Fa pena quell’albero morto con tutte quelle luci e gli addobbi inutili. Lo hanno chiamato Spelacchio,ma, prima che venisse tagliato per andare a morire a Roma dalla Val di Fiemme, era un meraviglioso esemplare di pino rosso con i rami stracarichi di aghi il verde brillante e un’aria maestosa.
Lo hanno tagliato, legato, ricoperto (forse male) e fatto viaggiare fino alla destinazione, buttato li come un vecchio rottame. Gli hanno tagliato le radici perché non sarebbero entrate nel vasetto pronto ad accoglierlo e a sostenerlo malamente. Lui le aveva sparse nel terreno negli anni in cui era vissuto felice tra gli altri pini in quel luogo incantato a cui lo hanno strappato per sempre.
Ed ora é a Roma, in quel luogo bellissimo ma arido, col traffico che gli gira intorno e lo soffoca con tutta quella mercazia addosso che lo fa sembrare ancora più spoglio. Di solito, dicono, un albero di quelle dimensioni, si mantiene in vita per due o tre mesi, prima di finire nel caminetto o nella discarica. Ma questo non ce l’ha fatta a superare quel trauma, quello scempio ed è già morto. Ed ora è un cadavere, esposto al pubblico ludibrio e fa solo pena. Non rallegra il Natale dei romani ma neppure quello degli italiani che lo vedono in foto o in video. E’ uno strazio, meglio sarebbe toglierlo e dargli “sepoltura”.
Potremmo smetterla una volta per tutte di sacrificare alberi sani e bellissimi a questo rito barbaro di esporli nelle piazze dei paesi e delle città? Potremmo trovare delle valide alternative e lasciare gli alberi vivi dove stanno?
Sono belle le luci natalizie, fanno allegria, attirano i clienti nei negozi o nei centri commerciali, ma vedere alberi di oltre 20 mt, sapendo che non hanno futuro e che sono li, moribondi ad allietare la festa mentre per loro è già finita, mi mette, ogni anno una tristezza profonda. Mi illudo ogni volta che poi, a festa finita, li ripiantino li dove sono stati strappati, ma so bene che non è cosi e finiscono in cenere.
Il caso degli alberi natalizi negli ultimi due anni a Roma poi ha del grottesco. Si spendono un sacco di soldi pubblici per avere quel risultato. Sembra sia stato fatto tutto all’ultimo momento e che la fretta abbia prodotto quel risultato,ma c’era tutto il tempo per pensare ad una alternativa valida. Capisco che forse i romani si sarebbero lamentati di un albero sintetico ma forse farebbe più bella figura di quel povero tronco ormai del tutto spoglio a significare la studipità dell’uomo e la sua crudeltà.
Mi vengono in mente gli ulivi centenari che si stanno sacrificando al gasdotto in Puglia. Tubi che devono passare proprio sotto un paesaggio tra i più belli d’Italia e che la gente del posto non vuole. Che si mette di traverso per impedire che gli alberi vengano espiantati. Ma è tutto inutile: il nostro paese non ha la cultura del rispetto dell’ambiente, non ce l’ha e non ce l’avrà mai. Non capiamo l’importanza che riveste la natura nell’ecosistema, abbiamo ridotto le nostre pianure a lande desolate e ogni filo d’erba sembra una minaccia al nostro “diritto” di avere spianate di cemento ovunque. E gli alberi sono i primi a cedergli il posto.E l’aria diventa sempre più irrespirabile.
Quel pino, in centro a Roma sta li a ricordarci quanto a volte possiamo essere stupidi e crudeli e insensibili oltre che prepotenti. Ci crediamo padroni del mondo e non siamo che formiche davanti alla potenza che la natura può in qualche caso sprigionare. E quando succede ci chiediamo perché sia successo e se non avremmo potuto evitare quella frana, quell’alluvione cosi devastante e magari, tutte quelle vittime.
Quel pino chiamato cosi ridicolmente Spelacchio, ha una sua dignità, una sua forza. E’ un prodotto di quella natura che non rispettiamo e che calpestiamo senza pietà e può essere paragonato a tutti gli esseri umani che vengono trattati allo stesso modo dalla nostra indifferenza e disumanità. E potrebbe ricordarci che maltrattare la natura o gli esseri viventi è un peccato gravissimo che nessuna messa di mezzanotte a Natale, ci potrà mai togliere dalla coscienza.
Ho visto la distribuzione dell’habitat dell’abete rosso, l’albero in questione: si estende dall’arco alpino verso il Nord est d’Europa. Avetlo portato a Roma è già un nonsenso, come portare un orso polare in prossimità del Sahara, o pressappoco. Se poi non si dà tereno sufficiente alle radici, l’ opera distruttiva è bella e compiuta, una sorta di delitto perfetto. Un vero e proprio albericidio.
Ora la Raggi è decisa a chiedere i danni.
A chi?
A chi l’ha trasportato, dice lei (a proposito, costo dell’operazione, compresa la messa in posa, 48 mila euro!), perché al momento dell’acquisto era bellissimo. E chi lo potrebbe dubitare?
Non la sfiora nemmeno l’idea che fuori dal suo habitat naturale e menomato negli organi di nutrimento qualsiasi albero per quanto rigoglioso non avrebbe potuto sopravvivere?
Insomma la Raggi potrebbe avere la sorpresa di dover lei risarcire sé stessa.
https://youtu.be/IvgyfqzLC0A
Dedicata alla sindaca Raggi. Il.prossimo Natale si accontenti di
allestire in una piazza pubblica questo poema sinfonico.
Milena
buona idea. Ma non vorrei che finisse, per risparmiare e fare la gara d’appalto al ribasso a chiamare un’orchestrina gitana e due ballerini di flamenco con i tacchi risuolati con la gomma.
Smettiamola di sradicare gli abeti ed i pini, sostituiamoli con quelli artificiali. Sono meno d’effetto, ma più ecologici, potendosi utilizzare per più volte. I pini ed abeti ringrazierebbero
MGG, auguroni tantissimi ed enormi a te.! Sbaglio o lì da te ci deve essere un freddaccio boia? Qui da me anche umidità. Ho un alberello di 1, 80 m., ma finto, tutto luci splendide. Ho salvato la vita ad un pino o ad un abete, rossi, bianchi o verdi. E grazie per ospitarmi sul tuo blog.
No, non sbagli. Grazie, altrettanto a te.