Ci sono donne che vengono definite Befane. Non è un complimento. La Befana è rappresentanta come una donna anzianotta, naso ricurvo, lineamenti grossolani e viaggia a cavallo di una scopa.
E’ l’iconografia classica della tanto amata vecchina che porta i doni ai bambini il 6 di gennaio, passando per il camino.
Mentre Babbo Natale è un buon caro vergliardo dalla curata barba bianca, di sana e robusta costituzione, pacioso allegro, di bell’aspetto che scoppia di salute, bardato con abiti rossi e slitta, la Befana è una figura vestita di stracci, ingobbita col naso a becco e, non fosse che è amata perché rappresenta una figura positiva e innocua, sarebbe perlomeno inquietante. Al solito, la donna viene rappresentata nel suo aspetto peggiore: non poteva essere di sembianze gentili, normali, di età media, ancora in salute e di carattere equilibrato.
No, manco per niente, doveva essere la Befana, cioè una stracciona che solca i cieli in cerca di camini nei quali sguazza tutta inzaccherata di fuliggine per riempire le calze di chi l’attende con ansia sperando che gli caschi qualche cosa nel piatto.
Può anche portare solo del carbone, ma, in genere è carbone dolce.
Ma quando si vuole definire una donna bisbetica, arrogante, decisamente brutta e avanti con gli anni (cosa che per le donne è colpa grave), la si chiama Befana: brutta Befana.
Già brutta Befana!
Una donna che ne vuole offedere un’altra non potrebbe trovare appellativo migliore. Non importa che porti i doni ai bambini, che dietro quell’aspetto trasandato e decrepito si nasconda un animo gentile, non importa, quello che importa è che quando una donna vuole colpire al cuore un’altra donna non può che riferirsi al suo aspetto fisico.
L’invidia o la gelosia delle donne nei riguardi di altre donne possono essere micidiali. Possono fare danni enormi. Alcune sono veramente delle streghe potentissime. Non scherzo.
Quando una donna invidia un’altra donna lo fa sul serio, scientemente e con precisione chirurgica le lancia tutte le maledizioni che riesce a concepire.
Ma, d’altro canto, la Befana, se vogliamo è anch’essa una vittima. Una vittima del proprio ruolo nel quale è stata confinata dalla società, da sempre maschilista e per riscattarsi se la prende con le altre donne.
Naturalmente scherzo, è il frutto delle mie paturnie festive, che stanno comunque per passare, non esistono donne capaci di mandare maledizioni che possano nuocere ad altre donne, me lo sono inventato, o meglio sono i miei ricordi d’infanzia di quando mia nonna mi diceva di non passare e non fermarmi nella casa di una signora che era considerata una strega e mi raccontava, anche, che il giorno che è morta, un gatto nero è salito sul suo giaciglio mortale e le si è accovacciato ai piedi.
Fiabe per tenere buoni i bambini
Per la mia generazione non esisteva babbo Natale,a Natale c’era il pranzo in famiglia assieme ad una ospite che per l’occasione era la zia del mio papà era un pranzo semplice ma si respirava un aria diversa tutti sembravano contenti nello stare insieme a ridere e chiacchierare e poi giocare a tombola.La notte però della befana per noi bambini era la magia ,appendevamo le calze più lunghe ,che trovavamo nell’armadio , alla stufa economica che stava al centro della cucina. Andavamo a letto con tanta emozione pensando a cosa ci avrebbe portato la befana sperando non fosse solo carbone e pensando a quella vecchina che per noi era la più bella e dolce donna del mondo
Mariagrazia, brutta befana, vero, ma simpatica e amata dagli italiani: ricordo quando, in uno di quei momenti in cui la politica prova ad esondare da ciò che le compete, si provò ad abolire la festività dell’Epifania, il Paese si sollevò e la festività fu ripristinata.
Però è vero, la Befana è stata soppiantata da Babbo Natale, è lui che via via le ha tolto la prerogativa di portare doni ben più ricchi della calza della povera Befana, alla quale è rimasta una funzione malinconica, quella di ricordarci che, una volta passata, tutte le feste porta via.
Certo, che poi il nome Befana venga usato come epiteto per insultare una donna, credo che sia segno di decadenza dei nostri tempi.
Ma non è l’unica tradizione che cede il passo alle usanze più recenti.
