Quel ponte crollato alla vigilia di Ferragosto a Genova e ridotto in due tronconi e macerie, sotto le quali hanno perso la vita 43 persone è una metafora del paese.
Stiamo cosi, come quei due tronconi, sospesi nel vuoto, con un governo rissoso, arrogante e incompetente che ci vuole spingere di sotto.
Questo ha detto oggi Di Maio da Bari:” “Autostrade avrà un’altra brutta sorpresa nei prossimi giorni – tuona il vicepremier dalla Fiera del Levante – Io non faccio ricostruire il ponte a chi lo ha fatto crollare”.
Sembra una dichiarazione di guerra, un temporale elettrico ma senza pioggia, un parlare a vanvera.
Giustamente il governatore della Liguria Toti ha risposto che queste sparate inconcludenti non fanno che aggravare una situazione di per sé già molto complicata. Dice che il governo deve fare un decreto per conferire autorità agli enti locali che si possano attivare senza dover aspettare i tempi biblici dei bandi di gare europee.
Perché se c’è una cosa che sappiamo fare perfettamete noi italiani e non mi mi meraviglierebbe se ne facessimo materia universitaria è complicare affari semplici rendendoli di impossibile realizzazione.
Eppure abbiamo tante menti sopraffine nel campo dell’ingegneria e architettura ed urbanistica. Sappiamo costruire ponti da millenni. L’archistar Renzo Piano ha generosamente messo tutta la sua creatività e vastissima esperienza al servizio della città ed ha già ideato il ponte che potrebbe sostituire quello crollato. Ma Di Maio in compagnia di Toninelli fanno i difficili, hanno la puzzetta sotto al naso e continuano a rendere complicata l’attuazione del progetto di ricostruzione, invece che favorirla.
Toti risponde a Toninelli che gli manda a dire via Twitter che deve pensare agli sfollati, a farli rientrare nelle case per recuperare gli effetti personali. (cosa sacrosanta) che si farà ma con cautela per il pericolo incombente e ha anche affermato che dei 250 sfollati già 200 possono disporre di una casa (in realtà ho l’impressione che il governatore stia dimostrando un’efficienza difficilmente riscontrabile in precedenti disastri).E credo che questo braccio di ferro con l’Ente concessionario da parte del governo, questa dimostrazione di disprezzo e costante rifiuto di ogni proposta che provenga da Autostrade, questo continuo demonizzare la famiglia Benetton, altro non sia che un voler dimostrare di essere dei “duri”, di voler contrastare il concessionario a favore di un nazionalizzazione che è molto lontana, allo stato attuale, dal poter essere realizzata. O, quantomeno non se ne vedono i presupposti.
Fumo senza arrosto. Un litigare sul nulla quando Genova e l’Italia intera hanno bisogno di proposte concrete, valide, attuabili, efficienti, ragionevoli, sostenibili.
La composizione del governo è di per sè un problema e i due partiti da alleati stanno diventando concorrenti in una partita dove a soccombere non possiamo che essere noi tutti.
Credo che Toti abbia ragione da vendere e che il governo dovrebbe farsi consigliare da chi ne sa di più, da chi ha esperienza, da chi può veramente fare il bene della città e del paese intero e non pensi ai consensi ma agisca in maniera decisa e pragmatica con un unico scopo: il bene comune e non squallidi interessi di squallidi partiti.
Di Maio ci ha preso gusto con le minacce, visto che la prima volta – impeachment al Capo dello Stato- gli è andata “bene”, nel senso, sia chiaro, che, dopo la precipitosa marcia indietro, anziché mettere la coda tra le gambe e fuggire, è stato nominato ministro e vice PdC. Meglio di così!
Si dice che l’appetito vien mangiando e quindi avanti con la minacce: l’accordo per l’Ilva è da stracciare(salvo accettare con qualche ritocco l’accordo di Calenda), la concessione ad Autostrade è da annullare
Ma veniamo alla ricostruzione del Ponte crollato. Tuonano lui e Toninelli, “mai dare la ricostruzione a chi è responsabile del crollo”.
