a sua volta offendere.
Perché i violenti basano la loro stessa ferocia sul presupposto che una donna non si possa e non si sappia difendere.
Ma questa ragazzina è crescita nella violenza ed ha sopportato la violenza su se stessa e la madre, vivendo sulla propria pelle una tragedia insopportabile che ha provocato quel gesto. Come può un giudice condannarla più di quanto non si sia da sola condannata a vivere il resto della propria vita a scontare una colpa che non è sua?
Il racconto che Deborah Sciaquatori fa della sua vita d’inferno, con quel padre violento, pregiudicato, alcolista e che teneva tutta la famiglia sotto la minaccia delle percosse, delle violenze giornaliere, che trattava la moglie peggio di una schiava, che la chiamava puttana…e lei che si chiudeva in camera sua per non vederlo perché quella ventina di anni che ha vissuto sono stati sempre sotto la minaccia di quel padre padrone schiavista.
Al funerale i parenti piangevano addirittura si è sentita la frase :”sei un grande”.
Perbacco, davvero un “grande” uno che con tutte le evidenze del caso trattava la moglie come la sua schiava, la costringeva a subire le percosse anche mentre allattava.
No, non era un mostro, dicono ai suoi funerali, era “solo” uno che ogni tanto eccedeva con l’alcol, solo quello.
E la morte che cancella tutto, non potrà mai cancellare il ricordo di quella giornata in cui Deborah, per salvare la madre che lui aveva preso per il collo e sembrava volerla strozzare (lo aveva già minacciato tante volte) corre a prendere un coltelllo nel tentativo di indurre il padre a lascirla andare.
E poi, il suo grido disperato, una volta accortasi che il padre giaceva a terra.
Un racconto terribile, mostruoso, inconcepibile.
Questo è successo, se le cronache e il racconto della ragazza e della madre, nonchè dei vicini i quali meriterebbero un discorso a parte per aver lasciato che fossero maltrattate in quel modo senza denunciare alle autorità quello che succedeva in quella casa, sono veritiere ( e non ho alcun dubbio che lo siano) nel 2019, in Italia, la civilissima Italia, dove le donne vengono ammazzate e violentate quasi tutti i giorni.
Questo succede e succederà ancora, purtroppo molto più di quanto non ci sarà dato di sapere.
Paura, omertà, acquiescenza, rassegnazione, di ciò si nutre e prospera la violenza, finché la ribellione esplode, si ricorre all’extrema ratio, violenza per violenza, una sorta di legittima difesa, e allora è una liberazione con dolore.
Quante vite si consumano, purtroppo, in queste condizioni d’inferno!