Perché il cielo è azzurro e gli alberi sono verdi? Una ragione c’è di sicuro. Gli alberi azzurri e il cielo verde chi li vedrebbe? O non è solo una questione di abitudine?
No, decisamente non è abitudine. Un albero deve essere verde. E il cielo, azzurro. Non ci deve piovere.
Ma che idiozia. Chiedersi il perché dei colori. Eppure me lo sono chiesto questa mattina mentre guardavo il cielo azzurro con qualche sprazzo di bianco di nuvolette inconsistenti, passanti, indecise se fermarsi o liberare lo spazio dalla loro presenza. Stavo facendo colazione. E’ il momento della giornata in cui mi pongo delle domande. Da sempre. Poi, con lo scorrere del tempo, ho altro da fare che chiedermi il perché delle cose, ma la mattina, mi va. Sarà una questione di luce.
E in quanto alle risposte non ne trovo mai nemmeno una. O quasi. Sarà perché le domande sono sempre assurde,un po’ oziose, agostane o ferragostane.
Ma forse questa non era poi così sciocca. Perché proprio quel colore e non un altro che corrisponda a quella cosa o ad altra? Insomma li colore delle cose è di per sé una cosa che ha la sua importanza, indubbiamente affascinante. Dovrei approfondire e scoprirei che c’è una ragione, ovviamente e quando non c’è? E sarebbe una giusta obiezione che potrei pormi da sola, che è una domanda che rivela superficialità. Ma confesso che, spesso, andare a fondo delle cose mi spaventa.
Riflettendoci, però, andare a fondo non è poi cosi spaventoso. Sarà perché “il fondo” mi da l’idea di buio?. Non c’è tanta luce e i colori non si vedono bene. Al fondo la luce diventa flebile, i colori, si attenuano.
Mi diceva mia madre: rifletti, bene, sempre, prima di parlare , vai a fondo dei problemi, non lasciare le cose a metà. Un classico tormentone dell’infanzia.
Ovvio che quando si è piccoli si ha la tendenza a saltare i problemi, approfondire è una parola che spaventa subito quasi come l’orco delle fiabe, quasi come un compito per le vacanze.
Ma da adulti la cosa cambia. Si dovrebbe cercare di andare oltre l’apparenza. Si dovrebbe.
Ecco, appunto, le apparenze. Sono, i colori, apparenze? Una rosa mi appare rosa perché quello è il suo colore per effetto della riflessione della luce sulla sua superficie. Quindi quello che appare rosa è rosa e quello che appare rosso è rosso. O no? Un esperto mi chiarirebbe i dubbi spiegandomi le leggi dello spettro di luce e dei colori e che le gamme infinite di variazioni di tonalità sono dovute alla riflessione della luce sulle superfici alle forme e alla composizione dei corpi. E tutto mi tornerebbe. In fondo (ma anche in superficie) non è tanto difficile.
Ma poi? Anche ammesso che arrivi a farmi una ragione delle leggi della fisica, quando vedo un tramonto rosso fuoco e non posso fare a meno di commuovermi a quello spettacolo, chi mi spiega cosa succede dentro l’anima alla vista di quelle pennellate di rosso e rosa e violetto e perché si viene colti quasi da sgomento nell’intuire che dietro a quello spettacolo c’è una mente che lo ha architettato?
Ed allora, a questo punto, tutte le leggi della fisica devono lasciare lo spazio alla metafisica. L’universo dei colori o anche i colori dell’universo sono il tocco finale, la mano di vernice, la pennellata che serve a finire il lavoro e che lo compie, lo ultima, lo abbellisce e completa.
E chi l’ha data? Chi ha “costruito” l’universo non poteva farlo incolore, perché i colori sono quello che ne fa un capolavoro. Ecco che la mia domanda oziosa dell’ora di colazione questa volta potrebbe non esserlo. Il cielo è azzurro e gli alberi verdi perché l’ Architetto li ha voluti cosi, questo è il Suo gusto personale, la Sua Idea di Universo, la perfezione.
