Pare che la partecipazione al voto sia sempe meno sentita. Specie tra i giovani e i giovanissimi. Ma anche tra i meno giovani.
Il 50% circa degli aventi diritto (in media) pare non vada più a votare e non abbia intenzione di farlo. Tra i giovani arriva al 70%.
Non lo trovo un bel segnale. la democrazia non può funzionare cosi. I parlamentari che verranno votati non saranno rappresentativi della popolazione nel suo insieme perché la popolazione si rifiuta di eleggerli.
Li schifa. E schifa le urne. Non gliene importa niente che in molti siano morti per potergli dare questa possibilità Non sanno o non si ricordano che poco tempo fa, in Italia, c’è stata una dittatura feroce, che ora sembra voler rialzare il capo, che non consentiva la libertà di scegliere i propri rappresentanti.
Non c’era libertà di esprimersi, le opinioni non esistevano, esisteva il pensiero unico, quello dettato da un regime totalitario che ci ha portato verso una guerra che ha ridotto il paese in macerie.
Ed ora, ci permettiamo il lusso di fregarcene di andare a compiere quello che viene definito un diritto/dovere: esprimere una preferenza su un partito che avrà la responsabilità di rappresentarci in sede parlamentare.
La puzza sotta al naso di molti ormai è diffusa. Si sente per la strada, ovunque ci si giri. Nei luoghi d’incontro veri o virtuali. Ormai il partito più “votato” è il “Non voto”.
Non voto, cioè “me ne frego”. Ricorda il famoso slogan fascista. Non dico che non capisca le ragioni dei nonvoto, le capisco, posso persino condividerle: la politca ci ha deluso, troppo, siamo stanchi, sentiamo di non contare.
E invece ci contano. Siamo contati uno ad uno. Possiamo fare la differenza. E lo sanno. Per questo ci blandiscono, ce la raccontano, girano e rigirano le stesse frottole nel calderone di quella che viene chiamata insistentemente, fino alla nausea:” Campagna elettorale”.
Ma io la chiamerei “Trambusto elettorale”. Si fanno le regole del gioco a loro immagine e somiglianza e poi pretendono che noi ci stiamo, che votiamo con quelle, ci danno poco margine, ci costringono nello stretto recinto di una casella. E’ tutto vero, ma che altra scelta abbiamo?
Si una scelta l’abbiamo: l’irrilevanza. Non contare nulla. Farci mettere i piedi letteralmente sulla testa e lasciare che ci camminino sulla pancia.
Ma guardateli, uno per uno. Renzi, Berlusconi, Salvini, Di Maio. Questi ci toccano, o votare loro o votare per una delle famose “gambe”, cioè i partitini di supporto, o di protesta. Abbiamo ampia scelta. Ma se li mettiamo tutti in un bel mucchio e ne facciamo un falò e decidiamo che nessuno vale la pena che noi facciamo quattro passi fino alle urne, allora potrebbe sfuggirci di mano del tutto la situazione.
Pochissimi che votano fanno la scelta più scontata e tornano a governare sempre gli stessi ( e tra questi ci sono anche i Cinquestelle che non sono “diversi”ma fin troppo “uguali”), quelli che ci hanno preso in giro fino ad adesso.
Pensiamoci: è questo che vogliamo davvero?
Qual è il risultato che si aspettano gli astensionisti?
Che una bassa affluenza renda vane le elezioni?
No, il quorum non inficia le elezioni.
Che gli eletti si diano una mossa per essere essere più solerti, più attivi, più onesti, più attenti alle necessità del paese?
Nemmeno, semmai è il contrario, meno “legittimazione” avranno i politici, meno sarà il senso del dovere verso quei pochi che li hanno votati .
Allora, qual è il risultato pratico dell’astensione?
Il risultato è che, chi si astiene, sarà costretto a far ciò che altri avranno deciso, ossia ha ottenuto un’auto deresponsabilizzazione delle proprie azioni.
Si dirà:
“Almeno, non sarò preso in giro” oppure:
“Avrò la coscienza tranquilla per il malgoverno”.
Si, magre soddisfazioni, ma in che modo, tu che ti astieni, avresti cambiato una virgola per modificare qualcosa?
Qualcuno dirà: “Mi batterò per cambiare il Sistema”.
Falso, probabilmente non farà nulla, e comunque questo bel proposuto potrebbe attuarlo anche se ha votato.
Dunque, “cui prodest” non votare? La risposta si conosce:
gioverà ad alimentare il malumore e a dare il cattivo esempio ai giovani, preparerà il terreno per le soluzioni populiste ed autoritare.
Alessandro
credo che la scarsa partecipazione al voto rappresenti la società attuale. C’è partecipazione solo dove ci piace o ci “conviene”. La politica non piace e non conviene a molti anzi moltissimi.
Per molti italiani la politica è un passatempo per ricchi, radical chic e perdigiorno.
Gli altri hanno altro a cui pensare, fosse anche semplicemente farsi le foto da postare su Facebook da “condividere” con gli amici.
Ecco che cosa gli piace condividere: le proprie immagini vere o ritoccate o taroccate.
Ma le colpe stanno anche nella troppa spettacolarizzazione della politica di questi ultimi anni che ne ha fatto una specie di show continuato. Perdendo in serietà. Giusto fare informazione ma la tensione continua ad apparire in tutti i programmi televisivi (retaggio del berlusconismo sempre molto attivo) può dare l’impressione che la politica sia un gioco e non un’ attività fondamentale per il buon funzionamento di una società civile.