In linea teorica, sante e sacrosante parole. Ma, dire no ad Autostrade, al di là di coloro che saranno ritenuti responsabili e condannati, significa dire no a tutta la struttura risalendo su fino a Benetton.
In linea teorica tutto fila, manca il.rapporto di fiducia.
Il discorso però non può fermarsi qui. Responsabile del crollo non è solo Autostrade, ma anche chi aveva il dovere di controllare Autostrade, ossia lo Stato, e in particolare, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Allora lo stesso rigore si dovrebbe usare per esso, e al di là di coloro che saranno condannati come responsabili, si dovrebbe concludere che tutta la struttura è inadeguata e risalure su fino al ministro.
Ecco, ora ci siamo, con lo stesso rigore usato per Autostrade, il PdC Conte dovrebbe invitate Toninelli alle dimissioni, così, dal punto di vista teorico, la cosa potrebbe andare bene.
Ma veniamo al pratico. Una volta individuati e allontanati i responsabili, e risanate così le strutture, la cosa più conveniente è accorciare i tempi di realizzazione dell’opera e perciò sgombrare il campo da tutti i contenziosi legali che potrebbero nascere, e fare un accordo che aiuti in tal senso. Perciò la tesi di Toti di incaricare un consorzio di Autostrade e Fincantieri, mi sembra dal punto di vista pratico più ragionevole.
Perciò, cari Di Maio e Toninelli, abbassate i toni e ragionate, altrimenti vi toccherà fare l’ennesima giravolta.
Alle giravolte ormai sono abituati, mi sa che ci hanno preso gusto e, dati i presupposti, non possono fare altro, sono votati alla piroetta,solo che gli viene male pure quella.
C’è un ponte in Sicilia, fra i più alti d’Europa, costruito sulla valle del fiume Irminio, nei pressi di Modica, progettato dall’architetto Morandi e
costruito in nove anni, dal 1975 al 1984(quindi 17 anni dopo li ponte Polcevera)
dall’impresa dei Fratelli Costanzo.
Lungo circa un chilometro, luce massima 180 metri, altezza massima 168 m, è costituito da campate traverse in acciaio sostenute da piloni in calcestruzzo armato.. Una soluzione più semplice e più sicura di quella del ponte Polcevera, che però ha richiesto già due importanti interventi di manutenzione straordinaria, nel 2005 e nel 2014(sostituzione dei blocchi in cemento armato lungo i piloni)
Qui, il peso si scarica direttamente sul calcestruzzo, ottimo a resistere alla compressione, niente stralli in cemento armato precompresso, come nel caso del cavalcavia di Genova, sottoposti a trazione ben tollerata dall’acciaio, finché non è usurato dagli agenti esterni e dai fenomeni di “sollecitazioni a fatica”.
Il calcestruzzo degli stralli, col tempo, è risultato un orpello inutile (non resiste a trazione e col tempo male protegge dagli agenti esterni) con l’inconveniente di mascherare l’usura dei cavi (ma questo non riduce affatto le responsabilità, ci sono metodi di analisi che la mettono ugualmente in evidenza)
Insomma, occorre sempre mettere in conto che la manutenzione “fa parte parte” del manufatto, sembra una banalità, ma non sempre è così, viene dopo e non dà lustro, e purtroppo come spesso avviene è trascurata o colpevolmente rimandata. E’ il caso purtroppo del ponte Polcevera di Genova.
Oggi alla radio ho ascoltato una filastrocca di Gianni Rodari,
molto attuale ed appropriata alla catastrofe di Genova, Ladri di erre”
C’è chi dà la colpa
alle piene di primavera,
al peso di un grassone
che viaggiava in autocorriera:
io non mi meraviglio
che il ponte sia crollato
perché l’avevano fatto
di cemento “amato”.
Invece doveva essere
“armato”, s’intende,
ma la erre c’è sempre
qualcuno che se la prende.
Il cemento senza erre
(oppure con l’erre moscia)
fa il pilone deboluccio
e l’arcata troppo floscia.
In conclusione, il ponte
è colato a picco
e il ladro di “erre”
è diventato ricco:
passeggia per la città,
va al mare d’estate
e in tasca gli tintinnano
le “erre” rubate.