E la perfezione si trova andando a fondo, in superficie non si trova. Non è a portata di mano. Si dice: non è di” questo” mondo. E preferiamo lasciare le cose a metà quando non vogliamo capire, guardiamo la superficie incresparsi ma sotto non ci fidiamo di andare. E’ un processo lungo e difficile e ci si perde seguendolo e a volte non ci si ritrova. E’ un percorso ad ostacoli in cui si inciampa più di quanto non li si superi. Diciamo, spesso, che tutto quello che appare è e che tutto quello che è appare. E che se ci fosse, l’Architetto dovrebbe mostrarsi e non dovrebbe esistere il buio e tutto dovrebbe essere a colori e il fondo non dovrebbe essere un luogo dove ci si può anche perdere, ma un posto dove il colore rende tutto luminoso e chiaro anche nelle caverne più nere. Se ci fosse.
Ma un albero è verde e si staglia sull’azzurro e l’azzurro risplende nei suoi contorni e anche il buio può essere apparenza e i colori esserci anche a fondo come in superficie.
La rosa è di tanti colori e un tramonto di fuoco o un’alba radiosa sul mare, d’estate, appaiono e sono la rappresentazione dell’anima del mondo. E di quella di tutti i colori del mondo. O del mondo a colori, di quello che appare e scompare, che si vede o non si vede. Alla luce o al buio. Sempre… Ma tra un po’ risalgo.
Mariagrazia,
rileggendo questa tua riflessione già pubblicata nei Racconti di agosto nel blog di Stefania Rossini sull’Espresso.it
mi sono commosso come la prima volta, e in più ho capito come riflessione filosofica, conoscenza scientifica, e sentimento poetico, possano convivere non escludendosi l’uno con l’altro, anzi integrandosi, ed essere visti come sfaccettature di un’unica realtà.
A te i colori del mondo hanno dato lo spunto di manifestare tutti e tre questi aspetti che costituiscono l’esplicarsi dell’uomo -pensiero, conoscenza, sentimento- e in più hai intuito che sopra tutte queste categorie esiste un Architetto, che le ha cincepite e ha voluto dare la pennellata finale alla sua opera, la perfezione dell’Universo.
Hai attinto ad una verità che non non è alla portata di tutti (io stesso trovo difficile accettarla) e supera ogni altra conoscenza razionale o morale, come lo stesso Kant espone nella sua critica del Giudizio e come tu esprimi benissimo quando dici:
“quando vedo un tramonto rosso fuoco e non posso fare a meno di commuovermi a quello spettacolo, chi mi spiega cosa succede dentro l’anima alla vista di quelle pennellate di rosso e rosa e violetto e perché si viene colti quasi da sgomento nell’intuire che dietro a quello spettacolo c’è una mente che lo ha architettato?”.
Come allora, complimenti.
Grazie, ma ho solo descritto le sensazioni che la natura mi suggerisce e oggi mi sembrava la giornata giusta per riprendere questa riflessione.
MGG, anni fa, mentre facevo ricerche sui nativi del Nordamerica, popolazioni ormai ridotte a poveracci indigenti, lessi che alcune loro tribù usano attributi diversi per denominare le varie sfumature di un colore. E quando lessi questa tua prosa lirica, me lo facesti ricordare. Ripeto, questa è la Gazzato che preferisco. Farewell, Mary Grace!
Grazie, si i nativi americani detti pellerossa attribuiscono molti significati importanti al colore, basti pensare ai “colori di guerra” che si dipingono in faccia.
Una volta, a Parma, con una collega di Lingua inglese, avevo incontrato alcuni capitribù Sioux. Io sono appassionato di storia dei nativi nordamericani. Un interprete ci aveva raccomandato di non chiamarli, assolutamente, Redskin, Chief e di non denominare come squaw le loro donne, perché si sarebbero offesi mortalmente.
MGG, prova a leggere la Preghiera al Grande Spirito di Yellow Lark , è chiamata il Padre nostro degli amerindi. Io credo che gli sia addirittura superiore. La leggevo sempre ai miei alunni.
Davvero bella ed universale:
https://francescodipalo.wordpress.com/…/preghiera-di-yellow-lark-capo-indiano-sioux…
Quella preghiera esprime una nobiltà d’animo che non trovo nei nostri santi, una umiltà, ma anche la dignità, di una creatura al cospetto del suo Signore e Creatore, cui si abbandona con totale fiducia e sottomissione. .
Non ho potuto leggere la oreghiera del capo indiano perché non mi si apre la pagina nel web.