Non credo affatto a chi dice: “Sono tutti uguali, non si salva nessuno”.
Questo si chiama qualunqismo.
E il qualunquismo nasce prima di tutto dell’ignoranza: più si conoscono le idee della persone, meno si è disposti a darne un giudizio negativo.
Altra causa del qualunquismo è la disaffezione alla politica: si dice che il politico fa solo i propri interessi, che non mantiene le promesse, che ruba ed è corrotto. In parte è vero, ma generalizzare è sbagliato. Il politico rispecchia la società in cui viviamo: è la società tutta da buttare?
Radicale
il politico, secondo me, è una persona che dovrebbe, prima di tutto avere a cuore il “bene comune”. Qundi il politico non è un cidttadino come gli altri ma un cittadino con più doveri e maggiori responsabilità dei comuni cittadini perchè dovrebbe avere a cuore il loro “bene”.
Siamo troppo abituati a vedere i politici come “uomini comuni o della strada”.
Certo, sono uomini come gli altri ma la loro “professione richiede doti particolari, non comuni e si devono differenziare dagli altri cittadini per una marcata propensione all’abnegazione e persino in qaulche caso al “sacrificio”.Questo non significa che si devono immolare sull’altare della Patria, ma la “politica” quella vera, quella “alta” richiede delle doti che non si possono improvvisare.
Ci vuole competenza, sudio continuo,saggezza, onestà e soprattutto moralità
Moralità non moralismo.
Quante di queste doti vediamo nei politici attuali?
Fintanto che non ci saranno politici che daranno prova di possedere almeno un quarto delle doti su elencate, purtroppo, credo, siamo destinati a vedere anche una profonda disillusione in chi dovrebbe votarli.
Sono i politici per primi che dovrebbero interrogarsi su quali sono gli errori che essi compiono che portano i cittadini a disaffezionarsi alla politica.
E dovrebbero proprio essere loro ad autoregolamentarsi ed espellere quanto di poco consono ad una buona gestione della politica. Non fare orecchi e occhi da mercante, ma contribuire sempre a migliorare se stessi e favorire il ricambio di chi non rappresenta questi valori.
È vero, ma ciò non accadrà finché il politico non serà scelto direttamente e inequivocabilmente dall’elettore.
Perciò, sistema delle “preferenze” e niente listoni più o meno estesi scelti dai segretari dei Partiti
Ma chi lo dice a questi di rinunciare al potere di nominare?
È questo che inficia la democrazia, lo strapotere dei segretari di partito che surrogano la sovranità popolare.
Sono d’accordo. Ma fino ad ora tutte le leggi elettorali, non si sa come mai (ma si sa), non le prevedono e si inventano mille motivi per non prevederle.
Mariagrazia, son d’accordo con ciò che scrivi, solo dissento su un punto, cioè su una delle cause di disaffezione alla politica che tu adduci:
“Ma le colpe stanno anche nella troppa spettacolarizzazione della politica… “.
La spettacolarizzazione fa parte ormai di molti aspetti della vita, la politica, grazie ad essa (in particolare alla TV) non è piu materia per iniziati, da seguire tramite articoli più o meno oscuri e spesso noiosi dei giornali, o andando nelle piazze ad ascoltare i comizi elettorali(che pure mi piacevano), ma materia alla portata di tutti, divulgata in prima persona dai protagonisti, senza l’ausilio di intermediari.
Ciò certamente ha comportato anche uno spostamento dell’attenzione dal partito al leader e all’eccesso di personalizzazione della politica
Eccesso che spesso va a scapito della “sostanza” dei contenuti e comporta una perdita di privacy del politico, di cui si pretende di sapere fatto un tempo riservati.
Inoltre induce alla commistone di notizie vere e di fake news, o alla esagerazione ad arte di dettagli poco significativi.
Tuttavia ormai la politica spettacolo sembra un fatto irrinunciabile.
Ti posto un brano significativo perso dal Web:
(Treccsni-Paolo Pombeni)
La televisione è a tutt’oggi lo strumento dominante per la costruzione di queste star politiche. Alcuni dicono che Internet metterà in crisi questo dominio ed è naturalmente possibile, ma per il momento non è possibile dire quando questo accadrà. Attualmente la televisione è la nuova agorà, la piazza mediatica attraverso cui si raggiunge il grande pubblico, ossia la componente decisiva nelle elezioni, avvertendo che ormai non si tratta più soltanto di elezioni a suffragio universale (nelle quali di conseguenza il numero conta), ma di elezioni in crisi di partecipazione (sia pure con trend diversi da Paese a Paese) in cui dunque il problema non è soltanto acquisire per sé il voto di un certo elettore, ma in molti casi addirittura quello di convincerlo ad andare a votare.
Alessandro
quindi dissenti su tutto e non su un solo punto.
Ma alla fine, mi pare, sia tu che il brano che hai postato, se non capisco male, finite per dire che in fondo nepure la tv è vincente nel fare affezionare alla politica ( o fidelizzare ad un partito, come era nelle intenzioni di Berlusconi).
Forse mi sono spiegata male: non intendo dire che la tv va demonizzata, certo però, ridurre i politici a delle macchiette buone per essere imitate da Crozza, non aiuta certo a dargli un’immagine con qualche connotazione di serietà.