In Sicilia è quasi scomparsa l’usanza, per la festa dei morti, di far trovare regali ai bambini da parte dei cari defunti:
“le mamme vanno in punta di piedi a mettere dolci e giocattoli nelle piccole scarpe dei loro bimbi, e questi sognano lunghe file di fantasmi bianchi carichi di regali lucenti, e le ragazze provano sorridendo dinanzi allo specchio gli orecchini o lo spillone che il fidanzato ha mandato in dono per i morti.”
Così Giovannii Verga sulla festa dei morti.
In quanto all’invidia delle donne rivolta al loro stesso genere, non credo sia maggiore di quella che si riscontri tra gli uomini, l’invidia è un vizio capitale che non conosce distinzione di genere.
Concludo con una nota sulle fiabe: spesso le fiabe, sono narrate per tenere buoni i bambini, ma più spesso perché ne stimolano la fantasia e la curiosità, e col linguaggio universale e diretto dei simboli, pongono loro domande, e sollecitano risposte che li aiutano a capire e risolvere le contraddziono della vita.
Ciao.
Le fiabe sono fondamentali nella vita dei bambini e li aiutano ad affrontare la vita da adulti. Rimangono degli stereotipi fissati nella memoria di ognuno che rappresentano un mondo incantato ma sono anche la rappresentazione di una realtà interiore che si estrinseca via via che cresciamo.
Le fiabe sono fondamentali per sviluppare la creatività e la fantasia.
Questo personaggio cosi amato ma cosi controverso, questa rappresentazione della donna un pò strega un pò megera ma anche un pò nonnina buona, fornisce un’ampia gamma di possibilità e di caratteristiche che ne fanno una sorta di divinità magica.
Quello che in fondo sono tutte le donne: una nessuna e centomila, con enormi contraddizioni ma anche con la capacità di interpretare ruoli infiniti.
Ma, permettimi di dissentire: l’invidia della donna nei riguardi di un’altra donna è molto più sottile e raffinata e può arrivare a far compiere alla stessa dei gesti che un uomo non si sognerebbe mai di fare. Anche in questo le donne, mi dispiace dirlo, battono gli uomini di molte lunghezze, ma non è una qualità di cui andar fieri.
Mariagrazia non conosco uno strumento per misurare l’invidia, perciò, sarà pure mia deformazione professionale, mi astengo dal fare classifiche.
Io ho sperimentato e sperimento tuttora, specie tra colleghi e falsi amici, invidie mortali. Ed anche gelosie immotivate e stupide. Ma sono sentimenti universali e senza tempo, basti pensare al primo omicidio-fratricidio, tra Caino ed Abele, causato proprio dai sensi succitati. Confesso che Abele mi è sempre risultato poco simpatico, comunque.
Non riuscirò mai a capire perché l’animo,umano debba rodersi e rodere il prossimo, con invidie e gelosie, che siano poi tra uomini o donne. Sono veleni micidiali, che uccidono prima di tutto chi li esplicita, non solo i poveracci corrosi da azioni e parole maligne.
Io non mi sono mai sentito oggetto di invidia o gelosia, , né mai ho invidiato nessuno o ne sono stato geloso.
Piuttosto ho ammirato qualcuno o disprezzato qualche altro quando mi sembava il caso e me ne ha dato motivo
Anch’io ho ammirato certi grandi personaggi di un tempo o gente del presente, soprattutto per la cultura. E pure chi sa portare avanti sentimenti positivi verso il prossimo. Il mio più cordiale disprezzo è sempre stato dedicato ed indirizzato a pusillanimi o a palloni gonfiati, incapaci di apprezzare i lati positivi di ognuno, ma solo quelli negativi, reali o supposti.
Per essere oggetto di invidia e gelosia, bisogna esprimere qualche cosa non dico di immenso, ma di perlomeno avvertibile come extra-ordinario. Faccio un piccolo esempio: nel compilare progetti scolastici, pedagogici e didattici, proposte educative, come prof, ero noto positivamente, nella mia scuola, ci mettevo competenza e passione. E c’era chi si dimostrava chiaramente geloso e invidioso.
Io invece non sopporto i giullari di corte, coloro che calzano spudoratamente il berretto a sonagli per dare spettacolo indecente di sé, che si sbrodolano ponendosi ad esempio, che dietro la finta modestia presumono di sé con boria smisurata, pronti a piagnucolare per guadagnarsi la pietà degli altri, ma ad offendere se appena si sentono criticati.