Anch’io conoscevo una preghiera stupenda, profondamente sentita nella sua semplicità e immediatezza, l’avevo letta da ragazzo su Epoca, nella rubrica Italia domanda.
L’avevo ritagliata e conservata, ma dopo tanti anni non l’ho più ritrovata. Sarei curioso di sapere se mai fosse la stessa.
Comunque non è la prima volta che il sentimento religioso viene espresso in maniera profonda anche da a chi non appartiene a nessuna confessione religiosa, ossia da un laico. Eccone un esempio (accennato in latino, completo nella sua traduzione):
“O Di, si vestrum est misereri, aut si quibus unquam extrema iam ipsa in morte tulistis opem, me miserum adspicite…”
(o Dei, se è compito vostro l’avere misericordia, se già ad alcuno all’estremo confine di morte recaste il vostro soccorso, me infelice guardare, e, se ho condotto una vita pura, strappatemi via questa peste, questa rovina. Ahi , come serpeggiandomi nel profondo delle membra questo letargo mi ha cacciata dal cuore ogni letizia!
Non più quello io chiedo, ch’essa mi ricambi di amore , o, ciò ch’è impossibile, che voglia essere pudica, ma bramo essere sano e deporre questo tetro morbo. O Dei, datemi ciò in premio della mia pieta!”
L’avreste mai detto che questa stupenda elegia fu scritta da Catullo?
Ho visto ora la copio incollo cosi potrai leggerla.
Certo anche questa è bellissima, la preghiera non viene necessariamente sempre da chi professa una religione, il senso religioso può esserci benissimo in un laico, l’assenza di un credo o di una fede non significa non percepire l’mmensità dell’universo e l’immensità dell’anima e accostarsi alla preghiera è naturale, per l’uomo come respirare.
eccola.
TESTO:
“O Grande Spirito, la cui voce sento nei venti e il cui respiro dà vita a tutto il mondo, ascoltami.
Vengo davanti a Te, uno dei tuoi tanti figli, sono piccolo e debole.
Ho bisogno della tua forza e della tua saggezza.
Lasciami camminare tra le cose belle e fa’ che i miei occhi ammirino il tramonto rosso e oro.
Fa’ che le mie mani rispettino ciò che tu hai creato e le mie orecchie siano acute nel sentire la tua voce.
Fammi saggio, così che io possa conoscere le cose che tu hai insegnato al mio popolo, le lezioni che hai nascosto in ogni foglia, in ogni roccia.
Cerco forza, non per essere superiore ai miei fratelli, ma per essere pronto a combattere il mio più grande nemico: me stesso.
Fa’ che io sia sempre pronto a venire a Te, con mani pulite e occhi diritti, così che, quando la vita svanisce, come la luce al tramonto, il mio spirito possa venire a Te, senza vergogna.”
Preghiera del Grande Capo Indiano Sioux, Yellow Lark (Allodola Gialla)
Si ora ho letto, si sente un vero sentimento di rispetto verso la divinità e l’abbandono di ogni superbia umana da parte del Capo tribù.
Purtroppo non è quella che pensavo, il cui ritaglio portavo con me nel portafoglio.
Recentemente ho comprato in una bancarella alcuni numeri di Epoca di quel tempo, anche nella speranza di ritrovarla.
A me piace molto questa
Questa in musica, in effetti, è molto simile alla precedente.
Questa anche è molto bella:
Preghiera al Risveglio (Canto Apache)
Svegliati! Svegliati! La terra ti sorride.
Svegliati, e sta’ pronto al giorno che comincia.
La madre della vita ti sta chiamando,
ti saluta, dunque svegliati, non indugiare più.
Potente Sole, dacci la luce perchè ci guidi,
perchè ci aiuti.
Guarda come sorge, guarda come la terra ne risplende,
e come gode lo spirito nel petto, ascoltando la musica del Sole.
Svegliati! Svegliati! La terra ti sorride.
Svegliati, e sta’ pronto al giorno che comincia.
La madre della vita ti sta chiamando,
ti saluta, e allora… forza,
Svegliati!
Chi non conosce il Cantico delle creature di San Francesco?
È così noto che quasi ce ne scirdiamo, ma ogni volta che lo leggo non posso fare a meno di considerarlo una delle più belle espressioni d’amore in Dio attraverso le lodi della natura
Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature,
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a·cquelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate